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I rischi dell’Armageddon

Joe Biden sostiene di conoscere bene Putin e temere, per questo presunto motivo, l’Armageddon nucleare.
Noi, i semplici osservatori estranei – anche se con un grado di coinvolgimento emotivo molto vario –, non possiamo dire conoscere bene Putin, ma possiamo dire di comprendere pienamente la sua totale irrazionalità (egli l’ha dimostrata chiaramente già con l’inizio della guerra in Ucraina). Certo, sulla base della propria visione del mondo Putin potrebbe essere convintissimo di essere la persona più razionale del pianeta, ma noi non siamo obbligati a essere d’accordo con una mente perversa. Quello che conta è: l’uso del nucleare a scopi bellici da parte di Putin ci deve sembrare probabile non perché conosciamo bene il personaggio, ma perché possiamo facilmente presumere che nella sua mente malata quel passo estremo potrebbe apparire come la soluzione di tutti i suoi problemi.
Fissato in mente il semplice principio di cui sopra, passiamo subito al secondo principio: il già menzionato Armageddon non potrà necessariamente causato dalla/e bomba atomica. Per la nostra enorme fortuna (o sfortuna?) nessuno sa con certezza in quali condizioni tecniche si trovano le bombe atomiche russe e tutta l’infrastruttura connessa. Potrebbe non saperlo Putin, al quale – come abbiamo visto – non arrivano le informazioni veritiere su qualsiasi aspetto della vita nel mondo. Potrebbero non saperlo i militari russi, i quali fanno (se tutto va bene) solo la manutenzione prevista dalla documentazione, ma non le prove di funzionamento (provate a immaginarle!). Potrebbero non saperlo i servizi segreti americani (ovviamente, fino al momento adatto non ci diranno alcunché di reale sull’argomento). L’unico aspetto sicuramente noto ai militari russi è la regolarità della manutenzione dell’arsenale. Proprio a questo aspetto devono essere legate le nostre timide speranze: dato che nell’esercito russo si ruba e si vende più o meno tutto (i fondi per la manutenzione dei mezzi blindati, il cibo e l’uniforme dei militari etc. etc.), al costoso arsenale nucleare russo poteva toccare la stessa sorte: già anni o decenni fa.
«In compenso», dobbiamo ricordare che l’esercito russo controlla ancora la centrale nucleare di Zaporižžja. Alla quale, per esempio, potrebbe succedere, in qualsiasi momento, un incidente più o meno grave del quale si potrà incolpare – secondo la logica putiniana! – gli ucraini (un «sabotaggio del personale», una «bomba lanciata dall’esercito ucraino», un «intervento dei partigiani-fascisti-ucraini» etc.).
Di conseguenza, i timori di Biden e di tutti gli altri sono abbastanza fondati in ogni caso.


Le rivelazioni di Biden

Joe Biden ha deciso di comunicare al mondo che  il mese di agosto è già finito  la pandemia del Covid-19 è già finita.
Grazie, Captain O., non ce ne eravamo proprio accorti…

Ma, in realtà, dovremmo essere contenti che almeno uno dei Capi di Stato – ma allo stesso tempo uno dei più importanti – abbia iniziato a riconoscere la fine del Covid. Io, per esempio, temevo che l’ammissibilità della comodissima possibilità di imporre alla gente dei divieti più assurdi con un pretesto «nobile» si fosse ormai radicata nelle teste dei dirigenti statali contemporanei. E invece no. O, almeno non in tutte le teste.


Con i pugni

C’è chi dice che Biden si sarebbe allenato per più giorni nel nuovo saluto per non stringere la mano al principe della Arabia Saudita (ritenuto responsabile della uccisione di Jamal Kashoggi). Ma io non vedo una particolare differenza dal punto di vista simbolico…

Eppure, un saluto alternativo va inventato: potrebbe essere utile in diverse occasioni.


Come cambiano i termini

Sicuramente vi ricordate che due settimane e mezzo fa Joe Biden aveva esplicitamente definito Vladimir Putin come un criminale di guerra. Molto probabilmente vi ricordate anche che tale definizione è stata criticata da molti per essere poco diplomatica…
Io, invece, già in quei giorni avevo seriamente dubitato della opportunità di essere diplomatici in determinate situazioni. Perché mi ricordo a cosa avevano portato i tentativi essere diplomatici — nei confronti di un pazzo dell’epoca — a cavallo tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. A molti vengono in mente i parallelismi con gli eventi di quegli anni, ma non a tutti viene in mente che all’inizio — quando venne perso molto tempo — ad avere ragione fu il politico con il linguaggio meno diplomatico: Winston Churchill. Ma il mondo cambia, quasi un secolo più tardi tutto succede più velocemente: probabilmente anche a causa di una migliore diffusione della informazione.
Più velocemente arriva anche la comprensione di chi sia il politico con il quale bisogna coesistere.
Il prossimo passaggio: comprendere che non bisogna tentare di coesistere con certi personaggi.
Le persone più sensibili interrompano ora la lettura di questo post.
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Le conquiste di Putin

Nel corso di queste [prime] tre settimane di guerra Vladimir Putin ha «raggiunto» alcuni risultati quasi sorprendenti. Ora non intendo alla catastrofe umanitaria, mi riferisco ad altro. Per esempio, ha portato al massimo il livello dell’unità nazionale ucraina, ha dato l’avvio alla fine della Russia che conoscevamo fino al 23 febbraio, ha ridotto al minimo la quantità degli scenari possibili della propria uscita dalla politica, ha indotto tantissimi ucraini e russi (e non solo, presumo) ad augurare apertamente la morte a una persona concreta… Tra i risultati meno traumatici c’è anche la trasformazione di Joe Biden – in un anno esatto – in un politico capace di dare le risposte concrete, intenzionalmente non diplomatiche: «Oh I think he is a war criminal».
In ogni caso, spero che non tenti nemmeno a raggiungere altri risultati di qualsiasi genere.


L’incontro tra Biden e Putin

Sull’incontro tra Putin e Biden di ieri – tenutosi nel formato di una video call – le cose da sapere e capire sono in realtà poche e abbastanza banali. Le segreterie dei due presidenti ci hanno già fornito l’elenco degli argomenti dei quali si era parlato: come abbiamo visto, non c’è stata alcuna sorpresa o alcuna affermazione che non avremmo potuto sentire o immaginare anche qualora quell’incontro non avesse mai avuto luogo.
Prima di tutto bisogna capire che l’incontro era voluto prevalentemente da Putin: aveva bisogno di essere riconosciuto ancora una volta un politico di importanza mondiale, di importanza almeno non inferiore a quella di Xi Jinping (con il quale Biden ha recentemente parlato sempre via video). Consideratela pure una forma di gelosia. Ma non tutti si rendono conto che, di conseguenza, è il presidente americano a riconoscere o meno l’importanza di ogni politico.
In secondo luogo, Putin spera – ed è una speranza pubblicamente dichiarata – di ottenere una garanzia ufficiale scritta della non-estensione della NATO verso i confini della Russia. Non so bene come possa essere formulata giuridicamente e spiegata logicamente (da parte della NATO) una garanzia del genere. Non so nemmeno (e forse è una mancanza di conoscenza ancora più profonda) perché Putin sia così ossessionato dalla posizione geografica delle truppe della NATO: anche qualora si decidesse, per qualche stranissimo motivo, di attaccare uno Stato dotato delle bombe atomiche, una alleanza geograficamente estesa e tecnologicamente moderna avrebbe trovato il modo di organizzarsi senza preoccuparsi di qualche centinaio di chilometri in più o in meno… So solo che vuole vivere, a livello internazionale, in un mondo antico, simile a quello creato dagli accordi di Yalta, un mondo diviso nelle aree di influenza. Quindi è costretto a collocare le truppe al confine per allarmare la controparte e costringerla a un dialogo diretto. Costringerla per essere riconosciuto un politico di livello mondiale.
Insomma, l’incontro tra Biden e Putin è stata una cosa inutile, senza senso, al fine di sé stessa. Di conseguenza, è inutile dedicarle troppe parole.


Un problema inesistente

Non per fare delle battute in «stile Trump» sulle condizioni di salute e sulla preparazione di Joe Biden, ma devo ammettere che questa recente dichiarazione mi preoccupa un po’:

When I was with Mr. Putin, who has a real problem – he is – he’s sitting on top of an economy that has nuclear weapons and oil wells and nothing else. Nothing else. Their economy is – what? – the eighth smallest in the world now – largest in the world? He knows – he knows he’s in real trouble, which makes him even more dangerous, in my view.

La dichiarazione appena citata, infatti, testimonia una certa incomprensione della mentalità di Putin. Perché in base a quello che vedo da oltre vent’anni, si possono evidenziare almeno tre punti caratterizzanti le «preoccupazioni» del presidente russo:
1) è totalmente disinteressato alla politica interna (compresa quella economica) ed è poco informato su di essa;
2) ragiona per induzione: secondo egli, se un sistema funzionava ieri e funziona oggi, funzionerà anche domani. Quindi i sistemi funzionanti non si toccano finché non crolla il mondo;
3) il suo unico grande interesse è la politica estera, nella quale servono le armi di ogni genere. L’arma delle risorse naturali, in particolare, serve per comprare o ricattare gli stati esteri; le armi nucleari, invece, danno una certa sensazione di impunità militare.
Di conseguenza, potete facilmente intuire anche voi che la situazione descritta da Biden non è assolutamente vista da Putin come un problema. Resta da capire perché si sia espresso proprio in quel modo…


Come valutare l’incontro

Le persone che decidano di leggere qualcosa sull’incontro di ieri tra Joe Biden e Vladimir Putin (o che abbiano già letto qualcosa), devono avere in mente un preciso punto di partenza. I due politici avevano degli obbiettivi molto diversi per questo incontro.
Joe Biden voleva – e in un certo senso doveva – esprimere di persona le principali pretese americane (o meglio dire occidentali?) nei confronti della Russia contemporanea. Quindi doveva tentare una conversazione che avrebbe potuto influire sulle relazioni tra i due Stati, sebbene non sia solo il suo compito, che possono essere più nemici o più partner nella politica internazionale.
Vladimir Putin aveva un compito molto più banale: tentare di difendersi – con delle dichiarazioni più o meno scandalistiche – dalle pretese (per non dire accuse) di Joe Biden (per non dire «dell’Occidente»). E, magari, far vedere al mondo e ai sudditi di essere un politico che è ancora accettato agli incontri internazionali seri.
Questi sono i concetti principali che possono aiutarvi a valutare l’incontro con una mente non condizionata dalle dichiarazioni più o meno forti.


Il killer politico?

Come avrete già letto o sentito, per il 16 giugno è programmato il primo incontro offline tra Joe Biden e Vladimir Putin (alla villa La Grange di Ginevra). Per l’occasione, il Time è uscito con una nuova copertina interessante. Non ne ho — almeno per ora — l’assoluta certezza, ma mi sembra che il gioco grafico riprenda, in qualche modo — la risposta affermativa data alla domanda su «Putin killer»:

Nel frattempo, ricordo a tutti (e soprattutto a me stesso) che il sito del Time ha  una sezione relativamente comoda per la consultazione di tutte le copertine. Ma io avrei aggiunto anche, per esempio, la possibilità di visualizzare, in pochi clic, tutte le copertine che raffigurano ogni determinato personaggio.


Paragoni leggermente esagerati

Commentando il piano degli investimenti proposti da Joe Biden per l’economia statunitense, The Associated Press paragona i risultati promessi a quelli dei programmi del New Deal o della Great Society.
Da un lato, potremmo essere contenti per gli americani: alcuni usi economici/finanziari e infrastrutture che caratterizzano la vita quotidiana statunitense potrebbero sembrare obsoleti pure agli europei.
Dall’altro lato, gli stessi europei potrebbero (ri)cominciare a invidiare gli americani già adesso. Per esempio: gli USA sono l’unico Stato a me noto dove alle poste è possibile pagare – da anni ormai – con una carta bancaria. Se almeno una parte della spesa voluta da Biden per promuovere il progresso dovesse essere approvata, la situazione relativa dell’Europa dovrebbe spingere quest’ultima nella direzione preoccupante di uscita dal «primo mondo».
Detto questo, torno a ribadire che mi sembra molto più utile, dal punto di vista strategico, mettere il privato nelle condizioni di investire direttamente nelle opere (più o meno grandi) che egli ritiene più utili. Quindi non mi immagino nel ruolo di un elettore dei Democratici (almeno in assenza di Trump sulla scena politica, ahahaha).