Più o meno tutti conoscono il cosiddetto «dilemma del carrello» e spesso lo citano anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
Quasi nessuno è disposto a ragionare un po’ di più e immaginare dei dilemmi molto più vicini al mondo reale. Per esempio, non mi è quasi mai capitato di sentire o leggere dei dilemmi circa i servizi segreti. Ebbene, da un lato, capisco che quegli enti sono necessari a tutti gli Stati e spesso eseguono dei lavori utili per l’intera comunità, lavori di importanza vitale. Dall’altro lato, non capisco le singole persone che ci vanno a lavorare per scelta propria. Perché quelle persone non possono non immaginare tutta la varietà — usiamo pure questa espressione neutrale — delle missioni a cui dovranno partecipare attivamente nel corso di tutta la vita professionale. Questo può essere chiamato un paradosso o un dilemma…
Considerando quanto scritto prima, sono ancora più sorpreso per la scelta della azienda israeliana Cellebrite che ha deciso di non vendere più alla Russia e alla Belorussia le proprie soluzioni per lo hackeraggio dei dispositivi mobili (smartphone etc). La decisione è dovuta alla comprensione del fatto che nei due Stati citati i prodotti della azienda vengono utilizzati per le persecuzioni politiche degli oppositori.
Se la decisione della Cellebrite dovesse realmente essere attuata nella vita reale, non posso fare altro che constatare: a volte capitano dei miracoli e alcuni dilemmi parziali vengono risolti.
L’archivio del tag «russia»
La storia del corpo di una ebrea russa, arrivato da Mosca a Tel Aviv nella stiva di un aereo di linea è abbastanza curiosa. In sostanza, lei voleva essere sepolta a Gerusalemme, mentre i parenti volevano realizzare la sua ultima volontà alle spese dello Stato destinatario.
Posso immaginare perché all’aeroporto di partenza nessuno si accorto del contenuto della scatola (probabilmente, aveva la vista oscurata dalle S o dalle C sbarrate). Faccio però fatica a comprendere quali difficoltà ci siano nel associare il bagaglio a un passeggero concreto (su ogni unità di bagaglio viene incollato un tagliando che fa riferimento al biglietto del proprietario).
Ma la questione più interessante è: perché i parenti non hanno messo nella scatola almeno un foglietto con il nome da scrivere sulla tomba?
Possiamo concludere, quindi, che pure un deficiente può realizzare, almeno una volta nella vita, una impresa difficile impossibile.
Il video di questa domenica è stato girato (a Kiev) la notte di capodanno, ma io l’ho visto solo in settimana. In pratica, è la reazione della élite locale alle accuse avanzate dalla propaganda di Stato russa nei confronti della Ucraina. Secondo i mass media statali russi, infatti, l’Ucraina sarebbe piena di (e governata dai) fascisti che torturano i filorussi, crocifiggono i loro bambini, pompano di droghe gli adolescenti per farli trasportare del materiale bellico segreto etc. etc…
Insomma, vi faccio vedere il video: non mi sembra uno scherzo tanto indecente, come hanno invece scritto alcuni blogger russi.
Come tanti avranno già letto o sentito, la mattina della domenica 21 settembre è stato spostato nelle darsene l’incrociatore «Avrora» (in russo è il suo nome è con la v e non con la u). Lo scopo è quello di restaurarlo e riportarlo al suo posto entro il 2016. Si intende conservare tutte le parti storiche della carrozzeria e della meccanica, ma non ridare alla nave la capacità di navigare autonomamente.
Non tutti (pure in Russia) sanno, però, che non si tratta più della storica nave «rivoluzionaria». L’incrociatore originale aveva avuto bisogno dei lavori di restauro massicci già all’inizio degli anni ’80: il suo scafo era tutto marcio, di conseguenza nella stiva erano costantemente accese le pompe che buttavano fuori decine di tonnellate d’acqua al giorno. Lo scafo era stato valutato irrecuperabile.
Nel corso dei lavori iniziati nel 1984 l’"Avrora" era stata tagliata in orizzontale in due parti. La parte dal ponte in su è stata mantenuta e restaurata tutta, mentre della parte inferiore erano stati salvati solo alcuni meccanismi. La nuova nave, spacciata per l’"Avrora", era stata consegnata alla città per i 70 anni della rivoluzione.
Che fine ha fatto la parte valutata irrecuperabile? Nel 1987 è stata abbandonata nei pressi di un vecchio molo lontano dal centro storico. In sostanza, è stata nascosta al grande pubblico. Perché? Perché fondere i resti di una nave tanto simbolica sarebbe stato, all’epoca dell’URSS, un po’ come bruciare un crocifisso rotto nell’Italia del XVI secolo. Quindi durante la bassa marea si possono ancora vedere. Chiedete pure agli abitanti di San Petersburg che conoscono bene il posto: un sacco di gente era andata, nell’inverno 1987/88, a recuperare alcune parti metalliche per i propri bisogni edilizi.
Come tanti avranno già letto o sentito, la mattina della domenica 21 settembre è stato spostato nelle darsene l’incrociatore «Avrora» (in russo è il suo nome è con la v e non con la u). Lo scopo è quello di restaurarlo e riportarlo al suo posto entro il 2016. Si intende conservare tutte le parti storiche della carrozzeria e della meccanica, ma non ridare alla nave la capacità di navigare autonomamente.
Non tutti (pure in Russia) sanno, però, che non si tratta più della storica nave «rivoluzionaria». L’incrociatore originale aveva avuto bisogno dei lavori di restauro massicci già all’inizio degli anni ’80: il suo scafo era tutto marcio, di conseguenza nella stiva erano costantemente accese le pompe che buttavano fuori decine di tonnellate d’acqua al giorno. Lo scafo era stato valutato irrecuperabile.
Nel corso dei lavori iniziati nel 1984 l’"Avrora" era stata tagliata in orizzontale in due parti. La parte dal ponte in su è stata mantenuta e restaurata tutta, mentre della parte inferiore erano stati salvati solo alcuni meccanismi. La nuova nave, spacciata per l’"Avrora", era stata consegnata alla città per i 70 anni della rivoluzione.
Che fine ha fatto la parte valutata irrecuperabile? Nel 1987 è stata abbandonata nei pressi di un vecchio molo lontano dal centro storico. In sostanza, è stata nascosta al grande pubblico. Perché? Perché fondere i resti di una nave tanto simbolica sarebbe stato, all’epoca dell’URSS, un po’ come bruciare un crocifisso rotto nell’Italia del XVI secolo. Quindi durante la bassa marea si possono ancora vedere. Chiedete pure agli abitanti di San Petersburg che conoscono bene il posto: un sacco di gente era andata, nell’inverno 1987/88, a recuperare alcune parti metalliche per i propri bisogni edilizi.
La Marcia per la Pace svoltasi domenica 21 settembre nel centro di Mosca ha raccolto 26.100 persone. Non sono tante per una città che ha 12 milioni di soli abitanti registrati ufficialmente. Sono tante per una città dove, in agosto, 2000 persone avevano manifestato a favore della annessione di Donbass (in sostanza del sud-est ucraino).
L’unica cosa che non mi è tanto chiara: perché si è manifestato solo ora?
Il 5 settembre è stato firmato il protocollo che ratifica la tregua in Ucraina. Chi è realmente interessato alla notizia può trovare facilmente almeno il riassunto dei punti principali. Io, invece, voglio solo esprimere una mia paura personale: che situazione fissata nell’accordo non sia temporanea.
Oggi sappiamo con certezza che la Russia partecipava al conflitto con i propri militari (che secondo le fonti ufficiali risultavano dei volontari perché in ferie) e i mezzi tecnici. Le sanzioni e le minacce occidentali non sembravano di produrre alcun effetto sulle scelte di Putin. E allora perché si è fermato tutto di colpo?
La guerra si è fermata perché l’accordo sulla tregua ha permesso di raggiungere l’obiettivo minimo russo: creare all’interno dell’Ucraina una entità territoriale non annessa ma destabilizzante. Una entità capace di esplodere in qualsiasi momento e, con il solo fatto della sua esistenza, ostacolare l’avvicinamento dell’Ucraina all’UE e alla NATO. Sì, ricordiamo che pure la NATO è da almeno vent’anni una organizzazione puramente burocratica che esiste solamente allo scopo (e grazie al) del continuo allargarsi.
Ma la guerra è combattuta da almeno due parti, e allora perché si è fermata pure la parte ucraina? Si è fermata non solo perché sapeva di disporre di un esercito inadeguato. Si è fermata, molto probabilmente, perché l’attuale presidente non si sentiva in condizione di offrirsi responsabile di altre perdite umane. Queste ultime gli avrebbero molto probabilmente fatto ripetere la ingloriosa fine del suo predecessore. Presento le mie condoglianze a tutti coloro che vivono in mondo regolato solo dai valori umanitari.
Riassumo. Nel Sud-Est ucraino sta per nascere una specie di «striscia di gaza» governata da «hamas» locale: con l’economia non ricostruita dopo la guerra, i cittadini normali non rientrati, senza un governo determinato a cambiare la situazione. Però al momento giusto attaccherà il vicino per poi accusarlo di aggressione ingiustificata e crudele.
Spero di sbagliarmi in negativo.
Tutti (o quasi) sanno che la storica Lada Niva non può più chiamarsi in questo modo perché nel 2006 il marchio Niva è stato ceduto alla Chrysler. L’auto in questone, invece, si chiama ora semplicemente Lada 4×4. Ma la gente continua a chiamarla Niva. Se qualche alieno non sapesse di quale auto sto parlando, ecco la sua versione dei primi 2000:
Tre anni fa avevo già scritto un articolo sulla Lada Niva, mentre oggi vorrei raccontare brevemente della ultima, in ordine cronologico, sua versione.
Si chiama Lada 4×4 Urban ed è stata presentata alla fine di giugno 2014 alla riunione annuale degli azionisti ai AvtoVAZ (la casa produttrice). All’inizio di agosto, invece, l’auto è stata presentata al fan club europeo della Niva, riunitosi a Stadtoldendorf in Germania.
Ovviamente vorremmo sapere cosa è cambiato, cosa ha di nuovo la nuova versione della Niva? Armiamoci del microscopio e andiamo a scoprirlo. Continuare la lettura di questo post »
Nel 2000, sorridendo, aveva detto «E’ annegata».
Nel 2014, con una faccia seria, ha detto «E’ caduto da solo».
Sempre nel 2014 ha detto «Si sono persi». Lo ha detto di quei dieci militari russi che il 26 agosto «per sbaglio» hanno attraversato il confine con l’Ucraina e sono stati fermati dall’esercito locale a 20 chilometri dalla Russia. Cosa posso scrivere di quest’ultimo fatto? Solo due piccole cose.
1. Dire una cosa del genere significa definire il proprio esercito impreparato e non attrezzato si strumenti più basilari.
2. E’ l’unica presenza sul territorio ucraino dei militari russi attualmente in attività accertata al 100%. In tutti gli altri casi si tratta di deduzioni logiche.
Con il secondo punto non voglio sminuire, ne tantomeno negare, il ruolo della Russia nel conflitto in corso. Anche perché si tratta dello stesso genere di dubbio che si era avuto nella prima metà degli anni ’80 sulla presenza dei militari sovietici in Afghanistan. Ma voglio «richiamare all’ordine» i giornalisti, «chiedendo» a loro di parlare solo di fatti accertati.