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Le statistiche del Sci-Hub

Periodicamente qualcuno dei colleghi mi chiede che fine abbia fatto il ben noto e caro a molti Sci-Hub. Effettivamente, il portale cambia spesso il dominio nazionale per sfuggire a un ennesimo blocco più o meno globale. Ma nella fase attuale della esistenza del Sci-Hub lo possiamo serenamente trovare nella zona .ru.
Bene, ora che ho anticipato l’ennesima porzione delle solite domande, posso passare alle novità. Il 12 febbraio sul Sci-Hub sono state pubblicate le statistiche, secondo le quali nel database del portale sarebbero ora contenute 88.343.822 pubblicazioni scientifiche. Tale database pesa circa 100 TB e include più del 95% delle pubblicazioni di tutte le principali case editrici. Sempre secondo le stesse statistiche, il 77% delle pubblicazioni disponibili nel database sono state pubblicate tra il 1980 e il 2020 e il 36% tra il 2010 e il 2020. La maggior parte delle pubblicazioni (circa 25 milioni) appartiene all’ambito medico, poi seguono chimica, biologia, scienze umane, fisica, ingegneria, matematica, ecologia, informatica, economia e geologia.
Gli interessati possono leggere da soli tutte le statistiche, mentre io sottolineo un aspetto che non deve sfuggire. Nei piani dichiarati della creatrice del Sci-Hub rientra aggiungere la possibilità di consultare direttamente il suo database e non cercare, quindi le pubblicazioni solo con l’URL. Tenete in mente questa cosa e controllate gli aggiornamenti del sito.

N.B. del Capitan Ovvio: il presente post è stato scritto a solo scopo informativo da una persona che conosce la reale popolarità del Sci-Hub e siti simili tra i ricercatori universitari (segue un ahahaha diabolico).


Ig Nobel Prize 2021

Tra i premi Ig Nobel del 2021 mi è particolarmente simpatico quello per la pace. Infatti, è stato assegnato agli studiosi americani che hanno scoperto: la barba può — almeno in teoria — ammorbidire un colpo in faccia. I ricercatori non hanno però condotto degli esperimenti su persone vive, ma solo su dei modelli con barbe e ossa del cranio artificiali. In particolare, nemmeno i capelli delle barbe erano veri, ma fatti di lana di pecora. Le «teste» fatte in quel modo non venivano colpite neanche con i pugni reali, ma con un meccanismo speciale. Ma io ora mi sento comunque molto più sicuro, ahahaha
Allo stesso tempo, non sono male nemmeno i premi per la fisica (i ricercatori dei Paesi Bassi, Italia, Taiwan e USA hanno cercato perché i pedoni non si scontrano mente camminano) e per la cinetica (gli scienziati da Giappone, Svizzera e Italia hanno cercato di capire perché i pedoni a volte si scontrano mentre camminano).
Purtroppo, nessun no-vax morto di Covid è stato premiato per la medicina… Ah, no: per quelli c’è il Premio Darwin. Quindi approviamo pure l’Ig Nobel per medicina: ma senza citarlo, dato che si tratta di un argomento 18+…
Nonostante i tempi particolari che stiamo vivendo, la vera scienza resiste!


Le gare divertenti

Apparentemente la concorrenza può assumere delle forme ridicole. Come, per esempio, quella tra Richard Branson e Jeff Bezos.
Branson aveva talmente tanta fretta di andare per primo nello spazio, che non ci è arrivato e si «limitato» a raggiungere una quota suborbitale.

Bezos, a sua volta, aveva quindi tutte le possibilità di vincere la concorrenza dal punto di vista qualitativo, ma alla fine nemmeno lui ha superato la quota suborbitale.

In compenso, i due ora discutono sulla Terra dive inizi realmente lo Spazio.
Ma in realtà entrambi hanno raggiunto un risultato importantissimo (un piccolo salto per l’uomo, un grande passo per l’umanità). Con i loro voli sono riusciti a dimostrare che la concorrenza tra i privati nel raggiungimento dello Spazio è realmente possibile. E visto che è possibile quella, sarà possibile anche la concorrenza nel suo sfruttamento economico e tecnologico dello Spazio: con la conseguente riduzione dei costi e delle tempistiche. Possiamo quindi vederne i primi risultati già nei prossimi anni (per esempio, la diffusione dell’internet satellitare).
Quindi tifiamo per loro due, per Musk e per tutti gli altri.


Le informazioni sul cervello

Moltissimi libri di divulgazione scientifica contemporanei descrivono il cervello umano indicando, tra l’altro, la «specializzazione» di ogni zona del cervello stesso, l’età storica di ogni zona descritta, la sua provenienza da nostri antenati, i processi che si svolgono nella corteccia prefrontale etc.
Tutte queste informazioni sono molto interessanti e, allo stesso tempo, totalmente inutili. Una persona che non si occupa della neurochirurgia non è in grado di utilizzarli in alcun modo. Non è in grado di migliorare alcuna parte del cervello, nemmeno grattarsela.
Supponiamo di avere scoperto che la zona x determina un nostro comportamento y. Quali sono le nostre azioni? A quali conclusioni possiamo giungere? Al massimo potremmo somministrare a una certa zona del cervello una pillola di piombo, la quale, però, molto probabilmente avrà degli effetti sul funzionamento di tutto il cervello (e, di conseguenza, non solo del cervello).
Per noi, le persone comuni, il fatto più importante da sapere sul cervello è abbastanza semplice e banale: il cervello può essere migliorato solo nel senso metaforico. Si potrebbe iniziare dallo scartare tutte le informazioni inutili che ci circondano.


Ig Nobel Prize 2020

Una delle letture migliori che possano essere fatte in questo finesettimana è sicuramente quella sui vincitori dell’Ig Nobel Prize 2020.
(Ricordo che si tratta di un premio «scientifico» per le ricerche e le scoperte più assurde o divertenti dell’anno.)
Non so se quest’anno il premio migliore sia quello per il management (ai killer cinesi in subappalto) oppure quello per la pace (ai diplomatici indiani e pakistani che reciprocamente bussavano alla porta di notte).
Ma in ogni caso sono felice per il fatto che pure quest’anno diverse persone hanno trovato le forze morali e mentali per ridere o per svolgere la ricerca scientifica seria.


Nulla di preoccupante

È abbastanza strano che i media di tutto il mondo abbiano dato tanta importanza al primo problema reso noto nella sperimentazione del vaccino contro il Covid-19.
I problemi imprevisti e gli ipotetici problemi costituiscono una parte inalienabile di una qualsiasi ricerca. Anzi, direi che in una certa misura sono uno degli obiettivi della ricerca. Perché in assenza della possibilità di un errore non ci sarebbe alcun bisogno della ricerca: ci sarebbe già tutto chiaro in partenza, avremmo potuto risolvere ogni genere di problema già al momento della sua prima manifestazione.
Quindi dalla notizia di oggi sul vaccino di AstraZeneca dobbiamo trarre solo tre semplicissimi concetti:
1. È successa una cosa normalissima e quotidiana.
2. Un vaccino completamente nuovo non si fa in poco tempo.
3. Sperare nella ricerca scientifica è giusto, ma nel frattempo rimaniamo pure ragionevolmente vigili sui comportamenti personali quotidiani.
Siate sereni.


Per i poveri ricercatori

Caro lettore!
Sei un povero ricercatore senza scrupoli?
Se la risposta è «sì», puoi continuare a leggere.
Se, invece, la risposta è «no», abbandona pure questa pagina e vai a leggere il post su… che ne so… il «lorem ipsum».

E ora che siamo rimasti soli, Continuare la lettura di questo post »


I segnali celesti

In Australia esiste il leggendario osservatorio Parkes, situato a circa 20 chilometri dalla città di Parkes (nel sud-est del continente). Tra le altre cose, l’osservatorio fu utilizzato per ricevere il segnale della diretta televisiva della missione Apollo-11, il culmine della quale fu lo sbarco sulla Luna il 20 luglio 1969. Inoltre, l’osservatorio fu utilizzato per seguire Mariner-2, Mariner-4, le missioni Voyager, Giotto, Galileo e Cassini-Huygens. Grazie ai risultati scientifici raggiunti, l’osservatorio fu definito il miglior strumento scientifico mai costruito in Australia.
Ma non è tutto. Per 17 anni, a partire dal 1998, alcune volte all’anno l’osservatorio ha ricevuto dei segnali misteriosi. Quei segnali sono stati chiamati «Peryton»: in onore di una creatura mitologica, una renna volante che proietta l’ombra umana. Sono state avanzate diverse ipotesi sulla origine di quei segnali: per esempio, che venissero dalle altre galassie dopo la «trasformazione» delle stelle di neutroni in buchi neri.
E poi, finalmente, si è scoperto che quei segnali ricevuti dai telescopi erano causati dalla radiazione del microonde utilizzato dai dipendenti: si manifestavano ogni qualvolta i dipendenti dell’osservatorio aprivano la porta del microonde prima della fine del ciclo di lavoro impostato.

Gli autori della scoperta – ma pure gli utilizzatori del microonde – sono ancora in attesa del loro Nobel.


La furbizia scientifica

Per esperienza so (e alcuni di voi forse si ricordano, ahahaha) che molti studenti sono altamente creativi nello stilare la bibliografia delle proprie tesi di laurea. Il sottoinsieme più ampio di questi studenti indica dei libri che in realtà non ha mai letto (hanno semplicemente trovato il titolo «bello» da qualche parte). Il sottoinsieme un po’ più ristretto indica dei libri rari che si trovano molto difficilmente in circolazione (non escludo che questi studenti possano essere molto fortunati nelle ricerche, ma, quando li sento parlare, spesso mi viene un lecito dubbio). E poi ci sono degli studenti che citano dei libri vecchi ma, per apparire aggiornati, nella bibliografia sostituiscono l’anno di pubblicazione del libro stesso (dal contenuto della citazione, però, a volte si scopre il trucco).
Agli studenti comuni si possono perdonare molte cose. Hanno fretta di sistemare certe formalità «noiose»; hanno tante cose interessanti da fare nella vita e la ricerca scientifica raramente è una di queste.
Però, cazius, ci sono degli autori, «ricercatori», che taroccano l’anno di pubblicazione di una opera citata senza accorgersi che nell’anno da loro riportato quella opera non è stata pubblicata.
E io che faccio? Spendo mezza mattina per cercare quella opera, mi rendo conto del trucco, mi sorprendo, bestemmio e scrivo un post per il sito.
Poi mi fermo, ragiono un po’ e esprimo un desiderio: voglio che per le bibliografie vegano resi obbligatori i link alle opere citate. Tanto, ormai, la maggior parte del patrimonio scientifico e culturale è già stato – nel peggiore dei casi – scannerizzato o fotografato.


La moda sicura

Secondo la tradizione generalmente riconosciuta, l’inventore del parafulmine sarebbe il fisico americano Benjamin Franklin (che alla maggioranza dei nostri contemporanei è noto per l’impegno nelle attività un po’ lontane dalla fisica). Paradossalmente, però, il primo parafulmine fu installato non in America del Nord, ma in Europa: successe a Parigi il 10 maggio 1752. I pochi primi esemplari installati in Europa – per volontà dei proprietari delle case particolarmente entusiasti del progresso scientifico – furono inizialmente visti dalle masse con un forte sospetto, diffidenza, a volte anche ostilità. Vi furono addirittura delle cause civili avviate dai vicini contrari alla «pericolosa invenzione diabolica».
Ma, per fortuna, tutto passa. L’inversione della tendenza iniziò nelle grandi città, dove la concentrazione delle persone istruite è un po’ più alta. Così, per esempio, nel 1778 andavano già di moda a Parigi gli ombrelli e i cappelli con un parafulmine.

In provincia, invece, l’ignoranza medioevale continuò ancora per un certo periodo. Facciamo un esempio. Nel 1780 Charles-Dominique de Vissery de Bois-Valé, un anziano avvocato di Saint-Omer (una cittadina al nord di Francia), decise di aggiungere una parafulmini alla propria casa seguendo il progetto descritto da Franklin. Pensando però che il filo di metallo della messa a terra debba essere più lungo possibile (per motivi di efficienza), fece passare il suddetto filo anche sul muro della casa vicina. Ma quella casa fu abitata da una signora con la quale ebbe dei rapporti di vicinato – e di conseguenza anche quelli personali – un po’ tesi. La vicina convinse dunque altre signore della via e della città a denunciare il vicino per la costruzione di uno strumento che «potrebbe causare gli incendi, le perdite della gravidanza, il cancro» etc. In qualità dell’arma d’attacco fu utilizzato il marito della promotrice della causa: il balivo della città. La causa venne dunque presentata al consiglio cittadino.

N.B.: nella Francia pre-rivoluzionaria un balivo, in sostanza, fu un giudice locale con delle competenze che variavano da zona a zona. Fece parte di un sistema abbastanza complesso che non ha senso spiegare ora.

La difesa di de Vissery de Bois-Valé si basò sui lavori di Franklin nei quali il parafulmini fu in realtà definito «molto probabilmente sicuro» se realizzato in un determinato modo. La riserva di Franklin fu nascosta ai giudicanti, ma questi ultimi imposero comunque la rimozione dell’attrezzo entro le 24 ore per la violazione dell’ordine pubblico e la sicurezza della proprietà privata altrui.
L’anziano avvocato, però non si arrese, smontò solamente la parte del parafulmini visibile sul tetto e, ai fini del futuro ricorso, chiese il parere scientifico ad al cune Accademie delle Scienze francesi. Non tutte le Accademie mostrarono un dovuto entusiasmo e, di conseguenza, il nuovo avvocato dell’avvocato (non incasiniamoci ahahaha), un certo Maximilien François Marie Isidore de Robespierre, costruì il ricorso attorno ai precedenti storici positivi: dimostrò con degli esempi concreti che la presunta pericolosità dei parafulmini non fu mai provata dalle perizie mediche. All’entusiasta del progresso de Vissery de Bois-Valé fu dunque consentito di lasciare il parafulmini al suo posto.
De Vissery de Bois-Valé, deceduto nel 1784 – poco dopo questo trionfo – nominò il tanto amato parafulmini nel testamento, rendendolo una parte inseparabile della casa e obbligando dunque gli eredi a mantenerlo al suo posto e prendersene cura. Gli eredi, purtroppo, dovettero cercare e trovare un modo legale per rimuovere il parafulmini perché esso rese invendibile la casa: sempre per la colpa dei pregiudizi popolari.
Fortunatamente, i pregiudizi verso il progresso scientifico e tecnologico non superano la prova del tempo. Sfortunatamente, il tempo necessario può a volte diventare un po’ lungo.
Potrei anche fare delle analogie con le persone – presenti un po’ in tutti gli Stati del mondo – che ora hanno paura dei trasmettitori del 5G, ma non vorrei dilungarmi troppo. Gli ignoranti non meritano il nostro tempo prezioso: come possiamo vedere, sarà il normale corso del progresso a spazzarli via.
P.S.: aggiungo il link a un articolo in francese per gli approfondimenti.