L’archivio del tag «bielorussia»

La lettura del sabato

I lettori europei, molto probabilmente, non se ne sono ancora accorti (ed è normale, non hanno il bisogno «pratico» di accorgersi di certe cose), ma una delle principali somiglianze tra la Russia e la Bielorussia degli ultimi anni consiste nel fatto che la maggioranza delle cose che succedono in Bielorussia possono essere considerati un anticipo di quello che succederà nei prossimi mesi – rispetto all’evento originale – in Russia. Ogni atto repressivo, ogni riduzione dei diritti dei cittadini, ogni passo verso un maggior autoisolamento del Paese adottato in Bielorussia viene dopo qualche tempo imitato dagli abitanti del Cremlino di Mosca.
Una delle principali differenze (per ora) consiste nel fatto che il regime di Lukashenko può permettersi di essere più feroce. O, in alcune occasioni, cercare di sfruttare la propria reputazione negativa e fingere di essere feroce.
Per esempio: alla fine di giugno un tribunale bielorusso ha condannato a morte il cittadino tedesco Rico Krieger con l’accusa di aver commesso un atto terroristico. Secondo le indagini, Krieger avrebbe organizzato una esplosione alla stazione ferroviaria di Ozerische – alla periferia di Minsk – utilizzata dai militari. Nessuno è rimasto ferito nell’esplosione, mentre i danni ammontano a poco più di 500 dollari americani.
Ora il condannato e il Governo tedesco sono logicamente spaventati: perché non si rendono del tutto conto che si tratta non di una vera condanna, ma di un modo tipico locale di prendere un ostaggio occidentale per effettuare uno scambio sicuro con qualche personaggio utile a Lukashenko detenuto (per un reato reale) in Germania. In questo specifico caso si presume che sia utile un personaggio tanto caro a Putin (il principale sponsor di Lukashenko), ma si tratta delle voci che non posso commentare.
Lo Stato russo, per ora, non è ancora arrivato al punto di condannare a morte gli ostaggi occidentali (anche perché la pena di morte in Russia è sospesa dal 1997) e si limita a condannarli a tanti anni di reclusione. Ma nessuno può garantire che un giorno non segua l’esempio bielorusso.
Voi, intanto, seguite il link di cui sopra e leggete dell’ostaggio tedesco.


Una prova di allarmismo

Oggi provo a esercitarmi in una attività a me poco tipica: l’allarmismo.
Probabilmente avete già letto che il 21 agosto l’ambasciata statunitense a Minsk ha chiesto ai cittadini americani di lasciare immediatamente la Bielorussia. Si tratta di un segnale molto preoccupante. La volta scorsa — almeno tra i casi che seguo io — il Dipartimento di Stato statunitense aveva invitato i propri connazionali a lasciare l’Ucraina alla vigilia della guerra iniziata il 24 febbraio 2022. Nonostante il nostro logico scetticismo dell’epoca, gli americani avevano in realtà avuto ragione.
In quale contesto è stato diffuso l’invito a lasciare la Bielorussia? Il 1° settembre 2023 in Bielorussia inizieranno le esercitazioni militari della CSTO (l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva; ne fanno parte appena sei Stati: Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan: indovinate chi comanda). Le cariche nucleari tattiche sono state trasferite in Bielorussia già da mesi. Ci si può aspettare qualsiasi provocazione, da un attacco all’Ucraina a un attacco al corridoio di Suwałki. Una provocazione messa in atto dall’esercito bielorusso, le unità militari russe, le unita della Wagner ancora fisicamente esistenti. È anche possibile che, sotto la copertura delle esercitazioni, Lukashenko venga buttato giù dal trono con la forza e la Bielorussia venga annessa.
Ormai sappiamo che da un certo personaggio ci si può aspettare qualsiasi cosa. Come minimo, non lascerà la maggioranza degli occidentali a far passare la guerra in sottofondo. E pensate a chi vive in quelle zone.


Il futuro campo della Wagner?

Nella regione di Mogilev, vicino alla città di Osipovichi (in Belorussia), sarebbero iniziati degli importanti lavori edili sul territorio di una unità militare. Il canale Telegram «Bielorussia celebrale» pubblica le immagini satellitari in base alle quali il 14 giugno non c’era ancora alcuna costruzione nella zona, mentre le immagini scattate il 27 giugno mostrano già delle costruzioni. Si presume che nei pressi di Osipovichi si stia costruendo un campo per le unità della PMC Wagner che avrebbero lasciato la Russia dopo la fine della «rivolta» di Evgeny Prigozhin. Il campo sarebbe progettato per circa otto mila uomini.
L’avanzamento dei lavori di questa opera specifica potrebbero essere seguiti anche con l’aiuto di Google.

Con l’aiuto del cervello, invece, possiamo facilmente immaginare che nemmeno la costruzione del campo più bello al mondo più garantire una vita lunga a Evgeny Prigozhin o a[l regime di] Vladimir Putin. E, soprattutto, non abbiamo ancora visto alcuna traccia della emigrazione di massa dei membri della Wagner: se pensiamo infatti, che in un normale camion attrezzato al trasporto dei militari ci stanno circa trenta persone o che una tenda militare ci sta una quantità molto ridotta di persone, ci rendiamo conto di non avere visto alcuna immagine satellitare che testimonierebbe il reale spostamento di massa dei combattenti.
Quindi continuiamo a osservare la situazione con tanto scetticismo. E curiosità.


Un po’ di analisi fotografica

Bene, per la seconda giornata di fila scrivo di Alexander Lukashenko.
Questa è la sua foto del 9 maggio 2023 scattata durante la parata sulla Piazza Rossa a Mosca:

Mentre questa sarebbe la sua foto scattata ieri, il 15 maggio 2023, a Minsk (dopo le voci riguardanti la sua prolungata assenza):

Lasciando da parte le reazioni e le emozioni che provoca la seconda foto, riconosco di essere vicino al chiedermi se si tratti di a) della stessa persona, b) di due persone. Sì, punto.


Ieri pomeriggio alcuni giornalisti si sono accorti che il presidente bielorusso autoproclamato Alexander Lukashenko – che non appare in pubblico dal 9 maggio – non si è presentato nemmeno al festeggiamento ufficiale della Giornata della bandiera, dello stemma e dell’inno, che si celebra in Bielorussia il 14 maggio. Il 9 maggio Lukashenko aveva partecipato alla parata per il Giorno della Vittoria a Mosca, ma ha saltato una colazione informale con il Presidente russo Vladimir Putin e, a quanto pare, sarebbe partito in anticipo per Minsk a causa di problemi di salute. In molti ipotizzano ora che Lukashenko sia gravemente malato o addirittura morto. I portavoce di Lukashenko non diffondono alcun comunicato e non rispondono alle domande dirette de giornalisti.
Ah, sì: alcuni sostengono che il 9 maggio Lukashenko era a Mosca con un catetere mascherato in questo modo:

Ovviamente io non intendo commentare (o partecipare alla creazione) le varie voci, ma non posso non menzionarne una veramente strana (in qualche modo poteva arrivare anche a voi). C’è chi sostiene che Lukashenko sia in fase di eliminazione da parte dello Stato russo. Il motivo sarebbe l’utilizzo del territorio, dell’esercito e delle risorse bielorussi per la guerra in Ucraina: quell’utilizzo al quale Lukashenko è sempre riuscito a opporsi.
Ebbene, a me sembra una ipotesi un po’ stupida. Certo, Putin e i suoi collaboratori hanno già combinato diverse cose molto stupide – a cominciare dal fatto stesso di attaccare l’Ucraina –, ma contare sul fatto che poche decine di militari preparati e attrezzati non meglio di quelli russi possano cambiare qualcosa nell’andamento della guerra sarebbe una manifestazione di disperazione totale. Se Putin non lo capisce, le sue condizioni mentali sono infinitamente peggio di quanto pensassi.
E sembrava impossibile…


La non proliferazione

La notizia dei missili russi in Bielorussia non mi sembra tanto preoccupante dal punto di vista della sicurezza del nostro pianeta (è più preoccupante la disponibilità di quei missili nelle mani sbagliate di sapete chi). Quindi volevo solo constatare: il discorso idiota sull’uranio era di fatto solo una introduzione, un pretesto. Nella mia testa avevo ipotizzato una cosa del genere, ma la logica mi era sembrata troppo primitiva pure per il ricercato Putin.

Ovviamente, spera che tutti si spaventino fino lasciargli l’Ucraina…


L’utilità del male

A volte nella vita capitano delle situazioni strane in cui il male agisce a favore del bene. Non lo fa apposta (come non fa delle cattiverie tanto per farle), ma solo perché in quelle determinate circostanze è convinto di tutelare i propri interessi. Si tratta di una coincidenza casuale.
Per esempio: pensiamo al presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko. Con il Covid-19 e la guerra in Ucraina molte persone potevano essersi un po’ dimenticate dell’«ultimo dittatore europeo», del suo modo di condurre la politica interna in generale e della sua reazione alle proteste post-elettorali del 2020 in particolare. Ma Lukashenko esiste, è sempre al suo posto, e sempre dalla parte del male…
Ebbene, da oltre nove mesi sta resistendo alle pressioni di Putin e sta evitando di sostenerlo, nella guerra con l’Ucraina, con le forze militari bielorusse. Ovviamente non lo fa per l’amore verso gli ucraini o verso i propri militari. Lo fa perché ha paura – a ragione – di perdere il potere a causa dell’andamento della guerra. Proprio grazie a questo vengono salvate decine di migliaia di vite umane e l’Ucraina non è costretta a combattere su un fronte ancora più lungo. Il male sta agendo a favore del bene.
A questo punto posso aggiungere solo una constatazione: decine di miliardi di dollari regalati da Putin a Lukashenko sono stati sprecati. Lo «Stato unitario» tra la Russia e la Bielorussia sembra sempre più un fantasma.


L’antiterrorismo bielorusso

A partire da oggi in Bielorussia è stato introdotto il cosiddetto «regime di operazioni antiterrorismo»: secondo il Ministero degli Esteri bielorusso tale misura è necessaria a causa delle «provocazioni» pianificate da «alcuni Stati vicini». Le presunte provocazioni, secondo il ministro (il quale, ovviamente, sta solo trasmettendo le idee del proprio capo), «comporterebbero l’occupazione di alcune parti del territorio bielorusso».
Dopo avere letto la notizia, ho provato a ricordarmi chi ci sia – di così terrificante e aggressivo – lungo i confini bielorussi. Per quanto mi sforzassi, non sono proprio riuscito a ricordarmi alcun candidato realistico… E voi avreste qualche idea in merito?
Io, per esempio, mi sono ricordato solo delle esercitazioni militari congiunte russo-bielorusse «Union resolve – 2022» che si erano tenute dal 10 al 20 febbraio di quest’anno. Tali esercitazioni si erano svolte sul territorio bielorusso. Uno dei dettagli più interessanti di quelle esercitazioni consiste nel fatto che le truppe russe non sono mai rientrate alla base. Non sono tornate non perché i bielorussi le abbiano usate come «materiale di studio pratico». Semplicemente, una parte di esse è andata in territorio ucraino, mentre l’altra parte è rimasta in territorio bielorusso per qualche motivo sconosciuto. È così che quelli che sono rimasti in qualche modo sembrano, più di tutti gli altri candidati, dei potenziali terroristi-provocatori.
Attendo quindi, con un interesse enorme, l’inizio della fase attiva della operazione antiterroristica bielorussa, ahahahaha


Le innovazioni nello Stato unitario

Come molti di voi sanno (forse) la Russia e la Bielorussia fanno parte (in teoria) di uno Stato unitario. Di conseguenza, dobbiamo ricordare che pure le innovazioni tecnologiche seguono – in Russia e in Bielorussia – una strada unica. Ieri ho scritto di uno robot cinese che è stato spacciato per uno robot «militare» «innovativo» «russo». Oggi, invece, vi racconto brevemente di una innovazione analoga bielorussa.
Lunedì si è svolta la presentazione di un nuovo modello della moto «Minsk» (del produttore bielorusso esistente dal 1951). In tale occasione, il direttore della azienda Nikolai Ladutko ha raccontato al presidente Aleksandr Lukashenko che il nuovo modello sarebbe realizzato con le componenti di produzione cinese, ma su progetto tecnico ideato e sviluppato all’interno della azienda.

Lukashenko ha rimproverato Ladutko per il fatto che le singole componenti della moto non vengano prodotte in Bielorussia ma, ovviamente, non si è accorto che si tratta della moto francese Mash X-Ride 650 Classic (la quale viene assemblata in Cina) con l’adesivo «Minsk» applicato sul serbatoio (non so dove sia stato stampato l’adesivo)..

Insomma, entrambi i presidenti possono essere facilmente ingannati allo stesso identico modo.


I profughi bielorussi

Uno degli aspetti piccoli – quasi invisibili – ma non da considerare poco importanti di questa guerra in Ucraina è il destino di molti immigrati politici bielorussi. Infatti, dopo le elezioni presidenziali super falsate del 2020 e le proteste popolari che ne sono seguite, molti oppositori al regime di Aleksandr Lukashenko erano fuggiti dalle repressioni verso i vari Paesi confinanti con la Bielorussia. Moltissimi sono andati in UE (per esempio, 178 mila bielorussi erano andati in Polonia), ma una quantità non irrilevante dei profughi aveva preferito di andare in Ucraina: uno Stato libero, con delle buone tendenze a una vera democratizzazione e, allo stesso tempo, con la lingua e l’ambiente favorevoli a un facile adattamento. In base ai dati che mi è capitato di leggere, circa 3,5 mila bielorussi avevano trovato un rifugio in Ucraina.
Ecco, ora quelle 3,5 mila persone sono costrette a valutare nuovamente l’opportunità di scappare. Scappare da qualche altra parte. Certo, alcuni di loro hanno già deciso di rimanere sul territorio ucraino e partecipare, in qualche modo, alla difesa della loro nuova casa dalla aggressione russa. Ma molti altri si stanno spostando verso l’Europa.
Io spero che l’Europa riesca a pensare a più tipi di profughi alla volta. O, meglio ancora, non farne troppa distinzione.