Continuo a ritenere importante comunicare al mondo che la Russia è piena di gente contraria alla guerra. Molte di queste persone sono disposte ad affrontare dei rischi abbastanza seri.
Allo stesso tempo, vedo che in Occidente esistono ancora delle persone ingenue che continuano a chiedere perché i russi non manifestino la propria contrarietà in piazza.
Quindi con il video domenicale di oggi commento entrambe le affermazioni riportate sopra. Si tratta di una prima raccolta delle immagini (video e alcune foto) riprese in alcune grandi città russe il 21 settembre, dopo il discorso di Putin sulla mobilitazione militare.
Sì, queste sono le manifestazioni contro la guerra e contro la mobilitazione.
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Giusto per cambiare un po’ l’argomento, questo sabato vi segnalo una lettura sulle attese del Cremlino (comunemente noto con il cognome Putin) circa i «risultati» dei «referendum» che si stanno «svolgendo» dal 23 al 27 settembre nei territori ucraini occupati dall’esercito russo.
Per qualche strano motivo Putin è convinto di avere diritto a «difendere» quei territori come se fossero russi solo e necessariamente dopo una formalità legale. E non importa che quella formalità non sia riconosciuta da alcun altro Stato (o organizzazione) del mondo. Certo, alcuni osservatori russi stanno dicendo da anni che Putin sia un classico legalista (lo è anche quando inventa, da un giorno all’altro, delle leggi a lui favorevoli), ma ora questa sua caratteristica sta assumendo una forma veramente ridicola.
Ci sono degli aspetti della mobilitazione militare proclamata da Putin che difficilmente verranno raccontati in breve dai mass media. Per esempio: in un solo giorno Putin ha raggiunto il grandissimo risultato di far sentire, alle grandi masse dei cittadini russi, questa guerra come una guerra propria. Sentirsi direttamente coinvolti, toccati dalla guerra. Infatti, grazie alla propaganda interna numerose persone erano – fino al 20 settembre – favorevoli o indifferenti all’intervento militare in Ucraina, ma hanno immediatamente cambiato idea dopo avere compreso che la mobilitazione riguarda loro parenti, amici, colleghi e, ovviamente, loro stessi. Di conseguenza, dalle conversazioni private e dai post sui social sono miracolosamente spariti i vari «non mi interesso di politica» o «tra poco liberiamo il pianeta dal male ucraino» (parole non mie!). Io non riesco ancora a immaginare quanto possa durare questa percezione collettiva, la comprensione di essere in guerra. Non so nemmeno a quali conseguenze possa portare. Ma, intanto, posso constatare che con questa mobilitazione Putin si è sparato a tutti gli arti in una volta.
A questo punto – in realtà come prima – preferisco sperare in qualche collaboratore di Putin armato e stufo della trasformazione della Russia in un nuovo Reich, ma non in una rivoluzione. La rivoluzione è in sostanza una nuova guerra, la quale toccherà in qualche modo anche gli Stati vicini alla Russia. Quindi agli Stati europei converrebbe già ora di comprendere un concetto semplicissimo: se una persona non vuole combattere nell’esercito putiniano e/o sentirsi costretta a combattere contro i propri concittadini, bisogna aiutare quella persona a mettersi al sicuro. Mentre il regime di Putin crollerà, prima o poi, per merito delle sanzioni, dei conflitti interni o dei processi fisiologici inevitabili. Vedo che per ora sola la Germania ha iniziato a manifestare qualche sintomo di comprensione.
Sulla mobilitazione militare «parziale» indetta ieri da Putin si possono già dire almeno tre cose concrete.
Prima di tutto, è parziale solo a parole – credibilissime parole di Putin e del ministro della difesa – e non in base al decreto presidenziale firmato da Putin. In tale decreto, composto da 10 commi, manca il comma numero 7. Ieri pomeriggio in molti avevano pensato che si tratti di un errore di numerazione, quasi un errore di battitura. Poi, però, si è scoperto che il testo del settimo comma sarebbe «riservato per l’uso interno» (© del sito ufficiale della Presidenza della Federazione Russa). Proprio quel comma, come sostiene il portavoce di Putin, contiene il riferimento alla quantità dei riservisti direttamente interessati dalla mobilitazione. Nel resto del decreto non si dice alcunché sulla quantità dei riservisti da chiamare alle armi; il decreto non contiene nemmeno dei chiari criteri di scelta dei riservisti da chiamare. Quindi, in sostanza, il principio della pubblicità della norma giuridica è stato intenzionalmente violato al fine poter mandare in guerra qualsiasi quantità delle persone e qualsiasi persona concreta.
«Perché chiamate proprio me, che ho 123 anni, sono malato, non ho alcuna qualifica utile e, casualmente, sono un aperto oppositore di Putin?»
«Perché lo facciamo in base alla norma riservata per l’uso interno».
Di conseguenza, la mobilitazione mira a risolvere non solo il problema militare, ma pure quello della politica interna.
La seconda cosa che si può dire sulla mobilitazione proclamata da Putin riguarda la sua inutilità pratica. Infatti, i quasi sette mesi di guerra in Ucraina hanno dimostrato che all’esercito russo mancano non solo le armi e le munizioni moderne, ma pure a) tantissimi beni materiali quotidiani (il carburante, l’uniforme, il cibo, le medicine da campo etc.); b) la capacità di gestire la logistica (i beni necessari arrivano al fronte lentamente e in partite relativamente piccole). Di conseguenza, non si capisce come si intenda a equipaggiare centinaia di migliaia di riservisti chiamati con la mobilitazione. Inoltre, non si capisce come, quando e da chi verranno istruiti per aggiornare le loro competenze utili per la guerra.
Insomma, sulla pratica le persone richiamate con la mobilitazione potrebbero essere usate come un semplice scudo umano posizionato, al fronte, davanti all’esercito professionale almeno minimamente attrezzato e preparato.
La terza cosa che si può dire sulla mobilitazione riguarda la reazione dei semplici cittadini russi. Tale reazione si è rivelata più informativa di ogni ricerca sociologica circa il sostegno dei cittadini russi alla guerra putiniana in Ucraina. Certo, le persone che sono andate a manifestare in piazza sono relativamente poche: perché in pochi sognano essere picchiati dalla polizia, arrestati, multati e/o condannati a qualche anno di reclusione nel carcere russo. È invece molto più interessante vedere l’aumento della domanda dei biglietti aerei per le destinazioni estere. Un sociologo che chiede il mio parere sulla guerra potrebbe essere un informatore della polizia, quindi evito di dirgli quello che penso realmente; ma con l’aumentare della probabilità di essere mandato a combattere per Putin, io intensifico i miei sforzi per mettermi al sicuro.
Questo sono – in sintesi – le tre cose che per ora posso dire della mobilitazione militare in Russia.
Purtroppo, seguirà la continuazione.
Ormai più o meno tutti hanno letto che Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione militare parziale in Russia. Tale annuncio è stato seguito dalla dichiarazione del Ministro della «difesa» Sergei Shoigu, in base alla quale la mobilitazione riguarderebbe 300 mila riservisti: poco più dell’1% dei 25 milioni di riservisti russi.
Potrei esercitarmi nel sarcasmo e chiedere perché l’esercito russo, che sta impiegando meno del 10% delle proprie forze umane nella guerra in Ucraina, debba essere integrato prima con i ragazzini della leva e detenuti, poi pure con i riservisti? Quali grandi qualità militari hanno i rappresentanti delle tre categorie elencate? Saranno più qualificati dell’esercito professionale? Mah…
Cercando di essere serio, dovrei spiegarvi che in Russia la mobilitazione è di fatto inutile e quasi impossibile. Ma lo faccio la prossima volta. Ora, invece, sottolineo e commento brevemente alcuni punti chiave del discorso di Putin:
1) il decreto sulla mobilitazione parziale è stato firmato «su proposta del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore» [triplo ahahahaha]. Le attività di mobilitazione iniziano oggi, il 21 settembre 2021;
2) tutti i riservisti richiamati nell’ambito della mobilitazione saranno inviati per un addestramento supplementare. A loro è stata promessa la stessa retribuzione dei militari a contratto [bisogna ancora vedere come è la situazione con gli istruttori, ma è già noto che nell’esercito russo mancano fisicamente gli ufficiali e i sottoufficiali per comandare le grandi quantità di nuovi uomini];
3) lo status giuridico dei volontari e dei combattenti delle milizie del Donbass dovrebbe essere uguale a quello dei militari russi regolari [vengono finalmente riconosciuti];
4) il complesso militare-industriale e la produzione di armi dovrebbero essere incrementati [non si capisce tanto bene come si intenda farlo in presenza delle sanzioni internazionali];
5) la Federazione Russa sosterrà la decisione dei residenti delle regioni di Donbass, Zaporozhye e Kherson (i referendum sull’adesione alla Russia si terranno nei territori occupati il 23 settembre) [in sostanza, saranno proclamati parti della Federazione Russa e difesi con tutti i tipi delle armi in base alla dottrina statale];
6) gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina «rimangono invariati» [infatti, sono già cambiati più volte: la «denazificazione» della Ucraina, poi la demilitarizzazione, poi il cambio dei vertici dello Stato etc. etc.];
7) «Chi ci ricatta con le armi nucleari deve sapere che la rosa dei venti può anche girare nella sua direzione» [a me è sempre sembrato che fosse lui a minacciare!];
8) «L’Occidente ha trasformato il popolo ucraino in carne da macello scatenando una guerra nel 2014» [l’Occidente? Una guerra nel 2014? Qualcuno ne sa qualcosa?].
Bene, ora siete ancora più informati sullo stato mentale della persona che guida lo Stato russo. Digeriti i punti appena letti, potete affrontare tutti gli altri testi riguardanti la mobilitazione parziale annunciata da Putin.
Dmitry Peskov, il portavoce della presidenza russa, ha dichiarato che attualmente il Cremlino non vede la possibilità di porre fine alla guerra in Ucraina «con mezzi politici e diplomatici». A questo punto noi, di fronte a tale dichiarazione, non possiamo non gioire per un leggero miglioramento della salute psichica degli abitanti del Cremlino. Perché, effettivamente, con ogni giorno di guerra in Ucraina in più, la possibilità di uscirne con una trattativa diplomatica si riduce sempre più… Anzi, si è ormai ridotta quasi fino allo zero: l’Ucraina ha iniziato a invertire l’andamento dei combattimenti (ora sono gli ucraini ad avanzare in molte zone) e riceve – anche se ancora lentamente – sempre più armamenti moderni. Quindi alla grande motivazione di difendere la propria terra si è aggiunto anche l’entusiasmo per i primi risultati positivi visibili.
L’ipotetica resa dell’esercito russo è una fine diplomatica della guerra? Mi sembra di no: nella mia logica è un sinonimo della sconfitta. Prima o poi la resa smetterà di essere ipotetica e sarà seguita da lunghe trattative – a questo punto diplomatiche – sul risarcimento della Ucraina da parte della Russia. Ma quella sarà un’altra storia.
Per ora festeggiamo il fatto che Putin ha iniziato ad accettare la realtà.
Da oltre una settimana l’esercito ucraino sta riconquistando i territori occupati dall’esercito russo. È interessante notare che ci sta impiegando molto meno tempo di quello che è stato necessario all’esercito russo per conquistare gli stessi territori. Allo stesso tempo, bisogna ricordare che è solo l’inizio di una lunga strada (come ha detto pure Biden ahahaha).
Ma io, intanto, non potevo non pubblicare uno dei primi video sul ritorno dei militari ucraini. Molto probabilmente avete già visto alcune delle scene che ne fanno parte.
L’Istitute for the Study of War (ISW) ha pubblicato una analisi – neanche lunghissima, ma interessante – nella quale si sostiene che a causa degli insuccessi militari in Ucraina il Cremlino starebbe intensificando la mobilitazione (dei futuri combattenti) segreta senza creare le condizioni per una mobilitazione generale ufficiale. In particolare, gli autori dell’articolo ipotizzano che le autorità russe abbiano deciso di abbandonare l’idea di escludere i residenti di alcune regioni dal reclutamento in Ucraina. Questo cambiamento riguarda, prima di tutto, i residenti di Mosca e della relativa provincia.
Un altro modo per rafforzare la presenza militare russa in Ucraina, secondo l’ISW, potrebbe essere il trasferimento delle intere unità dalle basi militari nelle ex repubbliche sovietiche.
Direi che entrambe le osservazioni dell’ISW corrispondono pienamente a ciò che leggo ormai da qualche settimana negli articoli dei vari media non statali russi. Per quanto riguarda la mobilitazione segreta, posso confermare, per esempio, che il reclutamento dei detenuti di ogni tipo nelle carceri di tutta la Russia sta diventando uno strumento sempre più popolare (e preoccupante per la gente mentalmente sana). Per quanto riguarda il secondo punto – quello sullo spostamento delle truppe russe dalle varie zone dell’ex URSS – posso comunicare che le prime conseguenze serie si vedono già: per esempio, la notte tra il 12 e il 13 settembre si è riacceso il conflitto armato tra l’Azerbaijan e l’Armenia (proprio perché in mezzo non ci sono più quei militari russi che prima garantivano il rispetto degli accordi di pace).
Insomma, voi leggete quella analisi dalla quale sono partito, e poi, più avanti, vedremo meglio tutti gli argomenti connessi.
Il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato una nuova porzione di aiuti militari all’Ucraina, questa volta da 600 milioni di dollari. In particolare, all’esercito ucraino verranno forniti ulteriori munizioni per i lanciarazzi multipli HIMARS, 36 mila munizioni per l’artiglieria da 105 mm, mille proiettili d’artiglieria da 155 mm ad alta precisione e quattro radar anti-artiglieria, quattro camion, otto rimorchi per attrezzature pesanti, sistemi anti-droni, attrezzature per lo sminamento, mine antiuomo Claymore, cariche di demolizione, armi e munizioni di piccolo calibro e attrezzature per la visione notturna.
Ecco, l’ultimo punto della lista mi ha fatto ricordare un dettaglio curioso. Come probabilmente sapete, l’arma anticarro «Javelin» è monouso: secondo i suoi progettisti, un militare dovrebbe «sparare» un colpo, buttare via il tubo ormai inutile e scappare verso il riparo. Ma i militari ucraini, non essendo mai stati riccamente dotati di attrezzature militari moderne, hanno logicamente apprezzato il sistema di visione notturna incorporato in ogni «Javelin». Di conseguenza, non buttano mai gli esemplari usati, ma continuano a usarli nelle operazioni notturne per vedere bene il campo di battaglia.
La differenza tra gli eserciti che stanno combattendo in Ucraina sta nel fatto che in quello ucraino vengono favoriti l’ingegno e l’iniziativa, mentre in quello russo viene ancora adottato il sistema del rispetto rigoroso degli ordini arrivati dall’alto (in alto spesso stanno le persone non particolarmente intelligenti e/o informati). La differenza tra le due logiche è spesso evidente anche a noi, soprattuto negli ultimi giorni.
Non so se tutti si rendono conto – tra i vertici dello Stato russo e tra i semplici cittadini europei – che l’esercito ucraino è arrivato alla situazione della graduale riconquista dei propri territori combattendo, trattenendo e poi cacciando il «secondo esercito del mondo» utilizzando, per la maggior parte del tempo, solo delle armi obsolete. Utilizzando le armi del millennio scorso.
Proviamo a fare un breve elenco. La prima categoria degli armamenti include quelli forniti dagli Stati dell’ex Patto di Varsavia:
– i vecchi carri armati sovietici T-72 (in uso dal 1973);
– gli elicotteri Mi-17 (in uso dal 1992);
– i missili di produzione sovietica.
La seconda categoria degli armamenti include quelli forniti della NATO:
– i lanciarazzi Carl Gustav del 1948;
– i lanciarazzi M72 LAW del 1963;
– i veicoli blindati M113 e Humvee degli anni ’60;
– i semoventi antiaerei Ghepardi tedeschi del 1976;
– i missili antinave Harpoon del 1977;
– i missili Stinger del 1981;
– i sistemi missilistici Mistral del 1987;
– i sistemi anti-carro Javelin del 1989;
– i missili ATACMS del 1991.
[gli armamenti elencati fino a questo punto sono stati sviluppati ancora ai tempi dell’URSS]
– le obici semoventi PzH 2000 del 1998;
– i missili MANPADS Starstreak del 1997;
– i missili Brimstone del 1999;
– le obici AHS Krab del 2000;
– i lanciarazzi multipli HIMARS in uso dal 2005;
– i missili aria-aria IRIS-T in uso dal 2005;
– le obici M777 in uso dal 2005;
– le obici CAESAR in produzione dal 2002.
Ora potete immaginare la correlazione tra l’arrivo degli armamenti più moderni e i recenti successi dell’esercito ucraino. Oppure, potete provare a immaginare cosa potrebbe succedere qualora dovessero essere forniti degli armamenti moderni ancora più seri: per esempio, i droni Reaper o i caccia F-35.
Nel frattempo, l’esercito russo – il quale sarebbe dotato, secondo Putin, degli armamenti super moderni dei quali che nessun altro nel mondo dispone – è messo in difficoltà dal piccolo esercito ucraino armato con dei rottami (e non aiutano nemmeno i rottami sovietici).