Le notizie sul frigorifero

In questo periodo ancora prevalentemente festivo stanno succedendo talmente poche cose (i «piccoli» attentati negli USA sono quasi gli unici avvenimenti) che nemmeno i grandi tabloid «esperti» non sanno più cosa inventarsi per riempire le proprie pagine e mantenere vivo l’interesse dei propri lettori. Dunque scendono ancora più in basso, molto più in basso di quanto avremmo potuto immaginare…
Ecco, per esempio, il famosissimo The Sun: scrive che sarebbe stato tentato un avvelenamento di Bashar al-Assad in Russia, ma che l’ex Presidente siriano sarebbe stato, alla fine in qualche modo salvato (i dettagli non vengono specificati). In qualità della fonte The Sun cita come fonte «l’account online del General SVR, presumibilmente gestito da un’ex spia russa di alto livello».
Fortunatamente per The Sun, i lettori inglesi non sanno chi sia quel General SVR.
Sfortunatamente per The Sun, le «notizie» su esso pubblicate a volte finiscono pure sotto gli occhi dei russi, quindi delle persone che sanno benissimo chi è General SVR.
Ebbene, il canale telegram «General SVR» è di Valery Solovey, un politologo russo, teorico della cospirazione, «analista politico», «storico», pubblicista e attivista sociale. Da molti anni Solovey è famoso per l’invenzione quasi quotidiana dei segreti statali rivelati solo a lui (in realtà si tratta di voci poco fondate), delle notizie scandalistiche (sempre false) e delle previsioni politiche (mai realizzatesi) basate su quelle notizie. Per esempio, nell’autunno del 2023 aveva raccontato che Vladimir Putin sarebbe morto e conservato in un frigorifero fino al momento più adatto per la comunicazione della notizia ufficiale alla popolazione…
Ora mi stupisco per il fatto che The Sun non abbia scritto che quel frigo ha pure un regime di cura medica (presumo, contro il consumo eccessivo della vodka russa).


Il Capodanno in Ucraina

Tra le varie cose lette e viste ieri sui festeggiamenti del nuovo anno in giro per il mondo, non potevo naturalmente saltare i reportage sulla notte di Capodanno in Ucraina… Da tempo alcune persone residenti in diverse città ucraine mi dicono che da loro la guerra si percepisce – dal punto di vista della vita quotidiana – solo quando suonano le sirene per un ennesimo attacco aereo o va via la corrente elettrica. Per uno come me che sta al sicuro è difficile valutare, ma suppongo che spesso lo dicano anche per farsi un po’ di coraggio e/o per non mostrarsi arresi. Comunque sia, mi fanno una certa impressione certe immagini viste ieri.
Per le vie di Kiev, per esempio, si vedono gli alberi fatti di munizioni consumate:

E i «fuochi» utilizzati per Continuare la lettura di questo post »


1 gennaio

La data odierna è poco adatta alle pubblicazioni divertenti: quando ci svegliamo, dobbiamo pensare solo a riprenderci dal grande divertimento appena fatto (anche se in modo adeguato ai tempi che corrono). Quindi ripetiamo una grande verità…
Probabilmente non lo sapevate.
Oppure speravate che qualcuno fosse più fortunato di voi.
Ma, in ogni caso, non fa assolutamente male ripeterlo.
Ebbene, ho una notizia triste per voi: in tutto il mondo occidentale – e non solo per voi – il primo gennaio è una giornata inesistente.
La gente si sveglia di pomeriggio, si rende conto di non poter bere o mangiare, non sa di preciso cosa avesse fatto prima di essersi addormentata e cosa dovrebbe fare ora. Nel momento in cui le persone riacquistano una minima parte della capacità di intendere e volere, è già la sera.
Nel frattempo le vie delle città restano vuote, non succede alcunché in giro per il mondo.
In sostanza, sui libri scolastici si potrebbe tranquillamente scrivere che un anno normale ha 364 giorni. E ciò sarà vero.
In conclusione del post illuminante di oggi vorrei esprimere le mie più sincere condoglianze a tutti coloro che l’1 di gennaio sono costretti ad andare al lavoro. Nella prossima vita verrete premiati generosamente.

P.S.: oh, ma posso vedere il trailer del 2025?!


Buon 2025!

Buon anno nuovo a tutti i lettori!
Vi auguro pace e serenità ovunque voi siate. Potrei augurare anche tanta fortuna e una giusta e ripetitiva combinazione delle circostanze, ma sono sicuro che ne avete poco bisogno: tutte le cose positive capitate nella vostra vita saranno il risultato del vostro impegno e della vostra intelligenza (ovviamente quella naturale ahahaha).
Non arrendetevi, cercate la strada verso i vostri obiettivi.
Andrà tutto bene.

P.S.: ogni volta che sto per scrivere «si è appena concluso un anno difficile», mi ricordo che nei confronti tutti quelli precedenti non erano poi così male…


La fine del 2024, finalmente

Di cosa si potrebbe parlare nell’ultimo post dell’anno? In realtà, si potrebbe parlare di qualsiasi cosa. Ma si può anche cedere alla moda e scrivere qualcosa di riassuntivo sull’intero 2024 – molto ricco di eventi, di notizie di vario genere – che ci sta (per fortuna) lasciando.
Nel corso di quest’anno di quest’anno – come nei due anni precedenti – avevo ovviamente scritto soprattutto della guerra in Ucraina. Di conseguenza, trovo naturale provare a presentare una specie di bilancio del 2024 di guerra per il territorio ucraino: «fortunatamente» lo posso fare attraverso una apposita raccolta di fotografie che i giornalisti veri hanno creato per tutti noi.

A questo punto l’augurio per il prossimo anno 2025 mi sembra ovvio: auguro a tutti noi un elenco di notizie più breve e meno tragico!
Non penso che un tale augurio sia molto realistico, ma a Capodanno è consuetudine sperare nei miracoli.


Putin continua a telefonare

Ieri Putin ha avuto la seconda conversazione telefonica (quindi per il secondo giorno consecutivo) con il Presidente azero Ilham Aliyev, durante la quale i due hanno continuato a discutere di varie questioni legate all’ «incidente» aereo della Azerbaijan Airlines ad Aktau. La conversazione è avvenuta dopo l’intervista rilasciata da Ilham Aliyev alla televisione azera: in essa Aliyev ha affermato che nei primi giorni dopo il disastro l’Azerbaigian «non ha sentito dalla Russia altro che versioni deliranti». Ha inoltre chiesto che Mosca ammetta la propria colpa nell’incidente dell’aereo, punisca i responsabili e paghi un risarcimento ai parenti delle vittime.
Per ora in tutti questi sviluppi diplomatici della storia mi interessa maggiormente il fatto che Putin 1) ha chiesto scusa a qualcuno (in questo caso ad Aliyev); 2) ha fatto ben due telefonate (e chissà quante altre ne farà ancora, se non già fatto); 3) ha fatto lo sforzo di inventarsi delle giustificazioni. Si ha quasi l’impressione che stia strisciando davanti al trono di un tipo potente – a livello locale ovviamente – che ritiene molto utile, quasi indispensabile per la propria sopravvivenza.
Certo, so che Aliyev è politicamente vicino alla «alleata» Turchia (che è forte), che è anche un «amico politico» di Putin nella regione e che ha un suo ruolo nell’import clandestino delle tecnologie (utili anche per la guerra) in Russia. Ma non pensavo che la paura di perdere un amico così utile fosse tanto forte.
Boh, vedremo.


L’aereo caduto in Kazakistan

Non mi stupisce il fatto che l’esercito russo non sia in grado di distinguere un aereo civile da un drone: ce lo insegna la storia pluridecennale.
Non mi stupisce nemmeno il fatto che Kadyrov e/o Putin (alla fine sicuramente entrambi) hanno deciso di fare in modo che quell’aereo azero cada in mare: «così tutti pensano che sia stato un incidente e sicuramente non si chiedono perché è volava sopra il mare».
Però mi dispiace un po’ per il fatto che in pochi fanno i dovuti complimenti ai piloti che sono riusciti a portare un aereo gravemente danneggiato in un posto sicuro: in un posto dove poteva salvarsi almeno qualcuno (e, in effetti, in molti si sono salvati).
E poi niente, per ora non voglio aggiungere altro. Procedo a salvare il video di quell’incidente:

Speravo di concludere l’anno con un video più allegro, ma ho ancora tempo…


La musica del sabato

La canzone di Mariah Carey «All I Want for Christmas is You», pubblicata per la prima volta il 1° novembre 1994, è una di quelle canzoni che è impossibile non conoscere anche per le persone totalmente indifferenti – come me – alla cantante che l’aveva interpretata per prima. È una di quelle canzoni con le quali ci torturano per almeno un mese ogni inverno (assieme a «Last Christmas» e «Jingle Bells» è uno degli strumenti di tortura sonora più utilizzati) in quasi tutti i luoghi pubblici. In trent’anni di storia la canzone ha prodotto circa cento milioni di dollari di guadagni derivanti dai diritti d’autore, ha venduto decine di milioni di copie… Insomma, per riuscire a condurre una vita economicamente decente – e, magari, rimanere pure famosa – a Mariah Carey sarebbe molto probabilmente stato sufficiente pubblicare solo questa canzone e non fare più un tubo per il resto dei suoi giorni.

Nel 2022 l’autore delle canzoni Andy Stone si è svegliato – 28 anni dopo l’uscita della canzone cantata da Mariah Carey – e ha intentato una causa per violazione dei diritti d’autore presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto orientale della Louisiana. Secondo la posizione di Stone, nel 1989 il suo gruppo Vince Vance and the Valiants aveva registrato una canzone con lo stesso titolo, che era stata trasmessa alla radio nel 1993; nello stesso periodo per quella canzone era stato realizzato un video musicale. Eccolo:

Sebbene le due canzoni suonino in modo diverso, Stone aveva chiesto 20 milioni di dollari di danni per l’utilizzo, senza il suo consenso, del nome della canzone da lui inventato. Poco dopo Stone aveva ritirato la causa… Ma il 1° novembre 2023 ha fatto nuovamente causa.
Io ho dei dubbi circa la ragionevolezza giuridica della battaglia di Andy Stone, ma umanamente lo capisco facilmente (il che non significa che mi sarei comportato allo stesso suo modo).


La lettura del sabato

Il 2024 sta per finire, dunque è giunto il momento di aggiornare alcune statistiche.
Per esempio: nel corso di quest’anno è raddoppiato il numero dei processi ai militari russi che si sono rifiutati di prestare il servizio. È logico presumere che l’aumento dei processi sia dovuto anche all’aumento dei «delitti»…
L’articolo che vi segnalo sull’argomento è talmente breve che non ha alcun senso tentare di riassumerlo: semplicemente, va letto.


Come si sostengono i principi democratici

La maggioranza schiacciante dei miei lettori italiani non ha dei motivi di saperlo, ma il fatto è che l’Apple rimuove costantemente le app dei media anti-putiniani russi e i servizi VPN dall’App Store su richiesta delle autorità russe. Lo fa e spiega tale comportamento con la necessità di rispettare le leggi locali e con il desiderio di continuare a fornire i propri servizi nel Paese. Il 24 dicembre, in una risposta ufficiale a una richiesta di «Reporter senza frontiere» i rappresentanti della Apple hanno dichiarato che le loro azioni sono dovute sia a restrizioni legali sia all’obiettivo di «sostenere i principi democratici».
«Il mancato rispetto della legge potrebbe comportare l’impossibilità per Apple di supportare l’App Store o di distribuire contenuti in questo Paese. Il Governo statunitense incoraggia le aziende a sostenere la disponibilità di servizi di comunicazione per la popolazione russa, ritenendo che la disponibilità di questi servizi sia necessaria per sostenere i principi democratici».
Inoltre, hanno anche respinto le accuse di rimozione costante delle applicazioni VPN.
Perché vi racconto di questa storia apparentemente locale? Lo faccio prevalentemente per due motivi.
In primo luogo, grazie alla Apple ho scoperto una nuova espressione con la quale tutti possono mascherare la frase «voglio più soldi». Da oggi, chiunque può andare dal proprio cliente, dal proprio capo o dalla propria banca e dire: «voglio sostenere maggiormente i principi democratici». La controparte, se aggiornata, dovrebbe capire correttamente.
In secondo luogo, ho scoperto che i principi democratici possono essere sostenuti ostacolando la diffusione della informazione sgradita al regime di un dittatore (che pure un pazzo criminale).
Potrebbero sembrare – a prima vista – due scoperte molto ingenue, ma mica ho scritto che le grosse aziende dovrebbero imparare a pensare non solo ai soldi!
Boh…
P.S.: tutto questo non significa che non mi piacciono i prodotti tecnologici della Apple e/o che voglio spaccare il mio iPhone.