Una foto pericolosa

Mi sono reso conto del fatto che certe notizie in arrivo dalla Russia potrebbero essere usate, tra tanti modi possibili, anche per spiegare la differenza tra i termini ridicolo e divertente. A me sembra evidente che il secondo termine ha un senso positivo, mentre il primo no.
Per esempio: la giornalista Antonida Smolina della città di Velikiy Ustyug (a circa 900 km a nord-est di Mosca) è stata denunciata per aver «screditato» l’esercito russo (una accusa molto frequente in Russia negli ultimi due anni) a causa di una sua foto sul social VKontakte. Un utente ha visitato il suo profilo, ha visto una foto della giornalista «in una giacca gialla sullo sfondo del cielo azzurro» e l’ha interpretata come un richiamo alla bandiera ucraina. Ecco quella foto:

A parte il fatto che ci vuole una buona fantasia per vedere il cielo azzurro su quella foto, provate a immaginare cosa succede nella mente di chi ha sporto la denuncia e dei poliziotti che hanno reagito a quella denuncia.
Fortunatamente, per ora la signora non è stata multata o accusata di un reato, ma ha rischiato seriamente. Se fosse successo, non avrei certamente pensato nemmeno al ridicolo…


Il deficit del carburante

La Reuters scrive che la Russia ha chiesto al Kazakistan di essere pronta a fornirle 100.000 tonnellate di benzina in caso di carenza di carburante in seguito agli attacchi dei droni ucraini e alle interruzioni del lavoro delle raffinerie di petrolio.
Io non so ancora cosa e come risponderà il Kazakistan che politicamente è sempre più vicino alla Cina (la quale, a sua volta, preferisce avere i buoni rapporti con i mercati occidentali che con la Russia in guerra) che alla Russia. Quindi nel frattempo ammiro il grafico che illustra l’impatto degli attacchi ucraini alle raffinerie russe.

La parte scura del «barile» in basso a sinistra è la produzione del carburante russo (in milioni di tonnellate) dopo tutti gli attacchi ucraini, mentre la parte chiara è quella prima di tutti gli attacchi.
P.S.: ovviamente, capite che il carburante serve anche per condurre la guerra.


La “soluzione di Trump”

Il Washington Post, citando fonti a conoscenza della conversazione, scrive che Donald Trump ha detto in una conversazione privata che potrebbe porre fine alla guerra in Ucraina facendo pressione su Kiev per cedere la Crimea e il Donbass alla Russia.
Se questo dovesse essere vero, abbiamo una conferma del fatto che pure Trump non ha capito un tubo di questa guerra. Io, personalmente, non mi sorprendo dal sentire una ennesima idiozia da quel personaggio, ma posso utilizzare la notizia stessa per ricordarvi: solitamente le soluzioni semplici vanno bene solo per i problemi semplici (quelli che in realtà non sono nemmeno dei problemi, ma degli eventi banali ingranditi dalle menti disorientate).
Il motivo della guerra in Ucraina, come dovreste sapere bene, può essere spiegato in diversi modi, ma sicuramente non si tratta di una guerra per un territorio. È una guerra, in sostanza, di una tradizione politica antiquata contro una politica occidentale moderna. L’obiettivo minimo di Putin è quello di far tornare il modello antiquato su un territorio «storicamente slavo», dunque «suo» (il quale, territorio, «non deve» nemmeno «dare l’esempio cattivo» alla «sua Russia»). Ma se potesse, avrebbe portato la guerra anche oltre, fino a Lisbona. Di conseguenza, in un primo momento potrebbe anche accettare la «soluzione di Trump», ma solo per accumulare le forze militari per un nuovo attacco. Ma anche di questo ultimo aspetto è già stato scritto abbastanza…


I droni ucraini

Il martedì 2 aprile alcuni droni ucraini (compresi quelli costruiti sulla base degli aerei leggeri) hanno attaccato la città Elabuga (nella regione russa Tatarstan, a quasi mille trecento chilometri dal confine con l’Ucraina), dove si trova, tra l’altro, una fabbrica nella quale vengono assemblati i droni kamikaze di progettazione iraniana che l’esercito russo utilizza per colpire l’Ucraina. Un drone ha anche tentato di attaccare una raffineria a Nizhnekamsk di proprietà della Tatneft.

Come potete vedere e sentire – anche senza capire le parole – che ancora un po’ di persone ha improvvisamente capito (ad aprile 2024) di vivere in uno Stato che sta conducendo una guerra e, di conseguenza, è uno bersaglio naturale.


La musica del sabato

Come sanno i più appassionati (o si ricordano i più anziani) ieri, il 5 aprile, era il trentesimo anniversario della presunta data di morte – per suicidio – di Kurt Cobain. Il leader dei Nirvana, infatti, non era più avvistato a partire dal 5 aprile 1994 e la mattina dell’8 aprile 1994 il suo corpo era stato per caso trovato nella serra della sua villa; secondo il medico legale la data più probabile del suicidio è proprio il 5 aprile.
Non per sfruttare il destino sfortunato di un personaggio famoso, ma per ricordare un artista importante, oggi dedico la mia rubrica musicale ai Nirvana.
La prima canzone scelta per oggi è la «Somethng in the way» (dall’album «Nevermind» del 1991): abbastanza deprimente, ma in un certo senso adatta all’occasione.

La seconda canzone dei Nirvana scelta per oggi è invece la «Come as you are» (sempre dall’album «Nevermind» del 1991), dove Cobain canta la frase «And I don’t have a gun» in un momento sbagliato a quanto inizialmente previsto.

Ho scelto proprio queste canzoni anche perché altre due famosissime sono già state postate la volta scorsa


La lettura del sabato

Dato che negli ultimi giorni si parla molto delle nuove rivelazioni sui casi anche recenti della sindrome dell’Avana, non posso non segnalarvi l’articolo che contiene una versione della rispettiva indagine giornalistica un po’ più estesa rispetto a quella avreste potuto leggere sui media europei o statunitensi.
Certo, alla indagine mancano ancora diversi elementi che potrebbero renderla molto più concreta nelle sue accuse, ma è sicuramente solo una questione di tempo. Gli agenti russi non sanno proprio rimanere segreti per molto tempo.
Ma voi, nel frattempo, leggete ciò che è già stato accertato: per poi integrarlo con le nuove informazioni.


Un problema dimenticato

Ieri, parlando dell’attentato al Krokus Hall City del 22 marzo, Putin ha detto che «la Russia non può essere l’obiettivo degli attacchi terroristici dei fondamentalisti islamici» perché secondo le sue «fonti» i terroristi avrebbero avuto l’obiettivo di «danneggiare l’unità nazionale russa» (di uno enorme Stato multinazionale? Boh…).
Insomma, fa di tutto per non ammettere di essere stato avvisato dell’attentato con settimane di anticipo dagli americani. Allo stesso tempo, io sono sorpreso dal fatto che nel corso delle due settimane passate dal giorno dell’attentato non abbia accusato l’Ucraina con quella intensità che tanti si aspettavano. Nei primi giorni tale fenomeno poteva anche essere spiegato con un alto grado di disorientamento mentale del personaggio. Mentre nel periodo successivo avrebbe anche potuto inventare dei cosiddetti «risultati delle indagini»: ma non abbiamo visto nulla di particolare.
Altrettanto interessante, però, è il fatto che tutti gli altri solo grazie a quell’attentato si sono accorti di avere una visione molto limitata del mondo. Negli ultimi due anni ci siamo abituati ad avere al centro della nostra attenzione le guerre in Ucraina e in Israele, ma ci siamo dimenticati che per i terroristi dell’ISIS rimaniamo (noi, tutti gli occidentali) degli infedeli che, per esempio, non hanno mai lasciato la Siria agli islamisti. E, di conseguenza, che «andiamo puniti». Putin, poi, per una varietà di motivi era realmente convinto di essere l’ultimo a rischiare: per esempio, perché da anni cerca di fare l’amicizia con i vari gruppi estremisti in giro per il mondo.
Ma se ignoriamo il (o ci dimentichiamo del) problema, esso non sparisce.


Il mio sondaggio di questo mese è, in realtà, una domanda ovvia che per qualche incomprensibile motivo non viene mai posta ai terrapiattisti. O, almeno, io non l’ho mai sentita fare ai terrapiattisti.
E allora ci penso io!

Cari terrapiattisti, ditemi: ma gli altri pianeti del nostro Universo come sono?

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Vediamo se riuscite a sorprendermi!
N.B.: il sondaggio è anonimo per i votanti non registrati o non loggati sul sito. Il sondaggio più recente è sempre visibile sulla prima pagina del sito. Tutti i miei sondaggi sono raccolti su una apposita pagina.


Ancora con la mobilitazione

Vladimir Zelensky, durante la conferenza stampa di ieri a Kiev con il presidente finlandese Alexander Stubb, tra le altre cose ha dichiarato: «Posso dire che la Russia sta preparando la mobilitazione di 300 mila militari supplementari per il 1° giugno». Ma non è il primo a parlare della «nuova mobilitazione» e non è il primo a menzionare il numero di 300 mila persone. Anche se la mobilitazione in Russia non si è fermata dall’autunno del 2022 (dopo la prima grande ondata sta continuando, piano piano, nelle remote province russe), non si può teoricamente escludere la possibilità di una seconda grande ondata. Nel nostro mondo odierno tutto è possibile.
Non è interessante tentare di indovinare «se ci sarà o meno una seconda mobilitazione»: a un certo punto ce ne accorgeremo facilmente. È molto più interessante capire perché sarebbe necessaria. Serve per mandare di nuovo al fronte decine di migliaia di russi che non sono in grado di combattere, con uniformi comprate a loro spese? Metterli in trincee scavate con le loro stesse mani e dire loro di sparare con i bastoni? (Perché non ci sono infrastrutture e armi nemmeno per loro: proprio come la volta precedente).
Che senso pratico ha una tale mobilitazione e che minaccia rappresenta per l’Ucraina? Al massimo, gli ucraini spenderanno qualche decina di bombe, non le più costose, per eliminare la carne fresca russa. E poi?


Una classifica triste

La rivista Forbes ha pubblicato ieri la sua classifica annuale delle persone più ricche del mondo. La classifica include un numero record di miliardari provenienti dalla Russia: 125 persone su un totale di 2781 miliardari della Terra.
Ciò che mi interessa personalmente di questa notizia non sono i numeri in sé, ma il fatto che la lista annuale include un numero record di persone concrete che non hanno alcun motivo di essere invidiate. Sì, hanno «un sacco» di soldi, ma non possono farci nulla. Fuori dalla Russia non possono spenderli, anche se non dovessero essere ancora stati congelati. In Russia, tutte le cose principali sono già state comprate e possono essere tolte in qualsiasi momento (se si perde il favore della persona più importante nello Stato). Se si cerca di fuggire con tutti i propri beni, si pagherà caro sia l’uscita che l’ingresso (sempre che si riesca a lasciare la Russia e a entrare in un Paese decente). Quindi sono costretti a rimanere a case con le loro ricchezze praticamente virtuali.
Di conseguenza, si tratta di una presenza molto triste alla lista di Forbes.
E pensate che avrebbero potuto essere accettati come cari (in tutti i sensi, ahahaha) ospiti fuggiti da Putin e, eventualmente, pronti a finanziare l’Ucraina…