Non so se classificare questa storia come un aneddoto o come una specie di apocrifo dei giorni nostri, ma…
Il 29 ottobre a Volgograd le forze dell’ordine (che da oltre due decenni servono prevalentemente a difendere il regime politico vigente) hanno reagito alla segnalazione degli attivisti religiosi ortodossi (i quali, seguendo l’esempio del Patriarcato di Mosca, appoggiano la guerra in Ucraina) e hanno interrotto il concerto dei rapper ALEXMERSER e INQUEENSITION (favorevoli alla invasione russa della Ucraina).
So benissimo che molte persone sono tanto idealisti e sognatori da pensare che certi regimi non democratici cadano per il merito delle rivoluzioni. Mentre io vedo che in realtà quei regimi cadono quasi sempre (in Russia proprio sempre) a causa dei conflitti interni al sistema. Il problema sta nel fatto che il grado critico del conflitto – al raggiungimento del quale il regime putiniano crollerà – sarà infinitamente meno divertente di quello appena descritto.
Per ora possiamo osservare solo alcuni primi, singoli e piccoli, segnali del conflitto crescente.
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Il Presidente Biden si pone una domanda apparentemente molto logica:
If he has no intention, why does he keep talking about it? Why does he talk about the ability to use a tactical nuclear weapon? He’s been very dangerous in how he’s approached this. He can end this all. Get out of Ukraine.
[L’articolo su «Newsnation» potrebbe esservi accessibile solo con un VPN.]
Ma in realtà «si è posto» una domanda retorica: dovrebbe capire bene che le minacce pubbliche putiniane circa l’uso della bomba atomica fanno parte del tentativo di costringere l’Occidente alle trattative sulla resa dell’Ucraina. Un tentativo che dura quasi dal primo giorno della guerra e con una insistenza che sembra dimostrare l’incomprensione della inutilità crescente del tentativo stesso.
Noi, i comuni cittadini, possiamo anche continuare a porci altre due domande un po’ più vicine alla realtà:
1) Putin ha l’intenzione di usare la bomba atomica? (La risposta che mi sembra più corretta è: per ora non lo sa nemmeno lui; essendo un tattico e una persona psicologicamente poco regolare, decide sempre all’ultimo momento.)
2) Putin è in grado di usare la bomba atomica o provocare un incidente a una centrale nucleare in Ucraina? (La risposta che mi sembra più corretta è: sì, da lui possiamo aspettarci qualsiasi cosa.)
Visto che ieri Vladimir Putin ha compiuto 70 anni, la lettura consigliata per questo sabato è dedicata proprio alla sua figura, alla sua figura nel regime politico russo attuale. Apparentemente, l’articolo in questione sarebbe basato su delle voci e informazioni difficilmente verificabili, ma in realtà fornisce alcuni elementi utili per l’analisi del comportamento di Putin osservato negli ultimi giorni. In presenza di un sistema per nulla trasparente che il personaggio ha costruito in quasi ventitre anni, siamo costretti a integrare e confrontare le nostre interpretazioni della sua attività pubblica con una serie degli articoli come quello del link.
Ovviamente, nemmeno l’ottavo pacchetto delle sanzioni europee contro la Russia putiniana poteva nascere senza una palese minch idiozia nel proprio testo. Intendo questo passaggio:
The existing prohibitions on crypto assets have been tightened by banning all crypto-asset wallets, accounts, or custody services, irrespective of the amount of the wallet (previously up to €10,000 was allowed).
Proviamo a immaginare chi viene colpito dal provvedimento in questione.
I politici e i funzionari russi che vorrebbero salvare i propri soldi? Per quei personaggi 10 mila euro sono spiccioli. Inoltre, sanno benissimo di non poter usare i propri soldi e i propri beni materiali all’estero. Sul territorio russo, invece, utilizzano tranquillamente i rubli.
I militari russi? La maggioranza schiacciante di loro non ha dei soldi da salvare. Gli alti ufficiali, oltre a trovarsi nella stessa situazione degli alti funzionari, non ha il diritto di viaggiare all’estero.
I poliziotti e i membri di altre strutture di sicurezza? La loro situazione è simile a quella dei militari.
I civili che sostengono il regime di Putin? Le sanzioni europee non prevedono alcun strumento per riconoscerli.
I civili che partono dalla Russia per scappare dalla mobilitazione, dalle persecuzioni politiche o, semplicemente, dall’ambiente moralmente pesante? Sì, cazius, rimangono proprio loro. Quelle persone che ora si trovano senza una abitazione fissa, spesso senza un lavoro e senza troppi contanti, molto probabilmente senza [almeno per ora] carte bancarie pienamente funzionanti (per queste ultime le opzioni sono tante, il fatto generale è che non tutti hanno un conto bancario europeo). Quelle persone che, pur essendo partite, molto spesso devono in qualche modo sostenere economicamente qualche parente rimasto in Russia (sì, le transazioni bancarie dirette sono, ehm, problematiche in entrambe le direzioni). Esattamente quelle persone che sono contrarie alla politica di Putin.
È veramente strano che qualcuno debba ancora essere illuminato sul fatto che la popolazione russa non è composta solo da Putin e dai suoi servi fedeli.
Vedo che l’UE non riesce proprio a produrre un pacchetto di sanzioni contro il regime putiniano totalmente libero dai punti divertenti. Così, l’ottavo pacchetto – sul quale sarebbe finalmente stato raggiunto un accordo tra i rappresentanti degli Stati-membri – dovrebbe riportare una dedica a Gerhard Schröder sotto il frontespizio. Infatti, una delle sanzioni vieterebbe ai cittadini dell’UE di far parte dei consigli di amministrazione delle società statali russe. Ma proprio Schröder ha ricoperto, dal 2017 al 2022, la carica del presidente del Consiglio di amministrazione della società Rosneft: l’ha lasciata solo in priavera e solo in seguito alle forti pressioni in Germania. Inoltre, continua ancora a difendere il regime di Putin in Europa. Sia in qualità del manager, sia in qualità del rappresentante della Russia putiniana, è al giorno d’oggi il cittadino europeo più noto e discusso. Tanto noto e discusso da sembrare l’unico.
Oppure quella sanzione è una forma di contrasto agli «agents of influens» russi in Europa? Potrebbe anche essere presentataci in qual modo. Non inizia certo a sembrare una norma meno «ad personam».
Ci sono dei momenti in cui inizio a dispiacermi anche per la triste sorte dei futuri studenti delle scuole (o delle Facoltà universitarie dove si studia la storia). Per esempio, quando immagino lo studio di quel pezzo del manuale di storia nel quale verrà descritta l’annessione dei nuovi territori ucraini da parte della Russia putiniana. Infatti, la cronologia dei fatti sarebbe questa:
– alla fine di maggio del 2022 l’esercito russo conquista un altro pezzo del Donbass, compresa la città ucraina di Lyman;
– il 30 settembre 2022 Vladimir Putin e i capi delle repubbliche autoproclamate del Donbass e delle amministrazioni occupanti delle regioni ucraine firmano, al Cremlino, i «documenti» sulla «entrata delle repubbliche nella Federazione Russa»: i «documenti» parlano della realizzazione del diritto alla autodeterminazione dei «popoli» di quelle regioni ucraine;
– il 1° ottobre 2022 l’esercito ucraino libera la città di Lyman;
– il 2 ottobre 2022 la Corte costituzionale russa ha ritenuto legittima l’annessione dei territori ucraini, motivando il proprio giudizio con un mini-trattato storico-politico-sociale (giudizio mio: un trattato di qualità ehm… molto dubbia);
– il 3 ottobre 2022 la Camera bassa del «parlamento» russo (la Duma) ratifica i «documenti» del 30 settembre con 413 voti a favore dei 408 deputati presenti (rileggete bene, non ho sbagliato);
– nessuno si accorge che sarebbe stato annesso anche un territorio non controllato più nemmeno dall’esercito russo;
– gli stessi «documenti» vengono ratificati all’unanimità anche dalla Camera alta del «parlamento» russo (il Consiglio federale);
– l’unico Stato a riconoscere i nuovi territori come parte della Russia è l’autorevolissima Corea del Nord.
Non se serva una continuazione – il cervello di una persona normale potrebbe esplodere già dopo i pochi punti appena elencati –, ma, purtroppo, potrebbe arrivare…
L’intelligence statunitense sostiene che a partire dal 2014 la Russia avrebbe finanziato in segreto dei partiti politici, singoli politici e alti funzionari in «due dozzine» di Stati esteri. Inoltre, si ipotizza che alcuni dei trasferimenti finanziari del genere della Russia possano essere passati senza essere notati. Secondo quanto sostengono gli Stati Uniti, le autorità russe pianificavano di spendere altre centinaia di milioni di dollari per i finanziamenti del genere.
Per ora si parla solo dei finanziamenti destinati alle forze politiche nei Balcani, in Africa e in alcune zone dell’Asia, ma la mia memoria mi suggerisce che pure qualche politico italiano dovrebbe iniziare a preoccuparsi: gli americani sanno tutto e potrebbero pubblicare delle informazioni molto interessanti anche prima del 25 settembre 2022. Certo, anche in altri Stati europei – per esempio in Francia – ci sono dei singoli politici e dei partiti che negli ultimi anni hanno miracolosamente migliorato la propria situazione finanziaria dopo qualche visita a Mosca. Ma io, in questo momento, sono un po’ più incuriosito della situazione italiana: chissà quanti personaggi hanno già rischiato l’infarto dopo la lettura della notizia citata sopra…
P.S.: ma la situazione corrente è comunque ancora lontana da quella dell’epoca URSS, quindi dai tempi in cui più o meno tutti i partiti (o i movimenti) di sinistra di tutto il mondo venivano in qualche misura finanziati da Mosca. Infatti, dopo il 1991 abbiamo osservato una «strana» coincidenza: molti partiti di sinistra sono entrati in crisi e molti regimi si sinistra sono addirittura crollati. Ma questo è un argomento enorme, ne scriverò nei tempi più appropriati.
Imporre un «tetto» ai prezzi del petrolio e del gas russi è una idea politicamente curiosa, ma economicamente mi sembra un po’ dubbia. Lo è per almeno due motivi. A breve termine, con il prezzo massimo che impone l’Europa, le risorse naturali russe potrebbero diventare più richieste nel mondo: se l’UE dovesse dire «invece di 100, paghiamo al massimo 50», l’ipotetica India potrebbe dire «noi prendiamo tutto a 52 e a voi conviene accettare perché altrimenti non vendete proprio». A questo punto la Russia continua a incassare, l’India risparmia e l’Europa rimane senza le nuove forniture di petrolio (e con meno gas). Fortunatamente, l’Europa ha già le scorte sufficienti per passare serenamente l’inverno, ma, intanto, l’obbiettivo politico di togliere i soldi al regime di Putin non funzionerà.
A lungo termine, poi, il prezzo massimo del petrolio e del gas potrebbe contribuire a cambiare più velocemente la logistica del mercato globale del petrolio. La Russia cercherà e sicuramente troverà altri acquirenti, i quali, a loro volta, rivenderanno lo stesso petrolio all’Europa.
C’è una soluzione migliore rispetto a quella appena partorita in UE? Boh, per ora non lo so. Per fortuna, io non sono pagato per inventarla. A differenza dei vertici europei.
La sera del 30 agosto è morto Mikhail Gorbachev. Oggi è il giorno del suo funerale.
Giovedì avevo già scritto quello che ho potuto scrivere in quel momento (anche se di Gorbachev si potrebbe dire tantissimo), quindi oggi mi limito a pubblicare un post fotografico su alcune tappe della vita del grande personaggio storico.
Mikhail Gorbachev (al centro con il copricapo) con i compagni di classe, anni ’40:
Mikhail Gorbachev, anni ’50:
Mikhail Gorbachev a Stavropol, anni ’60: Continuare la lettura di questo post »
L’articolo consigliato per questo sabato non è assolutamente lungo, ma molto informativo: riporta i dati sulla lotta dello Stato russo contro i propri cittadini che protestano (anche solo con delle dichiarazioni pubbliche) contro la guerra in Ucraina.
Il testo proposto sarà dunque utile per scoprire due cose: 1) quanto velocemente il regime di Putin si sta trasformando in una classica dittatura; 2) «i russi vogliono la guerra?».