Da più di anno mi capita, con una certa periodicità, di rispondere alle domande più o meno dettagliate sull’andamento attuale della economia russa. Ogni volta parto dalla presunzione che le persone realmente interessate all’argomento abbiano già letto almeno i dati statistici principali e/o le notizie sugli effetti delle varie sanzioni, ma poi, molto spesso, scopro di essere un po’ idealista…
Di conseguenza, sono «costretto» a collezionare gli esempi pratici che possano illustrare la situazione corrente con la massima facilità e chiarezza. Anche per le persone meno preparate sulle materie economiche.
L’esempio più recente — tra quelli belli — mi è arrivato ieri: si tratta dei dati riguardati gli utili della Gazprom (ve la ricordate?). In base ai dati forniti dalla azienda stessa, l’utile netto della Gazprom nel 2022 è stato di 747,246 miliardi di rubli. Questo dato è diminuito di oltre tre volte: del 72,2%, rispetto al 2021, quando l’azienda aveva registrato un utile netto di 2,684 trilioni di rubli.
Allo stesso tempo, il fatturato della Gazprom nel 2022 ha raggiunto 7,979 trilioni di rubli: circa il 25% in più rispetto al 2021 (quando era di 6,39 trilioni di rubli).
I dati appena riportati vanno letti anche nel contesto della diminuzione delle forniture del gas all’Europa.
Ora ripescate le vostre conoscenze basilari in economia e immaginate cosa significa la suddetta notizia: una azienda incassa in valuta straniera, fattura più di prima in termini della valuta nazionale e guadagna meno di prima sempre in termini della valuta nazionale…
«Come sta andando l’economia russa?»
L’archivio del tag «gazprom»
L’altro ieri, il 3 agosto, il cancelliere Olaf Scholz «è andato a trovare» la turbina Siemens della Gazprom riparata, ha fatto tanti complimenti all’oggetto visto e si è pure fatto fotografare in sua compagnia. Lo spettacolo sembra un po’ ridicolo – cosa può capire un politico dei meccanismi del genere e perché dovrebbe dare a loro una visita di Stato? – ma in realtà è abbastanza sensato: Scholz sta cercando di comunicare ai propri elettori (ma anche agli europei) che sta cercando di fare tutto il possibile per riavviare le forniture del gas russo.
Ovviamente, i lettori di questo post capiscono benissimo il concetto descritto prima. Quindi io proporrei di passare al mistero seguente: la Gazprom (si legge Cremlino) non sta accettando la turbina riparata perché a) vorrebbe una decisione europea sull’annullamento delle sanzioni riguardanti il settore delle materie prime, oppure b) si sta vendicando per il lunghissimo perditempo tedesco sulla decisione circa l’attivazione del «Nord Stream 2» (verificatosi in estate-autunno 2021).
Conoscendo lo stato intellettuale di certi funzionari russi, non posso escludere del tutto la seconda opzione…
Per puro caso, subito dopo la fine della manutenzione ordinaria dei meccanismi del «Nord stream 1» la Gazprom si accorta del guasto (o della necessità di manutenzione periodica? boh… ho letto entrambe le versioni) di un’altra turbina della Siemens. E, di conseguenza, ha ridotto la capacità del gasdotto diretto in Europa fino al 20% della capacità regolare.
Questo fatto, sicuramente casuale e totalmente indipendente dalla situazione internazionale corrente, può essere visto da due punti di vista: quello politico e quello economico (anche se la differenza tra i due è, in realtà, molto sottile). Dal punto di vista politico, Vladimir Putin si dimostra ancora una volta più un tattico che uno stratega. Effettivamente, con il gioco della fornitura ridotta del gas riesce a creare dei problemi seri all’Europa. E noi sappiamo benissimo che si tratta di un ricatto: l’industria europea inizia ad avere dei problemi già ora e l’inverno è sempre più vicino. Allo stesso tempo, sappiamo che fino a ora Putin ha vinto con tutti i suoi ricatti molto prima di portarli al termine. Ma se l’Europa non dovesse cedere (infatti, non intende farlo) al ricatto in questa fase e si dimostrasse determinata nel volere trovare delle fonti alternative del gas? Ci vorrà del tempo e si dovrà attraversare un periodo difficile, ma è una impresa tecnicamente possibile…
Ecco, a questo punto passiamo all’aspetto più economico che politico. Perché per il volere di Putin la Gazprom si sta trasformando velocemente già ora in un fornitore del gas inaffidabile. Questo fatto costituisce, per l’Europa, una motivazione ulteriore per cercare dei fornitori alternativi. Di conseguenza, anche se la guerra in Ucraina dovesse finire stasera, l’Europa sarà comunque interessata a porre fine alla dipendenza dal gas russo. Mentre la Gazprom perderà, alla fine, circa 2/3 delle proprie entrate (derivanti dalle forniture all’Europa) e dovrà rispondere in tribunale per i vecchi contratti non rispettati.
Evidentemente, Putin non ci pensa proprio alle conseguenze così lontane dei propri ricatti. Non sappiamo neanche se arriverà a vederle con i propri occhi… Ma noi faremo in tempo a vederle.
P.S.: so benissimo che pure in Europa ci sono delle persone alle quali piacciono i ricatti putiniani. Vorrebbero cedere a quello attuale per riceverne qualcuno altro in futuro.
P.P.S. per tutti coloro che indicano la Cina (e forse l’India) come la soluzione di tutti i problemi della Russia: i gasdotti russi che vanno verso l’Oriente sono già pieni, mentre per costruire quelli aggiuntivi ci vogliono tempo, soldi e tecnologie bloccate dalle sanzioni. Inoltre, la Cina fisicamente non ha bisogno di tutto il gas russo (e non vorrà certo rivenderlo per essere colpita a sua volta dalle sanzioni). E poi, sul mercato vale sempre una regola banale e vecchia come il mondo: se il venditore ha un noto bisogno di vendere velocemente, gli acquirenti iniziano a pretendere degli sconti più o meno consistenti.
Mentre in Europa stanno pensando al come liberarsi dalla dipendenza dal gas e dal petrolio russi, alla Gazprom continuano a succedere delle cose strane. Strane e, soprattutto, apparentemente connesse tra loro.
Ieri, il 6 luglio, è stato trovato nella periferia di San Pietroburgo il corpo di Yuri Voronov (61 anni), il capo della compagnia di trasporti Astra Shipping (coinvolta nei contratti artici di Gazprom). Voronov è stato trovato in una piscina, ucciso con un colpo alla testa. Accanto al corpo è stata trovata una pistola «Grand Power», la quale è in realtà una arma traumatica.
Prima, a gennaio, il 60-enne Leonid Shulman, un ex dirigente della «Gazprom Transgaz», si è suicidato in un cottage vicino a San Pietroburgo, lasciando un biglietto d’addio.
Il 25 febbraio Alexander Tyulyakov (61 anni), il vicedirettore generale del Centro unificato per la sicurezza aziendale della Gazprom, è stato trovato morto nello stesso villaggio. In precedenza, aveva ricoperto la carica del vice-direttore generale per la sicurezza aziendale e le risorse umane alla «Gazprom Transgaz San Pietroburgo», che esportava e trasportava carburante in diverse regioni russe. La polizia ha stabilito in via preliminare che l’uomo si è suicidato. Accanto al suo corpo c’era un biglietto con un messaggio.
Il 18 aprile l’ex vice-presidente del Gazprombank Vladislav Avaev, sua figlia e sua moglie sono stati trovati morti a Mosca. I corpi sono stati trovati in un appartamento da una parente che non riusciva a contattare gli Avaev da diversi giorni. Secondo la versione preliminare degli investigatori, Avaev avrebbe sparato alla moglie e alla figlia di 13 anni con una pistola e poi si è ucciso. La polizia è giunta a questa conclusione perché l’arma era nelle mani di Avaev.
Il 21 aprile l’ex top manager della «Novatek» (una azienda con la partecipazione della Gazprom, si occupa della estrazione del gas) Sergey Protosenya, sua moglie e sua figlia sono stati trovati morti in Spagna. I loro corpi sono stati trovati in una casa di Lloret de Mar, nella provincia di Girona. La polizia stava valutando l’ipotesi che Protosenya potesse aver ucciso la moglie e la figlia e poi essersi suicidato.
In un futuro non tanto lontano questa serie delle morti potrebbe esserci spiegata con il tentativo – fatto dagli «ucraini cattivi» – di compromettere l’attività della principale industria russa.
Ma io, in attesa delle spiegazioni più serie (per le quali prevedo delle attese paragonabili alla durata della vita di un noto politico), non posso non osservare una interessante somiglianza. La somiglianza con gli anni ’90, il periodo in cui gli imprenditori russi si eliminavano (fisicamente) a vicenda, pagando la polizia per la non interferenza. Questo è uno dei principali aspetti degli anni ’90 che viene da anni utilizzato dalla propaganda statale russa per illustrare i presunti vantaggi dell’attuale regime.
In tanti sanno che la Gazprom ha ridotto le forniture del gas via il North Stream, ma non tutti hanno capito bene il vero motivo.
È vera quella parte della notizia secondo la quale si è rotta una delle turbine (della Siemens) utilizzate per «pompare» il gas nel gasdotto. Ma è solo una parte della notizia più ampia. In realtà, la Siemens è una di quelle numerosissime aziende occidentali che hanno lasciato il mercato russo dopo l’inizio della invasione militare della Ucraina. Di conseguenza, la Russia sta seriamente rischiando di rimanere non solo senza i nuovi prodotti della Siemens (treni, macchinari ospedalieri, attrezzature per il trattamento delle materie prime etc.), ma pure senza i pezzi di ricambio. Senza i pezzi di ricambio, come potete facilmente immaginare, molte attività rischiano di fermarsi. Anche il trasporto del gas.
Non so ancora se e come possa essere trovata una soluzione – più o meno legale – del problema con le forniture via il North Stream. Ma posso già constatare che nel valutare l’efficacia delle sanzioni adottate contro la Russia bisogna prendere in considerazione anche quelle introdotte dalle aziende private per l’iniziativa propria. Potrebbero rivelarsi più sensibili e capaci di produrre effetti in tempi più stretti.
Oggi Michail Putin, il figlio del cugino di Vladimir, è stato eletto al consiglio direttivo della Gazprom (per ora la notizia è presente solo sulla versione russa del sito aziendale, quindi non posso aggiungere il link comprensibile per a voi). Inoltre, è stato subito nominato il vice-presidente del consiglio stesso.
È molto pacificante scoprire che nel mondo esistono delle famiglie fortunate con le varie forme delle elezioni…
Come forse avete già sentito, la Russia ha trovato un nuovo modo di ricattare l’Ucraina.
In sostanza, il 19 febbraio l’Ucraina aveva richiesto di portare e forniture giornaliere a 114 metri cubi entro due giorni. (Attualmente la compagnia ucraina Naftogaz è contrattualmente vincolata a anticipare i pagamenti per il gas ogni mese, avendo però il diritto di richiedere con due giorni di anticipo l’ampiezza della fornitura giornaliera).
La Gazprom, da parte sua, non ha soddisfatto la richiesta, aumentando le forniture solamente alle regioni ora controllate dai separatisti. Secondo la controparte ucraina, però, le forniture alle regioni incontrollabili (iniziate il 19 febbraio) non farebbero parte del contratto, dunque quel gas non dovrebbe essere «scalato» dalla quantità prepagata dalla Ucraina.
Cosa posso dire sull’argomento? E’ ovvio che se l’Ucraina considera le regioni di Donetsk e Lugansk come proprie, dovrebbe pagare il gas fornito a esse. Allo stesso tempo, però, sono delle regioni occupate sul territorio delle quali gli agenti dell’ucraino Naftogaz non possono verificare l’effettivo adempimento del contratto e il volume reale del gas richiesto da parte dei consumatori finali. Di conseguenza, le due regioni possono facilmente essere trasformate in una specie di «buco nero».
La difficile situazione creatasi avrà delle conseguenze per l’Europa. Nel peggiore dei casi arriverà meno gas dalla Russia. Nel migliore dei casi l’Europa dovrà sponsorizzare l’Ucraina, fornendole i soldi pretesi dalla Russia per il gas fornito ai propri combattenti sul territorio ucraino.