Perché sulle sigarette lo scrivono e sulle armi no?
Si vede che il Capitan Ovvio ha abbassato la guardia…
L’archivio del tag «armi»
Tanti di voi conoscono il nome di Mikhail Kalashnikov, l’ingegnere al quale viene attribuita l’invenzione del famoso fucile AK-47 (in realtà sulla paternità della invenzione ci sono dei grandi dubbi). Mikhail Kalashnikov morì il 23 dicembre 2013 all’età di 94 anni.
A Izhevsk, la città nella quale viene prodotto l’AK-47, è stato installato il suo busto.
Ma pure un monumento intero.
Mentre in Egitto esiste un monumento dedicato al fucile.
Martedì 19 settembre 2017 a Mosca è stato invece inaugurato un monumento a entrambi.
Il piedistallo di granito è alto 4 metri, mentre la statua di bronzo 5,8. La «qualità» artistica si vede già dalla foto. E, effettivamente, non si poteva aspettare di più dal suo autore Salavat Sherbakov, già noto per diverse altre statue di valore discutibile.
Oltre all’aspetto estetico, il monumento si distingue per lo schema del fucile tedesco STG44 raffigurato sul piedistallo: non si capisce se lo scultore non sappia distinguere i due fucili oppure abbia voluto immortalare il plagio di Kalashnikov…
Ma l’aspetto più curioso sono le parole del ministro della cultura russo Vladimir Medinsky (un personaggio stranissimo) che nel corso della inaugurazione del monumento ha definito l’AK-47 «uno dei più grandi brand culturali della Russia». Probabilmente vi sembrerà strano, ma io avrei preferito che la Russia avesse qualche altro brand culturale al posto di un «kalashnikov». Quindi aggiungo l’ultima opera del grande caricaturista russo Sergey Elkin:
Preciso, infine, che la produzione dell’AK-47 non apporta alcun vantaggio alla economia russa. Pur essendo una delle armi più usate al mondo dagli ’50 in poi, esso non viene esportato nel mondo dalla Russia. Viene invece prodotto, su licenza e non, in più di 20 Stati del mondo.
Verso le 3 di stanotte a Sesto San Giovanni (una cittadina praticamente attaccata a Milano) è stato ucciso Anis Amri. Quest’ultimo è l’autore dell’attentato con il camion a Berlino (19 dicembre 2016). Cosa posso dirne? Prima di tutto, complimenti a Luca Scatà per la prontezza e buona guarigione al suo collega Christian Movio ferito.
Poi, però, mi vengono in mente quelle indecenti polemiche sull’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine che sento con una buona periodicità da quando seguo le notizie legate all’Italia (quindi da anni). Secondo me i «nemici» delle armi in dotazione ai poliziotti devono unire gli sforzi con quelli del «tutti gli immigrati sono vittime innocenti».
Solo in questo modo la lotta per il Natale con dei ricchi fuochi d’artificio sarà realmente efficiente.
Molto probabilmente alcuni di voi hanno già letto di questo mobile da poco in commercio in Russia:
È un letto per bambini e il suo nome ufficiale è «Letto — sistema missilistico BUK». Costa 10.000 rubli (circa 130 euro secondo il tasso di cambio odierno) ed è disponibile in due modelli: S (80×140 cm) e M (80×160 cm). Se volte il link, eccolo.
In questo momento non ho l’intenzione di giudicare il vanto per l’aver abbattuto un aereo civile con 298 persone a bordo o la militarizzazione della vita dei bambini. Voglio raccontarvi che queste manifestazioni non si sono materializzate ieri.
Già da diversi anni alla parata del Giorno della Vittoria (9 maggio) si possono osservare i bambini vestiti in questo modo:
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Dopo l’attacco terroristico avvenuto a Monaco di Baviera il 22 luglio, alcuni politici tedeschi hanno avanzato la proposta populista di rendere più severe le leggi sull’acquisto delle armi da parte dei privati. Si tratta di populismo per due banalissimi motivi: 1) i terroristi e i criminali non comprano le armi in modo legale; 2) l’incapacità dei cittadini di difendersi non comporta l’azzeramento dei pericoli da cui doverebbero poter difendersi.
I cittadini privati maggiorenni fisicamente e mentalmente sani, senza precedenti penali, non appena tornate dalle zone di guerra e capaci di custodire le armi in modo sicuro devono avere la possibilità di possedere le armi da fuoco corte. Solo questo aiuterà a abbassare notevolmente la delinquenza quotidiana (autodifesa e prevenzione: «chissà se quella tipa che voglio violentare ha una pistola in borsa?») e di fermare in modo tempestivo i terroristi (se il camionista di Nizza non fosse stato sparato in meno di un minuto, cosa avrebbe fatto in tempo a fare? e se ci fosse stata più gente in grado di spararlo?). Se non vi è mai capitato di trovarvi in una situazione di pericolo – anche banale: trovarvi di fronte a un cane super aggressivo – fidatevi della mia esperienza: costretti dalla voglia di vivere, siamo tutti capaci di sparare. Vi dirò di più: molti di noi, pur essendo molto pacifici nella vita reale, non si fermeranno prima di svuotare tutto il caricatore contro il proprio aggressore.
E, ovviamente, devo fare una precisazione importante. Il «far west» non è quando tante persone hanno una pistola in tasca. Il vero «far west» è quando i pochi armati si sentono dei padroni del mondo. La diffusione delle armi tra la popolazione aiuta a contrastare il vero «far west».
Se torniamo ai tristi avvenimenti in Germania, c’è da constatare anche il fatto che negli ultimi 44 anni la polizia tedesca non ha fatto alcun progresso nelle capacità di reagire agli attacchi terroristici. Così, la notte tra il 22 e il 23 luglio ha bloccato l’intera città perché non si era accorta del suicidio del terrorista e del fatto che ce n’era solo uno. La sera del 24 luglio, invece, dopo l’esplosione ad Ansbach ha costretto gli spettatori di un concerto di lasciare l’area protetta (quella del concerto, appunto) e di camminare in massa per le vie buie fino a casa o albergo. In questo ultimo caso un terrorista furbo avrebbe pensato di poter fare esplodere un petardo al concerto per poi sparare la grande massa di persone cacciate via dalla polizia.
Il presidente russo Vladimir Putin non ha la fama di un grande apologeta della democrazia. In Occidente, però, non tutti sanno della grande attenzione che egli presta al rispetto delle formalità. Infatti, non si sveglia mai con il pensiero di emanare un ordine del tipo «per la Nostra altissima volontà il diritto X dei cittadini da oggi viene ridotto a livello Y». Per ogni azione che ritiene necessaria da compiere fa approvare una apposita legge alla Duma. In sostanza, vuole che tutto sia fatto «a norma di legge».
Uno dei difetti del sistema descritto è la riduzione del Parlamento al rango della segreteria del Presidente: il primo si limita ad approvare le norme volute dal secondo.
Il 3 luglio 2016, però, è successo un fatto eccezionale: per la prima volta le formalità non sono state rispettate. Infatti, Vladimir Putin ha firmato un testo di legge diverso da quello votato dalla Duma e approvato dal Consiglio Federale. La cronologia dei fatti è la seguente:
21 giugno 2016 la Duma approva la Legge Federale n. 150/2016 «Sulle armi». Una delle norme della legge stabilisce che il permesso per la detenzione di armi da fuoco viene concesso al cittadino privato per un periodo di 10 anni.
3 luglio 2016 Vladimir Putin firma una testo della legge che contiene una durata del permesso diversa: pari a 5 anni.
6 luglio 2016 la «Rossiìskaja Gazeta» (l’analogo russo della Gazzetta Ufficiale) pubblica il testo della legge: sulla versione cartacea il periodo è di 10 anni, mentre sulla versione online è di 5 anni. Alcuni esperti se ne accorgono e si scatena il caos delle opinioni sulle possibili soluzioni del problema.
Molto brevemente (e in parole comprensibili) spiego la situazione. Il presidente non ha il diritto di modificare la legge approvata dal Parlamento ma solo firmarla o rifiutarsi di farlo. Nella seconda opzione può rimandarla al Parlamento per delle modifiche. Alcuni esperti del diritto costituzionale russo sostengono, quindi, che la divergenza tra i due testi di legge possa essere interpretata come il rifiuto di firmare il testo della legge nella sua formulazione attuale (in questo caso non è chiaro perché il testo sia stato pubblicato dalla stampa giuridica ufficiale). Il portavoce di Putin, invece, sostiene che si tratta solo di «un errore nei database di vari siti web, compresi quelli istituzionali» (una palese stronzata, visto che sono gli stessi database che i deputati consultano nel corso delle votazioni).
Io non so ancora come verrà risolto il caso. Sicuramente vi terrò aggiornato. Ma, intanto, faccio una proposta a coloro che intendono scrivere una tesi di laurea in diritto pubblico: provate a ipotizzare un errore simile fatto dalle istituzioni italiane. Quali soluzioni potreste proporre? Quali misure di correzione dovrebbero essere codificate?
Oggi vi racconto una piccola storia sul funzionamento dell’Esercito russo.
Questo tipo è il tenente-generale Aleksander Shevchenko che attualmente si trova a capo del Dipartimento dei mezzi blindati del Ministero della Difesa russo.
Non chiediamoci, almeno per ora, come faccia a mantenere il proprio incarico portando un cognome ucraino e andiamo avanti.
Questo, invece, è l’ultima versione di UAZ Patriot (modificato dal produttore appositamente per le necessità dell’Esercito):
Evito di farvi vedere la foto del presidente russo Vladimir Putin perché, molto probabilmene, sapete già che aspetto ha.
Quando i tre si incontrano (come è successo, per esempio, ieri nel corso della ispezione da parte di Putin dei nuovi mezzi militari), Shevchenko cerca di aiutare Putin ad aprire la portiera (lato passeggero) della UAZ. Il generale Shevchenko non prende lo stipendio per nulla, si impegna tanto, quindi strappa la maniglia della portiera.
E cerca di nasconderla seguendo la vecchia saggezza russa: le foglie vanno nascoste nella foresta.
Concludo con il video di questa operazione speciale:
Se mi chiedete come vanno le cose in Ucraina, io vi dico per ora le cose stanno viaggiando verso l’Ucraina:
Il video è stato girato nella periferia della città russa di Taganrog, più precisamente in questa zona.
La ferrovia in questione va verso la città di Donetsk.
Nella notte tra il venerdì 5 dicembre e il sabato 6 dicembre un An-124-100 russo aveva fatto un atterraggio di emergenza nell’aeroporto nigeriano di Kano. Le possibili cause sono tre e ora non ci interessano.
Ci interessa, prima di tutto, il fatto che l’aereo appartiene a 224LO, una azienda controllata dal Ministero della Difesa russo. Da più di vent’anni questa azienda si occupa del traporto aereo commerciale nelle zone di guerra in tutto il mondo. Guadagnando, naturalmente, delle somme importanti per il Ministero.
In secondo luogo ci interessa il fatto che l’aereo in questione (numero RA-82038) stava effettuando il volo dalla capitale della Repubblica Sudafricana Bangui verso la capitale del Ciad N’Djamena. A bordo c’erano 18 russi e 2 francesi, 2 elicotteri Gazelle e le eliche di scorta, un fuoristrada blindato, diverse casse con i Kalashnikov etc. Tutto il carico era destinato, in teoria, alla base francese Istres-Le Tubé. A questo punto potete pure vedere il relativo manifesto di trasporto.
La prima reazione del Ministero degli Esteri russo è stata, come spesso capita, curiosa. In un primo momento è stata negata l’appartenenza dell’aereo alla Russia. In un secondo momento si è sostenuto che si tratterrebbe di un aereo russo con l’equipaggio francese. Poi, finalmente, è stata ammessa pure la composizione del personale a bordo. I due francesi, come ora sappiamo, erano degli ufficiali che stavano accompagnando il carico alla destinazione.
L’ambasciatore francese a Lagos, intanto, aveva precisato che l’aereo doveva trasportare solo i due elicotteri Gazelle con le eliche.
E’ abbastanza logico supporre, a questo punto, che tutte quelle armi il cui trasporto la Francia non aveva ordinato, erano in realtà un carico aggiunto di nascosto e destinato ad essere scaricato allo stesso modo in Nigeria. Perché è evidente che il movimento terroristico Boko Haram, attivo nella regione, pur non essendo in grado di produrre armi e munizioni (come tutto il resto, tranne le banane) se li procura da qualche parte. E tutti i Governi africani arrestano con una certa periodicità quegli aerei che trasportano i carichi bellici sospetti.
Evidentemente, questa volta i diplomatici russi e francesi sono riusciti a convincere il Governo nigeriano della appartenenza di tutto il carico all’esercito francese. Infatti, la sera dell’8 dicembre l’An-124-100 era stato rilasciato. A questo punto, però, dobbiamo chiederci sui veri motivi della visita improvvisa di François Hollande a Mosca il 6 dicembre.