Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in Fa minore (Op. 21) fu completato da Fryderyk Chopin nel 1830 ma pubblicato solo nel 1836: è per questo motivo che viene numerato come secondo nonostante sia stato composto prima del «primo».
Ma a noi, ovviamente, può e deve interessare solo per motivi puramente musicali.
Non avevo dei motivi particolari per pubblicare proprio questo Concerto, quindi lo faccio solo perché mi è venuta la voglia di farlo…
L’archivio del tag «musica classica»
Il post musicale di oggi sarà abbastanza in linea con l’umore degli ultimi giorni. Infatti, mi andava di postare il poema sinfonico di Sergei Rachmaninov «L’isola dei morti» (Op. 29).
Il poema è stato composto tra il 1908 e il 1909 come la reazione a una opera pittorica, ma il mio cervello lo interpreta (come, ovviamente, tutte le altre opere artistiche) in base alle circostanze del momento corrente.
Il 22 maggio c’era stato il 210-esimo anniversario della nascita del compositore più sfortunato della storia: Richard Wagner. Egli fu un bravo compositore (già il solo fatto ci dovrebbe bastare oltre 150 anni dopo la sua morte), un antisemita a parole (sulla pratica collaborava tranquillamente con i musicisti ebrei) e uno di quei simboli culturali dei quali si era appropriato il Terzo Reich (senza alcuna scelta in merito del personaggio: morì cinquant’anni prima). Al giorno d’oggi non so proprio perché Wagner debba essere commentato – o addirittura criticato – negli aspetti diversi da quelli puramente musicali; anche se capisco che il fatto dell’esecuzione della sua musica potrebbe essere visto come una provocazione in alcune rare circostanze.
Il compleanno non è assolutamente una circostanza sbagliata, dunque oggi ricordo un bravo – anche se a volte un po’ difficile – compositore nella mia rubrica musicale. Come al solito, lo faccio selezionando due composizioni del protagonista.
La prima composizione di Wagner scelta per oggi è la Polen ouverture, composta nel 1832 e redatta nella sua versione definitiva nel 1836:
La seconda composizione di Wagner scelta per oggi è la Faust ouverture, composta nel 1840 e definitivamente pronta nel 1855:
Purtroppo, ogni regime politico distruttivo ci ruba tante cose belle, il cui reale valore può essere ripulito e recuperato solo col tempo: ogni volta, però, si rischia che quella cosa bella concreta invecchi troppo.
Il 7 maggio c’era stato il 190-esimo anniversario della nascita del compositore tedesco Johannes Brahms. E dato che a me la musica di Brahms piace tanto, non potevo non sfruttare anche questa occasione formale per ricordarlo nella propria rubrica del sabato.
Per l’importante anniversario ho pensato di scegliere quella composizione di Brahms che, secondo i critici musicali, illustra in un modo particolarmente forte tutta la creatività musicale del compositore: si tratta del «Ein deutsches Requiem» («Un Requiem tedesco»), composto nel periodo tra il 1865 e il 1868 e poi integrato dal compositore stesso nel 1869 con un movimento in più. Oggi posto proprio la versione finale in sette movimenti.
Probabilmente è un po’ lungo per essere condiviso su internet, ma in realtà merita…
Il pianista classico ungherese/britannico András Schiff è internazionalmente noto, tra tante altre cose, per due motivi: 1) è considerato uno dei migliori esecutori delle composizioni di Ludwig van Beethoven; 2) ha registrato delle composizioni di Beethoven con il pianoforte Broadwood della epoca del compositore.
Il secondo motivo, dal punto di vista tecnico, è in realtà solo una piccola curiosità: un pianoforte è uno strumento troppo complesso per essere restaurato con successo (a differenza, per esempio, di un violino), mentre una qualsiasi replica moderna non potrà garantirci il suono autentico (anche perché non sappiamo con la certezza assoluta come era). Di conseguenza, oggi posto – «semplicemente» – due sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven suonate da András Schiff con uno strumento moderno.
Inizio con la sonata n. 15 «Pastorale» (op. 28) del 1801:
E poi aggiungo la sonata n. 30 (op. 109) del 1820:
Due sonate scelte solo in base all’umore degli ultimi giorni…
A volte può capitare che qualche mio post musicale venga influenzato dalle mie scoperte cinematografiche. Per esempio: qualche settimana fa mi è venuta la voglia di riascoltare la Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler. L’avrei condivisa anche con voi, ma mi ricordo di averlo già fatto poco più di due anni fa… Di conseguenza, ho iniziato a pensare alle alternative valide e ho trovato presto la soluzione ovvia!
Il post di oggi può essere dedicato al Concerto per violoncello in mi minore (Op. 85) del compositore inglese Edward Elgar. Questa composizione, scritta presumibilmente nel 1919, è stata per la prima volta eseguita il 27 ottobre 1919 alla apertura della stagione 1919–1920 della London Symphony Orchestra. Nonostante l’occasione importante, la prima di questo Concerto è stata professionalmente tragica per Elgar: il resto del programma doveva essere diretto dal suo collega / concorrente Albert Coates, il quale aveva tenuto impegnata l’orchestra nelle prove fino a non lasciare a Elgar il tempo necessario per le prove del suo concerto. Inevitabilmente, dunque, la prima esecuzione era andata un po’ male…
Per fortuna, però, la composizione non è andata persa: nei decenni successivi è stata eseguita e registrata molte volte. Ora la potete apprezzare anche voi:
E, ovviamente, ricordatevi che nei buoni film sono nascosti tanti riferimenti interessanti.
Più di sei mesi fa mi era capitato di postare, nella mia rubrica musicale, alcune sonate del compositore statunitense John Milton Cage. In quella occasione, però, non vi avevo proposto una delle composizioni più famose di Cage: «4′33»«, una pièce musicale in tre movimenti composta nel 1952 per una quantità variabile degli strumenti musicali. La durata di esecuzione corrisponde al nome della composizione: 4 minuti e 33 secondi.
Per la prima volta nella storia la «4′33»" è stata eseguita il 29 agosto 1952 dal pianista David Tudor (al concerto di beneficenza organizzato in sostegno alla creatività nell’ambito dell’arte moderna), ma a me piacciono di più alcune altre interpretazioni.
La mia versione preferita per una orchestra è quella eseguita nel 2022 dalla Berliner Philharmoniker (dirige Kirill Petrenko):
La versione per il solo pianoforte meglio riuscita è secondo me quella di Armin Fuchs (il video è del 1952):
La versione per la chitarra più interessante è quella suonata da Felix Salazar (con una chitarra del 1867):
E poi, una composizione musicale così moderna non poteva non essere apprezzata pure dai musicisti non classici. Concludo dunque il post musicale odierno con una interpretazione realmente moderna, anche se un po’ rumorosa: quella in stile metal dei Dead Territory:
Bene, ora lascio riposare le vostre orecchie.
Tra due settimane esatte, il 1° aprile, sarà il 150-esimo anniversario della nascita del compositore Sergej Rachmaninov, ma io ho pensato, per una serie di motivi, di dedicargli un post musicale già oggi: anche perché la bellezza dell’arte non dipende dalle date, esiste sempre…
Tra parentesi: (da oltre un anno osservo nella mia mente l’ombra di un blocco ogni qualvolta sto per pubblicizzare qualcosa di russo. E poi mi ricordo che esistono le personalità – e le loro opere – che si sono formate, affermate e creato non grazie a, ma nonostante l’attività dello Stato e si sono dunque guadagnate una posizione meritata nel patrimonio mondiale: quello culturale, scientifico, tecnico etc. Sergej Rachmaninov è una di quelle persone.).
Scegliere appena una o due composizioni tra tutte quelle lasciateci da Rachmaninov potrebbe sembrare una missione difficile, ma io, fortunatamente, sono riuscito a inventare un criterio.
Per il tradizionale post musicale del sabato ho scelto il concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in sol minore (op. 40) composto nel 1926. Si tratta della prima composizione scritta da Sergej Rachmaninov dopo l’esilio volontario dalla Russia colpita dalla Rivoluzione d’ottobre. In un primo periodo tale concerto non ebbe un particolare successo tra il pubblico, ma fu una composizione importante per il compositore stesso: segnava l’uscita da un periodo psicologico difficile e il ritorno all’attività creativa adeguata alla sua portata. È una «piccola» vittoria della persona sulle circostanze.
Il concerto è stato revisionato dal compositore stesso due volte, io metto la versione definitiva del 1941:
Farò in tempo a postare, in futuro, anche le composizioni più apprezzate di Sergej Rachmaninov. Ma oggi ho voluto fare proprio come ho fatto.
Oggi il compositore e musicista Antonio Vivaldi «avrebbe» compiuto 345 anni: uso le virgolette perché, ovviamente, è riuscito a compiere quegli anni, ma solo grazie alla propria opera, delle composizioni musicali che ci ha lasciato. In una data del genere non potevo non postare nella mia rubrica musicale qualche sua composizione.
L’eredità musicale lasciataci da Antonio Vivaldi è immensa, ma nella memoria collettiva è rimasto – non del tutto senza ragione – prevalentemente come compositore della musica per violino. Ecco, oggi provo a correggere un po’ quella memoria…
La prima composizione di Antonio Vivaldi che ho selezionato per oggi è la Trio sonata per due oboi e basso continuo
La seconda composizione di Vivaldi di oggi è invece il Concerto per flauto, oboe, violino, fagotto e basso continuo
Benissimo, spero di avere contribuito almeno un po’ a una attenzione un po’ grande – tra i miei lettori – verso la ricchezza delle composizioni di Vivaldi.
Per il post musicale oggi ho pensato di selezionare qualche altra composizione di Arcangelo Corelli: questa volta con il semplice pretesto formale del 370-esimo anniversario della sua nascita (l’anniversario che ha avuto luogo ieri, il 17 febbraio).
All’inizio dell’anno scorso avevo postato il concerto grosso «Fatto per la notte di Natale», il quale è l’ottava composizione di una serie di dodici concerti di Corelli scritti prima del 1709. Oggi riprendo la stessa serie.
Inizio dunque con il Primo concerto in re maggiore (versione eseguita dalla Harvard Baroque Chamber Orchestra nel 2015):
E poi aggiungo il Secondo concerto in fa maggiore (eseguito dalla Silesian Chamber Orchestra):
Purtroppo, quello di Arcangelo Corelli non tra i primi nomi che vengono in mente alla maggioranza delle persone quando si parla del barocco musicale. Si potrebbe tentare di correggere questa ingiustizia.