L’archivio del tag «storia»

Il patto tra i diavoli

80 anni fa, il 23 agosto 1939, fu firmato il tristemente noto patto Molotov – Ribbentrop, quello sulla non-aggressione reciproca e la spartizione delle zone di influenza. Infatti, non tutti se ne rendono conto, ma di fatto l’URSS iniziò la Seconda guerra mondiale dalla parte del Terzo Reich. È difficile paragonare tra loro i due capi dei due ministri degli Esteri, ma entrambi – i capi – crearono parecchi problemi alla popolazione di questo pianeta. Quindi per il 23 agosto è stata fissata, dal Parlamento europeo, la Giornata delle vittime dello stalinismo e del nazismo.
Il paradosso triste consiste nel fatto che tale Giornata (e nessuna sua analogia) è mai stata istituita in Russia. Eppure la Russia – come una buona parte dell’ex URSS, parzialmente entrata nell’UE) subì delle enormi perdite umane sia per la colpa dello stalinismo che del nazismo.
Quando morirà, quella Giornata secondo me si farà. Almeno, lo spero.


Huston, abbiamo un sito

Sul sito SpaceLog vengono pubblicate, progressivamente, le trascrizioni digitalizzate delle conversazioni tra le missioni spaziali e la Terra. Esse possono essere interessanti anche per le persone intenzionate a verificare la storicità delle determinate frasi.

È evidente che il sito ha delle grandi potenzialità di crescita, quindi conviene controllare, periodicamente, gli aggiornamenti.


Il documentario “Kolyma”

Alla fine di aprile il popolarissimo video-blogger Yury Dud ha pubblicato sul proprio canale su Youtube il documentario «Kolyma», abbastanza atipico in mezzo agli argomenti solitamente trattati dall’autore. Il film è dedicato a quella parte della regione russa Jacuzia che prende il nome dal fiume Kolyma e che per diversi decenni del XX secolo è stata nota prevalentemente per i campi di detenzione e di lavoro dei detenuti politici.
Dal punto di vista dei contenuti storici, il film era stato pensato e realizzato per il pubblico giovanile russo (i russi di età 30+ hanno letto sull’argomento infinitamente più cose). Alcuni dettagli della vita attuale in quei luoghi possono invece essere poco conosciuti alle persone di ogni età.
Partendo dal presupposto che, rispetto a un russo medio, il pubblico europeo di ogni fascia di età è meno informato sulla storia e sulla attualità di quei luoghi, ho pensato che fosse giusto condividere con i miei lettori quel documentario.
Dura 2 ore e 17 minuti, quindi lo pubblico il venerdì sera per lasciarvi la massima libertà sulla scelta dell’orario per la visione.
Il documentario è realizzato in lingua russa ma ha i sottotitoli ufficiali in inglese: se non partono in automatico, attivateli voi.

Intanto sto riflettendo sulla opportunità di pubblicare una lista di libri validi sul sistema del Gulag.


La disunione europea

Ho trovato una mappa d’Europa del 1500 ben fatta. Seguendo il link e cliccando sulla immagine che si apre, potrete studiarla in ogni dettaglio.

Colgo l’occasione per precisare: non vedo alcunché di male nella frammentazione degli Stati appartenenti alle unioni interstatali forti come, per esempio, la UE: al loro interno i confini e le appartenenze dei territori hanno sempre meno senso pratico. Per il mondo in generale tale principio, purtroppo, vale ancora in una misura minore.
Allo stesso tempo capisco che gli Stati-membri delle unioni non accetteranno mai la conservazione automatica della appartenenza alla loro unione delle regioni indipendentiste.


La spartizione

Il Ministero degli Esteri russo ha pubblicato per la prima volta i fogli scannerizzati dell’originale sovietico del patto Molotov–Ribbentrop (ufficialmente si chiama il Trattato di non aggressione fra il Reich e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) del 23 agosto 1939 e del protocollo segreto aggiuntivo.
Prima agli storici erano accessibili solamente le fotocopie degli originali della delegazione tedesca.
Si tratta di sei documenti in due lingue – il russo e il tedesco – che meritano di essere pubblicati anche in questa sede (per essere, d’ora in poi, più accessibili a tutti). Continuare la lettura di questo post »


La prima sospensione

La settimana scorsa avevo scritto dei rari precedenti di abolizione della Festa del lavoro. Oggi è invece una buona occasione per ricordare un bel primato russo.
Il 7 maggio 1744 l’imperatrice Elisabetta firmò un editto con il quale di fatto sospese l’istituto della pena di morte in tutto lo Stato. Per vent’anni tale sospensione rimase fortunatamente in vigore.
Incredibilmente, si tratta di un primato mondiale (almeno secondo le mie conoscenze di storia). Di conseguenza, quando qualcuno da qualche parte decidesse di istituire una festa mondiale dedicata alla estinzione della pena di morte, ricordiamogli questa data.


L’onestà storica

All’inizio di dicembre del 2018 ho scoperto, dietro uno dei portoni del centro di Morbegno, un bellissimo esempio della onestà storica. Sulla parete, uno accanto all’altro, sono elencati gli stemmi di tutti i signori e Stati che hanno posseduto la città. Ed è sicuramente uno dei modi validi di ricordare la storia della propria patria. Ma qualcuno, come potete vedere, ha tentato di cancellare un pezzo della storia con la vernice rossa (si intuisce facilmente chi). Ma gli errori, anche quelli storici, vanno corretti e non cancellati dalla memoria. Quando lo capiranno tutti, il mondo potrà festeggiare la liberazione dalla stupidità. Ma è quasi una utopia.

Sotto gli stemmi sono appesi in fila cinque fogli, apparentemente battuti molto tempo fa con una macchina da scrivere, sui quali viene brevemente spiegata la storia degli stemmi. Spero che risultino leggibili anche a voi: Continuare la lettura di questo post »


Il primo tra gli sospettati

Sul nostro sfortunato pianeta vivono numerosi personaggi convinti che gli astronauti americani non siano mai stati sulla Luna. Sono gli stessi personaggi che non si sono mai resi conto del fatto che le prove del volo di Yuri Gagarin nello Spazio sono molte meno dello sbarco sulla Luna.
(Tra parentesi: esistono pure dei personaggi convinti della inesistenza dei viaggi e dei lanci nello Spazio in generale, ma oggi non parliamo di questa categoria dei malati).

[disponibile anche in un formato più grande]
Il volo di Gagarin fu eseguito nella massima segretezza: non esiste alcuna ripresa foto o video della sua salita sulla navicella e del decollo. Le famose riprese delle conversazioni tra Gagarin e il capo-progettista Koroljov furono fatte dopo il volo, come un film, appositamente per la Storia.
Non esiste nemmeno una foto scattata da Gagarin nello Spazio. Vi sembra immaginabile che alla prima persona diretta verso lo Spazio non fosse stata fornita una macchina fotografica? Supponiamo che l’intento fosse stato quello di non far distrarre il cosmonauta dal lavoro principale: sarebbe comunque stato possibile organizzarsi con la telemetria già in corso dal bordo della navicella.
L’URSS preferì nascondere tutte le caratteristiche tecniche della navicella «Vostok 1» e falsificare i risultati del primo volo. Il 18 luglio 1961 a Parigi iniziò la riunione della Federazione aeronautica internazionale (FAI) alla quale sarebbero dovuti essere registrati i record stabiliti da Gagarin: la durata del volo (108 minuti), la quota (327,7 km), il peso del carico portato nello Spazio (4725 kg) e due record di collegamento via radio. Secondo il regolamento, però, il record poteva essere registrato solamente nel caso di atterraggio con il pilota presente nella cabina del velivolo e in presenza di un commissario sportivo sul luogo dell’atterraggio. La presenza del commissario fu impossibile anche perché l’atterraggio avvenne in un luogo diverso da quello calcolato. La presenza del pilota nella cabina è una questione ancora più difficile: in alcune pubblicazioni dell’epoca fu ammessa l’esistenza del seggiolino eiettabile nella capsula di atterraggio del «Vostok 1». I dirigenti della Federazione espressero dunque un ragionevole dubbio: dove fu Gagarin al momento dell’atterraggio? Dentro la cabina o fuori? La delegazione sovietica rispose in modo univoco: dentro. Solo nell’ottobre del 1964, quando decollò il «Vostok 3», fu diffuso il comunicato ufficiale sovietico circa il fatto che il suo equipaggio «ricevette per la prima volta la possibilità di atterrare con la propria navicella».
Inoltre, non furono invitati dei corrispondenti autorevoli (nemmeno dagli Stati socialisti) che avrebbero potuto confermare il fatto della salita di Gagarin a bordo della navicella e il fatto del decollo della stessa.
L’URSS avrebbe dovuto presentare delle prove concrete, dettagli del volo: le foto della Terra dall’orbita, i dettegli del lancio e la descrizione del razzo, i nomi dei progettisti del razzo e della navicella. Nulla di tutto questo fu reso pubblico.
Gli americani intercettarono la telemetria del «Vostok 1», ma questa potette anche essere falsificata (come, per esempio, furono falsificati i dati sovietici sugli armamenti) oppure trasmessa da una navicella vuota.
Con la teoria del complotto può essere spiegata anche la morte di Gagarin: si è schiantato con un aereo vecchio dieci anni, il cui motore si è acceso solo al quinto tentativo (e le circostanze della tragedia non sono tuttora rese pubbliche dagli inquirenti). In tal modo si sarebbe evitato il rischio dei suoi racconti sulla «realtà dei fatti».
Ecco, considerata la data odierna (il 58-esimo anniversario del volo di Gagarin), preciso che io non credo in alcuna teoria del complotto. E non ho dei dubbi sul fatto del volo di Gagarin. Il presente post va letto solo come un testo di storia.


Houston, abbiamo una cimice

Si ritiene che la parola bug nel senso di «errore» sia comparsa nel 1964 quando la sottotenente Grace Murray Hopper trovò, lavorando al computer Harward Mark II, un insetto bruciato tra due contatti in corto circuito. La Hopper incollò l’insetto con lo scotch nel diario tecnico e aggiunse una nota: «Il primo caso reale del ritrovamento di una cimice».

In realtà, però, la parola bug nel senso di «errore tecnico sconosciuto» veniva utilizzata già molto prima della comparsa dei computer da parte degli addetti delle compagnie telegrafiche e telefoniche relativamente ai problemi con le attrezzature elettriche e radiofoniche. Nel 1878 Thomas Edison scrisse:

It has been just so in all of my inventions. The first step is an intuition, and comes with a burst, then difficulties arise – this thing gives out and [it is] then that «Bugs» – as such little faults and difficulties are called – show themselves and months of intense watching, study and labor are requisite before commercial success or failure is certainly reached.

In un’altra lettera di Edison troviamo le seguenti parole:

You were partly correct, I did find a ‘bug’ in my apparatus, but it was not in the telephone proper. It was of the genus ‘callbellum.’ The insect appears to find conditions for its existence in all call apparatus of telephones.


Durante la Seconda guerra mondiale, poi, con la parola bug venivano chiamati i problemi con la elettronica dei radar.


Dove vive ora

Oggi è la data ufficiale della morte di Iosif Stalin (l’anno scorso avevo già scritto di quella reale). Indipendentemente dalla data, però, bisogna ricordare che l’ultima porzione delle repressioni staliniane ebbe luogo già dopo la sua morte.
Nei giorni seguenti al 5 marzo 1953 molte persone furono arrestate, «giudicate» colpevoli e portate nei lager con delle accuse non del tutto normali pure per quei tempi bui. Alcuni esempi: «lanciava i cetrioli contro il ritratto della Guida», «non voleva piangere», «parlava ad alta voce durante la riunione di lutto per la Guida».
Tutte le forze della KGB dell’epoca furono impiegate per il controllo della qualità del lutto su tutto il territorio dell’URSS: soprattutto nei luoghi pubblici, luoghi di lavoro e di studio. La popolazione si divise dunque in almeno tre gruppi: realmente depressi per la perdita del «padre dei popoli» e «difensore», depressi per finta allo scopo di sopravvivere, tanto coraggiosi per non manifestare il grande lutto e addirittura festeggiare di nascosto. Gli ultimi due gruppi in parte coincidevano.
E poi vi furono le persone consapevoli del fatto che nonostante la morte di Stalin alcuni principi fondamentali del regime sarebbero rimasti in vita per decenni. Fu dunque possibile essere arrestati in seguito a una semplice conversazione tra privati: «Hai pianto per Stalin?» «Ho pianto perché è morto troppo tardi!»
Il drago va ucciso anche nelle teste.
In molte vive ancora oggi.