L’archivio del 18 novembre 2023

La musica del sabato

Non so quanti dei miei lettori se ne siano accorti, ma il 20 ottobre 2023 (quasi un mese fa) è uscito il nuovo album dei The Rolling Stones: «Hackney Diamonds». Si tratta del primo album in studio con materiale originale / nuovo del gruppo dopo 18 anni e l’ultimo con il loro batterista storico Charlie Watts (morto il 24 agosto 2021). Inoltre, alla registrazione dell’album hanno partecipato alcune guest stars come, per esempio, Elton John, Paul McCartney o Stevie Wonder.
Io, personalmente, non sono un grande fan del gruppo (mi sembrano relativamente interessanti solo i loro primi due album), ma, allo stesso tempo, trovo molto positivo che i membri rimanenti dei The Rolling Stones sappiano mantenersi in forma e divertirsi con il proprio lavoro: a differenza di certi gruppi famosi che di fatto sono in crisi da qualche decennio. Nella speranza che The Rolling Stones possano essere da esempio e/o motivazione qualcuno, oggi posto due canzoni dal nuovo album.
La prima canzone che ho scelto è la «Angry»:

La seconda canzone dal nuovo album scelta per oggi è la «Mess It Up» (ed è una delle due canzoni dell’albume dove suona ancora Charlie Watts):

Ora voglio vedere se e quando riescono a fare qualcos’altro di nuovo.


Il giovedì 16 novembre l’artista pietroburghese Sasha Skochilenko è stata condannata a 7 anni di carcere per avere applicato – in primavera 2022 – degli adesivi con il contenuto anti-guerra al posto dei foglietti con i prezzi in un supermercato della catena «Perekryostok» e per le sue dichiarazioni contro la guerra. Come probabilmente sapete, in Russia gli assassini vengono spesso condannati a pene inferiori di sette anni e, ultimamente, vengono pure graziati dopo sei mesi se accettano di uccidere un po’ di ucraini nella attuale guerra putiniana.
Quindi questa volta non ho avuto molti dubbi nello scegliere un articolo da proporvi per la lettura di questo sabato: leggete il resoconto giornalistico delle udienze finali sul «caso Skochilenko».
Purtroppo, questo non è l’unico caso perverso del moderno sistema «giudiziario» russo, ma ciò non rende la sentenza meno spregevole.