A quale gruppo potevo dedicare il mio post musicale del sabato nella giornata mondiale della barba? La risposta è ovvia: solo ai ZZ Top!
Molto probabilmente avete letto anche voi che il 28 luglio è morto il bassista storico del gruppo Dusty Hill. Questa notizia triste mi ha fatto pensare che la storia del gruppo possa essere considerata chiusa: i componenti rimanenti dei ZZ Top sono ormai troppo anziani per reinventare l’immagine del gruppo, troppo ricchi per necessitare di sfruttare il proprio passato glorioso e, spero, abbastanza intelligenti per fermarsi in tempo. Anche se non escludo che Billy Gibbons – il più attivo di tutti – possa avere abbastanza idee per continuare la propria carriera sotto qualche altro brand. Ma i veri ZZ Top, intanto, vanno ricordati come uno dei gruppi più impostanti – e sicuramente più divertenti – della storia musicale contemporanea.
Inizialmente avevo voluto essere non troppo banale nella scelta delle canzoni dei ZZ Top per il post musicale di oggi. Avevo dunque selezionato, in qualità della prima canzone, la «El diablo» (dall’album «Tejas» del 1977):
Ma poi ho pensato che un post commemorativo non può non contenere qualche grande classico del gruppo tratto da uno dei loro album migliori. Di conseguenza, ho selezionato la canzone «Sharp Dressed Man» (dall’album «Eliminator» del 1983):
Non escludo di tornare ancora ai ZZ Top in futuro. Lo hanno meritato.
L’archivio del tag «blues»
Ho saputo della musicista statunitense Samantha Fish dopo avere visto, quasi per caso, la sua partecipazione a un concerto con delle canzoni in stile blues. Il fatto in sé mi ha incuriosito: nella mia concezione del mondo una blueswomen è un fenomeno abbastanza raro. O, almeno, è relativamente poco frequente. Ho dunque provato ad ascoltare un po’ della musica della Fish…
Ho scoperto che il blues non è l’unico genere suonato da Samantha Fish: spesso dimostra anche delle evidenti tendenze al rock e ad alcune correnti meno note di quest’ultimo. La qualità della musica è in ogni caso spesso a un buon livello, quindi può essere pubblicizzata anche in questa sede. Data la discontinuità stilistica, non tento però di selezionare qualcosa di più rappresentativo e scelgo quasi a caso.
Inizierei con qualcosa del periodo iniziale. Per esempio, con la canzone «Money To Burn» (dall’album «Runaway» del 2011):
E poi metto la «Blood In The Water» (dall’album «Belle Of The West» del 2017):
Ok, ora nella mia collezione personale degli autori da studiare meglio c’è un nome in più.
Il bluesman Little Walter – che proprio oggi avrebbe potuto compiere 91 anni – è considerato uno dei più grandi armonicisti della storia. Nella storia ufficiale della musica viene prima di tutto ricordata la sua composizione strumentale «Juke» del 1952:
Ma in realtà nel corso di una vita relativamente breve Little Walter ha fatto in tempo a registrare molti brani che meritano una nostra attenzione. Quindi la seconda composizione del post odierna è stata scelta quasi per caso… Facciamo che sia la «Last Night»:
Ho saputo che il 22 novembre è uscito il film «Belushi»: come potete facilmente immaginare, è dedicato a quel pazzo – nel senso positivo – di John Belushi. Non ho ancora visto il film e non so quando lo farò, ma intanto…
Non sono particolarmente interessato alla televisione, quindi per me John Belushi rimane un interessante fenomeno musicale e cinematografico. Quindi il post musicale di oggi è dedicato a The Blues Brothers, il gruppo creato da John Belushi e Dan Aykroyd nel 1978. Di quel poco (relativamente) che hanno fatto in tempo a comporre prima della morte di Belushi nel 1982, per il post di oggi ho selezionato le seguenti due canzoni.
La prima è la «Hey Bartender» (dall’album «Briefcase Full of Blues» del 1978):
E la seconda è «Riot In Cell Block Number Nine» (dall’album «Made in America» del 1980):
Il 23 ottobre è uscito il nuovo album di Joe Bonamassa: «Royal Tea». E dato che per me si tratta di un evento culturale importante, non posso non dedicarne un post della mia rubrica musicale.
La prima canzone del nuovo album che ho selezionato è «Why Does It Take So Long to Say Goodbye»:
E la seconda canzone tratta dallo stesso album è «A Conversation With Alice»:
Bene, almeno dal punto di vista musicale non è un anno perso.
Nella storia musicale esistono due «edizioni» di Chris Rea: pre- e post malattia. Nella seconda fase della sua carriera musicale – più o meno dall’inizio degli anni 2000 – Rea mostra delle tendenze più nette al blues. Proprio a questa fase è dedicato il mio post musicale di oggi.
La prima canzone selezionata è la «Dancing the Blues Away» (dall’album «Stony Road» del 2002):
E la seconda è «The Last Open Road» (dall’album «Santo Spirito Blues» del 2011):
Se qualcuno mi avesse chiesto perché non pubblico qualcosa del rock o blues russo, io avrei risposto di avere almeno due motivi validi. Uno di questi è la lingua.
Per fortuna, però, almeno in questo senso esistono anche delle eccezioni.
L’eccezione che vi propongo oggi è Sergey Voronov con il suo gruppo Crossroadz (i nomi vecchi del gruppo sono Crossroads e X-Roudz) formato nel 1990. Non è il suo unico gruppo, probabilmente nemmeno il più originale, ma cominciamo pure da esso.
Ho riflettuto per un po’ di tempo sulla opportunità di invertire l’ordine delle canzoni scelte, ma poi ho comunque trovato le forze per seguire la cronologia degli eventi.
La prima canzone selezionata è la «Diamond Rain» (dall’album «Between» del 1993):
La seconda canzone scelta per oggi è la «We Were Meant to Be» (dall’album «Irony» del 2009):
Finalmente un nome non banale.
Qualche tempo fa ho scoperto una versione interessante di una nota canzone: B. B. King canta la sua «The Thrill Is Gone» assieme a Tracy Chapman. Non male.
E, per rispettare la tradizione dei due video musicali, aggiungo una versione live della stessa canzone. Essa è interessante per una grande (in tutti i sensi) partecipazione:
Il musicista e cantante J. J. Cale è noto prevalentemente come l’autore di molte canzoni di Eric Clapton. Va comunque ricordato che egli stesso registrò, nel corso della propria carriera, dieci bellissimi album. Così, oggi ho pensato di utilizzare per il post musicale del sabato la sua canzone «I Got The Same Old Blues» facente parte dell’album «Okie» (uscito nel 1974).
Possiamo confrontarla con la «I Got The Same Old Blues» cantata da Eric Clapton:
Oppure confrontarla con la interpretazione «Same Old Blues» cantata da Captain Beefheart (inserita nel suo album «Bluejeans & Moonbeams» sempre del 1974).
Sono talmente diverse che non so scegliere la versione migliore.
Un giorno ho pensato: se nella mia vita è tanto importante la musica di qualità, perché non la condivido mai con gli altri?
Lo stesso giorno mi sono risposto da solo: perché sono pigro.
Da oggi provo a combattere la propria pigrizia. Quindi provo a iniziare a postare con una certa regolarità quella musica che mi sembra meritevole della vostra attenzione. Per esempio, posso partire con una bellissima collaborazione di due geni: la cantante Beth Hart e il chitarrista Joe Bonamassa:
Questa versione della canzone «I’ll take care of you» fa parte del loro album «Don’t Explain» del 2011.
Bonus Track: se e quando volete dimostrare a qualcuno/qualcuna che le droghe e l’alcol fanno male, mostrategli questa esibizione di Beth Hart del 1999 (si potrebbe fare il paragone «con-e-senza-droghe» mostrando entrambi i video di oggi):
Infine si potrebbe aggiungere che il talento è una roba molto resistente alle sostanze nocive, ma è comunque meglio non rischiare.