Il video-riassunto

Il video domenicale di oggi formalmente è giustificato dal post di venerdì sul «Democracy Index 2022», mentre praticamente riassume alcuni degli argomenti degli ultimi mesi.

Quindi è un prodotto per i lettori molto pigri…


La musica del sabato

Non so se sia capitato anche a voi di leggere, in questi giorni, che in Italia viene organizzata una serie di iniziative teatrali-liriche aventi per l’obiettivo la raccolta dei fondi per il restauro e la trasformazione in un vero museo della cosiddetta «Villa Verdi»: la villa e tenuta di Sant’Agata – in provincia di Piacenza – che a partire dal 1851 fu l’abitazione principale di Giuseppe Verdi.
Io non ho – almeno per ora – un teatro lirico. Non ho nemmeno una sala per concerti o qualche locale del genere per ospitare una delle suddette iniziative. Però posso fare due cose «pro bono»: 1) segnalarvi l’obiettivo generale della raccolta fondi per farvi scegliere, eventualmente, l’iniziativa più interessante e/o accessibile; 2) postare qualche composizione di Verdi per stimolare l’interesse. La prima cosa è già stata fatta, quindi passo alla seconda: quella meno utile (nel senso che Verdi non ha bisogno di essere pubblicizzato da uno come me).
Inizierei con la composizione giovanile «Variazioni per pianoforte e orchestra su „Caro suono lusinghiero“», la quale fu presentata da Giuseppe Verdi nel 1832 all’esame di ammissione al Conservatorio di Milano. Quell’esame ebbe l’esito negativo. Putroppo, non riesco proprio a ricordarmi che nome porta oggi il Censervatorio di Milano…

La seconda composizione di Verdi che ho scelto per oggi è moto più «semplice»: il Valzer in fa maggiore (composto nel 1859). Sicuramente lo avete già sentito in varie occasioni.

Bene, ora siete un po’più preparati al salvataggio del bagaglio culturale materiale dell’Italia.


La lettura del sabato

Tantissimi russi – alcuni dei quali, a quanto pare, ricoprano degli incarichi istituzionali abbastanza alti – non hanno ancora capito che la guerra è una cosa che si fa in due. Nel senso: anche se chiami la guerra con qualche nome alternativo, lo Stato attaccato partecipa comunque alla vera guerra. Quindi anche i militari di entrambi gli eserciti vengono feriti e uccisi, i mezzi vengono distrutti, i territori dei due Stati vengono colpiti assieme a tutto (e a tutti) quello che si trova sopra. Sì, so benissimo che sembra una enorme banalità, ma in Russia c’è chi si sorprende per questa cosa ogni volta ne rimane toccato: in prima persona o attraverso qualche parente o amico.
Allo stesso tempo, in Russia e in Occidente la maggioranza schiacciante delle persone logicamente segue quella parte della guerra che avviene sul territorio ucraino. Lo segue perché è quella la vera tragedia e il vero crimine. Ma, comunque, non bisogna perdere di vista che la guerra putiniana contro l’Ucraina ormai sta colpendo anche il territorio russo. Questo è normale e in un certo senso giusto (ed è stranissimo usare una espressione del genere). Questo si verificherà sempre con più frequenza. Va osservata per la sua importanza cronologica.
Di conseguenza, per questo sabato vi consiglio l’articolo su come e quanto l’Ucraina colpisce il territorio russo nell’ambito della guerra in corso. Su come, in sostanza, sta restituendo la guerra alla Russia. E su come reagisce la Russia in tutte le sue forme.


Democracy Index 2022

La rivista The Economist ha pubblicato l’«Indice Democrazia 2022» (scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale) nel quale si leggono alcune notizie tanto attese (attese in almeno due sensi).
In particolare, nella classifica globale osserviamo la Russia che ha perso 22 posizioni in colpo — un record — ed è scesa dalla posizione 124 alla posizione 146. Rimane dunque tra i regimi autoritari: non è una grossa sorpresa… L’unico aspetto che in un certo senso mi ha fatto ridere è, appunto, il numero della posizione: nel lontanissimo 2011 nella regione russa di Rostov alle elezioni politiche aveva votato, secondo i dati del Ministero degli Interni, il 146% degli aventi diritto. In quel modo il tristemente noto partito «Russia unita» era riuscito a prendere il 58,99% dei voti. Di conseguenza, con un ritardo di quasi dodici anni l’Indice de The Economist si è allineato con la realtà, ahahaha
L’Ucraina, invece, nel suddetto Indice si trova alla posizione 87 e viene dunque classificata come un regime ibrido. Ma il confronto delle due posizioni evidenzia comunque ancora una volta che da quasi un anno stiamo osservando un confronto violento tra due modelli di organizzazione della vita. Spero di sapere quale dei due vincerà.


Le notizie nate vecchie

Come probabilmente avete letto (o come potevate logicamente immaginare), già da qualche tempo per la data odierna era stata programmata la visita di Putin a Volgograd: per i festeggiamenti dell’ottantesimo anniversario della fine della battaglia di Stalingrado (il nome che per una parte del periodo sovietico ha portato la città di Volgograd). Nel corso dei preparativi per la bassa visita, tra l’altro, ieri sono stati inaugurati – all’esterno del museo della Battaglia di Stalingrado – i busti di bronzo di Iosif Stalin e dei marescialli Georgy Zhukov e Alexander Vasilevsky. In precedenza, sullo stesso posto si trovava un busto di marmo di Zhukov, ma, secondo lo scultore Sergei Shcherbakov, è stato sostituito perché «il marmo è un materiale morbido, assorbe l’umidità e lo sporco».
Ebbene, tale «notizia» è fatta da ben due elementi che in realtà non sono proprio nuovi. In primo luogo, da anni siamo purtroppo abituati all’aumentare continuo dei monumenti dedicati a Stalin nei luoghi più o meno pubblici della Russia.
In secondo luogo, per l’ennesima volta Putin è andato a ripescare nella storia delle grandi vittorie per mascherare, in qualche modo, l’assenza delle grandi vittorie nel presente. Questa volta, in particolare, percepisce (non è difficile) l’assenza delle grandi vittorie belliche, quindi tenta di sfruttare al massimo una delle più note ed eroiche vittorie della Seconda guerra mondiale. I tre «artefici della vittoria» immortalati nei nuovi monumenti hanno fatto tutto il possibile per pagare la vittoria in quella guerra con più vite sovietiche possibile, e quest’ultimo fatto li accomuna incredibilmente bene con Vladimir Putin.
Di conseguenza, la notizia dei monumenti non solo è nata vecchia, ma è pure «logicamente simbolica» (metto le virgolette perché l’espressione mi sembra di un senso potenzialmente non scontato). È molto più interessante scoprire cosa dirà e cosa farà Putin durante e dopo le celebrazioni: molto probabilmente capisce che l’imminente arrivo delle armi pesanti occidentali in Ucraina lo costringe ad accelerare l’offensiva contro l’esercito ucraino non ancora ben attrezzato.


Un criminale pericoloso condannato

Non perché vorrei raccontarvi una barzelletta, ma perché voglio informarvi bene, inizio il post odierno con il testo completo dell’articolo 353 del Codice penale russo attualmente in vigore:

1. La pianificazione, la preparazione o lo scatenamento di una guerra di aggressione vengono puniti con la reclusione da sette a quindici anni.
2. La conduzione di una guerra di aggressione è punita con la reclusione da dieci a venti anni.
[traduzione mia]

Ridete pure. E poi continuate a leggere.
Il tribunale distrettuale di Ivanovskyy della regione dell’Amur ha condannato a tre anni di carcere l’attivista Vladyslav Nikitenko, il quale, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, aveva inviato denunce contro Vladimir Putin al Comitato investigativo russo e alla Procura russa.
Nikitenko è stato giudicato colpevole per avere ripetutamente «screditato» l’esercito (articolo 280.3 parte 1 del Codice penale), nonché di cinque episodi di insulto a un giudice (articolo 297 parte 1 e 2 del Codice penale). Il pubblico ministero aveva chiesto di condannare Nikitenko a tre anni e due mesi di carcere.
Non posso non aggiungere la foto del «pericoloso criminale»:

Orwell e Kafka erano due grafomani incapaci…


Uno è quasi pronto

Il presidente francese Emmanuel Macron durante la visita in Paesi Bassi ha commentato l’eventualità della fornitura degli aerei militari alla Ucraina con la frase «Nulla è vietato». Ma io vedo che la maggioranza dei leader occidentali non sono arrivati nemmeno a questo livello di prontezza.
Quello che mi consola, però, è la comprensione del fatto che tratta semplicemente di una ennesima frontiera da superare nella difesa dell’Occidente da un ometto armato e impazzito. Di frontiere superate ne abbiamo già viste tante: se vi ricordate, l’Europa e gli USA sono partiti dalla semplice disponibilità di fornire all’esercito ucraino solo i caschi, i giubbotti antiproiettili e le tende, ma progressivamente, passo dopo passo, sono arrivati ad autorizzare la fornitura dei carri armati pesanti. Con gli aerei, alla fine, succederà la stessa cosa che è già successa con i Javelin, Patriot, carri armati e tante altre cose: discuteranno per un po’, si ricorderanno (per l’ennesima volta, cose se lo dimenticassero ogni sera) che l’ometto impazzito può ormai essere fermato solo con i metodi militari, e accetteranno di fornire alla pure gli aerei.
Quello che mi preoccupa è che ogni volta ricominciano a discutere quasi da zero e quindi ci impiegano molto più tempo del normale. E quindi ogni volta io ricomincio a sentire la mancanza di Churchill.


Un nuovo effetto della guerra

Oggi non posso non constatare una ennesima banalità politologica: l’ex generale e il neoeletto presidente ceco Petr Pavel – assumerà la carica il 9 marzo – deve la propria fortuna politica quasi esclusivamente all’atteggiamento dell’attuale regime russo sulla scena internazionale. Infatti, a differenza del suo predecessore, Pavel si dichiara orientato verso l’UE e la NATO e non verso la Cina e la Russia. Più del 58% dei votanti (l’affluenza è stata del 70%) hanno apprezzato questo orientamento.
La tattica di un noto personaggio orientata verso la disunione della politica occidentale registra un nuovo fallimento rilevante…

Se non fosse successo tutto a causa della guerra in corso, mi sarei chiesto – con un tono lamentoso – perché non sia mai stato così facile fare l’analisi politica!
P.S.: il presidente ceco uscente, comunque, è un personaggio abbastanza particolare in tanti sensi.


Il vantaggio principale

Quasi nessun articolo e nessun video ha riportato quella caratteristica più importante del carro armato Leopard 2 che al giorno d’oggi lo distingue positivamente dall’Abrams: la sua disponibilità fisica immediata (va solo preparato all’uso e trasportato nelle zone dove serve tanto). Ma questo non significa che non dobbiamo leggere quegli articoli e vedere quei video…

P.S.: in ogni caso, le decisioni giuste e importanti non possono essere messe in pratica in un attimo. Purtroppo.


La musica del sabato

Dieci giorni fa, il 18 gennaio 2023, è morto il chitarrista e cantante statunitense David Crosby. E io, dopo alcuni ragionamenti, ho deciso di dedicare un post musicale alla sua memoria: anche se il giustificare le pubblicazioni sulla cultura con delle date e/o avvenimenti di qualsiasi genere non è una cosa che mi piace tanto. Ma la grandezza e l’importanza di David Crosby nella musica prevale su tutto, dunque faccio una eccezione.
Il primo brano scelto per oggi è la canzone «What’s Happening» del gruppo The Byrds. Si tratta di una delle prime canzoni scritte dal giovane David Crosby per il suo primo gruppo.

La seconda canzone scelta per oggi – sempre tra quelle scritte da David Crosby – è ormai del supergruppo CSN (composto da Crosby, Stills e Nash): la «Long Time Gone». Stilisticamente è più vicina alle mie preferenze.

La carriera musicale di David Crosby è stata lunga e interessante, quindi ripescare da essa solo due canzoni è stata una impresa quasi disperata. Ma almeno ho provato a onorare la sua memoria.