Più di sei mesi fa mi era capitato di postare, nella mia rubrica musicale, alcune sonate del compositore statunitense John Milton Cage. In quella occasione, però, non vi avevo proposto una delle composizioni più famose di Cage: «4′33»«, una pièce musicale in tre movimenti composta nel 1952 per una quantità variabile degli strumenti musicali. La durata di esecuzione corrisponde al nome della composizione: 4 minuti e 33 secondi.
Per la prima volta nella storia la «4′33»" è stata eseguita il 29 agosto 1952 dal pianista David Tudor (al concerto di beneficenza organizzato in sostegno alla creatività nell’ambito dell’arte moderna), ma a me piacciono di più alcune altre interpretazioni.
La mia versione preferita per una orchestra è quella eseguita nel 2022 dalla Berliner Philharmoniker (dirige Kirill Petrenko):
La versione per il solo pianoforte meglio riuscita è secondo me quella di Armin Fuchs (il video è del 1952):
La versione per la chitarra più interessante è quella suonata da Felix Salazar (con una chitarra del 1867):
E poi, una composizione musicale così moderna non poteva non essere apprezzata pure dai musicisti non classici. Concludo dunque il post musicale odierno con una interpretazione realmente moderna, anche se un po’ rumorosa: quella in stile metal dei Dead Territory:
Bene, ora lascio riposare le vostre orecchie.
L’archivio del tag «musica classica»
Tra due settimane esatte, il 1° aprile, sarà il 150-esimo anniversario della nascita del compositore Sergej Rachmaninov, ma io ho pensato, per una serie di motivi, di dedicargli un post musicale già oggi: anche perché la bellezza dell’arte non dipende dalle date, esiste sempre…
Tra parentesi: (da oltre un anno osservo nella mia mente l’ombra di un blocco ogni qualvolta sto per pubblicizzare qualcosa di russo. E poi mi ricordo che esistono le personalità – e le loro opere – che si sono formate, affermate e creato non grazie a, ma nonostante l’attività dello Stato e si sono dunque guadagnate una posizione meritata nel patrimonio mondiale: quello culturale, scientifico, tecnico etc. Sergej Rachmaninov è una di quelle persone.).
Scegliere appena una o due composizioni tra tutte quelle lasciateci da Rachmaninov potrebbe sembrare una missione difficile, ma io, fortunatamente, sono riuscito a inventare un criterio.
Per il tradizionale post musicale del sabato ho scelto il concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol minore (op. 40) composto nel 1926. Si tratta della prima composizione scritta da Sergej Rachmaninov dopo l’esilio volontario dalla Russia colpita dalla Rivoluzione d’ottobre. In un primo periodo tale concerto non ebbe un particolare successo tra il pubblico, ma fu una composizione importante per il compositore stesso: segnava l’uscita da un periodo psicologico difficile e il ritorno all’attività creativa adeguata alla sua portata. È una «piccola» vittoria della persona sulle circostanze.
Il concerto è stato revisionato dal compositore stesso due volte, io metto la versione definitiva del 1941:
Farò in tempo a postare, in futuro, anche le composizioni più apprezzate di Sergej Rachmaninov. Ma oggi ho voluto fare proprio come ho fatto.
Oggi il compositore e musicista Antonio Vivaldi «avrebbe» compiuto 345 anni: uso le virgolette perché, ovviamente, è riuscito a compiere quegli anni, ma solo grazie alla propria opera, delle composizioni musicali che ci ha lasciato. In una data del genere non potevo non postare nella mia rubrica musicale qualche sua composizione.
L’eredità musicale lasciataci da Antonio Vivaldi è immensa, ma nella memoria collettiva è rimasto – non del tutto senza ragione – prevalentemente come compositore della musica per violino. Ecco, oggi provo a correggere un po’ quella memoria…
La prima composizione di Antonio Vivaldi che ho selezionato per oggi è la Trio sonata per due oboi e basso continuo
La seconda composizione di Vivaldi di oggi è invece il Concerto per flauto, oboe, violino, fagotto e basso continuo
Benissimo, spero di avere contribuito almeno un po’ a una attenzione un po’ grande – tra i miei lettori – verso la ricchezza delle composizioni di Vivaldi.
Per il post musicale oggi ho pensato di selezionare qualche altra composizione di Arcangelo Corelli: questa volta con il semplice pretesto formale del 370-esimo anniversario della sua nascita (l’anniversario che ha avuto luogo ieri, il 17 febbraio).
All’inizio dell’anno scorso avevo postato il concerto grosso «Fatto per la notte di Natale», il quale è l’ottava composizione di una serie di dodici concerti di Corelli scritti prima del 1709. Oggi riprendo la stessa serie.
Inizio dunque con il Primo concerto in re maggiore (versione eseguita dalla Harvard Baroque Chamber Orchestra nel 2015):
E poi aggiungo il Secondo concerto in fa maggiore (eseguito dalla Silesian Chamber Orchestra):
Purtroppo, quello di Arcangelo Corelli non tra i primi nomi che vengono in mente alla maggioranza delle persone quando si parla del barocco musicale. Si potrebbe tentare di correggere questa ingiustizia.
Non so se sia capitato anche a voi di leggere, in questi giorni, che in Italia viene organizzata una serie di iniziative teatrali-liriche aventi per l’obiettivo la raccolta dei fondi per il restauro e la trasformazione in un vero museo della cosiddetta «Villa Verdi»: la villa e tenuta di Sant’Agata – in provincia di Piacenza – che a partire dal 1851 fu l’abitazione principale di Giuseppe Verdi.
Io non ho – almeno per ora – un teatro lirico. Non ho nemmeno una sala per concerti o qualche locale del genere per ospitare una delle suddette iniziative. Però posso fare due cose «pro bono»: 1) segnalarvi l’obiettivo generale della raccolta fondi per farvi scegliere, eventualmente, l’iniziativa più interessante e/o accessibile; 2) postare qualche composizione di Verdi per stimolare l’interesse. La prima cosa è già stata fatta, quindi passo alla seconda: quella meno utile (nel senso che Verdi non ha bisogno di essere pubblicizzato da uno come me).
Inizierei con la composizione giovanile «Variazioni per pianoforte e orchestra su „Caro suono lusinghiero“», la quale fu presentata da Giuseppe Verdi nel 1832 all’esame di ammissione al Conservatorio di Milano. Quell’esame ebbe l’esito negativo. Putroppo, non riesco proprio a ricordarmi che nome porta oggi il Censervatorio di Milano…
La seconda composizione di Verdi che ho scelto per oggi è moto più «semplice»: il Valzer in fa maggiore (composto nel 1859). Sicuramente lo avete già sentito in varie occasioni.
Bene, ora siete un po’più preparati al salvataggio del bagaglio culturale materiale dell’Italia.
Il 7 dicembre 2022 al Teatro della Scala, in occasione della prima per la stagione 2022/2023, è andata in scena una opera del compositore russo Modest Mussorgsky: di questi tempi potrebbe sembrare una scelta sorprendentemente coraggiosa… Ma a me sembra anche una bella manifestazione di un buon senso dell’umorismo: infatti, l’opera eseguita è stata «Boris Godunov». Le persone non sufficientemente informate per poter apprezzare lo scherzo possono leggere qualche articolo che spiega la trama.
Io, nel frattempo, tento di essere non peggio della Scala (che autostima, ahahaha) e vi propongo la suite per pianoforte «Quadri di un’esposizione» di Modest Mussorgsky. L’interpretazione di questa composizione nel suo formato tradizionale che ho selezionato è di Evgeny Kissin:
Ma aggiungo – per le persone particolarmente interessate – pure una buona versione per l’orchestra:
Non so quale delle due preferite voi…
Per l’ultimo post musicale dell’anno – e per l’ultimo post dell’anno in generale – ho voluto selezionare qualche musica bella, positiva, non particolarmente impegnativa e allo stesso tempo «tipicamente invernale». Si è rivelato un compito non così facile come possa sembrare, ma alla fine ci sono riuscito. Penso…
La prima composizione scelta per oggi è la étude n. 12 in si minore «Chasse-neige» («Tempesta di neve») del compositore ungherese Franz Liszt. È una composizione di semplicità solo apparente: in realtà è considerata una di quelle un po’ più difficili da suonare pure tra gli studi di Liszt. Però corrisponde alla maggioranza dei miei criteri stabiliti in partenza.
La seconda composizione scelta per oggi è il waltz n. 7 in do diesis minore (il cosiddetto «valzer invernale», Op. 64/2, composto tra il 1846 e il 1847) del compositore francese Fryderyk Franciszek Chopin. Si tratta di una di quelle composizioni che lo stesso Chopin non volle mai pubblicare: temette che la loro elevata melodiosità possa essere troppo facilmente banalizzata dagli esecutori dotati delle capacità o del gusto estetico non sufficientemente alti. Non so come lo avrebbe suonato Chopin – che fu considerato dai suoi contemporanei anche un grande pianista –, ma a me piace anche così:
Ecco, per oggi è andata così. Colgo l’occasione per augurarvi ancora una volta un felice anno nuovo: pieno di armonia, sinfonia e tante altre cose belle.
Il compositore Antonín Leopold Dvořák, considerato uno dei fondatori della scuola musicale ceca, fece nelle proprie composizioni un ampio uso di motivi ed elementi della musica popolare della Moravia e della Boemia…
Una precisazione che non c’entra alcunché con l’argomento del presente post: qualche anno fa una signorina un po’ particolare mi aveva detto di essere sempre stata convinta che io fossi «un musicista di boemia». Scrivendo di questo fatto curioso ho evitato appositamente la maiuscola perché penso di capire cosa avesse inteso. E, soprattutto, l’ho scritto per dire che la composizione della prima frase dell’articolo si è rivelata un compito difficilissimo: mi sono interrotto da solo con una risata stupida. Va bene, chiudo la parentesi.
Nonostante un notevole legame con le tradizioni musicali locali, Dvořák può essere considerato (e lo è) uno dei più interessanti compositori europei della seconda metà del XIX secolo. La sua fama internazionale iniziò con la prima serie delle Danze slave (op. 46) pubblicate nel 1878:
Negli anni successivi Dvořák confermò le proprie alte qualità di compositore con una buona varietà di tipi delle composizioni, ma per il post odierno ho pensato di sceglierne una delle più note: la Sinfonia n. 9 «Dal Mondo Nuovo» (op. 95), composta nel 1893 – nel periodo della direzione del National Conservatory di New York.
Fortunatamente, il nome – e la musica – di Antonín Leopold Dvořák non si è perso in mezzo a quelli dei numerosi compositori più noti al pubblico «comune».
I musicisti svizzeri Chris Krebs (violoncello) e Phil Seeholzer (chitarra) si erano conosciuti verso la metà degli anni ’90 al conservatorio di Lucerna. Nel 2006, poi, avevano fondato una società per registrare musica per film e pubblicità. E qualche altro anno più tardi si sono finalmente decisi a suonare, registrare e pubblicare la musica con i propri nomi. Così è nato il duo musicale «Mozart Heroes».
Io li ho scoperti grazie a questa interpretazione della «Nothing Else Metters» dei Metallica:
Dopo tale scoperta sono andato a sentire qualche altro esempio della musica che suonano… Ora, il secondo brano dei Mozart Heroes che potrei proporvi oggi è la quasi ipnotizzante interpretazione del tema principale della serie «Game of Thrones»:
Le persone che si sono interessate al duo possono provare a visitare il loro canale su YouTube o cercarli in altri possibili modi.
Il compositore francese Jules Émile Frédéric Massenet è sempre stato largamente noto e apprezzato prevalentemente per le opere liriche, anche se ai suoi tempi era considerato un conservatore, mentre al giorno d’oggi non viene considerato della stessa importanza (o portata?) dei compositori come Mozart o Verdi.
Per il post musicale di oggi ho deciso di scegliere non una (o una parte della) opera lirica non solo per la tradizione personale, ma anche perché mi sembra di avere osservato — seppure io non sia un critico/esperto musicale — che le semplici composizioni per l’orchestra siano riuscite a Massenet con più costanza nel corso di tutta la sua vita artistica/professionale.
La prima composizione scelta per oggi è dunque la Première suite d’orchestre del 1867:
La seconda composizione scelta è invece la «Fantaisie pour violoncelle et orchestre» del 1897:
In alcune situazioni la musica del genere migliore il mio umore…