Questa volta nell’ambito della «lettura del sabato» propongo uno dei testi più importanti delle ultime settimane sulla guerra tra la Russia e l’Ucraina. Si tratta dell’articolo della «Mediazona» sul Centro di Detenzione n. 2 [SIZO-2, una struttura tipica russa: sostanzialmente un carcere per le persone che indagate o sotto processo penale] della città di Taganrog, trasformato in un luogo di detenzione e tortura degli ucraini catturati per due anni nel corso della guerra. Nell’autunno-inverno del 2024 la maggior parte degli ucraini catturati è stata trasferita in altri centri di isolamento, nella regione russa di Rostov, con condizioni di detenzione più miti, ma ciò non significa che possiamo ignorare questa storia come «irrilevante».
È una delle storie da ricordare e da inserire già ora in una lunga lista di accuse.
L’archivio del tag «ucraina»
Il Regno Unito e l’Ucraina hanno firmato un accordo centenario di cooperazione politica, libero scambio e partenariato strategico durante la visita del Primo Ministro britannico Keir Starmer a Kiev. L’accordo prevede che i due Stati approfondiscano la cooperazione in materia di difesa. Promuoverà inoltre la loro cooperazione militare attraverso un nuovo quadro per rafforzare la sicurezza nei mari Baltico, Nero e d’Azov. Si prevede poi di rafforzare la cooperazione in materia di energia, clima e transizione verso l’energia pulita. Starmer ha dichiarato che nel 2025 il Regno Unito fornirà alla Ucraina un nuovo sistema di difesa aerea mobile finanziato dalla Danimarca e continuerà ad addestrare le forze armate ucraine. Più di 50 mila militari ucraini sono già stati addestrati nel Regno Unito per quasi tre anni.
La durata dell’accordo è tanto simbolica da fare un po’ ridere. Il contenuto, invece, no: firmando un documento del genere almeno con i principali Stati occidentali si potrebbe onestamente e logicamente dire che l’Ucraina «ci ha ripensato» di avvicinarsi alla NATO e, di conseguenza, fare contento il pazzo Putin. In termini di protezione per l’Ucraina non cambierà, purtroppo, alcunché, ma Putin potrà sostenere di avere raggiunto uno degli obiettivi della sua guerra. Mentre noi avremo un’altra occasione per deriderlo.
C’è una morale in questa storia? No, non c’è. Rimane la necessità di fornire gli strumenti adeguati per il raggiungimento della vittoria: perché nelle guerre non esistono i pareggi.
Ieri l’agenzia Bloomberg ha deciso di pubblicare una grandissima rivelazione che in pochissimi – appena il 146% delle persone che seguono le notizie internazionali – sapevano già: Vladimir Putin chiederà, durante i colloqui con il Presidente eletto degli USA Donald Trump sulla guerra tra Russia e Ucraina, che l’Ucraina tagli nettamente i legami militari con la NATO e diventi uno Stato neutrale con un esercito limitato. Effettivamente, si tratta delle pretese avanzate da Putin nei confronti dell’Universo già dal momento antecedente l’inizio della grande guerra in Ucraina.
È assolutamente comprensibile perché Putin vuole una cosa del genere: non perché si è dimenticato che prima della guerra la NATO (come l’UE e tante altre organizzazioni interstatali) non consideravano proprio l’Ucraina come un potenziale Stato-membro. Lo vuole per poter attaccare di nuovo, in qualsiasi momento e con la massima comodità uno Stato vicino indifeso, possibilmente ancora meno difeso di prima.
Quello che per ora non mi è del tutto chiaro è quanto Trump conosca le abitudini di Putin: si dice che il Presidente eletto abbia la mentalità da imprenditore (per ora trascuriamo la qualità dei suoi successi imprenditoriali), ma questo dovrebbe significare che si aspetta da ogni propria controparte una certa tendenza a rispettare gli accordi presi. Mentre Putin ha la mentalità non da imprenditore, ma da faccendiere russo degli anni ’90: «prendi qualcosa che è custodito male e scappa»; di conseguenza, rispetta accordi solo fino al momento in cui non si sente abbastanza forte da violarli (in 25 anni ne abbiamo avuto tantissime conferme).
Ora voglio vedere se quanto lo capisce Trump. Ma la Bloomberg è troppo impegnata a inventare le notizie per indagare su questo fatto.
Questo sabato posso fare uno esperimento e consigliarvi non un testo da leggere, ma una intervista ascoltare.
Il fatto che in settimana il noto podcaster statunitense Lex Fridman (nato in Tagikistan, cresciuto tra Mosca e Kiev, diventato quello che è diventato negli USA) ha pubblicato una lunghissima intervista con Vladimir Zelensky. Dal punto di vista dei contenuti è una intervista in alcuni punti un po’ strana (per esempio, i primi circa quindici minuti potrebbero sembrare addirittura noiosi), ma merita comunque di essere sentita perché comprende tutto quello che Zelensky vuole comunicare, in un modo argomentato, al mondo esterno. Si capisce dunque non la sua persona, ma la sua funzione e il modo in egli stesso la vede. Potrebbe essere utile avere questa comprensione a) dalla fonte diretta e b) aggiornata al momento storico corrente. Se l’intervista vi sembra troppo lunga (vi capisco benissimo, non ho ancora sentito un sacco di interviste potenzialmente interessanti proprio a causa della lunghezza), vi ricordo che non siete obbligati a fissare lo schermo per tutta la sua durata: potete sentire l’audio mentre svolgete qualche compito della vostra vita quotidiana.
Inoltre, grazie all’AI avete la possibilità di sentire l’intervista tradotta in inglese con le voci quasi identiche a quelle originali. Questo è possibile soprattutto alla prima professione di Lex Fridman: computer sciences e lo sviluppo dell’AI presso Google (anche all’epoca si specializzava nello sviluppo delle automobili a guida autonoma).
P.S.: Lex Fridman è diventato famoso con le interviste agli scienziati, ma spesso intervista anche i personaggi di altri ambiti.
Il media ucraino «Telegraf» scrive che Vladimir Zelensky ha già deciso di candidarsi per un secondo mandato presidenziale, mentre il suo ufficio sta «motivando» Valery Zaluzhny — che sembra essere più popolare tra gli elettori ucraini — offrendogli il primo posto nella lista del partito «Servo del Popolo» e il posto di Presidente nella Verkhovna Rada (Parlamento ucraino).
Non seguo la stampa ucraina (anzi, non la seguo quasi, non conosco nemmeno abbastanza la lingua), quindi all’inizio sono rimasto sorpreso da quanto ai media ucraini mancassero di argomenti per le pubblicazioni: alle elezioni, ovviamente, si dovrebbe pensare in anticipo, ma in Ucraina, per legge, il loro svolgimento dipende direttamente dalla fine delle ostilità (non si possono fare prima).
Poi mi sono reso conto che la mia sorpresa dovrebbe essere rivolta più al modo di citare la notizia che all’argomento stesso o alla posizione di Zelensky. Infatti, il compito principale di Zelensky è ora quello di continuare a essere percepito come un presidente pienamente funzionante (e che non si sta preparando a lasciare) con il quale continuare a parlare di sostegno alla Ucraina nella guerra contro l’aggressore come prima. Per quasi tre anni Zelensky ha svolto la propria funzione principale nel miglior modo possibile: ha tirato fuori gli aiuti dai rappresentanti dell’»Occidente«. Avrebbe potuto fare meglio, ma questo «meglio» non dipende da lui, bensì dai rappresentanti dell’"Occidente". E se tutti si mettono a correre a negoziare con il presunto successore, sarà l’Ucraina a perderci: finché il successore non assumerà il potere, gli aiuti arriveranno in volumi ancora più ridotti di adesso.
Potrei quindi suggerire che le intenzioni dichiarate di Zelensky di puntare a un secondo mandato non sono necessariamente legate ai suoi piani reali per il proprio futuro politico.
Tra le varie cose lette e viste ieri sui festeggiamenti del nuovo anno in giro per il mondo, non potevo naturalmente saltare i reportage sulla notte di Capodanno in Ucraina… Da tempo alcune persone residenti in diverse città ucraine mi dicono che da loro la guerra si percepisce – dal punto di vista della vita quotidiana – solo quando suonano le sirene per un ennesimo attacco aereo o va via la corrente elettrica. Per uno come me che sta al sicuro è difficile valutare, ma suppongo che spesso lo dicano anche per farsi un po’ di coraggio e/o per non mostrarsi arresi. Comunque sia, mi fanno una certa impressione certe immagini viste ieri.
Per le vie di Kiev, per esempio, si vedono gli alberi fatti di munizioni consumate:
E i «fuochi» utilizzati per Continuare la lettura di questo post »
Il Presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato – in una intervista al quotidiano francese Le Parisien – che l’esercito ucraino non può riprendere la Crimea e il Donbas con le proprie forze:
Non possiamo rinunciare ai nostri territori. La Costituzione ucraina ce lo vieta. Di fatto, questi territori sono ora controllati dai russi. Non abbiamo la forza di restituirli. Possiamo solo contare sulla pressione diplomatica della comunità internazionale per costringere Putin a venire al tavolo dei negoziati.
E, allo stesso tempo, ha sottolineato che ai negoziati si va solo trovandosi in una posizione adeguata:
Sedersi al tavolo dei negoziati con Putin a queste condizioni significherebbe dargli il diritto di decidere tutto nella nostra parte del mondo. Prima dobbiamo sviluppare un modello, un piano d’azione o un piano di pace – chiamatelo come volete. Poi possiamo presentarlo a Putin o, più in generale, ai russi.
In assenza del sostegno militare sperato e nelle condizioni del conseguente allungarsi della guerra (con la tendenza verso l’infinito, direi) tutte le parole appena riportate sembrano logiche. Anche se non mi basta la fantasia per immaginare (oggi) con quali mosse diplomatiche si possa costringere Putin a restituire la Crimea: non vorrà apparire sconfitto, soprattutto se non lo sarà realmente, e rinunciare al proprio principale «successo» degli ultimi dieci anni.
Evidentemente, ora Zelensky si sta psicologicamente preparando all’idea di dover elemosinare pure il sostegno diplomatico internazionale dopo la fine dei combattimenti: proprio come per ora sta succedendo con gli armamenti. Ma ha il difficile compito di dover spiegare due concetti:
1) il sostegno diplomatico deve comunque essere rinforzato, in questo specifico caso, con le armi;
2) il sostegno diplomatico insufficiente o tardivo farà sentire Putin un vincitore autorizzato a fare qualsiasi altra guerra.
Avendo visto il modo di fare dei burocrati occidentali, non sono molto ottimista…
In una intervista alla rivista Time, che lo ha nominato uomo dell’anno 2024 (a proposito: un raro caso in cui la scelta sembra assolutamente logica), il presidente eletto degli USA Donald Trump si è espresso contro la possibilità di permettere alla Ucraina di colpire il territorio russo con missili statunitensi a lungo raggio:
«I disagree very vehemently with sending missiles hundreds of miles into Russia. Why are we doing that? We’re just escalating this war and making it worse.
Se a dirlo non fosse stato Trump, avremmo avuto un altro motivo per indignarci. Anche se innumerevoli deficienti hanno già in qualche modo definito l’autodifesa ucraina – in corso o programmata – con il termine «escalation». Trump, invece, può affermare ogni giorno qualcosa di nuovo: non quello che pensa, non quello che intende fare e non quello che realmente farà. Mentre ciò che pensa, ciò sta per fare e ciò farà effettivamente non è sempre noto, secondo me, nemmeno a lui.
Quindi mi sembra che è troppo presto per dispiacersi per l’Ucraina. È probabile che dovremmo, al contrario, «congratularci» con Putin per l’arrivo di un poliziotto imprevedibile. Non «buono» o «cattivo», ma proprio imprevedibile.
E Trump, da parte sua, si è già dimenticato della propria dichiarazione.
Il Washington Post scrive che l’Ucraina avrebbe fornito aiuti militari agli oppositori del regime di Bashar al-Assad in Siria poco prima del suo rovesciamento: quattro o cinque settimane fa l’intelligence ucraina avrebbe consegnato 150 droni ai ribelli e ha inviato in Siria 20 persone esperte nel pilotaggio di droni.
In precedenza, le autorità ucraine avevano già riferito della loro intenzione di combattere contro i mercenari russi in Siria. Per esempio, a giugno il Kyiv Post aveva pubblicato un articolo sulle forze speciali ucraine che combattono al fianco dei ribelli contro il governo di Bashar al-Assad e l’esercito russo che lo sostiene. A luglio, poi, si è saputo che l’esercito ucraino aveva colpito una base aerea russa all’interno del Paese.
Non ho dei motivi per non credere a tutte le notizie appena citate anche se a prima vista potrebbero sembrare illogiche. È vero che l’esercito ucraino dovrebbe essere concentrato sulle problematiche molto più attuali, ma i suoi interventi in Siria – sicuramente di portata non particolarmente ampia – perseguivano, in realtà, un importante obbiettivo diplomatico. Infatti, la sconfitta putiniana in Siria (considerato quanto si era in precedenza impegnato a sostenere Assad, si tratta di una sconfitta e di una sconfitta sua) è un brutto colpo per la sua immagine. Ora i leader degli Stati occidentali dovrebbero vedere con la massima chiarezza che l’esercito putiniano è ancora più debole di quanto vediamo sull’esempio della guerra in Ucraina. In sostanza, sta già dando il massimo e non ha le risorse per altre missioni importanti per Putin. Di conseguenza, non dovrebbe avere le risorse nemmeno per agire con ancora più intensità sul fronte ucraino.
Tutto questo induce a pensare che la posizione di Putin nelle ipotetiche trattative sulla situazione in Ucraina non può essere forte. I sostenitori della Ucraina sanno dunque come comportarsi. E meno male.
L’agenzia Bloomberg scrive che la NATO avrebbe cambiato la propria strategia sulla Ucraina: ora gli Stati-membri non cercherebbero di assicurare la vittoria della Ucraina nella guerra, ma di darle la posizione più favorevole nei colloqui di pace o di aiutarla a contenere l’offensiva russa. Il cambiamento della strategia, secondo l’agenzia, significa che la NATO sta «raddoppiando gli sforzi» per fornire armi alla Ucraina in considerazione del fatto che l’esercito ucraino sta «perdendo gradualmente terreno», il che aumenta, a sua volta, la probabilità che il conflitto si blocchi con la perdita dei territori occupati dalla Russia.
Ebbene, quanto appena riassunto testimonia per l’ennesima volta il fatto che gli autori della Bloomberg vivono in un mondo alternativo, si inventano le notizie a caso e poi si mettono pure a «interpretarle». Qualcuno di voi si era accorto degli sforzi degli Stati-membri della NATO per garantire la vittoria della Ucraina? È un po’ difficile vincere con i caschi e le tende (nei primi sei mesi della guerra gli «sforzi» erano quelli) o con pochi carri armati e aerei arrivati dopo mesi o addirittura anni di richieste. Qualcuno può immaginare come si possa rafforzare radicalmente la posizione ucraina con il doppio di quegli aiuti minimi? Per me è una cosa un po’ difficile da immaginare.
Vista la tendenza del comportamento dei membri della NATO da una parte e della evoluzione dei discorsi pubblici di Zelensky dall’altra (secondo me è diventato meno radicale nelle proprie descrizioni della fine dei combattimenti), capisco che si arriverà presto a una qualche forma di trattative. Le trattative che faranno contenta una delle due parti della guerra significheranno però la sconfitta della parte opposta: nessuna delle due lo potrà accettare, anche se Putin, in teoria, ha più possibilità nel vendere ai propri elettori qualsiasi risultato come una grande vittoria.
Di conseguenza e purtroppo, siamo quasi costretti a sperare nell’ultima cosa che ci rimane: le abilità di Trump di condurre le trattative commerciali aggressive. Bisogna solo trovare il modo di mettergli in testa l’idea che deve costringere Putin a una qualche forma di resa. Una missione facilissima la nostra, ahahaha