L’archivio del tag «ucraina»

Chi era Andriy Portnov

Se anche a voi è capitato di sentire qualcosa della uccisione – avvenuta in Spagna il 21 maggio – del giurista ucraino Andriy Portnov (ex deputato della Verkhovna Rada e collaboratore del presidente Viktor Yanukovych), potete seguire questo link per capire un po’ meglio chi fosse e per quali motivo era un personaggio noto in una certa area dell’ex URSS.
Segnalo quell’articolo anche perché i media occidentali, molto spesso, sono costretti loro stessi ad andare a scoprire il significato della notizia solo nel momento in cui è nata. Per loro è normale perché l’argomento non rientra nell’insieme dei loro interessi quotidiani, ma, allo stesso tempo, i tempi tecnici ridotti non consentono di approfondire come si deve…


Perché ha chiesto Sumy

Ieri Pavel Zolotariov, il capo del distretto di Glushkovsky nella regione russa di Kursk, ha dichiarato durante un incontro con Putin che la città ucraina di Sumy dovrebbe essere annessa al territorio russo. In tal ha risposto alla domanda di Putin di quanti chilometri le Forze Armate ucraine dovrebbero essere allontanate dal confine: «Non possiamo vivere come in una penisola. Dovremmo essere di più. Almeno a Sumy. Io penso di sì. E con Lei come comandante in capo, vinceremo».
Di fronte a una notizia del genere è importante ricordare che le dichiarazioni come quella appena citata non si fanno per iniziativa propria, ma seguendo uno scenario ricevuto dall’alto (spesso da qualche edificio che si trova dietro un recinto in mattoni rossi). Circa il perché della dichiarazione ci possono essere diverse opzioni: o Putin vuole apparire – all’estero, ovviamente – meno aggressivo di alcuni altri funzionari russi, oppure vuole fare finta di seguire il volere del popolo nelle proprie azioni future. In questo momento storico preciso la seconda opzione mi sembra un po’ più probabile: perché nel corso delle «trattative» in Turchia (delle quali Trump si è già dimenticato perché ha detto che ora possono iniziare) la delegazione russa non ha fatto alcun tentativo di trasmettere la presunta tendenza di Putin alla pace o, almeno, a un rallentamento degli attacchi militari in Ucraina.
Se nei prossimi giorni o settimane si intensificheranno i combattimenti nella zona di Sumy, io non mi stupirò.


Una idea geniale

La notizia è di cinque giorni fa, ma io l’ho letta solo ieri sera:

Le autorità della Repubblica Popolare di Donetsk stanno valutando la possibilità di preservare i quartieri distrutti della città per conservare la memoria delle tragiche conseguenze degli attacchi dell’esercito ucraino, ha dichiarato il capo della Repubblica, Denys Pushilin, ai giornalisti a margine del 16° Forum economico internazionale «Russia – Mondo islamico: KazanForum».
È stato sottolineato che in futuro questi territori saranno mostrati ai turisti: seguendo l’esempio di Volgograd [Stalingrad per un certo periodo della storia sovietica], che allo stesso modo ha conservato la memoria dei difensori di Stalingrado.
«Molte persone sentono tutto ciò che è collegato, anche con gli insediamenti eroici, naturalmente, questo attirerà anche in futuro l’attenzione dei turisti per vedere cosa è Avdeevka, cosa è Ugledar, cosa è Artemovsk, ex Bakhmut, e altri insediamenti. E, naturalmente, abbiamo in programma di sviluppare alcuni di questi siti, come la Casa di Pavlov a Volgograd <…>, è possibile <…> un intero quartiere, solo per preservare, in modo che sia chiaro ciò che le persone hanno affrontato in diverse fasi», ha detto Pushilin.

Traducendo dal gergo della Repubblica Popolare di Donetsk alla lingua umana, riassumo: il tipo ha proposto di mostrare ai turisti gli effetti della guerra che la Russia ha portato in quei luoghi e la distruzione fatta dall’esercito russo. Effettivamente, un museo enorme del genere attirerà l’attenzione: ma non solo dei turisti.
Nemmeno i membri del futuro tribunale per l’aggressione contro l’Ucraina avrebbero avuto una idea così geniale…


Le reali convinzioni di Putin

In base alle ultime fantasie della Bloomberg, Putin sarebbe convinto che le truppe russe saranno in grado di sopprimere la difesa dell’esercito ucraino e di conquistare completamente le quattro regioni ucraine che lui vuole tanto: quelle di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya.
Ma secondo le mie osservazioni è una interpretazione della realtà sbagliata. Putin, semplicemente, è convinto di avere più risorse della Ucraina per continuare la guerra. E in base a tutte le analisi, nella prospettiva di alcuni anni la sua convinzione è realistica. Di conseguenza, è convinto che in qualche modo gli andrà bene: mentre l’Europa mostra tutta l’indecisione possibile, mentre Trump cambia l’idea più volte al giorno e mentre l’Ucraina esaurisce le proprie risorse umane e materiali, lui (Putin) o conquista qualche chilometro quadrato in più o, almeno, resiste meglio. Rimane, dunque, in una posizione dominante, mantiene la possibilità di sabotare le trattative e di avanzare le pretese impossibili.
E poi, ricordiamoci che l’obiettivo della guerra di Putin non sono i territori. Ottenuti alcuni territori ucraini ora, non smetterà di fare la guerra per sempre.


Le mosse diplomatiche sicure

Donald Trump, in vista della telefonata di oggi con Putin, aveva postato sabato questa immagine:

E subito dopo ha scritto:

Putin non usa l’internet, non sappiamo se gli verrà la prima delle immagini di questo post e, in ogni caso, potrebbe non essere condizionato proprio da essa. Ma, in ogni caso, racconterà a Trump delle proprie solite impossibili pretese nei confronti della Ucraina. Trump, a sua volta, racconterà di quelle pretese a Zelensky (come se Zelensky non le conoscesse). Zelensky dirà verso quale destinazione deve procedere Putin con le sue pretese. A quel punto Trump dirà di avere fatto tutto il possibile e tornerà a giocare a golf.
Ma forse prima posterà un’altra immagine:

Pure Trump rischia di diventare prevedibile. Che delusione…


L’assenteismo prevedibile

Si poteva scommettere un miliardo di euro su questa «notizia»: ieri Putin non si è presentato all’incontro con Zelensky a Istanbul. L’unico dettaglio che non ho indovinato è il fatto che non ha nemmeno fatto lo sforzo di inventarsi una scusa.
Al suo posto è andato un gruppetto di personaggi che non decidono nulla, guidati da un personaggio che dal puto di vista istituzionale e politico conta meno di nulla (l’ex ministro della cultura e l’autore della riscrittura della storia Medinsky). Ogni cosa (promessa, decisione, accordo) pronunciata da quei personaggi potrà essere tranquillamente ignorata da Putin. La delegazione ucraina lo sa benissimo, non si aspetta alcunché dagli incontri con quei personaggi, Zelensky ha deciso di non partecipare proprio… Tutto questo è logico, tutto questo era prevedibile in anticipo.
Il dettaglio interessante, invece, è: sempre ieri Trump ha dichiarato che non ci sarà alcun progresso nei colloqui di pace sull’Ucraina finché lui e il presidente russo Vladimir Putin non si incontreranno. E allora? Perché non ci è andato a Istanbul, dicendo «Vladimir, ci vediamo là»? Certo, si potrebbe logicamente dire: non lo ha fatto perché capisce che Putin vuole parlare solo con lui e non con Zelensky. Ma finché si preoccupa di come creare una situazione comoda per Putin, non ci sarà alcun progresso nelle trattative: Putin continuerà – ragionevolmente – a pensare di poter fare quello che vuole.
Finché Trump – da «campione delle trattative» – non decide di fare il duro con la parte forte della guerra, Putin continuerà a insultarlo con le proprie azioni. Come lo ha fatto ieri non presentandosi all’incontro di Istanbul voluto fortemente proprio da Trump.


Perché non ci andranno?

Donald Trump ha dichiarato che potrebbe recarsi a Istanbul il 15 maggio, dove probabilmente si svolgeranno i colloqui russo-ucraini, ma non ne è ancora sicuro perché ha in programma tantissimi incontri.
Avendo osservato il comportamento di Trump degli ultimi 3+ mesi, possiamo immaginare facilmente che a Istambul ci andrebbe di corsa, anche a piedi, per mostrare a tutti ancora una volta di essere l’uomo delle soluzioni. Ma sta aspettando di capire se la sua presenza sarà unica o meno: se ci saranno anche altri due personaggi.
Effettivamente, nel finesettimana Zelensky aveva fatto una grandissima mossa dichiarando che il giovedì 15 maggio aspetterà Putin a Istanbul per un colloquio (come lo stesso Trump gli ha chiesto di fare). È una grande mossa perché Zelensky capisce benissimo – a differenza di Trump e quasi tutta la squadra di quest’ultimo – che Putin farà qualsiasi cosa per non andarci! Non ci andrà un po’ perché ha paura di finire in un luogo potenzialmente nemico e un po’ perché in caso contrario dovrebbe negoziare direttamente con Zelensky al quale nega la legittimità (perché lo odia per il coraggio, per la tenacia, per il fatto che è stato eletto con i veri voti popolari e per tante altre cose). Di conseguenza, Zelensky ora sta costringendo Putin a fare due cose contemporaneamente: mostrare dispetto a Trump e inventare una scusa – in ogni caso ridicola – per non andare a un colloquio che egli stesso (Putin) ha proposto. Lo sta costringendo di mostrare un’altra volta, con una chiarezza ancora più grande, di non essere interessato alla pace. Immaginate le bestemmie che volano in questi giorni nella residenza di Putin…
Ora sarebbe bello convincere Trump di fare una dichiarazione pubblica più precisa: «io e Zelensky ti aspettiamo a Istambul, che fai?».


In realtà non cambia nulla

Ieri, nel corso di un discorso pubblico al Cremlino, Putin ha proposto alla Ucraina di riprendere i colloqui diretti «interrotti nel 2022» a partire dal 15 maggio a Istanbul «senza precondizioni»:
«Suggeriamo alle autorità di Kiev di riprendere i negoziati interrotti alla fine del 2022. Riprendere i negoziati diretti e, sottolineo, senza alcuna precondizione. Proponiamo di iniziare senza indugio già giovedì prossimo, 15 maggio, a Istanbul. Dove si sono svolti in precedenza e dove sono stati interrotti».
Chi si ricorda – almeno in un modo approssimativo – i «negoziati» del 2022, può interpretare facilmente la proposta di Putin: «ricominciamo a discutere la resa della Ucraina». È una proposta che non mi sorprende perché anche negli ultimi mesi Putin ha continuato a pretendere più o meno le stesse cose che ha sempre preteso: i territori, l’azzeramento dell’esercito ucraino, la non-adesione alla NATO etc.. Significa che si sente ancora in una posizione di forza, significa che non cederà di fronte alla logica osservazione di Zelensky (e alcuni altri leader mondiali) sulla opportunità di cessare i combattimenti per iniziare i negoziati sulla pace. Continuerà ad attaccare militarmente l’Ucraina per non indebolire la propria posizione.
Di conseguenza, non c’è alcun motivo di sperare in qualcosa nemmeno questa volta. Purtroppo, dobbiamo solo aspettare.
P.S.: il 3 maggio l’OPEC+ ha deciso di aumentare i volumi di estrazione del petrolio. Se tale misura persiste, potrebbe essere realmente importante nell’ottica del finanziamento della guerra: perché nel periodo caldo dell’anno la Russia non è in grado di aumentare l’estrazione ed è quindi costretta a vendere a un prezzo più basso quello che estrae già.


La (breve) lettura del sabato

Per riprendere l’argomento del Giorno della Vittoria festeggiato ieri in Russia, vi segnalo un breve commento alle parole del capo dell’ufficio del presidente ucraino Andriy Yermak, secondo il quale «il più grande contributo alla distruzione di Hitler è stato dato dal popolo ucraino, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dagli altri alleati. Mosca sarebbe stata occupata e distrutta».
Da parte mia, aggiungerei solo che nel corso della attuale guerra gli ucraini sono liberi di fare tutte le dichiarazioni «di propaganda» che vogliono: si trovano in uno stato emotivo molto particolare e devono motivarsi a vicenda in tutti modi possibili (e, ovviamente, elogiare gli alleati attuali). Spero che in un futuro non tanto lontano si sarà la possibilità (e la disponibilità da parte loro) di discutere seriamente e pacificamente con loro di tutti gli argomenti immaginabili, gli episodi delle guerre comuni compresi.


Il motivo della guerra aggiornato

Non so se ve ne siete accorti, ma da ieri conosciamo un nuovo – non so dire il numero seriale perché ho perso il conto – motivo della guerra in Ucraina espresso direttamente da Vladimir Putin.
Infatti, ieri su uno dei canali televisivi statali russi è uscito il film documentario «Russia. Cremlino. Putin. 25 anni»…
Probabilmente avrei dovuto mettere tra virgolette anche la parola documentario, ma non mi va di rendere il testo troppo pesante dal punto di vista visivo: tanto, avete già capito che si tratta di propaganda.
Insomma, in una delle scene di quel film Putin ha affermato che il mancato riconoscimento dell’indipendenza e della sovranità della Russia da parte dell’Occidente ha portato, alla fine, alla «operazione militare speciale» in Ucraina. Dopo il crollo dell’URSS, l’Occidente decise che la Russia si era indebolita e volle dividere la Federazione Russa in altre 4–5 parti.
Chi e quando lo voleva? Putin, ovviamente, non lo dice. Mentre io non riesco proprio a ricordarmi intenzioni o tentativi del genere. Allo stesso tempo, mi ricordo benissimo che lo stesso Occidente aveva tanta paura della divisione dell’URSS in una qualsiasi quantità di parti perché questo poteva comportare – secondo i politici di allora – la divisione dell’arsenale nucleare tra diversi nuovi Stati. Tale divisione era stata evitata grazie alla assegnazione di tutto l’arsenale alla Russia, il che si è rivelato (come vediamo ora) una scelta fatale per la pace.
Ma Putin pensa che tutti si siano dimenticati già tutto, quindi ci racconta il suddetto nuovo motivo della guerra. Boh…