Domani, il 20 ottobre, poteva essere il giorno del 90-esimo compleanno di Eddie Harris, un musicista jazz interessante, ma oggi ingiustamente dimenticato (secondo la mia impressione) dalle grandi masse: non lo sento nominare tanto spesso quanto diversi suoi colleghi famosi. Eddie Harris è morto nel 1996 all’età neanche avanzata di 62 anni, dunque la situazione non è certo destinata a migliorare da sola, senza una attività divulgativa delle persone come me.
Nel corso della propria carriera musicale Eddie Harris aveva suonato molti strumenti diversi: non solo i «tradizionali» sassofono, tromba o sassofono tenore, ma anche, per esempio, il sassofono elettronico, vibrafono e gli strumenti di invenzione propria (tromba ad ancia, sassofono con bocchino da trombone o una combinazione di chitarra e organo). Aveva inoltre suonato in più di un genere preciso – jazz, jazz-funk, soul e hard bop –, anche se questo è un tipo di varietà un po’ meno raro rispetto alla molteplicità degli strumenti.
Ecco, non so quanto senso abbia tentare di rispecchiare tutta la varietà della musica di Eddie Harris in un solo post. Probabilmente, conviene fare diversi post tematici. E, dato che oggi scrivo solo il primo post della serie, lo dedico, banalmente, ai due dei brani più famosi di Eddie Harris.
Il primo brano scelto per oggi è il «Freedom Jazz Dance» (dall’album «The In Sound» del 1966), poi suonato e pubblicizzato da Miles Davis.
Il secondo brano di Eddie Harris scelto per oggi è il «Listen Here» (lo possiamo trovare, per esempio, nell’album «Mean Greens» del 1966, ma in realtà Eddie Harris aveva registrato diverse sue versioni caratterizzate dall’uso di strumenti musicali diversi: si potrebbe farne un post musicale a parte).
Per iniziare, potrebbe anche andare bene così…
L’archivio del 19 ottobre 2024
L’articolo che segnalo questo sabato è in una parte significativa dedicato a un personaggio che non è particolarmente famoso (almeno per ora) nemmeno Russia: un certo Artem Zhoga. È colui che nel dicembre 2023 era stato usato per aiutare Putin ad annunciare la propria «candidatura» per un nuovo mandato presidenziale (nel corso di un ricevimento al Cremlino aveva «chiesto» a Putin di farlo).
Ora il partecipante alla guerra con l’Ucraina Artem Zhoga è diventato il rappresentante presidenziale nel distretto federale degli Urali: lo speaker del «parlamento» dell’autoproclamata DNR dovrebbe diventare – secondo l’idea del Cremlino collettivo, un simbolo di come i «veterani della operazione militare speciale» e i rappresentanti dei territori ucraini occupati si stanno inserendo nella classe dirigente dello Stato russo.
Insomma, è un articolo sulla intersezione della guerra con la «politica» interna russa.