Per fortuna, non tutto dipende dalle tendenze politiche del momento.
Il Dipartimento di Giustizia degli USA comunica che in Italia è stato arretato, su richiesta degli USA, Artem Uss, il figlio del governatore della regione russa di Krasnojarsk Aleksandr Uss. Un altro personaggio coinvolto nel «caso Uss», Yury Orekhov, è stato arrestato in Germania. Le autorità statunitensi chiederanno l’estradizione di entrambi negli USA. Secondo l’accusa, Uss e Orekhov avrebbero acquistato – attraverso una società di comodo tedesca da loro creata, la Nord-Deutsche Industrieanlagenbau GmbH (NDA GmbH) – delle tecnologie statunitensi utilizzate nella produzione degli armamenti. Le tecnologie in questione sarebbero poi state vendute alla Russia, anche a una azienda colpita dalle sanzioni occidentali. Alcune delle tecnologie ottenute attraverso tale schema sono state trovate negli armamenti russi abbandonati sul campo di battaglia in Ucraina.
Purtroppo, l’estradizione dei due accusati potrebbe invece diventare una questione politica, il cui esito mostrerà il vero rapporto di due Governi europei con la guerra in corso. Presterei un po’ di attenzione a questo test pratico.
Nel frattempo, devo constatare che al momento della scrittura del presente post i media italiani stavano ignorando quasi totalmente l’argomento. E coloro che ne hanno scritto non hanno azzeccato la foto di Artem Uss, che in realtà sarebbe questa:
So che pure in Italia alcune persone sostengono la tesi in base alla quale le guerre si finiscono con la negazione del sostegno alla vittima della aggressione. Io, per ora, ho abbastanza salute mentale per sostenere l’esatto contrario, quindi spero che Uss e Orekhov – come pure altri personaggi del genere – abbiano presto l’occasione di visitare gli USA.
L’archivio del tag «guerra»
Considerando quanti miliardi di dollari sono stati spesi solo negli ultimi vent’anni dallo Stato russo per l’esercito e quanti dei mezzi – nel senso largo del termine – acquistati con quei soldi sono già stati utilizzati nella guerra in Ucraina, non possiamo non sorprenderci della povertà dell’esercito russo. Infatti, anche da uno studio superficiale delle foto in arrivo dalle zone della guerra possiamo scoprire delle cose assurde. Per esempio, possiamo vedere delle reti riempite di pietre e appese ai lati dei carri armati nella speranza di salvare in tal modo il mezzo dai Javelin:
Oppure delle griglie artigianali con dei sacchi di sabbia messi sopra: Continuare la lettura di questo post »
Il breve video di oggi illustra uno dei metodi con i quali procede la tristemente nota mobilitazione in Russia: la polizia ferma gli uomini giovani davanti alle entrate della metropolitana di Mosca. A differenza di quanto succede negli alberghi, si agisce ancora senza l’uso della forza fisica.
Prima o poi riuscirò a trovare o produrre un video con tutti i metodi adottati…
A partire da oggi in Bielorussia è stato introdotto il cosiddetto «regime di operazioni antiterrorismo»: secondo il Ministero degli Esteri bielorusso tale misura è necessaria a causa delle «provocazioni» pianificate da «alcuni Stati vicini». Le presunte provocazioni, secondo il ministro (il quale, ovviamente, sta solo trasmettendo le idee del proprio capo), «comporterebbero l’occupazione di alcune parti del territorio bielorusso».
Dopo avere letto la notizia, ho provato a ricordarmi chi ci sia – di così terrificante e aggressivo – lungo i confini bielorussi. Per quanto mi sforzassi, non sono proprio riuscito a ricordarmi alcun candidato realistico… E voi avreste qualche idea in merito?
Io, per esempio, mi sono ricordato solo delle esercitazioni militari congiunte russo-bielorusse «Union resolve – 2022» che si erano tenute dal 10 al 20 febbraio di quest’anno. Tali esercitazioni si erano svolte sul territorio bielorusso. Uno dei dettagli più interessanti di quelle esercitazioni consiste nel fatto che le truppe russe non sono mai rientrate alla base. Non sono tornate non perché i bielorussi le abbiano usate come «materiale di studio pratico». Semplicemente, una parte di esse è andata in territorio ucraino, mentre l’altra parte è rimasta in territorio bielorusso per qualche motivo sconosciuto. È così che quelli che sono rimasti in qualche modo sembrano, più di tutti gli altri candidati, dei potenziali terroristi-provocatori.
Attendo quindi, con un interesse enorme, l’inizio della fase attiva della operazione antiterroristica bielorussa, ahahahaha
Come avrete già letto ieri, alla riunione dell’Assemblea generale dell’ONU, 143 Stati hanno condannato la recente annessione russa di quattro territori ucraini, 5 Stati hanno votato contro la risoluzione e 35 Stati si sono astenuti:
Non mi sorprende che i voti contrari siano quelli della Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Nicaragua e Siria.
Non mi sorprende nemmeno che tra gli astenuti ci siano la Cina e l’India (si sa che sono critici nei confronti della politica putiniana, ma allo stesso tempo cercano di sfruttare la situazione) o alcuni Stati africani (i vertici dei quali sono stati «convinti» dal ministro degli Esteri russo nei mesi scorsi).
L’unico «grande tradimento» che vedo è quello di Nauru: uno dei pochissimi staterelli che ai tempi avevano riconosciuto l’annessione della Crimea e, prima ancora, la «liberazione» della Ossezia del Sud. E suppongo che l’unica preoccupazione di Putin sia quella, e non il fatto di trovarsi – in base alla distribuzione dei voti vista sulla immagine sovrastante – in una compagnia molto dubbia.
In diverse fonti ho letto che solo i bombardamenti della mattina del 10 ottobre sarebbero costati alla Russia – in termini del materiale bellico utilizzato – più di 400 milioni di dollari (pure i missili sovietici prodotti decenni fa vanno rimpiazzati con quelli di nuova produzione, quindi il prezzo di un missile degli anni ’70 può essere considerato quello con il quale viene acquistato il missile nuovo). Ma non volevo certo lamentarmi – o vantarmi – dei soldi sprecati in quel modo: gli ucraini sono costretti a subire il problema in un modo infinitamente peggiore. Volevo solo partire dal fatto che l’esercito russo ha distrutto un’altra parte della ricchezza nazionale, raggiungendo il «grandissimo» obbiettivo di colpire gli obiettivi civili in diverse città ucraine.
Prima di procedere, posto due foto. Non preoccupatevi, nell’intero contesto di questa guerra sono delle immagini molto pacifiche.
La prima foto è stata scattata il pomeriggio del 10 ottobre:
La seconda foto è stata scattata la mattina dell’11 ottobre: Continuare la lettura di questo post »
Un interessante fenomeno socio-culturale (ma forse anche economico?) che si sta sviluppando in Russia a partire dal 24 febbraio difficilmente sarà trattato dai giornalisti occidentali prima della fine della guerra in Ucraina. Ma questo non lo rende meno interessante e, in un certo senso, meno ottimistico. E allora sarò io a anticipare i giornalisti, gli storici e i sociologi.
Gli editori e le librerie russe testimoniano che a partire dal 24 febbraio 2022 in Russia è aumentata la domanda, da parte dei lettori, dei libri di storia dedicati alla Seconda guerra mondiale in generale e alla Germania nazista in particolare. Per alcuni libri o autori (sia russi che occidentali) l’aumento della domanda può arrivare anche a diverse centinaia di percento. La seconda ondata dell’aumento della domanda è iniziata il 21 settembre: il giorno della proclamazione da parte di Putin della mobilitazione «parziale» dei civili per la guerra.
Il fenomeno in questione potrebbe sembrare, a un lettore occidentale, solo un piccolo fatto statistico. Alle persone che si orientano un po’ di più nella realtà quotidiana russa è invece evidente un’altra cosa: si tratta di una importantissima fonte per le ricerche sociologiche quantitative. Infatti, nella Russia contemporanea i sondaggi sono di fatto impossibili: la maggioranza delle persone ha paura di rispondere (o di rispondere sinceramente) alle domande riguardanti la politica (nel senso più ampio del termine) e, da sette mesi e mezzo, la guerra. Succede perché ognuno ha in mente un ragionevole dubbio: chi è la persona che mi sta facendo la domanda? È un agente in borghese? È un informatore della polizia? Se rispondo in un modo «sbagliato», dopo quanto tempo mi arrestano?
Di conseguenza, siamo costretti a studiare l’opinione dei cittadini residenti in Russia basandoci anche su una molteplicità di fonti indirette. Compreso il mercato dei libi.
Alcuni sostengono che i massicci bombardamenti russi delle città ucraine avvenuti nelle ultime due notti sarebbero delle «risposte» alla esplosione del ponte di Crimea. Se fosse vero, non possiamo non constatare una grande banalità: si tratta di un «dialogo» lungo sette mesi e mezzo.
Alcuni altri, poi, sottolineano che il generale Sergey Surovikin – il nuovo comandante delle forze armate russe sul fronte ucraino nominato l’8 ottobre – sarebbe un grande sostenitore degli attacchi agli obiettivi civili sul territorio nemico.
Purtroppo, ci troviamo in una di quelle situazioni in cui due eventi verificatisi a poca distanza temporale non dovrebbero essere legati tra loro. Nel senso che la scelta del nuovo comandante (e delle scelte tattiche presumibilmente preferite) non una conseguenza della esplosione sul ponte, ma una semplice continuazione del modo putiniano di condurre questa guerra. Infatti, abbiamo già visto in molte occasioni che l’esercito russo non vede alcun problema nel colpire gli obbiettivi palesemente civili: perché dovrebbe smettere di farlo proprio ora, quando si sente in una difficoltà ancora più grande a combattere contro l’esercito ucraino?
Capisco che l’ipotesi suona male, ma non possiamo comunque escludere il tentativo di costringere la controparte alle trattative per evitare ulteriori grandi quantità delle vittime tra i civili. Non penso proprio che funzioni. Anzi, proprio al contrario.
Come sapete già benissimo anche voi, il regalo degli ucraini per il 70-esimo compleanno di Putin è arrivato con un giorno di ritardo:
Un altro video da una prospettiva diversa:
In sostanza, è esploso un tir carico, secondo le dichiarazioni ufficiali, di «nastro in plastica per gli imballaggi dei bancali». L’esplosione è avvenuta pochissimi minuti dopo le 6 della mattina dell’8 ottobre sulla carreggiata automobilistica in direzione Crimea; a causa della esplosione sono crollate tre arcate. Inoltre, a causa della esplosione si sono incendiate delle cisterne sulla parte ferroviaria del ponte (il ponte è fatto di quattro parti separate: una automobilistica e una ferroviaria per ogni direzione). Non si capisce se i controlli del tir all’entrata sul ponte siano stati realmente eseguiti secondo la procedura prestabilita:
La situazione sul ponte nel pomeriggio di ieri ripresa da diverse persone da prospettive diverse:
Beh, quello che conta è il pensiero, non il prezzo o la tempistica perfetta del regalo. Anche gli ucraini sapevano benissimo quanto ci tiene Putin alla Crimea e al ponte…
P.S.: il video finale di questo post riccamente illustrato sarà utile, alle persone che non conoscono il russo, prevalentemente per individuare il punto esatto della esplosione.
Joe Biden sostiene di conoscere bene Putin e temere, per questo presunto motivo, l’Armageddon nucleare.
Noi, i semplici osservatori estranei – anche se con un grado di coinvolgimento emotivo molto vario –, non possiamo dire conoscere bene Putin, ma possiamo dire di comprendere pienamente la sua totale irrazionalità (egli l’ha dimostrata chiaramente già con l’inizio della guerra in Ucraina). Certo, sulla base della propria visione del mondo Putin potrebbe essere convintissimo di essere la persona più razionale del pianeta, ma noi non siamo obbligati a essere d’accordo con una mente perversa. Quello che conta è: l’uso del nucleare a scopi bellici da parte di Putin ci deve sembrare probabile non perché conosciamo bene il personaggio, ma perché possiamo facilmente presumere che nella sua mente malata quel passo estremo potrebbe apparire come la soluzione di tutti i suoi problemi.
Fissato in mente il semplice principio di cui sopra, passiamo subito al secondo principio: il già menzionato Armageddon non potrà necessariamente causato dalla/e bomba atomica. Per la nostra enorme fortuna (o sfortuna?) nessuno sa con certezza in quali condizioni tecniche si trovano le bombe atomiche russe e tutta l’infrastruttura connessa. Potrebbe non saperlo Putin, al quale – come abbiamo visto – non arrivano le informazioni veritiere su qualsiasi aspetto della vita nel mondo. Potrebbero non saperlo i militari russi, i quali fanno (se tutto va bene) solo la manutenzione prevista dalla documentazione, ma non le prove di funzionamento (provate a immaginarle!). Potrebbero non saperlo i servizi segreti americani (ovviamente, fino al momento adatto non ci diranno alcunché di reale sull’argomento). L’unico aspetto sicuramente noto ai militari russi è la regolarità della manutenzione dell’arsenale. Proprio a questo aspetto devono essere legate le nostre timide speranze: dato che nell’esercito russo si ruba e si vende più o meno tutto (i fondi per la manutenzione dei mezzi blindati, il cibo e l’uniforme dei militari etc. etc.), al costoso arsenale nucleare russo poteva toccare la stessa sorte: già anni o decenni fa.
«In compenso», dobbiamo ricordare che l’esercito russo controlla ancora la centrale nucleare di Zaporižžja. Alla quale, per esempio, potrebbe succedere, in qualsiasi momento, un incidente più o meno grave del quale si potrà incolpare – secondo la logica putiniana! – gli ucraini (un «sabotaggio del personale», una «bomba lanciata dall’esercito ucraino», un «intervento dei partigiani-fascisti-ucraini» etc.).
Di conseguenza, i timori di Biden e di tutti gli altri sono abbastanza fondati in ogni caso.