Il direttore generale dell’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) Rafael Grossi ha dichiarato, dopo una visita alla centrale nucleare di Kursk – nella città russa di Kurchatov, nella regione di Kursk – che «c’è ora il pericolo di un incidente nucleare qui» e che le ostilità che si stanno svolgendo a pochi chilometri dalla centrale nucleare «sollevano serie preoccupazioni». Secondo Grossi, il reattore della centrale nucleare di Kursk è privo di protezione specifica e quindi vulnerabile.
Non cercherò di raccontare tutto quello che i media hanno scritto sulle «stranezze» di Rafael Grossi per più di due anni. Mi limiterò a notare che tra queste stranezze c’è anche la dimenticanza. Per esempio, nella sua dichiarazione sulla situazione alla centrale nucleare di Kursk, sembra aver dimenticato di specificare: sul suo territorio ci sono le attrezzature militari russe come sono presenti sul territorio della centrale nucleare di Zaporozhye? Solo per attirare, in un momento ritenuto opportuno, l’attenzione su di sé e avere la possibilità di accusare le forze armate ucraine di aver usato la cosiddetta «bomba sporca»?
Sarebbe molto interessante chiarire questo dettaglio.
Quasi tutti tentano di capire perché Pavel Durov sia volato in Francia nonostante sia ricercato da tempo sul suo territorio (e lo sa bene).
Molte persone, compresi i rappresentanti della propaganda russa e i semplici personaggi russi «strani», condannano pubblicamente il suo arresto (in realtà una cosa del genere succede spesso, in molti casi l’unico obiettivo è quello di raccontare che l’Occidente è «cattivo e marcio» e non quello di difendere una persona).
Molti ricordano che Telegram fa più soldi in Russia che nel resto del mondo, mentre le forze dell’ordine russe (a differenza di tutte le altre) spesso mostrano agli indagati/detenuti le stampe delle loro chat segrete di Telegram.
Alcuni si chiedono se Durov abbia incontrato personalmente Putin a Baku (è arrivato in Francia proprio dall’Azerbaigian, lo Stato dove pochissimi giorni prima aveva fatto visita Putin).
Tutte queste persone giungono alla conclusione che Pavel Durov sia effettivamente un agente del Cremlino.
Ma a me sembra che – qualora fosse vero – si tratti di una specie di agente kamikaze: è volato direttamente nelle mani della polizia europea (che lo sta cercando) in un modo che rafforza tutti i possibili sospetti nei suoi confronti. Quindi, per ora, ho solo un’ipotesi alternativa.
Probabilmente, per qualche motivo sconosciuto Pavel Durov ha deciso di nascondersi in un carcere europeo sicuro, sicuro in tutti i sensi. Per ora è impossibile (e forse inutile) indovinare perché e da cosa abbia deciso di nascondersi proprio ora. Dovremo solo continuare a osservare gli eventi.
Lo avete sicuramente letto: la notte tra il 24 e il 25 agosto all’aeroporto di Parigi è stato fermato Pavel Durov, il creatore del Telegram (e, in precedenza, del VK che pure in Italia qualcuno conosceva). È stato fermato in base a un mandato di arresto emesso dai servizi segreti francesi: la giustizia francese accusa Durov (come scritto nel mandato) di essersi rifiutato di collaborare alle indagini su vari reati legati all’uso di Telegram. Gli investigatori dell’ONAF (l’Autorità Nazionale Frodi del Dipartimento delle Dogane) hanno notificato a Durov i suoi diritti; per Durov sono stati disposti gli arresti domiciliari. I suoi supporti digitali saranno sequestrati e i loro contenuti analizzati. Dovrà comparire davanti al giudice istruttore e sarà accusato di diversi reati: terrorismo, partecipazione al narcotraffico, complicità in frode, riciclaggio di denaro, ricettazione, contenuti pedo-criminali, etc..
Per ora non posso ipotizzare quanto sia seria la situazione di Durov, ma ho già alcune domande puramente logiche.
1) Dal 2021 Durov ha la cittadinanza francese (è anche cittadino della Federazione Russa, degli Emirati Arabi Uniti — in genere non concedono la cittadinanza agli stranieri, ma in questo caso hanno fatto un’eccezione — e dell’isola di St Kitts e Nevis nei Caraibi). Ma non ha collaborato in alcun modo con le forze dell’ordine francesi, ben sapendo che, se si rifiuta di collaborare, diventa automaticamente un complice. Non sono del tutto d’accordo con l’attribuzione dello status del complice nelle situazioni come questa (per esempio, degli omicidi eseguiti con i coltelli si devono preoccupare le forze dell’ordine e non i produttori dei coltelli), ma non sempre possiamo influire sulle regole di questo mondo e Durov avrebbe dovuto saperlo (e poi, ha creato uno strumento difficilmente «spiabile» dalle forze dell’ordine). Perché ha ignorato questo dettaglio?
2) Sapendo che in Francia era già stato aperto un procedimento penale nei suoi confronti e che era sulla lista dei ricercati (la stessa polizia francese ha dichiarato che lo sapeva benissimo), Durov è volato in Francia con l’intenzione, come ha scritto il francese Le Figaro, di cenare a Parigi. È improvvisamente invecchiato fino perdere la memoria?
3) È arrivato, con l’aereo privato, dall’Azerbaigian (più precisamente da Baku) dove pochi giorni fa si era recato pure Putin (dal regime del quale Durov sarebbe scappato anni fa). È una coincidenza?
Boh, aspettiamo e osserviamo.
All’inizio di questa settimana Putin ha fatto visita in diverse zone del Caucaso, ovviamente è passato anche a salutare il Governatore ceceno Ramzan Kadyrov. Proprio grazie all’incontro dei due abbiamo scoperto che Adam, il figlio sedicenne di Ramzan, ha qualche strano problema di vista (o di qualche altra parte della testa?!) perché nel corso della propria esibizione ha sempre sparato nella direzione sbagliata.
Non so bene quale sia il senso di una esibizione del genere (ma vedo che sono stati bravissimi il tecnico audio e l’operatore invisibile che faceva cadere i bersagli). Ma ora i lettori sanno come far salutare gli ospiti ai figli (anche quelli futuri, se non ne avete ancora).
Dopo avere pubblicato il post musicale dedicato alla compositrice francese Louise Farrenc, mi sono accorto di non avere mai postato alcunché del compositore tedesco Felix Mendelssohn. Non è assolutamente giusto!
Infatti, nonostante una vita relativamente breve (1809–1847), Mendelssohn ha fatto in tempo a comporre una buona quantità di musica interessante e diventare uno dei maggiori rappresentanti del romanticismo nella musica (sicuramente è successo anche grazie al fatto che i genitori, pur appartenendo al mondo pratico e pragmatico bancario non hanno mai ostacolato – anzi! – lo sviluppo degli interessi artistici del figlio). Anche le tipologie delle composizioni di Mendelssohn sono abbastanza numerose e varie: sinfonie, opere liriche, concerti, oratori, musica per organo, musica da camera…
Però per il primo post dedicatogli vorrei selezionare qualcosa di realmente famoso di Felix Mendelssohn.
Come prima composizione del post metterei la marcia composta nel 1842 per la commedia shakespeariana «Sogno di una notte di mezza estate». Non conosco abbastanza bene le tradizioni italiane in materia (e non ho avuto l’occasione di raccogliere abbastanza osservazioni empiriche), ma in diversi Stati – la Russia compresa – questa marcia si usa largamente in qualità di marcia nuziale.
La seconda composizione di Felix Mendelssohn che metterei oggi è la Sinfonia n. 1 in Do minore. Il compositore la terminò a marzo del 1824 – all’età di 15 anni – ma nella primavera del 1829 sostituì la sua terza parte. Proprio questa versione modificata della sinfonia ebbe un ruolo importantissimo nel riconoscimento internazionale di Mendelssohn in qualità di un bravo compositore.
Bene, così la prossima volta – quando capita – mi dedico a qualche composizione più grande di Felix Mendelssohn.
Appena ho visto questo articolo, ho pensato che lo voglio per una delle «letture del sabato» più vicine.
Fortunatamente, la versione inglese del testo è stata pubblicata molto velocemente…
Ed ecco che posso consigliarvi la breve storia di quel pezzo del confine tra la Russia e l’Ucraina che oggi si trova tra la regione russa di Kursk e la regione ucraina di Sumy.
Chissà perché ho l’voluto segnalare proprio in questo periodo…
Nell’articolo/intervista del Corriere della Sera su/con il miliardario Alisher Usmanov (che sul giornale viene definito uzbeko, mentre in Russia è sempre stato percepito come un personaggio della scena economica e politica russa) si leggono, purtroppo, molte cose logiche e condivisibili su ciò che sta accadendo ora tra la Russia e gli Stati occidentali (da oltre due anni pure io scrivo molte di quelle cose; va solo precisato che i dati che mostrerebbero la crescita della economia russa sono attualmente dovuti esclusivamente alla spesa militare, compresi gli stipendi alti dati a chi va a combattere in Ucraina). Il «purtroppo» della frase precedente si riferisce solo al fatto che lo stesso Usmanov è un personaggio molto particolare, controverso in alcuni episodi della sua biografia più o meno recente e, sicuramente, fino a un certo momento storico molto utile alla affermazione del regime putiniano in Russia.
Non posso avanzare pubblicamente delle ipotesi sul perché quell’articolo sia comparso sul Corriere (come diceva Andreotti in questi casi? ahahaha), ma posso ripetere, per l’ennesima volta, una cosa che dice pure lui: le persone come Usmanov vanno «rubate» a Putin. Le persone come lui fanno capire, in tutti i modi disponibili e ritenuti da loro sicuri, all’Occidente che sarebbero ancora disposti a passare dalla parte della civiltà occidentale, ma devono essere aiutati. Aiutati, prima di tutto, con la creazione – da parte degli occidentali – di un meccanismo ben definito, comprensibile e funzionante che permetta a loro di liberarsi dal peso delle sanzioni in cambio di qualcosa e con la possibilità di utilizzare almeno una parte dei propri averi collocati fuori dalla Russia. Solo in quel modo si sentiranno al sicuro nell’Occidente e non saranno costretti a vedere la Russia putiniana come l’unico posto tranquillo e sicuro. Solo in quel modo non saranno spinti a utilizzare le proprie ricchezze e le proprie capacità imprenditoriali a favore di Putin e della sua guerra.
Ecco, ora potete rileggere quell’articolo sotto l’ottica da me proposta.
The Wall Street Journal ha pubblicato, citando una fonte dei servizi di sicurezza russi, un articolo secondo me esageratamente lungo nel quale si sostiene che nella primavera del 2024 il colonnello generale russo Alexander Lapin – il comandante del raggruppamento militare russo «Sever» («Nord») – avrebbe sciolto il consiglio interdipartimentale (composto da rappresentanti delle forze armate e rappresentanti regionali dei servizi segreti) responsabile della difesa delle regioni di confine russe. Secondo l’interlocutore del giornale, Lapin avrebbe detto che solo i militari hanno le risorse per difendere il confine russo. Il WSJ osserva che non è chiaro se questo consiglio avrebbe contribuito o meno a dare una risposta organizzata alle forze ucraine nella regione di Kursk, ma senza un organismo centralizzato, gli sforzi di Mosca per respingere le forze armate ucraine sono stati finora «caotici e inefficaci». E poi si scrive dei vari scambi delle informazioni tra Lapin e la capitale, i presunti errori commessi, le accuse reciproche etc..
Ma il suddetto articolo mi sembra esageratamente lungo per almeno due motivi. In primo luogo, non mi è chiara la fonte (e, di conseguenza, la sua attendibilità) di certe dichiarazioni: a questo punto si potrebbe leggerle come delle ipotesi o delle fantasie dei giornalisti.
In secondo luogo, trovo molto più preziosa e sensata l’osservazione di certi esperti militari che mi è capitato di leggere nelle ultime due settimane. Tale osservazione può essere formulata in un modo molto sintetico: le varie fortificazioni militari costruite dalla Russia lungo il confine con l’Ucraina nella seconda metà del 2022 possono funzionare solo se rinforzare con una presenza sufficiente di militari umani, altrimenti vengono distrutti e superati facilmente con i moderni mezzi ingegneristici in dotazione a qualsiasi esercito moderno (compreso quello ucraino). Le suddette fortificazioni russe, invece, erano praticamente deserte.
Sarebbe stato interessante scoprire per merito di chi erano deserte. Ma, allo stesso tempo, posso ipotizzare il perché: tutte le risorse disponibili erano state inviate sul territorio ucraino dove l’avanzata dell’esercito russo è ancora più lenta di quanto sta cercando di raccontarci la propaganda statale russa.
In Russia è stato trovato il modo semplice e sicuro di scacciare il nemico che dopo quasi novecento giorni di guerra ha attaccato a tradimento il territorio confinante russo.
Alexey Smirnov, il governatore ad interim della regione di Kursk (Russia), ha dichiarato che nel distretto di Kurchatov e nella città di Kurchatov – dove si trova la centrale nucleare di Kursk – a partire dal 21 agosto viene introdotto il divieto di vendita al dettaglio di alcolici a partire dalle ore 17:00 (il divieto non riguarda i locali di ristorazione). La decisione sarebbe stata presa per garantire l’ordine pubblico e la sicurezza in relazione al vigore del regime di «operazioni antiterrorismo» (una delle definizioni ufficiali dei combattimenti contro l’esercito ucraino) nella regione di Kursk. Smirnov ha ricordato che il divieto della vendita al dettaglio di alcolici è già stato in precedenza introdotto in nove distretti della regione (alcuni dei quali confinanti con l’Ucraina) e nella città di Lgov.
A questo punto vi informo che già da quasi vent’anni in Russia gli alcolici non si vendono dalle 23:00 alle 8:00, quindi la gente particolarmente interessata si fa le scorte negli orari consentiti. Ma nella regione di Kursk sicuramente non succederà e il nemico sarà sconfitto.
Mah…
Commentando l’intervento militare dell’esercito ucraino nella regione russa di Kursk, il presidente ucraino Vladimir Zelensky, tra le altre cose, ha dichiarato:
Nel complesso, questa operazione è stata il più grande investimento nel processo di liberazione degli ucraini e delle ucraine dalla prigionia russa: abbiamo già ricevuto il maggior numero di prigionieri russi in una singola operazione, e questo è un risultato significativo, e questo è uno dei nostri obiettivi, e le nostre azioni continuano.
Effettivamente, non ci ho pensato a questo aspetto. Anche se non sono del tutto sicuro che funzioni…
Ma gli obiettivi principali dell’intervento ucraino continuano a sembrare altri: prima di tutto, la fine dei discorsi tanto utili a Putin «fermiamo gli eserciti dove stanno ora e parliamo della pace». Infatti, prima della invasione ucraina Putin pensava (e diceva) di poter pretendere anche più territori di quelli già occupati, mentre ora non può nemmeno pretendere che l’Ucraina si fermi dove è ora. Però è importante capire che ciò non succede per il merito della «opinione pubblica»: essa non interessa particolarmente a Putin e, la cosa più interessante, nella sua maggioranza continua a essere indifferente alla guerra (come se quest’ultima non fosse mai iniziata, come se non fosse arrivata sul territorio russo pure nel senso diretto).