L’archivio del 2022 год

Un nuovo campionato importantissimo

Io, personalmente, non seguo lo sport professionale in generale e il calcio in particolare, ma a qualcuno dei lettori potrebbero interessare la «notizia» e la tendenza da essa potenzialmente derivante.
Il Ministero dello Sport russo sta progettando di creare un campionato di calcio che coinvolga club della Crimea, delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, dell’Ossezia del Sud, dell’Abkhazia e dei territori occupati delle regioni ucraine di Kherson e Zaporozhye. Secondo la dichiarazione ufficiale del vice-ministro dello sport Odes Baisultanov, al campionato in questione parteciperanno i club delle «repubbliche amiche» e le squadre delle università russe. La prima stagione è prevista per il 2023.
Si precisa che il futuro campionato non sarà affiliato all’Unione calcistica russa (RFU), alla Federazione calcistica internazionale (FIFA) e all’Unione delle associazioni calcistiche europee (UEFA). Ma questo dettaglio, ormai, non ha alcuna importanza: il 27 febbraio la FIFA ha vietato le partite di calcio internazionali in Russia, mentre il giorno dopo, il 28 febbraio, la FIFA e l’UEFA hanno sospeso le squadre nazionali e i club russi dalla partecipazione alle competizioni sotto la propria egida.
Ecco, pianificare qualcosa del genere anche per il 2023 è, per i funzionari russi, un segno di grande ottimismo e di grande convinzione della propria fortuna. Ma questo non significa che non possano pianificare i campionati simili anche per gli altri tipi di sport. Di conseguenza, i miei lettori psicologicamente forti e stabili possono provare a seguirne qualcuno. Sarà una esperienza un po’ estrema ma breve. Sospetto fortemente che la qualità di calcio (o di, per esempio, basket) del campionato «indipendentista» sarà simile al campionato italiano di hockey, ma almeno potrete raccontare ai vostri nipoti di avere visto delle oscenità sportive inimmaginabili.


Un personaggio non occasionale

Probabilmente qualcuno dei lettori si ricorda di Marina Ovsjannikova, una dipendente del «Primo canale» della TV di Stato russa che il 14 marzo aveva invaso – con un cartello contro la guerra – lo studio del notiziario durante la diretta.

Dopo quella occasione Ovsjannikova aveva perso il lavoro (non penso che ne sia molto dispiaciuta almeno dal punto di vista morale) ed era stata multata. Poteva andarle peggio, anche se le leggi sulla responsabilità amministrativa e penale per ogni forma di protesta contro la guerra in Ucraina hanno iniziato a essere applicate in modo severo più tardi.
Ebbene, in questi giorni sono stato contento a scoprire che Marina Ovsjannikova non si è fatta spaventare e, anzi, ha dimostrato che il suo gesto non era stato occasionale, non semplicemente dettato dallo shock per l’inizio della guerra. Il venerdì 15 luglio aveva manifestato con un nuovo cartello sul lungofiume di Moscova davanti al Cremlino:

Il cartello dice: «Putin è un assassino. I suoi soldati sono dei fascisti. 352 bambini sono stati uccisi. Quanti altri bambini devono essere uccisi poiché vi fermiate?». Si tratta della seconda – in termini di visibilità – manifestazione contro la guerra di Ovsjannikova (ma si è espressa pubblicamente in diverse altre occasioni). Quello che non mi è ancora molto chiaro, è perché non sia stata fermata dalle forze «dell’ordine» già venerdì.
È stata fermata solo ieri (pare per una brevissima intervista televisiva) vicino alla sua casa, portata in un luogo sconosciuto, multata e rilasciata la sera del giorno stesso.

Ma se le cose vanno avanti così, per qualche motivo si potrà ancora scrivere di lei.
P.S.: per tutti coloro che lo avessero perso o dimenticato, aggiungo il famoso video del cartello in diretta: Continuare la lettura di questo post »


Con i pugni

C’è chi dice che Biden si sarebbe allenato per più giorni nel nuovo saluto per non stringere la mano al principe della Arabia Saudita (ritenuto responsabile della uccisione di Jamal Kashoggi). Ma io non vedo una particolare differenza dal punto di vista simbolico…

Eppure, un saluto alternativo va inventato: potrebbe essere utile in diverse occasioni.


La musica del sabato

Nel 1981 il duo soft-rock olandese Bolland & Bolland aveva pubblicato la propria canzone più famosa: «In the Army Now». Nel 1982 essa era rimasta al vertice della classifica olandese dei singoli più venduti per sei settimane consecutive. Era stata anche inclusa nell’album del duo «The Domino Theory».

La maggioranza delle persone che conoscono questa canzone ha però sentito solo la versione degli Status Quo (la quale fa parte del loro album «In the Army Now» del 1986). La popolarità di tale versione è stata di una portata più internazionale.

Proprio grazie alla popolarità della versione degli Status Quo, la canzone è stata ripresa anche da alcuni altri gruppi. Per esempio, il gruppo heavy-metal svedese Sabaton ha pubblicato la propria interpretazione della «In the Army Now» tra i bonus track all’album «Carolus Rex» del 2012.

Un altro esempio che posso riportare è un po’ strano: nel 2009 il gruppo francese Les Enfoirés (o, forse, è più corretto chiamarli «associazione di artisti vari»? boh…) ha preso la musica della «In the Army Now», ha aggiunto a essa un testo in francese che parla di un argomento diverso e ha pubblicato il risultato con il nome «Ici Les Enfoirés» (incluso nell’album «Les Enfoirés font leur cinéma»).

Penso che questo possa bastare per descrivere la triste storia della canzone «In the Army Now». Volendo, potete cercare voi le altre sue versioni.


La gelosia

Più o meno tutte le persone normali da quasi quattro mesi stanno leggendo abbastanza sulla guerra in Ucraina. Molto probabilmente una buona parte di quelle persone si è anche accorta di leggere molto sulle decisioni di Vladimir Putin e poco o niente sulle decisioni dei generali russi.
Ebbene, tale percezione della realtà non è sbagliata. Quindi per questo sabato vi consiglio un buon articolo (e di lunghezza non esagerata) sull’argomento dei rapporti di Putin con i generali russi.
E aggiungo la domanda di fine lettura: ci potrebbe essere il rischio che qualcuno rimanga fortemente insoddisfatto della situazione creatasi?


Lo Stato-terrorista

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo discorso al termine del 141-esimo giorno di guerra si è rivolto, contrariamente alla prassi, non ai cittadini del proprio Stato, ma al «mondo democratico». E ha chiesto che dopo il bombardamento della città di Vinnytsya la Russia venga finalmente riconosciuta come «Stato terrorista».
In tale richiesta – in una certa misura emotiva – c’è anche un po’ di logica. Ma il vero lavoro diplomatico (quello non del tutto pubblico) della Ucraina dovrebbe oggi concentrarsi sullo scioglimento dell’ONU: perché, purtroppo, nemmeno gli Stati-terroristi possono essere cacciati dal Consiglio di sicurezza. Ma finché un terrorista continua ad avere un incarico tra le forze dell’ordine, qualsiasi definizione più o meno pesante assegnatagli non ha molto senso pratico.


L’effetto HIMARS

È bello confrontare due mappe: quella a sinistra che illustra i bombardamenti dell’8 luglio (da dove provenivano i bombardamenti), e quella destra che illustra la situazione dopo la distruzione dei depositi russi il 12 luglio. Il numero di bombardamenti è diminuito di dieci volte. Non ci sono più munizioni e non si sa quando verranno portati quelli nuovi.

Potrebbe essere la migliore spiegazione del perché fornire gli armamenti all’Ucraina.


Nessuna notizia

Quando il viceministro delle finanze tedesco Jörg Kukis annuncia – nel corso di una conferenza a Sydney – che la Germania smetterà di acquistare il carbone russo dall’1 agosto 2022 e il petrolio russo dal 31 dicembre 2022, fa solo una semplice cosa. Ricorda solo che la Germania rispetterà le sanzioni europee prese nell’ambito dell’acquisto delle materie prime russe. Ma io, purtroppo, continuo a non vedere una tendenza «di massa» tra gli Stati europei verso l’obiettivo prefissato.
Se qualcuno avesse l’impressione che le sanzioni contro la Russia non funzionino, bisogna evidenziare almeno due cosa. La prima è banalissima: le sanzioni economiche tecnicamente non possono funzionare come un interruttore della corrente. La seconda cosa si osserva quasi altrettanto facilmente: a volte sembra che l’adozione e la messa in pratica delle sanzioni sia troppo timidi, ma in realtà tra i Governi europei non si hanno delle idee chiare su come convincere i produttori alternativi (alternativi alla Russia) di produrre e vendere di più.


Fortunatamente, non troppe persone si sono preoccupate dell’avvertimento di Vladimir Putin, secondo il quale «Non abbiamo ancora cominciato». Capisco che qualche persona particolarmente emotiva avrebbe potuto pensare alla presunta constatazione del fatto che Putin non ha ancora cominciato a usare le armi di distruzione di massa o qualcosa del genere… Ma in realtà la situazione è molto più tranquilla: non solo perché vediamo — per fortuna! — che l’esercito russo si confronta a fatica con quello ucraino, ma anche, per esempio, perché potremmo ricordare il messaggio di Putin alle Camere riunite del Parlamento russo pronunciato il 1 marzo 2018. Quel messaggio nel quale per la prima volta si era parlato degli armamenti russi super innovativi e nel corso del quale erano stati mostrati dei cartoni animati sul funzionamento degli armamenti in questione.
Ebbene, vediamo i «risultati» di quel messaggio di oltre quattro mesi fa.
Secondo Putin, i missili «Sarmat» erano all’epoca del discorso in fase di sperimentazione attiva. Ora, a quanto pare, sono in una fase di sperimentazione iperattiva: non sono ancora in servizio regolare.
Il sottomarino autonomo «Poseidon»: il vettore non è ancora pronto, ma è promesso per il 2027.
Il missile a propulsione nucleare «Burevestnik»: nel corso delle sperimentazioni c’è stato un incidente radioattivo, sono morte di diverse persone, la conclusione dei lavori è promessa per il 2025.
Le armi laser: è stato annunciato che il «Peresvet» sarebbe stato realizzato, ma non si sa nulla della sua applicazione pratica.
Il missile supersonico «Zirkon»: i test sono in corso.
Il missile supersonico «Pugnale»: usato una volta. Non ci sono più stati dei tentativi di utilizzarlo.
Il sistema missilistico ipersonico «Avangard»: Putin si è vantato del presunto fatto che con i 27 Mach di tale sistema l’esercito russo sarebbe in vantaggio rispetto a tutti gli altri nell’ipersonico. Non si ha ancora alcuna prova di questa cosa.
Il carro armato «Armata»: si dice che ne siano stati prodotti ben 30 esemplari. Nella realtà che ormai conosciamo quei cari armati sarebbero stati sufficienti per alcuni giorni di operazioni di combattimento. Ma gli «Armata» non sono stati proprio visti in Ucraina. Al loro posto combattono i rottami T-62 prodotti negli anni ’60 e ’70.
Il caccia di quinta generazione: è stato prodotto un solo aereo (sì, 1). Non ha mai raggiunto la zona di difesa aerea, probabilmente perché si ha troppa paura di perderlo…
A questo punto dovrebbe essere evidente a tutti che, effettivamente, Putin e i suoi complici non hanno ancora cominciato: a costruire un esercito temibile. Se poi ripensate a tutto quello che avete letto negli ultimi quattro mesi e mezzo sulla organizzazione dell’attuale esercito russo, vi rasserenate ancora di più.


Aiutare salvandosi la faccia

Dicono che la Germania sta bloccando da oltre un mese un pacchetto da nove miliardi di aiuti destinati dall’UE all’Ucraina. Allo stesso tempo, sembra che la Germania sia intenzionata a restituire alla Gazprom la turbina della Siemens riparata ma bloccata in Canada a causa delle sanzioni.
A questo punto si potrebbe pensare che nell’ottica della guerra in Ucraina il comportamento della Germania, come pure di diversi altri Stati europei, sia abbastanza strano. Più uno Stato è lontano dalle zone dei combattimenti e più è strano il suo comportamento (anche sulla questione della fornitura degli armamenti). È strano anche perché dopo il comprensibile entusiasmo iniziale nell’adottare le sanzioni contro la Russia, l’Europa sta lentamente passando alla necessità di «salvare la faccia» (© Macron) propria e non di Putin: azzerando, appunto, ogni forma di partecipazione politica-economica al conflitto incorso ma continuando a stare dalla parte del bene.
E quindi spero che si trovi almeno il modo di adottare l’idea alternativa (l’ho già sentita da più economisti) che consiste nell’acquistare più risorse naturali possibile dalla Russia, far precipitare i prezzi e applicare una sorta di tassa o dazio su tale prezzo (per esempio il 30%) a beneficio del bilancio ucraino. In tal modo verrebbero raggiunti almeno tre obiettivi:
1) lo Stato russo incasserà molto meno, anche rispetto ai tempi pre-bellici;
2) gli aiuti all’Ucraina non costeranno alcunché ai contribuenti europei;
3) in Europa non ci sarà la crisi del gas e del petrolio.
Tutto questo non aiuta molto a fermare la guerra, ma almeno potrebbe aiutare a raggiungere dei risultati positivi più visibili e immediati.