Come avrete già letto o sentito, per il 16 giugno è programmato il primo incontro offline tra Joe Biden e Vladimir Putin (alla villa La Grange di Ginevra). Per l’occasione, il Time è uscito con una nuova copertina interessante. Non ne ho — almeno per ora — l’assoluta certezza, ma mi sembra che il gioco grafico riprenda, in qualche modo — la risposta affermativa data alla domanda su «Putin killer»:
Nel frattempo, ricordo a tutti (e soprattutto a me stesso) che il sito del Time ha una sezione relativamente comoda per la consultazione di tutte le copertine. Ma io avrei aggiunto anche, per esempio, la possibilità di visualizzare, in pochi clic, tutte le copertine che raffigurano ogni determinato personaggio.
L’archivio del tag «joe biden»
Commentando il piano degli investimenti proposti da Joe Biden per l’economia statunitense, The Associated Press paragona i risultati promessi a quelli dei programmi del New Deal o della Great Society.
Da un lato, potremmo essere contenti per gli americani: alcuni usi economici/finanziari e infrastrutture che caratterizzano la vita quotidiana statunitense potrebbero sembrare obsoleti pure agli europei.
Dall’altro lato, gli stessi europei potrebbero (ri)cominciare a invidiare gli americani già adesso. Per esempio: gli USA sono l’unico Stato a me noto dove alle poste è possibile pagare – da anni ormai – con una carta bancaria. Se almeno una parte della spesa voluta da Biden per promuovere il progresso dovesse essere approvata, la situazione relativa dell’Europa dovrebbe spingere quest’ultima nella direzione preoccupante di uscita dal «primo mondo».
Detto questo, torno a ribadire che mi sembra molto più utile, dal punto di vista strategico, mettere il privato nelle condizioni di investire direttamente nelle opere (più o meno grandi) che egli ritiene più utili. Quindi non mi immagino nel ruolo di un elettore dei Democratici (almeno in assenza di Trump sulla scena politica, ahahaha).
Non posso dire che Joe Biden mi sia diventato meno antipatico di prima, ma non posso non riconoscere che la capacità di dare delle risposte precise e sintetiche alle domande concrete è molto rara di questi tempi (e quasi assente tra i politici).
EXCLUSIVE: Pres. Biden told @GStephanopoulos that he agreed Russian President Vladimir Putin is a "killer" and will "pay a price" for interfering in U.S. elections. https://t.co/rIe2ms8sSv pic.twitter.com/VtAGCvF9hp
— Good Morning America (@GMA) March 17, 2021
[il video dura poco più di un minuto, l’audio è fondamentale]
Aggiungo solo che condivido pienamente quella risposta affermativa.
Più o meno tutti hanno letto dei 17 provvedimenti firmati da Joe Biden durante la sua prima giornata lavorativa piena da Presidente…
Non tutti però sanno che appena entrato nel suo ufficio della Casa Bianca, il nuovo presidente ha trovato nel cassetto della scrivania una tradizionale lettera lasciatagli dal suo predecessore. Sì, Donald Trump ha rispettato almeno questa tradizione. Joe Biden non ha (ancora) svelato il contenuto del messaggio, ma qualcuno sostiene che la lettera sia brevissima: Continuare la lettura di questo post »
L’ecologia mediatica sta per migliorare: da ieri Donald Trump non è più il presidente degli Stati Uniti e – si spera – dovremo leggere di meno almeno delle sue avventure. Ma non dobbiamo illuderci troppo: rimarrà comunque un politico statunitense rilevante (rimane il fatto che lo ha votato quasi la metà degli aventi diritto) e rumoroso (come lo è stato negli ultimi quattro anni). Il secondo tentativo di impeachment può anche raggiungere il risultato sperato dai democratici, ma Trump non toglierà certo il diritto di parola a se stesso.
Allo stesso tempo dobbiamo riconoscere un altro dato di fatto: indipendentemente dal nostro grado di simpatia nei confronti del nuovo presidente americano (sì, stranamente riesce a essere simpatico ad alcuni), Joe Biden è una figura transitoria. O, se preferite, è il primo presidente della epoca del bipartitismo 2.0. Biden è il rappresentante del partito del vecchio establishment americano (i tradizionali democratici + i tradizionali repubblicani) che almeno questa volta ha vinto contro il partito dei «teppisti» (il più noto dei quali è l’ex presidente Trump). Il primo partito è unito nel difendere i valori e le regole condivise e formate nei secoli. Il secondo partito è di creazione recentissima. La cerchia dei suoi sostenitori è diventata visibile – ma non è stata importata in un attimo dai marziani! – negli ultimi quattro anni, anche se aveva aspettato il proprio candidato tipico per anni e lo ha visto comparire sulla scena politica solo in occasione delle elezioni del 2016.
Nei prossimi quattro anni, poi, potrà formarsi il vasto fronte dei sostenitori di un altro partito: quello dei cittadini dell’internet. Il partito delle persone abituate a vivere nel cosiddetto «tempo reale». Il partito delle persone che non possono capire perché debbano necessariamente essere governati dai vecchietti che hanno sviluppato le proprie idee politiche all’epoca dei dinosauri (e hanno iniziato la propria scalata verso il potere più o meno nello stesso periodo). I nuovi leader competenti (almeno apparentemente) nelle sfide di oggi si trovano e/o si creano ora con il voto tramite i tap o i click.
Donald Trump non è fa più il presidente. Ma noi ci divertiremo ancora a osservare.
Il Twitter informa che gli account presidenziali ufficiali saranno «consegnati» al nuovo presidente Biden con follower azzerati. Non so se tutti se ne accorgono, ma si tratta di una scelta potenzialmente pro-repubblicana. Infatti, né Joe Biden né la sua squadra (o, almeno, la sua parte già annunciata) sembrano delle persone particolarmente adatte per (ri)acquistare la popolarità in Internet. Non per le loro qualità politiche, ma, purtroppo, a causa dei fattori di età e formazione.
Allo stesso tempo, la velocità di crescita della quantità dei lettori (anche quando si parte dallo zero) è un bel indice di popolarità di un qualsiasi politico. Quindi le persone particolarmente interessate alla politica statunitense possono iniziare — a gennaio — a osservare il facilmente reperibile numero dei follower.
P.S.: Barack Obama, nel 2016, aveva esplicitamente chiesto di far mantenere i vecchi follower al suo successore. Donald Trump preferisce usare il twitter personale e, forse, anche per questo non è particolarmente interessato alla questione.
Ora, dopo il voto dei grandi elettori, Joe Biden è un Presidente eletto anche dal punto di vista formale: non è una grossa sorpresa.
La vera e deludente sorpresa è l’atteggiamento di Donald Trump e del suo team nelle settimane seguite alla votazione popolare. Infatti, ci avevano promesso una battaglia legale seria contro tutti i «brogli elettorali» (nella terminologia trumpista l’espressione indica il risultato favorevole a Biden), ma alla fine ci hanno privati di questo grande divertimento. Uno spettacolo divertente nel senso migliore, quindi uno spettacolo interessante da seguire. Uno spettacolo sostituito da una stranissima buffonata di ricorsi giuridicamente mal preparati, «testimoni» ubriachi e avvocati-ex-sindaci avventurati in dichiarazioni discutibili.
Non volevo che Trump si attaccasse al potere con tutti i mezzi disponibili. Volevo che il 2020 fosse rimasto nei libri di storia mondiale con più di un argomento. E invece no: si vede che è proprio impossibile.
P.S.: dal punto di vista socio-politico, comunque, l’operato distruttivo di Trump è stato neutralizzato abbastanza facilmente dal Sistema. Certo, questa esperienza comporterà la formalizzazione di alcuni principi politici (o, se preferite, democratici) americani che prima si riteneva sufficiente applicare semplicemente per tradizione, ma, complessivamente, si può dire che poteva andare molto peggio.
Cosa è comparso prima: l’uovo o la gallina?
Cosa si forma prima: l’opinione pubblica o il giudizio dei mass media importanti?
La reazione alle elezioni presidenziali statunitensi di quest’anno possono essere commentate anche con almeno una di queste due domande. Infatti, in questi giorni possiamo vedere che Donald Trump ha rotto i coglioni stufato talmente tanto alla gente in giro per il mondo che tutti si sono messi a festeggiare la vittoria di Joe Biden ancor prima che quest’ultimo venisse eletto.
Non voglio apparire uno che ci spera ancora: Trump mi è più antipatico di Biden. Però ricordo che dobbiamo essere onesti: prendere la maggioranza dei voti popolari tecnicamente non significa vincere le elezioni presidenziali americane. Non lo è neanche essere proclamato vincitore dai mass media. Nemmeno quando è stata teoricamente «raccolta» la maggioranza dei grandi elettori. Per esempio, perché i grandi elettori che votano per un candidato diverso da quello per il quale hanno ricevuto il mandato di votare (quindi i cosiddetti faithless electors) capitano a quasi tutte le elezioni. Solitamente questi «elettori infedeli» sono pochi e non influiscono quindi sul risultato finale, ma capitano.
Non so se e quanti faithless electors si manifesteranno questa volta. Ma se Donald Trump avesse raccolto la maggioranza dei voti popolari, proprio grazie a quei «infedeli» avremmo avuto l’occasione di vedere la sua reale popolarità all’interno del partito. Invece ora non saprei; bisogna osservare bene.
Comunque, per prendere meno voti di un candidato anziano (in tutti i sensi) e noioso che di fatto non ha condotto una campagna elettorale bisognava impegnarsi veramente tanto.
Qualcuno non sa ancora che negli USA è iniziato il giorno ufficiale delle elezioni presidenziali? Chi non lo sa non usa l’internet, quindi andiamo avanti.
Qualcuno ritiene scontata – in base ai dati sulle probabilità pubblicati negli ultimi mesi – la vittoria di Joe «sleepy» Biden? Chi lo pensa, probabilmente non si ricorda che la volta scorsa la probabilità di vittoria di Hillary Clinton era attorno al 70%. Pure io ritenevo ovvia la sua vittoria, ma ora non voglio più ripetere l’errore ahahaha
Qualcuno ritiene che le elezioni di oggi siano solo un fatto interno americano? Farebbe bene a ricordarsi che gli USA sono – indipendentemente da quanto possa piacere questo fatto – la principale potenza mondiale (in tutti i sensi). Quindi conviene essere informati su quale dei due vecchietti (così diversi tra loro) avrà la carica presidenziale e il controllo del Congresso.
Qualcuno sente comunque la necessità di commentare queste elezioni prima della pubblicazione dei risultati definitivi? Io, a questo punto, dovrei ricordare che in alcuni Stati la pubblicazione dei risultati ufficiale avverrà non prima del 28 novembre. E, la cosa più importante, in ogni Stato il nome del vincitore potrebbe cambiare anche più volte nel corso dei prossimi giorni o settimane. Infatti, i cittadini statunitensi possono scegliere tra quattro modi di votare – anticipatamente, via posta, il giorno ufficiale delle elezioni e il cosiddetto voto preventivo (messo da parte e conteggiato solo se lo stesso cittadino non ha poi votato in alcun altro modo) – e in ciascun Stato c’è il proprio ordine per lo scrutinio dei diversi tipi di voto. A questo punto dobbiamo ricordare che gli elettori di Biden vengono ritenuti più portati al voto via posta, mentre quelli di Trump più portati al voto «in presenza» il 3 novembre. Di conseguenza, ognuno dei due schieramenti potrebbe avere una iniziale illusione di vincere largamente e poi vedere ridursi il vantaggio (o, addirittura, scoprire di avere perso).
Secondo me sarà interessantissimo osservare la reazione popolare a questa «altalena» dei voti conteggiati. Soprattutto se consideriamo che tale reazione sarà quasi sicuramente incoraggiata dai candidati principali. Anzi, uno dei due mi sembra molto più propenso a spacciare i risultati intermedi a lui favorevoli per quelli «reali ma rubati».
Saranno le elezioni molto interessanti. E i commercianti americani, logicamente, preferiscono osservarle dai loro negozi blindati per l’occasione.
Ah, per questa volta io non ho un candidato preferito.
Succede ancora qualcosa di positivo in questo mondo. Oggi, per esempio, posso constatare ben due cose.
In primo luogo, capitano ancora delle notizie fuori da quell’argomento di cui ormai ci parlano anche i microonde.
In secondo luogo, capitano ancora delle notizie positive. Ieri, per esempio, abbiamo scoperto che «Crazy Bernie» Sanders ha rinunciato ai tentativi ulteriori di diventare un candidato ufficiale alla presidenza statunitense. Essendo fortemente allergico ai socialisti, sono infinitamente contento per questa sua scelta saggia (ehm, che strano conflitto interiore!). Sono contento pure per avere finalmente azzeccato una previsione. Allo stesso tempo, però, sono un po’ sorpreso.
Sono sorpreso perché tra i candidati democratici principali Sanders mi sembrava quello meno incapace di relazionarsi con l’internet. Mi aspettavo dunque che avrebbe tentato di sfruttare questa sua caratteristica per continuare la campagna elettorale nelle condizioni della quarantena e delle sue conseguenze sociali inevitabili.
«Sleepy Joe» Biden ha, apparentemente, un computer vecchio, una webcam da due dollari, una connessione a internet quasi «da modem» e una scarsa confidenza con l’internet (quindi anche peggio che con il pubblico vivo), ma tanta fortuna politica.
Che noia però.