Nei giorni scorsi ho notato che in Italia si scrive e si parla delle proteste georgiane contro l’approvazione di una legge di fatto copiata da una analoga legge russa, ma, allo stesso tempo, non si comprende del tutto la portata del problema (non la comprendono nemmeno alcuni politici più o meno noti che a sorpresa hanno deciso di candidarsi alle elezioni europee, qualcuno di voi sa chi intendo).
Quella nuova legge georgiana permette non di «identificare gli agenti che perseguono gli interessi di potenze straniere» (come sostiene il partito filo-russo), ma di etichettare le organizzazioni sgradite con un nome dispregiativo e, di conseguenza, di ostacolare il loro normale funzionamento. L’identificazione, infatti, si poteva fare anche prima: attraverso l’analisi del loro operato pubblico o della documentazione che da decenni sono tenute per legge a redigere e pubblicare con una certa periodicità (come in tutti gli Stati normali). Per il semplice motivo finanziario – come si fa a ricevere, in mondo globale, i soldi dal territorio di uno solo Stato? – la legge propone di assegnare a molte organizzazioni una etichetta «agente estero» che nella mentalità sovietica e post-sovietica equivale a «spia». In Russia, ormai da anni, quella etichetta viene applicata non per i semplici motivi finanziari, ma quelli puramente politici. La Georgia si trova ora all’inizio di un percorso che ha la stessa destinazione…
Per iniziare a capire qualcosa delle proteste georgiane contro la nuova legge che avvicina la Georgia più al modello russo che a quello europeo, potete leggere, per esempio, l’articolo che ho selezionato per questo vostro sabato.
P.S.: il fatto che i georgiani giovani, istruiti e informati hanno paura della Russia mi rattrista e rallegra allo stesso tempo…
L’archivio del tag «politica»
I possibili motivi dell’attentato di ieri al premier slovacco Robert Fico sono infiniti, ma, data la sua vicinanza ideologia al «putinismo», mi è venuto spontaneo pensare prima di tutto all’azione di una persona particolarmente infastidita dalla prospettiva di vivere in uno Stato-sponsor della guerra. Perché, infatti, più si è territorialmente vicini alla Russia, e più si percepiscono i pericoli della guerra (con tutte le possibili emozioni e/o i ricordi del passato).
I motivi dell’attentato potrebbero essere quelli, ma potrebbero anche essere diversi; Robert Fico è un personaggio che mi è per nulla simpatico (almeno, in base quelle informazioni non particolarmente approfondite che ho su di lui). Ma, nonostante tutte questo, auguro la morte (anche a causa di un attentato) solo a un politico di questo mondo (e so che non è una cosa bellissima). A tutti gli altri politici auguro di essere affrontati e sconfitti in un modo pacifico; ai cittadini dei loro Stati auguro di evitare i sentimenti e il clima dell’oddio. Quell’oddio che, per esempio, determina e rende possibili le azioni di Putin.
Ieri pomeriggio la Duma (la Camera bassa del Parlamento russo) a grandissima sorpresa ha approvato le «candidature» della maggioranza dei ministri del Governo del premier Mishustin: solo i ministri degli Esteri, della «Difesa» e della «Giustizia» devono essere approvati, secondo la nuova versione della Costituzione russa, dal Consiglio Federale (la Camera alta). Il fatto stesso della approvazione del nuovo Governo è dovuto alle tradizionali dimissioni del Governo prima dell’insediamento del Presidente della Russia neoeletto (il quale nomina il Primo ministro; quest’ultimo propone i nomi dei ministri e poi si va ad affrontare l’"esame" del Parlamento).
Nelle ultime ore avete letto o sentito molto sulla edizione 2024 di questa procedura? Nel caso della risposta affermativa, avete sprecato il tempo della vostra unica vita in una maniera scandalosa. Infatti, potete provare a darvi le risposte alle seguenti domande…
Il Parlamento di fatto nominato dalla Amministrazione presidenziale poteva non approvare i «candidati»?
I «candidati» potevano essere sconosciuti o addirittura sgraditi al Presidente?
Ogni singolo ministro o il Governo (quelli russi, ovviamente) hanno qualche autonomia nella scelta della politica da condurre?
Se riuscite a rispondere correttamente alle suddette domande, capite facilmente che i ministri russi sono dei semplici funzionari che, nel migliore dei casi, devono avere le competenze tecniche e l’autorità burocratica per far eseguire gli ordini di indovinate chi.
Di conseguenza, potremmo anche non conoscere i loro nomi: perché, appunto, sono solo dei semplici funzionari. Svolgono la loro funzione in una modalità impersonale. E il vettore della politica dello Stato russo non cambia.
Questa volta «l’articolo del sabato» è quello racconta (elencando, per coloro che non le ricordassero, tutte le fasi fondamentali) come lavorava il team di Navalny prima della incarcerazione del politico, poi mentre egli era in carcere e, infine, cosa è cambiato dopo la sua morte.
In sostanza, è il racconto su una delle poche modalità praticabili rimaste di «fare la politica» interna russa, anche trovandosi fisicamente all’estero.
Secondo me negli ultimi mesi, se non anni, l’organizzazione fondata da Alexey Navalny si trova in una seria crisi, non dimostra di avere degli obbiettivi concreti sensati e sembra più orientata verso l’autopromozione finalizzata a sé stessa (quando non pubblica qualche video-«indagine» che palesemente colpisce più altri oppositori che i personaggi realmente problematici per la Russia e il mondo). Insomma, sta diventando una organizzazione abbastanza strana. Ma ai tempi della attività maggiore di Alexey Navalny (quando egli era ancora vivo e libero) era una organizzazione interessante, utile e importante.
È, dunque, utile leggere qualcosa sulle loro modalità di lavoro.
A marzo, nel corso delle votazioni per la «elezioni» di un nuovo Putin della Federazione Russa il colore della protesta era – come vi ricordate – il ben spiegabile verde. Mentre per il colore rosso – quello molto più comprensibile a tutti, anche all’estero – ci sono tante occasioni nella vita quotidiana.
Per esempio: nel corso della seduta del Tribunale militare del 1° distretto orientale, la Procura ha chiesto di condannare l’attivista di Khabarovsk Angel Nikolaev a 18 anni di carcere. Nikolaev, 38 anni, è stato arrestato a Khabarovsk nel luglio 2023 per avere dipinto con vernice rossa le bandiere russe sulle tombe dei partecipanti alla guerra con l’Ucraina nel cimitero centrale della città. Complessivamente, Nikolaev è accusato di cinque reati, tra i quali, appunto, profanazione di luoghi di sepoltura e profanazione della bandiera russa.
Provate a indovinare, dalle immagini disponibili, in che modo ha dipinto le bandiere:
Direi che il simbolo e il colore in questo caso specifico sono adeguati: i militari russi, purtroppo, sono stati uccisi in Ucraina in qualità di aggressori, assassini e portatori della ideologia associabile a quel simbolo. L’imputato Nikolaev ha solo messo in evidenza il fatto.
Mentre la profanazione della bandiera russa sarebbe da imputare a colui che nel 2022 ha organizzato la sua presenza sul territorio ucraino nel contesto che conosciamo.
P.S.: ricordo che molti esponenti della opposizione russa stanno utilizzando, nel corso delle loro manifestazioni, la «nuova bandiera russa Continuare la lettura di questo post »
Il governo lettone ha adottato ieri delle modifiche alle norme sugli standard dell’istruzione di base. Per esempio, a partire dall’anno accademico 2026/2027 non sarà possibile iniziare a studiare il russo come seconda lingua straniera nelle scuole lettoni (la prima lingua straniera insegnata nelle scuole rimane sempre l’inglese). La seconda lingua straniera da studiare dopo il termine delle classi della scuola elementare a partire dall’anno scolastico 2026/2027 potrà essere solo una delle lingue ufficiali dell’Unione europea, dello Spazio economico europeo o una lingua il cui studio è regolato da accordi intergovernativi. La lingua russa non rientra in nessuno di questi punti. Gli alunni che inizieranno (o hanno iniziato) a studiare il russo come seconda lingua straniera prima del 1° settembre 2025 potranno continuare a farlo fino alla fine del percorso scolastico.
In base ai dati statistici del 2022, la lingua straniera più scelta in qualità della seconda da studiare nelle scuole lettoni era proprio il russo, poi seguivano, in ordine, il tedesco e il francese.
Tra i presenti c’è qualcuno che vuole alzare la mano e chiedere del perché di questa decisione? Non prendetelo troppo in giro: infatti, è facilissimo dimenticare che esattamente 26 mesi fa un noto politico ha iniziato una guerra, tra i cui obbiettivi pubblicamente dichiarati c’era anche la «difesa della lingua russa». E, come possiamo vedere ora, ha avuto l’incredibile capacità di avere «difeso» quella lingua anche su un territorio dove per ora non si combatte. Geniale!
P.S.: dall’ambiente universitario nel quale passo la parte notevole del mio tempo mi sono arrivate, negli ultimi due anni, alcune testimonianze del fatto che le iscrizioni ai corsi di lingua russa sono diminuite notevolmente. In questo caso si tratta di una reazione allo stesso fenomeno che arriva però «dal basso» e non «dall’alto». Ma si tratta sempre di un risultato del comportamento dello stesso personaggio.
Dal punto di vista statistico, mi fanno un po’ ridere le ricerche sociologiche condotte su un campione palesemente ridicolo: come, per esempio, il sondaggio condotto dalla Ipsos per conto della Euronews tra i cittadini dell’UE. In 18 Stati-membri dell’UE hanno interrogato 26 mila persone su 448,4 milioni di abitanti, ahahaha
Ma l’idea della ricerca in questione è comunque interessante. In vista delle elezioni al Parlamento europeo, hanno cercato di scoprire qual è il leader più popolare tra gli europei.
Quasi la metà degli europei (47%) ha un’opinione positiva sul Presidente ucraino Vladimir Zelensky, ma questa opinione varia ampiamente tra gli Stati-membri dell’UE. Allo stesso tempo, il 32% ha un’opinione «negativa». Il 21%, poi, ha dichiarato di «non sapere abbastanza» sul presidente, che negli ultimi due anni ha fatto notizia e ha viaggiato molto in tutto il continente parlando a nome del suo Paese devastato dalla guerra. Nei Paesi nordici e nella Penisola iberica, Zelensky riceve le valutazioni più positive: 81% in Finlandia, 74% in Svezia, 72% in Danimarca e Portogallo e 64% in Spagna. Al contrario, più della metà degli intervistati in Ungheria (60%), Grecia (57%) e Bulgaria (56%) ha un’opinione «negativa» del presidente ucraino (per puro caso sono degli Stati con dei rapporti meno negativi con la Russia). Altri Paesi in cui i giudizi «negativi» superano quelli «positivi» sono la Slovacchia (50% contro 26%), l’Austria (47% contro 33%), l’Italia (41% contro 32%) e la Repubblica Ceca (37% contro 36%).
All’ultimo posto del sondaggio Euronews/Ipsos si si classifica il Presidente russo Vladimir Putin, che è ampiamente il leader più odiato: il 79% degli intervistati ha un’opinione «negativa» del personaggio ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra in Ucraina. Il 10% ne ha invece un’opinione «positiva», mentre l’11% «non ne sa abbastanza».
In particolare, l’opinione «negativa» prevale maggiormente in Finlandia (94% «negativo»), Svezia (91%), Danimarca (91%), Polonia (91%), Spagna (90%), Portogallo (89%), Paesi Bassi (88%) e Francia (80%). L’indicatore «negativo» scende sotto la soglia del 60% solo in quattro Paesi: Grecia (59%), Ungheria (57%), Slovacchia (56%) e Bulgaria (48% contro il 37% «positivo»).
Indovinate cosa mi sorprende di più in questi risultati…
La risposta esatta: Continuare la lettura di questo post »
Dato che negli ultimi giorni si parla molto delle nuove rivelazioni sui casi anche recenti della sindrome dell’Avana, non posso non segnalarvi l’articolo che contiene una versione della rispettiva indagine giornalistica un po’ più estesa rispetto a quella avreste potuto leggere sui media europei o statunitensi.
Certo, alla indagine mancano ancora diversi elementi che potrebbero renderla molto più concreta nelle sue accuse, ma è sicuramente solo una questione di tempo. Gli agenti russi non sanno proprio rimanere segreti per molto tempo.
Ma voi, nel frattempo, leggete ciò che è già stato accertato: per poi integrarlo con le nuove informazioni.
In tutti i commenti dell’atto terroristico di Mosca accaduto il venerdì 22 marzo vedo almeno due punti deboli, dei quali dovrei avvisare gli interessati all’argomento.
In primo luogo, è abbastanza strano leggere che l’attentato sia stato organizzato ed eseguito professionalmente. I veri professionisti – non del terrorismo, ma delle operazioni di carattere più o meno militare – difficilmente avrebbero usato per la fuga la stessa auto utilizzata per l’arrivo sul posto e, molto probabilmente, avrebbero evitato di tentare una fuga di diverse centinaia di chilometri lungo una delle strade principali subito dopo l’attentato. In più, non è detto che ci voglia chissà quale professionalità (al massimo ci vuole un po’ di determinazione) per sparare i civili di varie età impauriti, disorientati e bloccati in uno spazio fisicamente limitato.
In secondo luogo, tantissime persone sopravalutano le capacità delle forze dell’ordine e dei servizi segreti russi. Le forze dell’ordine russe, per esempio, sono brave a eseguire gli arresti degli oppositori politici in piazza o accusare dell’"estremismo" la gente che scrive qualcosa di sgradito al regime politico sui social. I servizi segreti, invece, operano con il veleno contro le singole persone sgradite al regime, facendosi beccare quasi tutte le volte. Da circa vent’anni non vediamo niente di meglio da queste due categorie di «professionisti». Non sono più abituati e/o capaci di lottare contro la criminalità «ordinaria», a maggior ragione non sanno prevenire e anticipare gli attentati terroristici. E, per le stesse ragioni, non sono capaci di organizzarli. Nell’occasione di ogni attentato, in sostanza, il loro comportamento passivo può essere spiegato in uno dei tre modi: 1) hanno paura dei terroristi perché questi ultimi, a differenza dei «hipster-oppositori», sparano e picchiano; 2) hanno fatto passare i terroristi verso la loro destinazione per un po’ di soldi; 3) banalmente, non sanno cosa e come fare in una situazione estrema del genere. Tutte le opzioni elencate, purtroppo, non sono le mie fantasie: si sono già verificate più volte nella storia russa degli ultimi trent’anni.
Ecco, le notizie sugli attentati in Russia vanno lette tenendo in mente anche il contesto appena descritto.
Molto probabilmente avevate letto o sentito anche voi che ieri, il 24 marzo, in Russia c’era una giornata di lutto dichiarata da Putin: formalmente, in relazione all’atto terroristico al Krokus City Hall del venerdì 22 marzo. Erano pure state diffuse delle immagini in cui Putin accende una candela nella chiesa della propria residenza…
Non so voi, ma io non capisco per cosa o per chi Putin sia in lutto. Di certo non per le 132 persone morte nell’atto terroristico: è sempre stato assolutamente indifferente alle vite umane (le vite dei russi e dei cittadini di altri Stati). Da oltre due anni sta conducendo una guerra criminale e completamente inutile con l’Ucraina. In questa guerra la quantità degli uccisi da entrambe le parti si misura ormai in centinaia di migliaia. Ogni giorno le truppe di Putin uccidono decine e centinaia di ucraini: sia i militari e gli arruolati (sul fronte), sia i civili (uccisi dai missili, dalle bombe e dai droni di Putin nelle loro case). Ogni giorno l’esercito ucraino elimina fino a mille russi che Putin ha – personalmente – inviato in Ucraina per uccidere ed essere uccisi. Non ha mai dichiarato il lutto per nessuno di loro.
E allora per cosa è in lutto? Per il fatto di averci comunicato praticamente da solo che i suoi servizi di sicurezza sono incapaci di prevenire un attacco terroristico di enorme portata, quando terroristi ben armati sono entrati con calma in una enorme sala da concerto e hanno iniziato a sparare metodicamente alle persone? Per l’incapacità (dichiarata sempre dal suo sistema di potere) dei suoi servizi di sicurezza di reagire in tempo a un simile attacco terroristico (come sappiamo, per quasi un’ora e mezzo le forze dell’ordine, i vigili del fuoco e le ambulanze sono rimasti a guardare un edificio in cui non c’erano terroristi, ma dove c’era la gente che moriva per la perdita di sangue e il monossido di carbonio?
Non penso che Putin sia particolarmente interessato a tutto questo. Putin ha bisogno delle forze di sicurezza soprattutto per proteggere lui stesso e per uccidere i suoi avversari o «nemici».
Probabilmente Putin ha dichiarato il lutto per la propria incapacità di ricomporsi rapidamente in un momento difficile e di rivolgersi ai cittadini del Paese con le giuste parole? Ma noi sappiamo come si comporta solitamente nei momenti di difficoltà improvvisa. Prima di tutto, si nasconde. O si occupa di qualcosa di diverso, facendo finta che non sia successo nulla. Poi, quando finalmente esce dal suo bunker, inizia a sparare stronzate: per esempio, che a criticarlo sono delle «puttane ingaggiate per dieci dollari» (intendeva le mogli dei marinai morti sul sottomarino Kursk), che l’elezione dei governatori delle regioni deve essere annullata immediatamente per affrontare meglio la minaccia terroristica, che ha trovato un’impronta ucraina (di taglia quarantotto?) dei terroristi dell’ISIS etc.
Boh, non so per quale di quei motivi abbia realmente dichiarato il lutto…