Il Servizio di sicurezza dello Stato belga (VSSE) sospetta che Kirill Logvinov, il rappresentante permanente ad interim della Russia presso l’Unione europea, lavori per il Servizio di spionaggio estero russo (SVR). Lo si afferma in un’inchiesta congiunta di De Tjid, Spiegel, Centro Dossier e alcune altre testate europee. Secondo i giornalisti, il controspionaggio belga sospetta il diplomatico di «attività segrete contro gli interessi europei». Ma non precisa in cosa consistano esattamente tali attività.
Nella notizia stessa non c’è alcunché di sorprendente: più o meno tutti i diplomatici russi sono in qualche misura coinvolti nella attività di spionaggio (nel migliore dei casi, i diplomatici professionisti semplicemente sanno di cosa si occupano alcuni dei loro collaboratori «particolari»). La vera notizia sarebbe stata la spiegazione della espressione «attività segreta» utilizzata nel caso concreto che ci hanno comunicato. Organizzava l’export illegale verso la Russia dei materiali vietati dalle sanzioni? Pagava i politici europei filorussi? Raccoglieva le informazioni utili per una invasione militare? Svolgeva qualche altra attività che in questo momento non mi viene in mente? Boh… È che già le attività non segrete dei «diplomatici» russi mi sembrano spesso abbastanza gravi, quindi non cosa possono aggiungere alla situazione corrente quelle segrete.
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Ieri i ministri degli Esteri dell’UE non sono riusciti a trovare un accordo sullo stanziamento di una tranche di 500 milioni di euro di aiuti militari all’Ucraina dal Fondo europeo per la pace. Come si poteva facilmente prevedere, è successo per colpa della Ungheria: la banca ungherese OTP è stata – come richiesto – rimossa dalla lista nera delle società europee che continuano a operare in Russia, ma il Governo ungherese vuole delle garanzie legali che tale esclusione sia permanente.
Qualcuno riesce a immaginare come sia possibile una garanzia del genere? Al massimo, le garanzie in merito potrebbe (e, in teoria, dovrebbe) dare la banca stessa all’UE: promettendo di non collaborare mai più con la Russia putiniana.
È abbastanza facile immaginare che pure il Governo ungherese capisca l’impossibilità della sua richiesta. Di conseguenza, possiamo ipotizzare che, molto probabilmente, vuole qualche altro favore oltre a quello già ottenuto.
I membri del Consiglio europeo ci hanno messo un po’ di tempo, ma alla fine sono riusciti a fare lo sforzo mentale necessario per orientarsi nella situazione. Il 15 ottobre, otto giorno dopo l’inizio della guerra, hanno diffuso una dichiarazione con la quale condannano il terrorismo di Hamas: meglio tardi che mai. Certo, non è detto che non ricomincino a finanziarlo alla prima occasione utile «per motivi umanitari», ma per ora bisogna riconoscere che hanno fatto un passo verso la parte del bene.
«In compenso», per ora mi sembra un po’ difficile che si svegli l’ONU o qualcuna delle sue singole strutture. Una risoluzione è stata proposta dai rappresentanti della Russia, ma essa non menzionava in alcun modo Hamas (una organizzazione amica della Russia) e conteneva solo discorsi sul cessate il fuoco e sul rilascio degli ostaggi: il Consiglio di sicurezza non ha appoggiato la bozza della risoluzione e il rappresentante russo Nebenzya ha gridato a lungo allo «spregevole blocco delle tentate soluzioni».
Sorprendentemente, si sono svegliati prima del previsto i vari deficienti su Facebook. Sanno che l’Israele, dopo il massacro dei suoi cittadini da parte di Hamas, vuole finalmente eliminare Hamas da questo mondo e sanno che Hamas si è trincerato nella Striscia di Gaza utilizzano i civili come uno scudo umano, ma accusano di crimini l’Israele che a) chiede ai residenti della Striscia di andarsene per non essere danneggiati nell’operazione contro Hamas e b) ricorda la grande verità della impossibilità delle guerre senza vittime. Probabilmente, da cittadini buoni e responsabili, gli israeliani dovevano continuare a farsi uccidere all’infinito… Boh.
Vedo che più o meno tutto continua come al solito.
La Reuters scrive, citando alti funzionari europei, che l’Ucraina ha soddisfatto due delle sette condizioni necessarie per avviare i negoziati per l’adesione all’UE: la riforma giudiziaria e la legge sui media. Le restanti condizioni riguardano le riforme della Corte Costituzionale e delle forze dell’ordine, le misure per combattere il riciclaggio di denaro e le leggi volte a «contenere» il potere degli oligarchi e a proteggere i diritti delle minoranze nazionali.
Il risultato parziale ucraino potrebbe sembrare molto modesto, ma dobbiamo ricordare che i lavori concreti sull’obiettivo sono iniziati dopo l’invasione russa del 2023. In un tempo di guerra è dunque un grandissimo risultato per il quale dobbiamo fare tanti auguri alla Ucraina. E ricordare che, proprio ora, è una occasione giusta per considerare come raggiunta anche una terza condizione: quella sui cosiddetti oligarchi. Infatti, praticamente dall’inizio della guerra c’è un accordo tacito tra il Governo e gli imprenditori (e non solo) sulla non creazione dei problemi a vicenda (il che è già un buon risultato politico).
Leggo che solo in Finlandia 1109 cittadini russi hanno chiesto asilo per paura di essere arruolati nell’esercito russo ed essere mandati alla guerra in Ucraina. Il Servizio Immigrazione finlandese ha dichiarato al media Yle che le autorità non possono concedere loro lo status di rifugiato senza una posizione dell’UE sulla questione.
Purtroppo, tale notizia è un nuovo motivo per ricordare quanto sia stupida la politica europea di oggi nei confronti dei comuni cittadini russi. In sostanza, viene ripetuto lo stesso errore che era già stato commesso ai tempi del Terzo Reich, quando i comuni tedeschi in disaccordo con la politica del proprio regime erano spesso di fatto costretti rimanere in (o tornare in) Germania a causa dell’impossibilità di stabilizzarsi — con le condizioni di vita normali — in altri Stati europei. I russi di oggi, come i tedeschi di 80+ anni fa, sono spesso costretti a tornare «da Putin» solo per avere una casa, una assistenza medica, una possibilità di lavorare etc. etc. Ma tornando contribuiscono, anche involontariamente, al prolungamento della sopravvivenza della economia di guerra russa. Mentre i politici europei, ottenendo la vittoria facile contro un nemico immaginario, contribuiscono alla continuazione della guerra. E dimostrano di non conoscere la propria storia.
Posso capire una politica del genere da parte della Ucraina: in essa c’è una forte componente emotiva e la paura delle infiltrazioni pericolose. La politica europea in materia, invece, è per nulla razionale: possono essere inventati diversi strumenti per il controllo della «qualità», del grado di rapporto con lo Stato russo e della posizione sulla guerra delle persone in ingresso.
Ma non so proprio in quale modo diplomatico (in tutti i sensi del termine) spiegarlo ai vertici europei…
Ho letto che nel 2022 la spesa militare dell’Europa occidentale e di quella centrale ha raggiunto i 345 miliardi di euro, stabilendo un record dai tempi della Guerra Fredda. Il fatto emerge da un rapporto dell’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (SIPRI). In termini reali (aggiustati per l’inflazione), l’ultima spesa per la difesa è stata così alta nel 1989. Rispetto al 2021, sono aumentate del 13%. hanno registrato i maggiori aumenti delle spese militari la Finlandia (36%), la Lituania (27%), la Svezia (12%) e la Polonia (11%).
Ecco, quando si legge dell’aumento medio europeo bisogna ricordare almeno due fattori:
1) Gli Stati geograficamente vicini alla Russia si sentono – non del tutto senza motivo – più in pericolo, quindi è logico che aumentino la spesa militare e influiscano sulla spesa media europea;
2) Molti degli Stati di cui al punto primo, nel corso della Guerra fredda stavano (certo, non del tutto per scelta loro) dall’altra parte del conflitto.
Di conseguenza, prima di reagire in un modo acceso, quasi allarmistico, alle statistiche, ricordiamoci del loro contesto.
Probabilmente avete già letto che ieri l’UE ha incluso la tristemente nota PMC Wagner in un’altra lista delle sanzioni: quella rivolta contro le persone fisiche e giuridiche che minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina. L’unico motivo per quale ci può interessare tale provvedimento è definizione abbastanza diplomatica fornita dall’UE alla Wagner:
Wagner Group è un’entità militare privata non registrata con sede in Russia, istituita nel 2014 come successore dello Slavonic Corps. È guidata da Dimitriy Utkin ed è finanziata da Yevgeniy Prigozhin. Attraverso la creazione di entità locali e con il sostegno dei governi locali, Wagner Group finanzia e conduce le sue operazioni. Wagner Group ha guidato gli attacchi contro le città ucraine di Soledar e Bakhmut nel gennaio 2023 e partecipa attivamente alla guerra di aggressione russa nei confronti dell’Ucraina. Wagner Group è pertanto responsabile di fornire un sostegno materiale ad azioni che compromettono e minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.
Ecco: spero che con una migliore comprensione della partecipazione della Wagner ai crimini di guerra arrivi anche la comprensione del fatto che essa, la Wagner, è in una buona misura finanziata proprio dallo Stato russo: almeno attraverso la fornitura dei materiali bellici. Ma tale comprensione sarà, formalmente, il risultato delle future indagini e processi giudiziari verso i quali è stato fatto un altro piccolo passo.
Sembrava una missione impossibile (oppure una delle? ora non importa), ma il «grande» tattico Putin ci è riuscito pure in questa: intervenendo al Forum economico di Budapest, il premier Victor Orban ha dichiarato che l’Ungheria dovrà riconsiderare le proprie relazioni con la Russia a causa della «mutata realtà geopolitica». A causa della guerra e il conseguente peggioramento delle relazioni tra la Russia e l’UE, Orban propone di «pensare seriamente» sulle relazioni con la Russia nei prossimi 10–15 anni.
Tradotto nel linguaggio umano, Orban ha ammesso che nella prospettiva a lungo termine la Russia non ha alcun modello interessante delle relazioni politiche e/o economiche da proporgli. Infatti, le forniture alternative del petrolio e del gas (o le fonti alternative della energia) prima o poi arrivano pure in Ungheria, mentre la Russia putiniana rimane sempre la stessa: molto meno attraente dell’UE.
Lo ha capito – finalmente – pure Orban.
Oppure – molto più probabilmente – ha finalmente sentito la possibilità di iniziare a dirlo pubblicamente.
Ed è così che per Putin è arrivata una nuova grandissima vittoria geopolitica…
Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita le autorità russe a rilasciare il leader dell’opposizione Aleksey Navalny e altri prigionieri politici russi. Il comunicato stampa del Parlamento europeo afferma, poi, che, fino a quando i prigionieri politici non saranno rilasciati, le condizioni della loro detenzione dovranno essere conformi agli impegni internazionali della Russia. In particolare, i deputati chiedono che a Navalny sia consentito di vedere la sua famiglia e di rivolgersi ai medici e agi avvocati di sua scelta.
E poi ci sono altre belle parole sulla guerra in Ucraina e sul destino giudiziario del criminale chiamato Putin.
A questo punto non riesco a capre ben due cose: 1) a chi è rivolta la risoluzione (se non alla coscienza degli eurodeputati che vogliono sentirsi bravi) e 2) quanto bene sia chiara ai deputati europei la totale inutilità pratica del documento da loro prodotto.
Però posso sfruttare l’occasione per informarvi di una idea che mi capita sempre più spesso di sentire da alcuni giornalisti russi: Aleksey Navalny è un prigioniero politico che — mentre persiste il regime putiniano — non verrà liberato, ma nemmeno ucciso su «ordine supremo» proprio perché è una merce di scambio preziosissima. Una merce da utilizzare non per liberare qualche collaboratore importante di Putin (anche perché nessun Stato occidentale si è finora deciso di arrestarne uno, per esempio il ministro degli Esteri Lavrov), ma per ottenere qualcosa di importanza vitale in una situazione di vera emergenza. Navalny è l’oppositore russo con la notorietà e la reputazione più elevati al livello mondiale, quindi può essere scambiato, per esempio, per la possibilità dei vertici russi di fuggire da qualche parte in America latina o su qualche isola oceanica… So che sembra quasi una teoria complottistica, ma ha una sua logica interna.
P.S.: ovviamente, tutto questo non significa che la vita terrestre di Aleksey Navalny non sia quotidianamente a rischio per colpa di un impegno professionale eccessivo dei carcerieri russi.
Sicuramente lo avete già letto. Ieri gli eurodeputati hanno adottato, a maggioranza di voti, una risoluzione per l’istituzione di un tribunale speciale che persegua i vertici politici e militari di Russia e Bielorussia per l’aggressione militare contro l’Ucraina.
Ovviamente sono infinitamente contento per il fatto che si siano finalmente decisi, ma allo stesso tempo capisco benissimo che per ora si tratta solo di una semplice presa di posizione politica. Lo dico non solo perché le risoluzioni del Parlamento europeo non sono vincolanti. Lo dico anche e soprattutto perché capisco bene – come lo capiscono pure molti politici europei – che la maggioranza dei vertici politici russi (ne abbiamo in mente prima di tutto uno) quasi sicuramente non farà in tempo a diventare l’imputato di un tribunale speciale peri crimini di guerra.
Non farà in tempo non perché qualcuno si decida a eliminarlo fisicamente, ma perché è una persona ormai non giovanissima. Attualmente ha 70 anni; chissà quanti ne avrà quando:
a) si arriverà a un compromesso sulla competenza territoriale del giudice (l’istituzione di un tribunale in Ucraina, secondo il diritto internazionale, non è meno logica di un tribunale speciale sul modello di quello dell’Aja);
b) verrà realmente creata la normativa per l’istituzione del tribunale speciale;
c) verranno svolte tutte le indagini;
d) verranno formulate le accuse e individuati i primi imputati;
e) finirà la guerra;
f) gli imputati verranno fisicamente catturati e portati sul territorio del tribunale.
Ecco, ora dovreste immaginare che di anni ne passeranno ancora tanti. Mentre la vita terrestre di ogni umano è naturalmente limitata.
Però la dichiarazione politica del Parlamento europeo è importante. Anche perché potrebbe valere come l’ultimo avvertimento a certi collaboratori dei vertici politici russi.