Ieri, il 2 giugno, il 93-enne editore statunitense Rupert Murdoch si è sposato per la quinta volta: con la 67-enne Elena Zhukova, l’ex suocera del noto a tanti di voi Roman Abramovich.
No, non mi sono dato alla cronaca mondana. No, non voglio scendere a quei livelli dove si commenta la quasi certa fortuna matrimoniale di un tipo determinato di qualcun*.
Volevo solo sottolineare quanto mi fa ridere il solo pensiero su come sta sbattendo ora la testa contro il muro Abramovich. E su quante bestemmie infuocate riecheggiano ora nei corridoi del Cremlino di Mosca.
Anche se io, da persona razionale, capisco che una suocera «in funzione» di Abramovich non avrebbe potuto diventare, in questo periodo storico, la moglie di Murdoch: i giuristi gli avrebbero spiegato tutti gli argomenti contro un evento del genere. Proprio quegli argomenti che nel Cremlino, molto probabilmente, non capiscono…
L’archivio del tag «abramovich»
Le autorità britanniche hanno vietato alla Fondazione per le vittime di guerra di utilizzare il denaro ricevuto dalla vendita della squadra di calcio del Chelsea (circa 2,35 miliardi di sterline) da parte di Roman Abramovich al di fuori dell’Ucraina. Lo ha dichiarato Mike Penrose, il responsabile del fondo, in un articolo per il Times. Secondo quanto sostiene Penrose, prima della vendita del Chelsea, le autorità britanniche e Abramovich avrebbero raggiunto un accordo in base al quale la Fondazione avrebbe gestito il ricavato, utilizzandolo per aiutare «tutte le vittime della guerra in Ucraina». Questo accordo, scrive Penrose, è stato fissato nei documenti di vendita approvati dal governo britannico. Un anno più tardi, però, il governo britannico ha imposto una nuova condizione, secondo la quale la fondazione avrebbe ricevuto il denaro solo se avesse limitato le sue attività ai «confini geografici dell’Ucraina» (e io mi chiedo: quindi anche in Crimea?). La Fondazione non è d’accordo con questa condizione, poiché ritiene che i fondi disponibili dovrebbero essere utilizzati per aiutare i rifugiati ucraini in diversi Paesi, compreso il Regno Unito. Per esempio, la Fondazione potrebbe fornire assistenza alle persone e alle comunità che ospitano i rifugiati oppure assumere esperti internazionali per aiutare le organizzazioni ucraine in questioni come l’istruzione dei bambini che arrivano dall’Ucraina.
A prima vista, la decisione del governo inglese potrebbe sembrare molto strano e in qualche misura stupido. Ma posso anche immaginare la sua logica: nessuno vuole assumersi il rischio di destinare i soldi di un «oligarca» russo rimasto in Russia alle persone il cui status delle vittime non certo al 100%. E la certezza assoluta, purtroppo, non è possibile nemmeno in una situazione così tragica come una guerra. Per esempio: in ogni guerra esistono, purtroppo, i collaborazionisti (i quali, trovandosi sul territorio attaccato, almeno involontariamente utilizzeranno qualche parte dei soldi per il sostegno dell’economia locale). Oppure: chi sono tutti quei maschi ucraini giovani, in età da arruolamento nelle forze di difesa popolare, e apparentemente in piena salute che dopo l’inizio della guerra sono arrivati in Europa autodefinendosi profughi? (Io ne ho visti anche in Italia.) Potrei elencare anche qualche altra domanda, ma penso che i dubbi del governo inglese siano già un po’ più comprensibili. Ai profughi destineranno altri soldi.