La lettura del sabato

In queste cose non esiste il «troppo tardi»: questa settimana «Mediazona» ha finalmente pubblicato un’inchiesta sulla tanto sbandierata (da parte di sapete chi) «efficacia» della PMC Wagner. Utilizzando l’esempio concreto dello studio delle perdite subite durante i tentativi di conquistare il Bakhmut ucraino, l’articolo mostra ciò che prima si sapeva, in generale, solo da voci e dati sparsi: Prigozhin ha semplicemente (e secondo la vecchia tradizione russa) ammassato il fronte di carne da macello.
Come spesso accade in questi casi, la procedura di indagine in sé non è meno interessante del suo risultato.


Ieri, il 14 giugno, c’è stato il 160-esimo anniversario dalla nascita dello psichiatra e neuropatologo tedesco Aloysius «Alois» Alzheimer.

Ovviamente, nessuno se n’è ricordato.
Nemmeno chi sta leggendo ora questo post.
Riflettete.


No, non è una barzelletta

A volte mi capita di leggere delle notizie che nella mia testa non sarei riuscito a inventare nemmeno da ubriaco… Non avendo mai assunto altre sostanze, non posso dire con certezza se almeno esse mi avrebbero «aiutato».
Il Ministero della Giustizia russo ha chiesto la liquidazione della fondazione benefica «Insieme contro il nazismo». Il colloquio preliminare sulla causa è previsto per il 21 giugno. Il direttore della fondazione, Alexander Zabara, ha dichiarato di avere già subito pressioni da parte delle autorità russe a causa di finanziamenti stranieri (in base a una legge alla quale si è ispirata anche la recente legge georgiana della quale avete sicuramente letto o sentito parlare). La richiesta della chiusura – che ora dovrebbe avvenire in via giudiziaria – si fonda proprio sul fatto dei finanziamenti stranieri.
La fondazione «Insieme contro il nazismo» è stata istituita nel 2016. Sul sito web della organizzazione si legge che essa si impegna ad aiutare gli ex prigionieri dei campi di concentramento nazisti: oggi in Russia ci sono più di 140 mila ex prigionieri minorenni dei campi di concentramento, di cui quasi 60 mila con disabilità. Si tratta di persone anziane, di età superiore ai 73 anni.
È realmente «curioso» leggere tale notizia nel contesto globale della politica che sta attualmente conducendo lo Stato russo.


Una piccola prova nuova

Nel contesto di tutto quello che sta succedendo da quasi due anni e mezzo tra la Russia e l’Ucraina, sembra una notizia abbastanza piccola, un dettaglio quasi invisibile: i giornalisti del quotidiano Financial Times hanno identificato e localizzato quattro bambini che sono stati portati via dall’Ucraina dalle autorità russe durante i primi mesi della grande guerra e poi dati in adozione. Si tratta di bambini di età compresa tra gli 8 e i 15 anni, la cui identità è stata confermata alle autorità ucraine dalle loro famiglie. Il FT non fornisce i loro nomi, ma sostiene che quei bambini vivevano nelle regioni meridionali e orientali dell’Ucraina quando è iniziata la guerra, e che dopo l’invasione russa sono stati «rapiti» dagli orfanotrofi ucraini e «separati dai loro tutori e parenti». Ora tre di loro si trovano nelle regioni di Tula e Orenburg, mentre uno è stato portato in Crimea annessa. I giornalisti hanno trovato le schede con le foto dei quattro minori sul sito web del progetto russo «Adopt.ru» (legato allo Stato russo), che ospita una banca dati di orfani. Un bambino è stato presentato nel modulo con un nuovo nome russo e la sua età è stata cambiata. Il nome di un altro minore è stato tradotto in russo. Allo stesso tempo, nessuna scheda menziona l’origine ucraina dei minori.
Sembra una notizia minuscola, volendo potete leggere facilmente il resto. Mentre io aggiungo solo il motivo per il quale me ne sono interessato: perché nonostante il fatto che mi sembra infinitamente difficile che Putin arriva, in qualità di imputato, almeno al primo giorno del processo all’Aja, ogni prova concreta contro di lui mi fornisce una piccola speranza. Una speranza nella possibilità di veri problemi personali anche per lui. (Infatti, per ora l’ordine di cattura nei suoi confronti si basa proprio sulla accusa di rapimento dei minori ucraini.)


L’intenzione di Macron

Lo scioglimento del Parlamento, deciso dopo la pubblicazione dei primi risultati delle elezioni al Parlamento europeo, è una mossa molto rischiosa per Macron. Egli cercherà di preparare e attuare una vendetta ultra-rapida nel corso di questi venti giorni e di sottrarre ai «lepenisti» la loro vittoria. Ma il suo calcolo sembra evidente me e non – stranamente – a diverse persone con le quali ho parlato in questi giorni.
L’idea di Macron sembra essere questa: che gli elettori francesi, spaventati dall’improvviso successo del Rassemblement National, si mobiliteranno e voteranno in massa contro di loro. Perché le elezioni del Parlamento europeo sono importanti, ma non sono elezioni nazionali. E le elezioni, che si terranno a fine mese, decideranno chi governerà il Paese. E, se tutto va come si spera, permetteranno a Macron di essere un promotore ancora più attivo della sua visione della politica internazionale. Quella politica molto meno neutra, rispetto alla politica della maggioranza dei suoi colleghi europei, nei confronti dei principali problemi internazionali di oggi.


Che strana coincidenza

Nella città polacca di Skarzysko-Kamienna, nella provincia di Świętokrzyskie, si è verificata un’esplosione nella fabbrica di armi Mesko, che produce, tra l’altro, armi per le Forze armate ucraine. La capa dello stabilimento, Elżbieta Sreniawska, ha dichiarato che l’esplosione si è verificata nel centro di combustibile per razzi messo in funzione alcuni anni fa. Un dipendente di 59 anni dell’impianto è rimasto ucciso e un altro è rimasto ferito. La causa dell’esplosione non è ancora stata resa nota.
Il giornale Wyborcza fa notare che ci sono già state due esplosioni nell’impianto, entrambe nel 2021. Nell’aprile 2021 è rimasta uccisa una dipendente di 48 anni e a settembre una dipendente di 41 anni. In entrambi i casi, le esplosioni sono state causate dalla violazione delle norme di sicurezza.
Il primo ministro polacco Donald Tusk, da parte sua, ha dichiarato in una conferenza stampa che «non c’è motivo di supporre» che dietro l’esplosione di ieri ci sia «qualche forza esterna».
Mentre noi ci ricordiamo che «a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca» ©. Anche perché ormai sappiamo quasi con certezza che proprio a partire dal 2021 sono iniziati, di fatto, dei sabotaggi nei siti della industria bellica esteuropea (e i sabotaggi, come immaginate, andrebbero mascherati).
Tutto questo significa che non andrebbero prodotti e forniti dei materiali bellici per l’Ucraina? No, proprio al contrario! Infatti, certi incidenti mostrano, ancora una volta, come è il nemico.


Il primo attacco

Il canale televisivo britannico Sky News comunica che ieri un aereo militare ucraino ha per la prima volta colpito, in un modo mirato, un obiettivo in territorio russo. Secondo la fonte di Sky News, sarebbe stato colpito un posto di comando nella regione di Belgorod. Non è ancora chiaro che tipo di munizioni siano state utilizzate nell’attacco, né se si tratti di armi occidentali (l’uso delle quali è stato finalmente in parte autorizzato).
Ma, dato che l’analisi dei danni sarà eseguita dalle autorità russe – quelle capaci di trovare sul posto qualsiasi cosa, anche le impronte digitali di Zeus –, per noi sarà un po’ difficile sapere con certezza (per ora, solo per ora!) quali armi siano realmente usate. Di conseguenza, possiamo compiere un passaggio logico accessibile anche alla mente di un non-esperto militare. Possiamo constatare un effetto positivo inatteso della autorizzazione di colpire il territorio russo con le armi di produzione occidentali: l’esercito ucraino, evidentemente, si sente meno costretto a risparmiare «le altre» armi precedentemente utilizzate solo sul suo territorio. Perché, evidentemente, le armi sono a volte «interscambiabili».
Boh, vedremo…


Un video che avevo dimenticato di postare

Dato che in settimana c’era il primo compleanno di Alexey Navalny trascorso in sua assenza da questo mondo, sfrutto l’occasione postare pure un video che per qualche motivo non vi avevo segnalato a marzo: quello sulla partecipazione al funerale di Navalny. Con i sottotitoli in inglese:

Il video è stato realizzato dal media «Mediazona».


La musica del sabato

Dopodomani, il 10 giugno, sarà il ventesimo anniversario della morte del grande Ray Charles. È, ovviamente, un pretesto abbastanza strano per ricordare un artista che meriterebbe di essere ricordato tutti i giorni, ma è sempre un pretesto. Nella mia rubrica musicale, per esempio, Ray Charles mancava da troppo tempo e, finalmente, mi sono deciso di postare altre sue canzoni. Come prima, ne ho scelte due a caso tra una infinità di quelle possibili.
La prima canzone di oggi sarà la «Georgia On My Mind»: una canzone composta nel 1930 da Hoagy Carmichael e Stuart Gorrell e interpretata, nei decenni seguenti, da tantissimi artisti. La versione di Ray Charles (inclusa nel suo album «The Genius Hits the Road» del 1960) è considerata la più famosa:

Anche la seconda canzone scelta per oggi è stata cantata da diversi cantanti famosi, ma questa volta il primo – anche dal punto di vista cronologico – è stato Ray Charles: intendo la «Unchain My Heart» (pubblicata nel 1961):

Penso che per un post commemorativo possa andare bene…


La visione del sabato

Il giovedì di questa settimana c’è stato uno degli anniversari più particolari legati alla guerra in Ucraina: il 6 giugno 2023, nella parte della regione di Kherson annessa dalla Russia è stata distrutta la diga della centrale idroelettrica di Kakhovskaya. Dopo il crollo della diga della centrale le acque impetuose del Dnepr hanno inondato circa 80 centri abitati nelle regioni di Kherson e Mykolaiv. Le parti ucraina e russa si sono accusate a vicenda del disastro ecologico e umanitario. La distruzione della diga ha provocato non solo l’inondazione di città e villaggi a valle della centrale di Kakhovskaya lungo il Dnepr, ma anche l’inondazione di luoghi a monte, nella regione di Zaporizhzhya. Poco prima del primo anniversario di tale evento, il fotografo ucraino Pavlo Korchagin si è recato nella regione di Zaporizhzhya per mostrarci come il suo paesaggio sia cambiato un anno dopo il disastro.
Sulla pagina con le foto in questione tutte le immagini sono cliccabili per essere meglio visibili. E lo meritano.