L’archivio del tag «ucraina»

I Leopard 1

Der Spiegel scrive che il Consiglio federale di sicurezza tedesco ha approvato l’invio di 178 carri armati Leopard 1 all’Ucraina. Sempre secondo l’articolo menzionato, i primi carri armati dovrebbero arrivare d’estate, mentre la maggioranza non prima del 2024 (principalmente perché dovrebbero essere riparati e/o preparati per l’utilizzo).
La notizia è sicuramente positiva. È positiva almeno quanto quella riguardante i Leopard 2 e gli Abrams. Ma, soprattutto, è positiva perché ora sono pronto a fare una scommessa almeno con me stesso: la massa principale dei Leopard 1 arriverà prima del previsto. Lo penso perché secondo gli esperti militari i carri armati sono più vulnerabili durante la fase di trasporto; in più, è abbastanza difficile (per non dire impossibile) trasportarne di nascosto tanti insieme in una volta. Quindi se dici quando arrivano, la Russia inizia ad aspettarli con i missili pronti.
Qualcuno vuole fare una scommessa?

P.S.: poi gli stessi esperti dicono che in guerra i carri armati sono poco utili e ancora meno durature senza il supporto della aviazione. Chi decide sulla fornitura degli armamenti sicuramente lo sa benissimo e prende le decisioni tenendolo in mente.


I partigiani ucraini

Prima che io mi dimentichi dell’argomento menzionato nel post di sabato, metto in evidenza un altro aspetto scontato della guerra in corso in Ucraina (e non solo di questa guerra): oltre all’esercito ucraino, a combattere contro gli invasori sono i partigiani. I partigiani che, ovviamente, svolgono tutte le attività tipiche al loro «mestiere» non solo sui territori ucraini temporaneamente occupati dall’esercito russo, ma anche sul territorio tradizionalmente russo. Di conseguenza, non è da escludere il loro merito in alcune perdite russe non spiegabili (o non ancora spiegate) in altri modi.
Bene, ora posso comunicarvi di avere scritto quelle righe di banalità solo per segnalarvi l’interessante intervista con alcuni partigiani pubblicata da The Observer. Quando trovate del tempo, leggetela almeno per avere una idea sugli obbiettivi e sulla autovalutazione delle proprie possibilità dei combattenti non ufficiali ucraini.
E, ovviamente, non credete a certi personaggi che vorrebbero appropriarsi dei successi di quelle persone.


Uno è quasi pronto

Il presidente francese Emmanuel Macron durante la visita in Paesi Bassi ha commentato l’eventualità della fornitura degli aerei militari alla Ucraina con la frase «Nulla è vietato». Ma io vedo che la maggioranza dei leader occidentali non sono arrivati nemmeno a questo livello di prontezza.
Quello che mi consola, però, è la comprensione del fatto che tratta semplicemente di una ennesima frontiera da superare nella difesa dell’Occidente da un ometto armato e impazzito. Di frontiere superate ne abbiamo già viste tante: se vi ricordate, l’Europa e gli USA sono partiti dalla semplice disponibilità di fornire all’esercito ucraino solo i caschi, i giubbotti antiproiettili e le tende, ma progressivamente, passo dopo passo, sono arrivati ad autorizzare la fornitura dei carri armati pesanti. Con gli aerei, alla fine, succederà la stessa cosa che è già successa con i Javelin, Patriot, carri armati e tante altre cose: discuteranno per un po’, si ricorderanno (per l’ennesima volta, cose se lo dimenticassero ogni sera) che l’ometto impazzito può ormai essere fermato solo con i metodi militari, e accetteranno di fornire alla pure gli aerei.
Quello che mi preoccupa è che ogni volta ricominciano a discutere quasi da zero e quindi ci impiegano molto più tempo del normale. E quindi ogni volta io ricomincio a sentire la mancanza di Churchill.


L’arresto di Andrey Medvedev

Capitano delle situazioni in cui mi chiedo quale uso facciano i giornalisti italiani delle proprie fonti… Per esempio…
Affermare che Andrey Medvedev, l’ex comandante della Wagner fuggito in Norvegia, sarebbe stato arrestato è una leggera semplificazione. Di fatto, è stato trasferito un centro di permanenza per gli immigrati perché non era d’accordo su alcune condizioni della propria permanenza in una abitazione «segreta» (per esempio: non poteva passeggiare attorno alla casa, fumare sul balcone o farsi la doccia con la porta chiusa). Le forze dell’ordine norvegesi, di fronte al suddetto disaccordo, avevano due scelte: lasciare andare il tipo o fermarlo e portarlo in un centro di permanenza.
Prima di essere smentito dagli avvenimenti reali, penso che la seconda scelta sia un tentativo di proteggere Medvedev e di averlo a disposizione per le eventuali indagini.


Zelensky al Forum di Davos

Oggi nella rubrica dei video metto l’intervento di Zelensky al World Economic Forum di Davos. «Semplicemente» perché è sempre meglio sentire da una fonte diretta quei concetti – e non solo quelli – che uno come me spesso tenta di riassumere con le parole proprie.

Più vengono ripetuti quei concetti, prima verranno compresi. Spero…


La lettura del sabato

L’articolo segnalato per questo sabato è dedicato a un singolo aspetto della guerra in Ucraina che attualmente può logicamente essere considerato di importanza non primaria. In effetti, rispetto alla uccisone di migliaia di persone o alla distruzione di ogni forma della infrastruttura civile e dell’industria, il saccheggio di un museo d’arte non è la manifestazione più grave della guerra.
Ma alla fine della guerra sarà sicuramente uno dei tanti campi delle indagini, punti di accusa e ambiti di ricostruzione.
Di conseguenza, oggi vi consiglio «serenamente» l’articolo «Museum Takeaway» dedicato al saccheggio del museo d’arte della città di Kherson. E vi ricordo una importante distinzione che in realtà caratterizza un po’ tutte le barbare di questo mondo: solitamente i militari russi rubano le lavatrici o i bollitori per le proprie famiglie e le opere d’arte per i propri «datori di lavoro».


I successi del grande tattico

Non so se tutti si siano accorti di un episodio apparentemente piccolo, ma in realtà singolare e inimmaginabile fino a qualche mese fa. Il «grande tattico» Vladimir Putin è riuscito pure nella impresa quasi impossibile di perdere un alleato estero storico: la Serbia.
Infatti, ieri il presidente serbo Aleksandar Vucic ha esplicitamente dichiarato, in una intervista al Bloomberg, che per lui la Crimea e il Donbass sono due territori ucraini. Ha aggiunto, inoltre, di non aver parlato con Putin per molti mesi e che, nonostante le relazioni «tradizionalmente buone» tra Belgrado e Mosca, la Serbia non appoggia ogni singola decisione del Cremlino, e nemmeno la maggior parte di esse.
Insomma, con questa guerra Putin non solo sta ottenendo l’esatto opposto degli obiettivi dichiarati (quei pochi che sono stati dichiarati), ma sta anche perdendo più o meno tutto quello che è stato costruito nei decenni precedenti: ora ne abbiamo visto una ennesima conferma.


Mark Milley – il capo dello Stato Maggiore congiunto delle Forze Armate degli Stati Uniti – ha comunicato che il 15 gennaio quasi cinquecento militari ucraini hanno iniziato un addestramento avanzato al combattimento in Germania. L’addestramento avviene nell’ambito di un programma specifico degli USA, dovrebbe durare da cinque a otto settimane e, tra le altre cose, dovrebbe essere mirato al migliorare utilizzo dei sistemi di difesa aerea Patriot.
Di fronte a una notizia come quella appena riportata, nella mia testa iniziano a combattere due personalità diverse: una che si innervosisce ogni qualvolta si intravede l’ombra di una dietrologia e una che, essendo molto ottimista (oppure pessimista, in base al caso concreto), tenta di leggere le notizie in un modo estensivo. In particolare, la seconda personalità sta tentando di interpretare la notizia nel senso che gli USA si siano finalmente decisi fornire più armi moderne e serie alla Ucraina. Dove la parola «più» si intende sia nel quantitativo che quello qualitativo. Ma, ovviamente, «per ora non possono divulgare tutto».
In ogni caso, si osserva una buona tendenza. Si è finalmente giunti – forse – alla conclusione che questa guerra non può essere vinta semplicemente aspettando il crollo del regime putiniano.


I “risultati” della CMP Wagner

Visto che pure in Occidente si scrive e si parla spesso della compagnia privata militare russa Wagner (chissà perché?), è interessante scoprire e comunicare ai miei lettori alcuni dei suoi «risultati».
Cominciamo dal fatto che, ufficialmente, il numero totale di detenuti «sottratti al controllo del Servizio Penitenziario Federale russo» è di 38.244. Tradotto in linguaggio umano: il proprietario della Wagner Prigozhin è riuscito ad arruolare quella quantità dei detenuti, promettendo a loro la libertà, la cancellazione delle condanne, i soldi e la bella vita.
Ma poi leggiamo che al 1° gennaio 2023 ben 29.543 persone arruolate nelle fila della Wagner sono state «cancellate dagli elenchi». Tradotto in linguaggio umano: uccise, ferite, disperse e catturate dagli ucraini.
Le persone amnistiate a termine di 6 mesi di «lavoro» sui campi di battaglia: 106 (0,28% del totale).
Quindi le perdite sono del 77%.
A questo punto è interessante aggiungere che il nuovo «manuale» per i media statali e filo-statali russi non raccomanda più di nominare Wagner. Probabilmente perché Prigozhin aveva detto, mesi fa, che «o combattono i detenuti o combattono i vostri figli»… I detenuti di Prigozhin stanno per finire.
Concludo il post statistico di oggi con le foto di alcuni cartelli pubblicitari, avvistati in diverse città provinciali russe, che invitano ad arruolarsi nella «orchestra W»:
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La lettura del sabato

L’articolo – breve – segnalato per questo sabato è solo uno dei tanti tentativi di capire come, perché e con quale fondatezza la propaganda putiniana stia cercando di comunicare al mondo di ottenere dei «successi» militari in Ucraina. U tentativo fatto sull’esempio della cittadina ucraina di Soledar, la conquista della quale, in ogni caso, sarebbe stato un po’ difficile da spacciare per un risultato importante.