Quando stavo appena iniziando a studiare l’italiano, alcuni insegnanti mi avevano detto, tra le altre cose, che le persone più sgrammaticate si riconoscono anche dall’uso improprio della lettera H.
Nel corso degli anni, poi, ho dovuto scoprire da solo che lo stesso si potrebbe dire anche della lettera D. Vedere un errore del genere in una sede universitaria è particolarmente curioso:
P.S.: per la tranquillità degli altri (che in questo periodo scarseggia sempre più), portate pure la mascherina nei luoghi pubblici.
L’archivio del tag «lingua italiana»
Solo poche settimane fa – e dopo anni di attenzione non prestata – mi sono accorto che in pieno centro di Milano alcune targhe con il nome di questa via riportano un errore grammaticale da prima media:
La sostituzione di queste targhe non sarà l’intervento più urgente, ma nemmeno il più costoso. E i ragazzini che ogni giorno affollano il corso Vittorio Emanuele II avranno un cattivo esempio in meno.
Quindi conviene sostituirli con quelli corretti.
È curioso osservare che lingue umane possono essere divise in tre grossi gruppi anche sulla base del modo di trattare il giorno della nascita della persona.
In alcune lingue si usa una parola del tutto neutra e generica: anniversario (per esempio, così si fa in francese e in portoghese). Secondo me non è una parola tanto bella perché un anniversario può essere di qualsiasi evento, non solo della nascita di un umano.
In alcune altre lingue, invece, si usa una parola estremamente precisa: compleanno (per esempio, così si fa in italiano e in spagnolo). Tale parola si applica alle persone (vabbè, anche agli animali amati), ma indica comunque un evento di cadenza annuale: solo le persone nate il 29 febbraio potrebbero pretendere di non compiere gli anni ogni dodici mesi.
E poi ci sono le lingue dove si usa una espressione (può essere anche una parola unica) meno ristrettiva: il giorno della nascita (per esempio, così succede in inglese, in russo e, in un certo senso, in tedesco). Tale espressione è meglio dell’anniversario (perché si applica solo alle creature animate) e del compleanno (perché può essere usata dodici volte all’anno e non solo una).
Mentre i portatori del terzo gruppo delle lingue vivono tranquilli, quelli dei primi due sono costretti a inventare delle parole aggiuntive per delle situazioni specifiche. Per esempio: quale parola andrebbe usata in italiano per il compimento di x mesi? Non lo sa dire con certezza nemmeno l’Accademia della Crusca (forse l’autorità massima nello studio della lingua italiana). Nell’indecisione, la Crusca si limita, in pratica, a osservare su Google la quantità degli utilizzi delle varie varianti della parola inventata dalla gente.
Non penso che si possa sostituire – almeno nel corso della vita di poche generazioni – la parola compleanno con l’espressione il giorno della nascita (allo stato attuale, è tanto inusuale da suonare quasi male). Ma tutti possono contribuire già ora, tramite l’utilizzo attivo, alla affermazione della parola complemese sui dizionari della lingua italiana. Prima o poi quella parola servirà più o meno a tutti.
P.S.: penso che abbiate capito: la parola complemese mi sembra meglio dei vari compimese, complimese e mesiversario.
Per la mia grandissima fortuna, uno dei miei primi insegnanti della lingua italiana fu un signore da conoscenze incredibilmente ampie (almeno secondo i miei standard di quei tempi ormai non vicinissimi). Seppe dunque rispondere anche alle domande meno ovvie, a quelle domande che un portatore nativo della lingua – abituato agli assiomi dell’italiano – non si sarebbe mai posto.
Come potete facilmente notare, non sono stato uno studente particolarmente diligente. In generale, non sono proprio portato per le lingue. Però mi ricordo facilmente alcuni dettagli che mi sembrano delle curiosità simpatiche e facilmente spendibili nelle conversazioni… diciamo, per esempio,… con altre persone.
Così, per esempio, mi ricordo che le particelle «de» e «di» dei cognomi devono essere scritte con la d minuscola: sono delle parole che indicano l’appartenenza a una famiglia nobile.
La curiosità ancora più grande consiste nel fatto che molti italiani ormai non lo sanno o non lo ricordano. Nemmeno quando sono loro stessi a portare uno di quei cognomi.
Sbagliare a scrivere il proprio nome: cosa ci può essere di più ridicolo?
Devo constatare che pure tra i membri del Lions Club sono presenti delle persone sgrammaticate. In base alle mie esperienze passate non lo avrei mai detto.
Devo constatare che il livello di istruzione medio sta crescendo anche in Italia. E vi racconto subito perché lo penso.
Per tanti anni, praticamente dal giorno del mio primo arrivo in Italia, ho vissuto nella convinzione che immobiliaristi italiani non conoscano la propria lingua. La mia convinzione era fondata su numerosissime prove materiali trovate nei luoghi pubblici di tutte le città italiane che mi è capitato di vedere.
Per farvi capire di cosa sto parlando, vi mostro appena due dei numerosissimi esempi milanesi. Entrambi sono esposti in pieno centro, sotto gli occhi di una quantità immisurabile di persone. Il primo esempio è stato esporto in via Dante.
Non mi ricordo più con precisione l’indirizzo del secondo esempio.
Non sto scrivendo il presente testo per farmi delle domande retoriche sulla ignoranza dei produttori o sul coraggio dei proprietari di questi cartelli. Lo sto scrivendo per condividere con voi la mia testimonianza di un miracolo visto alla fine di agosto in un sottopassaggio in zona San Babila. E’ incredibile, ero rimasto immobile per qualche minuto ad osservarlo:
C’è ancora speranza per un mondo migliore!
P.S.: secondo voi, i proprietari dei cartelli lavorano come scrivono o scrivono come lavorano?
P.S.: perché questo articolo è stato scritto da un russo?