L’archivio del 2022 год

Il funzionamento delle sanzioni

Periodicamente mi capita di sentire che le sanzioni occidentali contro la Russia non funzionerebbero. E mi sono già un po’ stancato a spiegare che non sono ancora state inventate le sanzioni capaci di iniziare a produrre gli effetti visibili in pochi giorni o in poche settimane. Ammetto pure che a me manca la fantasia per immaginare almeno una sanzione politica o economica così veloce…
È più interessante constatare che almeno alcune delle sanzioni adottate non funzionano in un senso molto più banale: gli stessi Stati che le hanno introdotte non sanno o non vogliono (ovviamente senza dichiararlo) applicarle al 100%. Per esempio: il giornale tedesco Welt am Sonntag ha contato circa trenta voli privati (aerei ed elicotteri) nello spazio aereo europeo – spesso con il punto di destinazione o di partenza in Europa – effettuati dopo il divieto annunciato da Ursula von der Leyen già il 27 febbraio.
L’articolo originale è in tedesco, ma i vari traduttori online si trovano ormai a un buon livello, quindi le persone realmente interessate riusciranno a leggere facilmente l’intera notizia.
Io, nel frattempo, posso aggiungere solo una cosa: spero che i voli clandestini di cui sopra siano serviti per le trattative di resa personale o collettiva. In parte, questo spiegherebbe anche il loro svolgimento impunito.


Dal giorno dell’inizio della guerra in Ucraina, diverse migliaia di aziende occidentali hanno lasciato (o stanno lasciando in questo periodo), per l’iniziativa propria, il mercato russo. In parte lo fanno per motivi morali e/o reputazionali, in parte per la paura delle future sanzioni. Una delle prime aziende a lasciare è stato il McDonald’s. La sua uscita è stata tra le più discusse in Russia e, molto probabilmente, in questi giorni è capitato pure a voi di leggere o sentire degli sviluppi di questa discussione…
So che molti occidentali non riuscivano proprio a capire la popolarità del McDonald’s in Russia. Di conseguenza, negli anni passati mi era già capitato più volte di spiegarla. Ora ripeto brevemente per conservare bene questo fatto ormai storico in tutti i sensi. Nel XXI secolo il McDonald’s era diventato particolarmente apprezzato tra le persone che viaggiano tanto in macchina tra le città russe. Lo è diventato principalmente per tre motivi:
1. La qualità del cibo prevedibile (per molte persone si tratta certamente della qualità discutibile, ma il vantaggio della prevedibilità prevale);
2. I bagni puliti e funzionanti (in Russia i bagni pubblici di questo tipo sono… ehm… un po’ rari, soprattutto fuori dai centri delle città più grandi);
3. Il wi-fi gratuito (è sempre stato importante anche perché fino al 2018 chi andava in una Regione diversa dalla propria, doveva sostenere le spese del roaming).
Tutti i motivi diventano ancora più chiari se immaginate le distanze che molti automobilisti si trovano a percorrere in zone spesso poco conosciute, poco popolate e/o poco sviluppate. In più, molte persone hanno conservato l’abitudine di andare al McDonald’s anche nei periodi dei non-viaggi. Molti altri, invece, ci andavano perché non hanno mai avuto i soldi per un ristorante vero/normale.
Chiusa la parentesi storica, torniamo alla attualità. Prima della guerra il McDonald’s aveva 850 ristoranti sul territorio russo. La maggioranza di questi era di proprietà della azienda-madre, ma molti altri – aperti negli ultimi vent’anni – erano gestite dalle aziende russe con il franchising. Alcuni di questi ultimi, in base a dei contratti scritti in un modo abbastanza particolare, non hanno mai chiuso e potranno usare il marchio del McDonald’s ancora per un po’ di mesi. La maggioranza schiacciante, però, è stata venduta al franchiser siberiano Aleksandr Govor: per una somma segreta e con la condizione di riaprire i ristoranti sotto un marchio diverso ma con i dipendenti vecchi.
Ieri, in coincidenza con la Giornata della Russia (una festa nazionale), Aleksandr Govor ha iniziato a riaprire i ristoranti dell’ex McDonald’s: sono stati aperti i primi 15 locali a Mosca e nelle zone limitrofe. L’attenzione principale dei media era logicamente rivolata verso quello più famoso: il primo McDonald’s aperto a Mosca il 31 gennaio 1990 in piazza Pushkin. L’attenzione dei clienti, però, non è stata paragonabile a quella di 32 anni fa:

Ahahaha, io mi ricordo benissimo le file letteralmente chilometriche delle persone desiderose di entrare, era una scena che si poteva osservare per diversi mesi (lo dico da residente della zona).
Certamente, non è tanto corretto paragonare le due aperture: nel 1990 si trattava di un fenomeno totalmente nuovo, senza precedenti. Ora, nel 2022, l’affluenza è notevolmente inferiore perché la gente è già ben abituata alla presenza dei prodotti occidentali, allo stile di vita occidentale etc. etc… Allo stesso tempo, l’affluenza mi sembra notevolmente superiore a quella che si sarebbe osservata in un qualsiasi altro Stato occidentale nell’occasione della apertura di un nuovo fast food. La spiegazione del fenomeno mi sembra molto banale: nonostante le numerose dichiarazioni pseudo-patriottiche, la maggioranza degli utenti spera che non cambi nulla. Spera (spesso senza formularlo bene nemmeno nella propria testa) che lo spirito – la qualità, il modo di lavorare – del McDonald’s americano rimanga in Russia. Rimanga per i motivi elencati all’inizio di questo post.
È stato un modo molto curioso di festeggiare la Giornata della Russia. Soprattutto in questo momento storico.


Il duo ucraino “Alansia”

Non è necessario capire le parole iniziali del video: semplicemente, vengono presentati Aleksij e Anastasia Mixhenko.


La musica del sabato

A volte mi capita: nel corso di diversi anni periodicamente sento – ogni volta casualmente – una canzone che per qualche suo dettaglio rimane nella memoria, ma puntualmente mi dimentico di cercare il suo autore. Ma, prima o poi, quella canzone «vagante» mi capita mentre sono davanti al computer: e allora mi approfitto della situazione e la copio, assieme a tutti i suoi dati, su questo blog. Prevalentemente allo scopo di creare un promemoria…
Ecco, oggi è la volta della canzone «Shape of You» di Ed Sheeran (dall’album «÷» del 2017):

In qualità della seconda canzone dello stesso autore metterei la «Blow» (dall’album «No.6 Collaborations Project» del 2019):

Ora anche alcuni di voi sono più informati di prima.


Il modellista lituano Tomas Upckas ha creato – a maggio – un diorama di miniature raffiguranti i soldati russi che saccheggiano gli appartamenti degli ucraini. In particolare, il diorama mostra cosa fanno i militari russi nelle case degli ucraini: saccheggiano, bevono, buttano tutto per terra, rubano pure i caloriferi e i water, defecano… Le foto delle miniature sono visibili anche sull’account Facebook di Upckas.

Il diorama è stato poi messo all’asta con il prezzo di partenza di 2000 euro. L’artista intende donare tutto il ricavato a sostegno della Ucraina.
Continuare la lettura di questo post »


I primi condannati nella DNR

Sulla condanna a morte dei primi tre foreign fighters nella cosiddetta DNR è utile ricordare due principi basilari:
1. La DNR (come pure la LNR) è stata creata anche per questo motivo: in qualità di un territorio russo, ma allo stesso tempo formalmente non appartenente al sistema giuridico russo. Un territorio dove si può fare qualsiasi cosa.
2. Ogni prigioniero di questa guerra – condannato o meno – è una merce di scambio. «Più» il prigioniero è occidentale, più è considerato prezioso. Quindi possiamo essere relativamente tranquilli per la vita di ognuno di loro.
Al secondo principio, in particolare, è legato un concetto che dobbiamo ancora verificare – con l’esito positivo, si spera – sulla pratica: se il grado attuale di follia di Vladimir Putin fosse 9999 invece di 10.000, il suo intento sarebbe ancora quello di apparire il personaggio più civile tra tutti i «vertici» della politica russa. Di conseguenza, sarà lui a spacciarsi per il «salvatore» dei prigionieri condannati da un «tribunale» «indipendente» dalle sue volontà. Sarà quindi ancora una persona con la quale trattare, alla quale chiedere umilmente dei favori. Non si tratterebbe di una situazione bellissima, ma non so in cos’altro sperare nel caso specifico dei foreign fighters condannati.


Interpretare Medvedev

I tentativi dei giornalisti occidentali di dare una qualsiasi interpretazione alle parole di Dmitry Medvedev (l’ex premier, l’ex custode della sedia presidenziale, l’ex primo tra i collaboratori di Putin) sorprendono e fanno un po’ ridere allo stesso tempo.
Sorprendono e fanno ridere perché indicano chiaramente il grado della (in)competenza delle persone che sono state incaricate a scrivere della Russia.
Da oltre due anni ogni dichiarazione di Dmitry Medvedev — che a differenza di Putin sa usare anche l’internet — ha un obiettivo solo: ricordare della esistenza di chi la esprime. Da quando non ricopre più l’incarico del premier (dal 15 gennaio 2020) e non passa più il tempo libero in compagnia di Putin (dai tempi ancora più lontani), Medvedev si sente, non senza motivo, escluso dalla vita politica «seria» russa. Ma, ovviamente, vorrebbe tanto esservi riammesso. Quindi cerca di attirare costantemente l’attenzione del capo, tentando di apparire il più agguerrito, il più categorico e il più fedele di tutti.
Di conseguenza, dobbiamo ricordare che tutte le parole di Medvedev sono rivolte prima di tutto (o addirittura solo) a Putin. Ed è una cosa normalissima, le cose del genere succedono in ogni struttura gerarchica non democratica.
Avrei potuto anche ipotizzare che stia lottando per qualche incarico importante nella Russia post-putiniana, ma non vorrei dedicarmi troppo a ciò che per ora non è fondato su alcuna informazione certa.


Un breve esempio dei costi

Ogni qualvolta sentite o leggete (per esempio, sulle pagine di questo sito) che bisogna cercare di lasciare Vladimir Putin senza le risorse per continuare la guerra, molto probabilmente non riuscite a immaginare, in concreto, di quali somme debba essere privato attraverso le sanzioni.
Io, finalmente, sono pronto a fare un primo piccolo esempio pratico. Oggi scrivo molto brevemente dei costi legati all’utilizzo dei missili più «comuni».
Il costo di un razzo per il lanciarazzi BM-21 Grad (calibro è di 122 mm) è di circa mille dollari americani. In una salva un BM-21 Grad lancia 40 missili: quarantamila dollari in appena venti secondi. La precisione di questo elemento di artiglieria è molto scarsa anche perché si tratta di una macchina progettata nei primi anni ’60. In sostanza, si «spara» quasi a caso sperando di colpire qualcosa o qualcuno.

Il lanciarazzi pesante 9K57 Uragan: il calibro 220 mm, 16 razzi. Ogni razzo costa circa 12.000 dollari americani, quindi una salva costa 192.000 dollari.

Il lanciarazzi 9K58 Smerch: il calibro 300 mm. È capace di colpire a distanze molto lunghe (fino a 120 km) e danneggiare delle aree molto vaste: fino 672 mila metri quadrati. La precisione di questo sistema è dello 0,3% della distanza. La capienza è di 12 razzi, ognuno dei quali costa circa 80.000 dollari. In 40 secondi vengono quindi lanciati (e «bruciati») circa 960.000 dollari.

Un colpo di una «semplice» obice 2A65 da 152 mm costa dai 300 ai 400 dollari. Un colpo di un carro armato costa tra i 300 e i 1000 dollari. Questi sono i costi per le munizioni ordinarie, ma quelle a carica sagomata (ZBK29M o 3BK31) arrivano a costare anche 5000 dollari. Se si tratta di lanciare dei missili guidati (per esempio 3UBK20 INVAR) il costo di ogni singolo lancio è di diverse decine di migliaia di dollari. Oltre alle munizioni, poi, bisogna considerare anche le spese – altissime! – per il carburante, la manutenzione, le riparazioni, il deposito, gli stipendi dei militari e le armi stesse.
Ah, e poi ci sono i missili tattici: per esempio, il K79 Tochka che ha colpito la stazione ferroviaria di Kramatorsk. Quello costa 300.000 dollari… Etc. etc…
Ora dovrebbe essere un po’ più chiaro a cosa serve – in questo momento storico – non far guadagnare lo Stato russo con le risorse naturali.


Ancora l’incrociatore “Moskva”

Le avventure del tristemente noto incrociatore russo «Moskva» (eliminato dall’esercito ucraino quasi due mesi fa) continuano! Più precisamente, continuano a cambiare le notizie ufficiali diffuse dallo Stato russo circa la sorte della suddetta nave.
Non so se vi sia capitato di leggerne qualcosa, ma da quando si è saputo del naufragio del «Moskva», i genitori di molti suoi marinai stanno cercando – senza successo – di ottenere alcune risposte ufficiali e precise dallo Stato russo: i loro figli «spariti» erano sull’incrociatore al momento del naufragio? che fine hanno fatto? sono morti? salvati ma imprigionati? effettivamente dispersi?.. Lo Stato non ha mai fornito delle risposte chiare.
Ma ecco che, all’inizio di giugno, la Procura della Flotta del Mar Nero ha risposto ufficialmente a una delle madri che l’unità militare 84201 (dove prestavano servizio i marinai dell’incrociatore «Moskva» affondato) è stata aggiunta alla lista dei partecipanti alla «operazione militare speciale» al fine di «assicurare la possibilità di diritti e garanzie sociali, e che l’equipaggio della nave e i suoi familiari ricevano pagamenti [previsti per legge per i famigliari dei militari russi caduti in guerra]». Nel documento non viene specificato quando, esattamente, l’unità militare sia stata aggiunta all’elenco indicato. Allo stesso tempo, Allo stesso tempo, né la Procura né il Ministero della Difesa ammettono ancora che l’incrociatore Moskva abbia mai preso parte alla guerra con l’Ucraina.
In una situazione diversa mi sarei espresso sulle capacità dei marinai russi a navigare senza alcuna nave, ma ora preferisco evitare.


Le notizie simboliche

Non ho avuto la possibilità di dedicare molto tempo a uno studio approfondito dell’argomento, mentre da quello veloce mi sembra di dedurre che la stampa occidentale non rispecchi bene una situazione «curiosa»: la guerra in Ucraina ha già diviso pure gli scienziati.
Infatti, la moria di massa di delfini nel Mar Nero viene interpretata in modo diverso dagli ecologisti russi da una parte e quelli ucraini ed europei dall’altra. Per quelli che lavorano in Russia o in Crimea occupata, i motivi sarebbero la diffusione di infezioni o di atti di intossicazione (in entrambi i casi non ben definiti). Per gli ecologisti ucraini e, per esempio, quelli bulgari il motivo sarebbe la guerra, quindi le esplosioni delle bombe e i sonar potenti delle navi militari russe (che incidono negativamente sulle capacità dell’orientamento dei delfini).
In una guerra tra gli umani i delfini – come tutti gli altri rappresentanti della fauna – non sono le vittime alle quali presterei l’attenzione principale, ma la storia in generale (delle due spiegazioni dello stesso fenomeno naturale) illustra bene i tipi dei due mondi che si sono scontrati nella guerra stessa. Il mondo della libertà con quello della non-libertà.