Ieri, due settimane dopo l’arresto di Pavel Durov a Parigi, il Telegram ha aggiornato la propria politica di moderazione e ha permesso agli utenti di segnalare i contenuti illegali nelle chat: lo si legge nella nuova versione del FAQ sul sito del Telegram. Ma per ora non è chiaro come si farà a moderare le chat private.
Però la cosa più importante consiste nel fatto che la nuova regola del Telegram – palesemente nata in seguito alle «conversazioni» di Durov con le Autorità francesi – si inserisce perfettamente in una tendenza tristissima ma tipica degli ultimi decenni: quella di trasferire, in via di fatto obbligatoria, ai contribuenti le funzioni che uno normale Stato dovrebbe svolgere con le tasse raccolte. Ma le tasse finiscono non si capisce dove (ma si ipotizza dove: nel cosiddetto «Stato sociale»), dunque salta fuori il principio «siete cittadini/imprese responsabili, dovete fare voi». Per esempio, le banche, i broker, gli avvocati e gli agenti immobiliari sono stati obbligati a cercare da soli i criminali finanziari e gli evasori fiscali e a consegnarli alla polizia. Le persone che vivono nella stessa zona spesso sono costretti ad auto-organizzarsi (o pagare le aziende di sorveglianza private) per proteggersi da teppisti e piccoli criminali. L’assistenza medica gratuita nei Paesi sviluppati viene di fatto sostituita – se si vuole guarire – con un’assicurazione privata. In base alle proprie circostanze di vita, ognuno può ricordarsi altri numerosi esempi…
Mentre nel contesto dell’argomento del post odierno va ricordato che i social network e i messenger devono, secondo la logica dello Stato occidentale moderno, cercare i criminali vari e portarli alla polizia. In sostanza, assumere delle persone (moderatori) che facciano il lavoro della polizia (pagata con le tasse), la quale si prenderà poi pure tutto il merito.
Fino a poco fa il Telegram di Pavel Durov era fuori da questa tendenza, ma forse sta per essere costretto a inserirsi in essa. Devo precisare che non mi sembra un evento positivo?
L’archivio del tag «telegram»
Il giornale francese Libération scrive che il fondatore di Telegram Pavel Durov, dopo essere stato arrestato a Parigi, ha dichiarato agli investigatori di aver collaborato con la Direzione generale della sicurezza (DGSI) del Ministero dell’Interno francese. Secondo una fonte vicina alle indagini, Durov avrebbe detto di avere un canale di comunicazione speciale con il controspionaggio francese, grazie al quale è stato possibile prevenire diversi attacchi terroristici. Allo stesso tempo, come scrive Libération, tra il 2013 e il 2024, la polizia francese non ha ricevuto risposte da Telegram a 2460 richieste.
Ecco, non so quanto corrispondano alla realtà tutte queste rivelazioni, ma posso sottolineare che per le forze dell’ordine francesi – e pure per la classe dirigente politica e per la società – la questione del terrorismo islamico è non meno importante (a volte forse anche più) di tutte le questioni che secondo la stampa europea sarebbero state «imputate» a Durov. Un europeo medio è più abituato a sentire spesso del narcotraffico o della pedofilia, mentre un francese medio si ricorda bene pure del rischio degli attentati: semplicemente perché in Francia succedono relativamente spesso.
Di conseguenza, si potrebbe presumere che Durov ha logicamente testimoniato di avere collaborato sulla questione più importante e pericolosa.
Lo avete sicuramente letto: la notte tra il 24 e il 25 agosto all’aeroporto di Parigi è stato fermato Pavel Durov, il creatore del Telegram (e, in precedenza, del VK che pure in Italia qualcuno conosceva). È stato fermato in base a un mandato di arresto emesso dai servizi segreti francesi: la giustizia francese accusa Durov (come scritto nel mandato) di essersi rifiutato di collaborare alle indagini su vari reati legati all’uso di Telegram. Gli investigatori dell’ONAF (l’Autorità Nazionale Frodi del Dipartimento delle Dogane) hanno notificato a Durov i suoi diritti; per Durov sono stati disposti gli arresti domiciliari. I suoi supporti digitali saranno sequestrati e i loro contenuti analizzati. Dovrà comparire davanti al giudice istruttore e sarà accusato di diversi reati: terrorismo, partecipazione al narcotraffico, complicità in frode, riciclaggio di denaro, ricettazione, contenuti pedo-criminali, etc..
Per ora non posso ipotizzare quanto sia seria la situazione di Durov, ma ho già alcune domande puramente logiche.
1) Dal 2021 Durov ha la cittadinanza francese (è anche cittadino della Federazione Russa, degli Emirati Arabi Uniti — in genere non concedono la cittadinanza agli stranieri, ma in questo caso hanno fatto un’eccezione — e dell’isola di St Kitts e Nevis nei Caraibi). Ma non ha collaborato in alcun modo con le forze dell’ordine francesi, ben sapendo che, se si rifiuta di collaborare, diventa automaticamente un complice. Non sono del tutto d’accordo con l’attribuzione dello status del complice nelle situazioni come questa (per esempio, degli omicidi eseguiti con i coltelli si devono preoccupare le forze dell’ordine e non i produttori dei coltelli), ma non sempre possiamo influire sulle regole di questo mondo e Durov avrebbe dovuto saperlo (e poi, ha creato uno strumento difficilmente «spiabile» dalle forze dell’ordine). Perché ha ignorato questo dettaglio?
2) Sapendo che in Francia era già stato aperto un procedimento penale nei suoi confronti e che era sulla lista dei ricercati (la stessa polizia francese ha dichiarato che lo sapeva benissimo), Durov è volato in Francia con l’intenzione, come ha scritto il francese Le Figaro, di cenare a Parigi. È improvvisamente invecchiato fino perdere la memoria?
3) È arrivato, con l’aereo privato, dall’Azerbaigian (più precisamente da Baku) dove pochi giorni fa si era recato pure Putin (dal regime del quale Durov sarebbe scappato anni fa). È una coincidenza?
Boh, aspettiamo e osserviamo.
Pavel Durov – che agli italiani dovrebbe essere noto prevalentemente (o, in casi estremi, solo) come il creatore e proprietario del Telegram – concede talmente poche interviste, che non potevo non condividere quella fatta da Tucker Carlson. Dal punto di vista giornalistico è una intervista un po’ debole (mentre per Durov è una evidente occasione per farsi un po’ di pubblicità), ma almeno fornisce le statisticamente rare parole dirette dell’intervistato.
A differenza del personaggio precedente, non ha riempito Carlson di pseudo-historical delirium.
Il venerdì 13 ottobre Pavel Durov – il creatore del Telegram – ha pubblicato un post contenente le seguenti parole:
All’inizio di questa settimana, Hamas ha usato Telegram per avvertire i civili di Ashkelon di lasciare l’area prima dei loro attacchi missilistici. Chiudere il loro canale aiuterebbe a salvare vite umane o ne metterebbe in pericolo altre?
Per chi conosce il modo di operare di Hamas e/o almeno i fatti della guerra in corso, già la prima frase potrebbe sembrare molto strana: uno degli obiettivi di Hamas è sempre stato quello di colpire più civili possibile. Inoltre, i miei conoscenti residenti in Israele confermano quella cosa che per me è scontata: non sono mai stati «avvisati da Hamas» degli attacchi, quindi corrono nei rifugi per ben altri motivi. Ma controllare non fa mai male; in più volevo anche vedere con i propri occhi quel post in cui Hamas ringrazia Putin per le «parole di sostegno alla Palestina».
Ebbene, a me il canale Telegram di Hamas non si apre, al suo si vede solo la scritta «502 Bad Gateway» che nel 99,99% dei casi indica un problema sul lato server. Probabilmente – lo voglio sperare – qualcuno è riuscito a spiegare a Pavel Durov che non si collabora con i terroristi. Potevano essere stati convincenti gli investitori o altre persone, ma a me non interessa: per me conta il risultato.
L’organizzazione statunitense Property of the People ha ottenuto un documento (del 7 gennaio 2021) del FBI sui rapporti della organizzazione con i messenger più popolari. Tra le altre cose, nel documento si sostiene che il WhatsApp fornisce più informazioni, rispetto ai concorrenti, sui propri utenti. Con un ordine del tribunale, gli investigatori possono ottenere informazioni di base su un utente, e, con un mandato di perquisizione, contatti dalla sua rubrica e una lista di utenti che si trovano nella sua rubrica. In particolare, il WhatsApp può trasmettere le informazioni del mittente e del destinatario di ogni messaggio quasi in tempo reale: ogni 15 minuti. Sembra però trasmetterà alcuni metadati, ma non il contenuto effettivo dei messaggi. Un portavoce di WhatsApp ha già confermato queste informazioni.
Il documento del FBI afferma, inoltre, che l’iMessage della Apple fornisce i metadati degli utenti su richiesta degli investigatori. Il Signal fornisce solo la data e l’ora in cui un utente si è registrato e quando ha effettuato l’ultimo accesso all’app. Il Telegram non fornisce metadati, ma può rivelare l’indirizzo IP di un utente e, nei casi di terrorismo, il suo numero di telefono.
Tutti possono scaricare il PDF contenente il riassunto dei dettagli.
Possiamo fare qualcosa dopo avere appreso queste informazioni? Dipende chi siamo.
Le persone paranoiche possono buttare il proprio telefono (come tutti gli altri dispositivi elettronici capaci di andare su internet) dalla finestra… anche se sospetto che molti di loro lo abbiano già fatto tempo fa.
Le persone normali, invece, possono provare a osservare la variazione della popolarità dei vari messenger dopo la diffusione della notizia appena raccontata. Qualcosa mi suggerisce che di variazioni ce ne saranno.
Lo avrete già letto: il Telegram ha bloccato due canali dei «novax» covidici – uno italiano e uno tedesco – che incitavano alla violenza contro il personale medico impegnato nella vaccinazione contro il Covid-19, pubblicando anche i dati personali delle persone (scusate la tautologia) concrete. Il creatore del Telegram Pavel Durov descrive bene quella decisione (in inglese), quindi non mi metto a riassumere le sue parole.
La cosa che posso constatare io è semplice: anche qualora non ci fossero stati degli inviti alla violenza e/o la pubblicazione dei dati personali, avrei pienamente appoggiato questa forma di censura. Perché grazie a quei [censured censured censured censured censured] dei novax si diffondono e continuano a mutare non solo i virus come il Covid-19, ma pure tante di quelle malattie che l’umanità riteneva di avere superato già decenni o secoli fa: la peste, la pertosse, la difterite, il morbillo, la poliomielite etc.
Quindi, cari novax, chiudetevi in casa e godetevi la vostra libertà di schiattare per le malattie obsolete senza violare la libertà di vivere di tutte le altre persone.
Marc Ginsberg, il presidente della associazione no profit statunitense Coalition for a Safer Web, ha deciso di chiedere al giudice californiano di obbligare la Apple e l’Alphabet a eliminare il messenger Telegram rispettivamente da App Store e Google Play. Il motivo: il Telegram sarebbe tra i responsabili della diffusione dell’estremismo e dell’antisemitismo e viene utilizzato anche per inviare minacce e coordinare la violenza razziale. In particolare, si fa riferimento alla cancellazione della popolare tra i sostenitori attivi di Donald Trump (in un certo momento) app Parler.
Io non so di preciso quali sostanze fumi il signor Ginsberg e non voglio immaginare quando proporrà di bloccare – al fine di raggiungere la pace totale – ogni forma di comunicazione tra gli umani. Ma, considerata la logica della battaglia giudiziaria, prima o poi penserà a quel tipo di blocco: perché è evidente che le persone continueranno a migrare verso le app ancora scaricabili / disponibili / funzionanti…
Noi non siamo il giudice californiano e non abbiamo dunque il potere di mandare efficacemente affanculo Marc Ginsberg e le sue idee fantastiche. Però abbiamola possibilità di affrettarci a scaricare e installare tutte le app che potrebbero esserci utili. Il Telegram, in particolare, è un messenger interessante (anche se per ora mi capita di usarlo prevalentemente con i contatti russi) e sta crescendo bene anche dal punto di vista del contenuto dei «canali».
Insomma, vi ho avvisati.
Se anche a voi è capitato di leggere, nei giorni scorsi, che Donald Trump abbia iniziato a usare il Telegram (al posto dei social networks sui quali è stato bannato), aspettate di crederci. Infatti, l’account dal nome «Donald J. Trump» ha almeno due stranezze.
In primo luogo, accanto al nome manca la spunta bianca sulla «rotella» blu. Questo significa che l’account non è stato certificato come appartenente alla reale persona famosa.
In secondo luogo, l’ultima pubblicazione su quell’account contiene il ben noto annuncio sulla intenzione di non presentarsi alla inaugurazione di Joe Biden (pubblicato 8 gennaio 2021).
Ecco, a questo punto ammetto che l’autenticità e la contraffazione dell’account mi sembrano ugualmente strane. È strano che Trump abbia abbandonato il tentativo di comunicare con i propri sostenitori anche (o almeno) in quel modo. È altrettanto strana l’ipotesi che abbia abbandonato uno strumento [ancora] disponibile.
E poi sarebbe stato curioso vedere se anche Pavel Durov possa essere contagiato dalla nuova moda di censurare coloro che non vengono ritenuti «giusti».
P.S.: Trump non mi piace, ma la situazione in cui 80 milioni di elettori vedono come nemici pubblici altri 75 milioni è un po’ brutta…
P.P.S.: chissà se ora Trump si registra pure sul tanto criticato TikTok? ahahaha
Qualcuno poteva avere già notato che la nuova (settima) versione del Telegram permette di fare le videochiamate.
L’unica reazione sensata a tale fenomeno da parte della umanità intera avrebbe potuto essere espressa in una sola parola: finalmente!
Ma c’è un particolare che merita di essere precisato. Durante le videochiamate l’altoparlante utilizzato per default è quello della conversazione e non quello principale. Di conseguenza, la voce dell’interlocutore si sente un po’ male. Però è prevista anche una soluzione tecnica. A conversazione avviata bisogna fare un tap sull’icona della cornetta telefonica: in tal modo si attiva l’altoparlante principale del telefono.
Spero che questa scomodità venga sistemata quanto prima.
Intanto, grazie a me per l’informazione preziosa!