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I nuovi attacci di droni a Mosca

Prevalentemente per evitare che nelle teste di alcuni lettori si crei un po’ di confusione, preciso: la scorsa notte i droni ucraini non hanno colpito la sede del Ministero della «difesa» russo. Sono certi giornali europei che scrivono i titoli scandalistici, sperando che questi ultimi vengano colpiti da tanti click.
I droni ucraini che hanno attaccato Mosca hanno danneggiato oggi due torri in un quartiere molto prestigioso: il Moscow City. In quel quartiere si trovano gli immobili commerciali più costosi della Russia. Alcune torri sono di proprietà privata, altre sono frutto di partnership pubblico-privato. Alcune appartengono allo Stato.
Lo Stato possiede il 40% di tutti gli spazi del complesso. Il 40% è di proprietà di grandi aziende: Transneft possiede la torre «Evolution» di 54 piani e Rosselkhozbank possiede il grattacielo n. 1 del quartiere IQ. Secondo il sito ufficiale di vendita Moscow-City.info, la VTB Bank ha acquistato anche l’intera «Eurasia Tower» di 70 piani e 40 piani di uffici nella torre «Federation West».
La torre del quartiere IQ è stata la più colpita dai droni la notte tra il 29 e il 30 luglio. È composta da due edifici ed è di proprietà della società statale Dom.rf e della Rosselkhozbank. È stata costruita nel 2015. La vendita delle parti dell’immobile è iniziata nel 2016. Inizialmente ospitava la Rosselkhozbank all’ultimo piano, mentre gli altri piani dell’edificio di 42 piani sono stati affittati. Sono stati offerti in affitto anche spazi commerciali al piano terra. Il Ministero dell’Economia, il Ministero delle Finanze e il Ministero dell’Industria e del Commercio occupano la maggior parte degli spazi della torre. Inoltre, i tre Ministeri occupano 26 piani nel complesso OKO-2, dove sono stati rotti i vetri di quattro piani.
Come avete visto, il Ministero della «difesa» non c’entra alcunché. In più, gli spazi dei tre ministeri realmente colpiti non avevano — a quanto ne so — delle funzionalità di un particolare valore «strategico» o segreto: dentro ci stavano i semplici impiegati che facevano il lavoro di routine o gli incontri con i vari visitatori esterni.
La vera importanza dell’ultimo attacco dei droni è stata però definita sostanzialmente bene dal presidente ucraino Zelensky: è stato colpito bene uno dei simboli del benessere economico-finanziario russi. Colpire i simboli è, per ora, una di quelle poche cose che l’Ucraina ha la possibilità di fare sul territorio russo nell’ambito della guerra in corso. Ma non è una cosa poco significante.


Le soluzioni creative

Mi era già capitato di scrivere del molto «divertente» trucco del Comune di Mosca: dedicare il pezzo della via in cui si trova l’ambasciata statunitense alla cosiddetta Repubblica Popolare di Donetsk. Il trucco, ovviamente, aveva per l’obiettivo costringere i diplomatici americani a un mezzo-riconoscimento – tramite l’indicazione del nuovo indirizzo sui documenti ufficiali – della entità territoriale affiliata alla Russia.
Ma gli americani hanno dimostrato di avere una buona fantasia e abbastanza senso dello humor. Ora indicano, sui documenti e sul sito ufficiale della ambasciata, non l’indirizzo ma le coordinate:

Respect!


Le notizie della cleptomania

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, alcuni Stati occidentali hanno rinominato le vie in cui si trovano le ambasciate russe. Così, per esempio, alla via dove si trova l’ambasciata russa a Praga è stato attribuito il nome di «Eroi ucraini», alla via analoga di Vilnius è stato attribuito il nome di «Eroi dell’Ucraina», mentre a Riga quello di «Indipendenza dell’Ucraina». In generale, la tradizione di modificare in questo modo gli indirizzi ufficiali delle rappresentanze diplomatiche russe non è nuova. A Washington, per esempio, l’ambasciata russa si trova in piazza Boris Nemtsov: nel 2018 un pezzo della via era stato dedicato al politico di opposizione ucciso nel centro di Mosca nel 2015. Si tratta di un modo «creativo» di esercitare pressione sullo Stato russo, costretto a indicare i nuovi indirizzi provocatori sui propri documenti ufficiali.
Lo Stato russo del XXI secolo ha però elaborato una propria tradizione interessante: rispondere in modo «simmetrico» alle «azioni offensive» degli Stati esteri, come se quelle azioni fossero ogni volta totalmente immotivate. Faccio subito un esempio recentissimo.
Alla fine di maggio il Comune di Mosca ha «deciso» di rispondere alle sanzioni statunitensi (dovute alla guerra in Ucraina) e di copiare finalmente il trucco occidentale del cambio degli indirizzi delle ambasciate. Ha quindi organizzato un sondaggio – tradizionalmente da risultato truccato con i voti obbligatori dei dipendenti comunali – sul nuovo nome da attribuire al pezzo della via dove si trova l’ambasciata USA. Il risultato del sondaggio è stato ufficializzato ieri: dal 22 giugno l’ambasciata statunitense a Mosca si trova in piazza della Repubblica Popolare di Donetsk.
Molto probabilmente non avrei mai scritto di questa ennesima manifestazione del degrado in cui si trovano la diplomazia e la direzione statale russi. Ma mi è sembrato curioso un dettaglio: sui cartelli pubblicitari che annunciano il cambio del nome della piazza è stato utilizzato – ovviamente senza permesso – il font «KTF Jermilov». Quel font era stato elaborato dai designer ucraini Oles Gergun e Yevgeny Anfalov per una campagna di sostegno alla Ucraina…

Non so se l’utilizzo non autorizzato proprio di quel font sia stato intenzionato o accidentale (qualcuno poteva averlo scelto a caso senza conoscerlo), ma in entrambi i casi la situazione diventa ancora più ridicola.


Le forme d’arte

Domenica 15 agosto in centro di Mosca, sul lungofiume di fronte a un nuovo centro culturale (privato), è stato installato una nuova scultura. È alta 12 metri ed è realizzata in alluminio… Mosca è pienissima di sculture, la maggioranza di queste ultime è di una qualità nel migliore dei casi discutibile (soprattutto quando si tratta delle opere create negli ultimi venticinque anni). Ma quella di cinque giorni fa le ha superate tutte.
Provate anche voi a indovinare cosa raffiguri. E non vergognatevi a formulare le vostre ipotesi:

Ora che vi siete esercitati mentalmente – e forse non solo mentalmente – vi svelo il nome ufficiale.
Secondo l’autore della scultura, Urs Fischer, essa rappresenti un blocco di argilla – ingrandito di circa 50 volte – che è stato impastato nelle sue mani. Sicuramente avete pensato la stessa cosa…


La breve storia della parata

Oggi, il 9 maggio 2020, sulla Piazza Rossa non ci sarà la tradizionale – e largamente nota per la sua portata quantitativa – parata militare dedicata alla vittoria nella Seconda guerra mondiale. Non ripeto il racconto sul perché della data: volendo lo potete rileggere in qualsiasi momento. Io, invece, oggi mi concentro sul fenomeno della parata.
La prima parata militare dedicata alla vittoria sulla Germania nazista si svolse sulla Piazza Rossa nel 1945, ma il 24 giugno quando a Mosca arrivarono alcuni ufficiali sovietici per la partecipazione e alcune bandiere naziste da buttare simbolicamente sotto le mura del Cremlino.

Dopo quella occasione, per vent’anni non c’era stata alcuna parata per il Giorno della Vittoria. Iosif Stalin prima e Nikita Chruščëv dopo si ricordavano troppo bene di quanto era costata la vittoria del 1945 e di quanto era stata miracolosa la loro permanenza al potere dopo il ritorno delle truppe sovietiche dal fronte. In particolare, Stalin temeva – non senza ragione – che i militari, organizzati e ormai ben allenati, appena tornati dall’Europa libera potessero decidere far crollare anche il regime casalingo. Per la fortuna di Stalin non era successo, ma la gente comune aveva comunque i ricordi freschi di tutti i disastri della guerra, compresi quelli verificatisi per merito dello Stato proprio. Continuare la lettura di questo post »


Alla ricerca dei vantaggi

La semplice logica mi suggerisce che il periodo un po’ cazzuto che stiamo vivendo in queste settimane potrebbe essere sfruttato anche dal punto di vista economico. Le persone con una giusta preparazione in economia (e, soprattutto, le disponibilità finanziarie adeguate) potrebbero studiare la situazione dei mercati azionari per fare qualche operazione long (e sicuramente stanno già facendo qualcosa anche senza il mio suggerimento). Le persone comuni, invece, potrebbero osservare l’andamento di altri prezzi.
Per esempio, se io avessi il coraggio di pubblicare le mie previsioni sulla fine della pandemia (indovinate quale) e della quarantena, avrei anche potuto consigliarvi di vedere, che ne so, i prezzi degli alberghi in giro per il mondo. Perché mentre i prezzi degli spostamenti nello spazio continuano a scendere – non ora, ma in generale, – l’alloggio continua ancora a essere la componente pesantissima del costo di un viaggio.
Ma proprio in questo periodo i prezzi degli alberghi stanno scendendo sensibilmente un po’ in tutto il mondo. I più ottimisti (o coraggiosi?) potrebbero provare a sfruttare questa situazione. Io ho provato a vedere, per i lettori curiosi, i prezzi degli alberghi in Russia.
Una notte nell’albergo più caro di Mosca – il Ritz-Carlton – costa ora circa 355 euro a notte per una camera doppia. La qualità dell’albergo può essere in parte valutata tramite lo studio del sio ufficiale, mentre la posizione geografica strategica dell’albergo stesso si vede facilmente sulla mappa.

Proviamo ora a vedere i prezzi di San Pietroburgo. In qualità dell’esempio ho scelto uno degli alberghi più costosi e famosi della città: Helvetia. Anche in questo caso i prezzi sono decisamente più bassi dell’analogo periodo dell’anno scorso e, in più, alcune delle stanze sono pure proposte con uno sconto. Per facilitare la valutazione della offerta, anche in questo caso aggiungo il link al sito dell’albergo e l’indicazione alla sua posizione geografica.

Naturalmente, tutti possono vedere i prezzi degli alberghi della propria fascia e destinazione preferiti. Io ho scelto solo due esempi un po’ estremi che potrebbero aiutare a comprendere la situazione generale creatasi.


Aiutare il semaforo

La Guardia Nazionale della Federazione Russa, l’esercito interno istituito nel 2016 e indipendente da qualsiasi Ministero, è stato pensato e creato principalmente con l’obiettivo di contrastare le manifestazioni popolari sgradite. Non precisiamo sgradite a chi. Il post di oggi e dedicato a un episodio curioso concreto.
Domenica scorsa i militari della Guardia Nazionale sono stati visti, in pieno centro di Mosca, ad assistere un semaforo nel suo duro lavoro quotidiano. La mansione più faticosa è, come sapete, far rispettare il segnale rosso.


Mosca HD

A volte anche in Russia l’avvicinarsi delle elezioni produce qualche effetto positivo. Per esempio, in vista delle elezioni locali del 9 settembre 2018 sul sito del sindaco di Mosca Sobyanin è stato pubblicato il panorama della città ad alta risoluzione.

È possibile girarla in tutte le direzioni e ingrandire i punti di vostro interesse (tenendo premuto il tasto destro del mouse e girando la rotella). Per esempio, questo edificio alto giallo-bianco con il tetto grigio e degli alberi in cortile è una scuola che ospitò nelle proprie aule alcuni scolari particolari: tra gli altri, i figli di Iosif Stalin negli anni ’30 e ’40 e l’autore del presente post per tutti gli anni ’90 (ma quando ero un piccolo scolaro, il colore dell’edificio era verde chiaro).

Invece questa è la mia futura residenza (ma c’è un po’ di disordine, quindi non la faccio vedere da vicino).

Volendo potete provare anche voi a «fare un giro» per la città.


Un effetto inatteso

In generale si sostiene che i turisti-tifosi (quelli che vanno all’estero per vedere delle competizioni sportive) siano economicamente poco utili allo Stato ospitante. Infatti, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta delle persone con un basso livello di cultura e di reddito: l’interesse esclusivo verso lo sport ne è la conseguenza abbastanza chiara. I turisti di questo tipo vengono quindi per pochissimi giorni, visitano pochissimi luoghi oltre allo stadio e non fanno degli acquisti particolari.
Possiamo quindi immaginare che anche l’effetto economico del campionato mondiale di calcio debba essere piuttosto limitato per la Russia. Cosa potrebbero fare in Russia i tipici turisti-tifosi? Giusto: andare alla ricerca delle conferme di tutti quegli stereotipi che hanno nelle loro teste: la balalaica suonata a ogni angolo, gli orsi bianche per le strade delle città, la gente barbuta con dei cappelli di pelliccia che beve la vodka dalla mattina alla sera (facendo le pause solo per mangiare del caviale)… Ah, poi c’era anche quel tipo pelato, come cazius si chiamava, quello che ha fatta una rivoluzione? Esatto: Lenin. Andiamo a vedere la sua mummia!
Ed ecco che arriviamo al punto centrale del post di oggi. Una delle più grandi sorprese di questo campionato sono state delle lunghissime file dei tifosi stranieri vogliosi di entrare nel mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa. Sulla foto, a destra, potete notare gli archi della sua parte superiore:

Le file così lunghe delle persone intenzionate di vedere il corpicino maledetto non si osservavano dai tempi dell’URSS. In quei tempi, però, oltre ai comunisti convinti ci andavano – essendo di fatto obbligati – le delegazioni dei Partiti politici stranieri sponsorizzati da Mosca, turisti interni e stranieri (questi ultimi, soprattutto, non potevano prendere le decisioni sulle cose da vedere), i militari, gli scolari in gita (quindi schiavi) etc.

Quel che non dipende dalla epoca storica è la sensazione dell’inganno che resta al visitatore all’uscita dal mausoleo. Infatti, dopo molto tempo passato in attesa si hanno pochi secondi per vedere non particolarmente da vicino questa struttura:

Vabbè, ognuno si diverte come vuole.


Kalashnikov di bronzo

Tanti di voi conoscono il nome di Mikhail Kalashnikov, l’ingegnere al quale viene attribuita l’invenzione del famoso fucile AK-47 (in realtà sulla paternità della invenzione ci sono dei grandi dubbi). Mikhail Kalashnikov morì il 23 dicembre 2013 all’età di 94 anni.

A Izhevsk, la città nella quale viene prodotto l’AK-47, è stato installato il suo busto.

Ma pure un monumento intero.

Mentre in Egitto esiste un monumento dedicato al fucile.

Martedì 19 settembre 2017 a Mosca è stato invece inaugurato un monumento a entrambi.

Il piedistallo di granito è alto 4 metri, mentre la statua di bronzo 5,8. La «qualità» artistica si vede già dalla foto. E, effettivamente, non si poteva aspettare di più dal suo autore Salavat Sherbakov, già noto per diverse altre statue di valore discutibile.

Oltre all’aspetto estetico, il monumento si distingue per lo schema del fucile tedesco STG44 raffigurato sul piedistallo: non si capisce se lo scultore non sappia distinguere i due fucili oppure abbia voluto immortalare il plagio di Kalashnikov…

Ma l’aspetto più curioso sono le parole del ministro della cultura russo Vladimir Medinsky (un personaggio stranissimo) che nel corso della inaugurazione del monumento ha definito l’AK-47 «uno dei più grandi brand culturali della Russia». Probabilmente vi sembrerà strano, ma io avrei preferito che la Russia avesse qualche altro brand culturale al posto di un «kalashnikov». Quindi aggiungo l’ultima opera del grande caricaturista russo Sergey Elkin:

Preciso, infine, che la produzione dell’AK-47 non apporta alcun vantaggio alla economia russa. Pur essendo una delle armi più usate al mondo dagli ’50 in poi, esso non viene esportato nel mondo dalla Russia. Viene invece prodotto, su licenza e non, in più di 20 Stati del mondo.