L’archivio del tag «politica»

I metodi comuni

Nonostante tutto, parlando della eliminazione del generale iraniano Qasem Soleimani bisogna riconoscere due cose.

In primo luogo, ricordiamo che era pur sempre una figura istituzionale. È stato un personaggio particolare, ma è stato eliminato per il volere del Presidente di un altro Stato.
In secondo luogo, dobbiamo renderci conto del fatto che si tratta di un evento prevalentemente di politica interna statunitense. Si tratta di una mossa del gioco politico interno di una persona concreta: Donald Trump.
Trump, infatti, si è svegliato il 1 gennaio del 2020 con la chiara comprensione del fatto di avere dei seri problemi. È vero che nella situazione politica attuale l’impeachment non verrà mai portato a termine: lo impedirebbe la maggioranza repubblicana al Senato. I democratici, però, sfruttano l’assenza di una indicazione precisa circa i termini temporali del voto nel Senato e insistono nel chiedere ai repubblicani di garantire l’interrogatorio delle personalità ritenute complici dei fatti incriminati a Trump.
Trump, da parte sua, ha inventato una sua versione della via d’uscita dalla situazione scomoda: il rischio della guerra nel Medio Oriente (e le conseguenti minacce per gli USA) che dovrebbe unire attorno alla sua figura il popolo e il mondo politico americani.
È una situazione talmente banale e trasparente che non rientra nemmeno nella categoria delle dietrologie da bar. È banale come l’analogia con l’operato pluriennale di un noto collega di Trump: Vladimir Putin. La perenne ricerca del nemico esterno — la cui esistenza giustificherebbe molti comportamenti — è un punto comune tra gli USA e la Russia che non mi sarei mai aspettato di scoprire.


L’uomo dell’anno

Molto probabilmente, qualche pregiudizio interno impedisce alla redazione del «Time» mettere in copertina la stessa persona per più volte in un periodo di tempo ristretto.
Eppure, facendo un bilancio del quasi finito 2019, mi convinco sempre di più che l’uomo dell’anno è Vladimir Zelensky (definito a metà dicembre «L’uomo in mezzo»). Non una buffona scelta come strumento pubblicitario inconsapevole da una determinata corrente politica, ma il più efficiente tra i politici-Joker che abbiamo visto comparire negli ultimi anni. [Indovinate un po’ qual è, nella mia classifica personale, il film dell’anno.]
Infatti, ha vinto le elezioni sfruttando il malcontento popolare per la vecchia classe politica nazionale e, allo stesso tempo, facendosi invidiare dal vecchio populista oltre il confine dell’est: ha ottenuto le percentuali alte senza brogli. A ovest, invece, ha evitato di cercare l’aiuto a ogni costo funzionando, in un certo senso, da scintilla per l’impeachment di un altro collega. Ma l’aspetto più importante è: nonostante tutte le problematiche ereditate, Zelensky appare attualmente essere il primo presidente ucraino realmente intenzionato a dirigere uno Stato indipendente. A dirigere uno Stato per il quale la scelta del miglior sponsor tra i due possibili (l’Occidente o la Russia) non è per la prima volta nella storia il tema principale della politica estera e interna.
Guidando, con successi alterni, l’Ukraina su quella strada, Zelensky adotta un comportamento e un linguaggio moderato (in molti lo hanno notato, per esempio, nella occasione del primo incontro con Putin), dimostrando di prendere in considerazione le possibili reazioni future del proprio elettorato.
Sul territorio post-sovietico si è accesa una nuova stella sta tentando di nascere un nuovo Stato normale. Sarebbe stato brutto non riconoscere i meriti del suo creatore, indipendentemente dal suo futuro politico.

Non si tratta di una questione di importanza locale, come alcuni potrebbero pensare.


Dear Nikita

Ho sempre visto la Hillary Clinton come una donna politicamente corretta da far morire di noia (come la maggioranza dei politici occidentali, tra l’altro). Ma poi ho letto, per caso, questo suo tweet di domenica sera e ho quasi cambiato idea.


Si tratta della presa in giro di questa lettera di Donald Trump a Recep Erdogan:


Ma per resistere dal prendere in giro Trump bisogna essere un cadavere.


In poche parole

In teoria si potrebbe sperare o, al contrario, temere. Si potrebbe anche scrivere dei lunghi testi di analisi politica. Ma in realtà bisogna rimanere calmi e indifferenti: non ha alcun senso parlare seriamente dell’impeachment a Donald Trump. Tanto, al Senato non passerà a causa della maggioranza repubblicana.


Ma non hanno altri problemi?

Non ha molto senso giudicare le abitudini delle terre (ma anche dei tempi) lontane sulla base delle proprie tradizioni di appartenenza. Ma a volte, con la scusa della globalizzazione, si potrebbe anche tentare di farlo almeno per gioco.
Oggi, per esempio, ho deciso di dichiarare pubblicamente che secondo la mia opinione autorevolissima tutte le accuse di razzismo contro il premier canadese Justin Trudeau sono una cagata pazzesca. Per spiegare meglio il concetto, vi faccio subito un esempio semplice.
Immaginate il vostro figlio (o nipote) che oggi gioca con gli omini della Lego e tra trent’anni diventa un politico di livello nazionale. Verrà accusato di razzismo nei confronti dei cinesi? In base alla tendenza che possiamo osservare, la risposta è sicuramente positiva.
Ora voglio vedere se anche gli elettori canadesi, votando, preferiscono gli autori delle cagate oppure no.


I territori strategici

Non tutto lo ricordano, ma nel 1946 gli USA proposero già alla Danimarca di vendere la Groenlandia per 100 milioni di dollari in oro (circa 1,3 miliardi di dollari di oggi).
Secondo i militari statunitensi dell’epoca, il territorio della Groenlandia sarebbe stato il più grande «portaerei fisso» al mondo, importante quanto la Alaska.
La seguente mappa illustra l’importanza strategica dei due territori:

Donald Trump non sarà tanto aggiornato sulla importanza della proprietà dei territori, ma dobbiamo constatare che non tutte le idee folli da egli espresse nascono nella sua testa.


I più attenti avranno notato che oggi sono stati diffusi i risultati ufficiali delle elezioni parlamentari ucraine (quelle del 21 luglio). Cinque partiti hanno superato la soglia di sbarramento del 5%.
Il partito «Servitore del popolo» del nuovo Presidente Zelensky ha vinto con il 43,16% dei voti: grazie al fatto che la metà dei deputati viene eletta alle circoscrizioni uninominali, il partito avrà 254 rappresentanti su totale di 450.
Al secondo posto è arrivato il partito filorusso «Piattaforma d’opposizione — Per la vita»: 13,05% dei voti e 43 posti nella Rada.
Al terzo posto c’è il partito della nota alla maggioranza di voi Yulia Timoshenko (8,18% e 26 posti), al quarto il partito dell’ex Presidente Poroshenko (la seconda umiliazione di fila: 8,1% e 25 posti) e al quinto il partito «Golos» di un noto cantante ucraino (5,82% e 20 posti).

La vittoria del partito di Zelensky era scontata, quindi non c’è molto da commentare. L’unica previsione seria e poco ovvia per gli europei che posso attualmente fare è: non stupitevi della ipotetica alleanza parlamentare tra Zelensky e Timoshenko. Tale alleanza servirà non solo per avere una maggioranza qualificata (necessaria per l’approvazione delle riforme costituzionali), ma soprattutto per «tenere buona» la Timoshenko. Per non permetterle dunque di diventare un leader popolare e pericoloso di opposizione: nel nuovo Parlamento ucraino è l’unica ad esserne capace.


The show is going on

Abbiamo il nuovo premier britannico. Purtroppo, molti politici sono strani allo stesso modo, quindi ci metterò un po’ di tempo a capire se è questo…

Oppure questo…

Alle persone interessate ai commenti seri, invece, non posso dire molto. Anzi, trovo totalmente inutile tentare di fare una analisi più approfondita della situazione creatasi in UK. Il brexit è già uno spettacolo comico (come se fosse recitato da qualche altro Stato europeo), dunque pure l’eccentrico Boris Johnson dovrebbe impegnarsi tanto per fare peggio della sua predecessore.
Le uniche due certezze sono l’inevitabilità del brexit e la convenienza della sua versione soft compresa da Johnson (banalmente, deve pensare alla maggioranza parlamentare e alle ipotetiche elezioni).


Le notizie complementari

Certe notizie vanno lette in coppia…
Vedo che in Italia ci sono delle persone scontente per la elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea (che cattiva: sostiene che non si può spende più di quello che si ha).
Allo stesso tempo non vedo le persone scontente per il fatto che la commissaria per la concorrenza Margrethe Vestager continui, nonostante il mandato quasi scaduto, a perseguitare quelle aziende le cui popolarità e grandezza sono dovute proprio alla concorrenza (sì, intendo il caso Amazon).

Quanto si starebbe bene in una Europa indebitata piena di aziende inefficienti…


La grafica politica

Visto che l’ho fatta (sulla base delle recenti notizie), la pubblico anche qui. Potrebbe esservi utile o semplicemente divertente.

E poi aggiungo che la storia presenta degli elementi di ciclicità un po’ in tutto il mondo. Fino a quasi trent’anni fa lo Stato-predecessore della Russia finanziava i partiti di un certo indirizzo politico quasi in tutto il mondo. L’efficienza dell’impiego di quei finanziamenti variava da Stato a Stato (in Europa, per esempio, i risultati «migliori» erano raggiunti in Italia e in Francia), mentre la sponsorizzazione politica russa odierna deve ancora essere studiata bene. Per fortuna, nel mondo di oggi le informazioni si ottengono e si diffondono molto più facilmente del secolo scorso, quindi non dovremmo aspettare tanto.
Per ora mi è assolutamente chiaro solo il principio politico di base: la Russia investe nelle forze politiche occidentali destabilizzanti. Non riuscendo, come anche prima, a produrre dei modelli da imitare, cerca di frammentare la comunità politica estera per strappare dalla sua famiglia dei singoli piccoli alleati. Gli alleati di dubbia qualità politica e morale, per di più fedeli solo perché e finché pagati, hanno una dubbia utilità pratica, ma, evidentemente, si tratta di un concetto ancora non compreso da molti.