L’archivio del 2020 год

Farò piangere a te

È arrivato il momento di svelare il grande mistero politico: Aleksander Lukashenko è ancora vivo, sano e non destituito solo grazie alla longanimità di Chuck Norris:

Tornando per un attimo a essere serio, devo però constatare che Chuck Norris è degradato al punto di vendere la faccia a soli 300 dollari per video. Di conseguenza, è lecito supporre che abbia solo pronunciato un testo preparato da qualche «umorista» senza nemmeno sapere chi sia Lukashenko.

Stephen Fry, invece, appare decisamente più sincero:


La musica del sabato

Giuseppe Verdi è stato un grandissimo compositore ma, secondo la mia opinione personale, la sua eredità musicale è un po’ abusata nell’Italia contemporanea. La sua musica viene ficcata da tutte le parti anche quando si potrebbe tranquillamente farne a meno. Così, per esempio, l’importanza di Verdi non verrebbe assolutamente sminuita se qualcuno osasse di fare una Prima in meno con qualche sua composizione. Anche tra i soli compositori italiani possiamo facilmente ricordare diversi candidati altrettanto validi.
Considerato tutto questo, direi ci tenevo tantissimo a postare qualche composizione strumentale di Giuseppe Verdi meno conosciuta delle altre. O, almeno, meno conosciuta al pubblico «comune»…
Insomma, per oggi ho scelto il Quartetto per archi in mi minore (composto nel 1873):

Bene, finalmente mi sono anche espresso in merito.


È curioso osservare che lingue umane possono essere divise in tre grossi gruppi anche sulla base del modo di trattare il giorno della nascita della persona.
In alcune lingue si usa una parola del tutto neutra e generica: anniversario (per esempio, così si fa in francese e in portoghese). Secondo me non è una parola tanto bella perché un anniversario può essere di qualsiasi evento, non solo della nascita di un umano.
In alcune altre lingue, invece, si usa una parola estremamente precisa: compleanno (per esempio, così si fa in italiano e in spagnolo). Tale parola si applica alle persone (vabbè, anche agli animali amati), ma indica comunque un evento di cadenza annuale: solo le persone nate il 29 febbraio potrebbero pretendere di non compiere gli anni ogni dodici mesi.
E poi ci sono le lingue dove si usa una espressione (può essere anche una parola unica) meno ristrettiva: il giorno della nascita (per esempio, così succede in inglese, in russo e, in un certo senso, in tedesco). Tale espressione è meglio dell’anniversario (perché si applica solo alle creature animate) e del compleanno (perché può essere usata dodici volte all’anno e non solo una).
Mentre i portatori del terzo gruppo delle lingue vivono tranquilli, quelli dei primi due sono costretti a inventare delle parole aggiuntive per delle situazioni specifiche. Per esempio: quale parola andrebbe usata in italiano per il compimento di x mesi? Non lo sa dire con certezza nemmeno l’Accademia della Crusca (forse l’autorità massima nello studio della lingua italiana). Nell’indecisione, la Crusca si limita, in pratica, a osservare su Google la quantità degli utilizzi delle varie varianti della parola inventata dalla gente.
Non penso che si possa sostituire – almeno nel corso della vita di poche generazioni – la parola compleanno con l’espressione il giorno della nascita (allo stato attuale, è tanto inusuale da suonare quasi male). Ma tutti possono contribuire già ora, tramite l’utilizzo attivo, alla affermazione della parola complemese sui dizionari della lingua italiana. Prima o poi quella parola servirà più o meno a tutti.
P.S.: penso che abbiate capito: la parola complemese mi sembra meglio dei vari compimese, complimese e mesiversario.


Le nuove tappe

Possiamo immaginare una infinità di principi in base ai quali calcolare i propri spostamenti ottimali all’interno di una città.
Alcuni principi sono universali perché possono essere applicati in qualsiasi momento: per esempio, il principio della strada più breve.
Alcuni principi sono stagionali: per esempio, d’estate conviene scegliere le vie con tanta ombra, mentre durante un autunno piovoso le vie con tanti portici.
Alcuni principi sono situazionali: per esempio, se si è rotta una scarpa conviene evitare i ciottoli e scegliere le vie con una pavimentazione più regolare (chiamare il taxi non vale ahahaha).
E poi esistono i principi medico-sanitari: per esempio, se nel mondo è diffuso un virus molto temuto conviene tracciare il proprio percorso lungo le vie dove sono esposti i contenitori con il disinfettante per le mani. Se ci prestate una minima attenzione, notate facilmente che molto spesso quei contenitori sono esposti fuori e non dentro ai luoghi pubblici: bar, ristoranti, negozi etc. osservando bene le zone da voi più frequentate, saprete dunque raggiungere velocemente il disinfettante più vicino in caso di necessità. E, spesso, programmerete i vostri spostamenti a piedi in base alla accessibilità di quelle bottigliette magiche!


Le notizie culturali

Più o meno tutti i miei lettori sono già aggiornati sulle due recenti notizie della cultura mondiale.
La prima arriva da Berlino, dove gli organizzatori del festival cinematografico hanno deciso di assegnare più i premi per i migliori attore e attrice, ma optare per dei premi «gender neutral».
La seconda notizia arriva dalla Francia, dove è stato deciso di cambiare il titolo del romanzo di Agatha Christie «Ten Little Niggers»: da «Dix petits nègres» a «Ils étaient dix» («Erano in dieci»).
A questo punto devo dichiarare pubblicamente – senza tentare di apparire originale – che la lotta contro la stupidità umana è una impresa totalmente inutile. È uno spreco delle nostre preziose risorse. Quindi faccio una proposta alternativa.
Bisogna istituire un fondo (oppure una società per azioni?) che abbia per obiettivo l’acquisto di una isola o di un arcipelago nel mezzo di qualche oceano. Sul territorio acquistato verrà proclamato lo Stato della Mente Libera. Uno Stato dove non è necessario (anzi, vietato) riscrivere il passato della umanità in base alla moda corrente ed è consentito chiamare le persone e le cose per quello che sono.
Gli investitori del fondo (o gli azionisti della società) saranno i cittadini dello Stato. L’economia statale si baserà sul turismo culturale (per chi vorrà riposare dalle falsità «politicamente corrette») e sulla produzione delle opere culturali libere da ogni imposizione di neutralità (gli spazi per la produzione di tali opere verranno affittate agli artisti di tutto il mondo).
Secondo me è una cosa che potrebbe decollare.


La paura è noiosa

Di solito le persone incapaci di produrre o almeno comprendere gli scherzi sembrano solo un po’ stupide. A volte sono pure fortemente spaventate dalla vita circostante… Ci sarà una connessione tra la paura e l’intelligenza? Boh… Io, intanto, racconto una breve storia sull’argomento.
Questo è il logo della catena dei negozi alimentari russi «Красное&Белое» («Krasnoe&Beloe», traducibile come «Rosso&Bianco»), che inizialmente si specializzava quasi esclusivamente nel commercio degli alcolici:

Questa, invece, è la bandiera adottata dalla parte (maggiore) della popolazione bielorussa che da oltre due settimane sta protestando contro la «vittoria» di Aleksander Lukashenko alle elezioni presidenziali del 9 agosto 2020 (era stata la bandiera ufficiale della Bielorussia indipendente dal 19 settembre 1991 al 7 giugno 1995):

Ieri, il 25 agosto, un sito satirico russo (specializzato nella pubblicazione delle fake news palesemente assurde) ha pubblicato un articolo sulla catena dei negozi di cui sopra. A quanto risulta dall’articolo, il fondatore/proprietario della azienda avrebbe «ringraziato i protestanti bielorussi per la pubblicità dei suoi negozi». Avrebbe anche dichiarato che «sarebbe felicissimo se la bandiera della sua azienda diventasse la bandiera ufficiale della Bielorussia». Infine, avrebbe promesso al popolo bielorusso «un camion di alcolici e tanti sconti».
Insomma, si è trattato di uno scherzo di media qualità, per nulla offensivo. Stamattina, però, alla redazione del sito satirico è giunta una mail minacciosa proveniente dal reparto delle pubbliche relazioni della catena dei negozi. Nella mail si parlava dei «danni reputazionali» e si minacciava una causa legale nel caso della mancata rimozione dell’articolo dal sito.
È abbastanza evidente che le aziende grandi hanno sempre paura di esprimersi pubblicamente sui conflitti politici riguardanti i loro mercati di interesse. La paura aumenta quando non si ha la certezza sulla posizione del proprio Stato (in questo caso altrettanto poco rispettoso dei diritti di proprietà). Ma i danni reputazionali, per fortuna o purtroppo, sono costituiti dalla reazione della gente comune, quindi dei clienti attuali e potenziali. La paura, però, opprime la ragione. Non permette di capire che — e come — ogni scherzo altrui può essere rivolto a proprio favore: per esempio, con uno scherzo analogo.
Sì, si potrebbe fare un grafico su cui segnare, attraverso dei punti, la distanza di ogni persona da tre punti cardinali: l’intelligenza, l’umorismo e la paura.


L’avvelenamento di Navalny

Ho sempre dubitato della opportunità di scrivere sulle questioni puramente interne russe, ma, relativamente spesso, i mass media e i social network occidentali mi suggeriscono che ci sarebbe un certo interesse verso alcune questioni…
Questa volta il punto di partenza è noto a molti: la mattina del 20 agosto l’oppositore russo Aleksej Navalny, mentre era sul volo di ritorno da Tomsk verso Mosca, si è sentito molto male. L’aereo ha dunque fatto un atterraggio a Omsk per permettere il ricovero di Navalny in reanimazione di un ospedale locale.
Ecco, a questo punto andrebbero precisati alcuni aspetti importanti.
Aleksej Navalny poteva essere stato avvelenato intenzionalmente? Sì, poteva.
Su mandato di chi poteva essere stato avvelenato Aleksej Navalny? Su mandato di qualche noto politico o grosso imprenditore vicino a quel noto politico.
Perché Aleksej Navalny è stato avvelenato proprio ora? Per due motivi strettamente connessi tra loro. Il primo motivo: il 13 settembre in molte zone della Russia (regioni, province e città) si vota alle elezioni amministrative (il viaggio di Navalny in Siberia aveva per l’obiettivo la preparazione del suo network politico proprio a quelle elezioni). Il secondo motivo: un noto politico russo e la sua squadra hanno molta paura dello «scenario bielorusso», quindi delle forti manifestazioni popolari in seguito alle nuove truffe elettorali (è noto che Navalny sa percepire e sfruttare molti sentimenti popolari, quindi anche l’ammirazione verso il coraggio di un popolo geograficamente vicino e culturalmente abbastanza simile).
I timori del noto politico e della sua squadra sono giustificati? Sì, ma solo fino a un certo punto. Infatti, non si sono ancora resi conto del fatto che le proteste bielorusse non hanno per l’obiettivo la difesa di un concreto candidato di opposizione. Quelle proteste nascono dalla insoddisfazione accumulata nei decenni per la permanenza e l’operato della stessa persona al potere. Di conseguenza, quelle proteste non hanno un leader e non ne hanno nemmeno bisogno. L’umore politico della popolazione attiva russa è molto simile, quindi l’eliminazione di Aleksej Navalny peggiora e non migliora il clima di «pace e tranquillità».
Il noto politico e la sua squadra avevano l’intenzione di uccidere Aleksej Navalny? Non penso. Ci sono dei modi molto più efficaci di uccidere una persona indesiderata: vi rimando, per esempio, alla uccisione di Boris Nemtsov (nel caso della quale, ricordo, le «indagini» si sono fermate alla condanna degli esecutori scelti apparentemente quasi a caso). Mentre Aleksej Navalny e le persone vicine a lui andavano spaventate fortemente, molo fortemente. L’eventuale morte di Navalny avrebbe costituito solo un effetto collaterale verso il quale la classe dirigente attuale avrebbe provato una totale indifferenza: la vita delle persone non appartenenti alla cerchia non vale.
Perché per molte ore è stato ostacolato l’ingresso della moglie di Aleksej Navalny nell’ospedale di Omsk? Non è solo una questione di un ordine arrivato da Mosca o di una grave insensibilità dei medici dell’ospedale. Purtroppo, è anche una applicazione letterale di una legge federale russa del 2011. In base a quella legge, in sostanza, ogni paziente è la «proprietà» dell’ospedale. Per esempio, la moglie (o il marito) non è considerata una parente, ma solo un membro di famiglia: «per default» non può accedere. Mentre per una qualsiasi azione del personale medico e amministrativo dell’ospedale è necessario il consenso diretto ed esplicito del paziente; se tale consenso non può essere espresso, decide il personale di cui sopra. A meno che non ci sia una delega scritta firmata precedentemente dal paziente. Tale legge, però, merita un commento serio a parte.
Perché per molte ore i medici e i dirigenti dell’ospedale di Omsk si sono opposti al trasferimento di Navalny nella clinica tedesca attrezzata decisamente meglio? Per ora è possibile rispondere solo con una ipotesi: perché sono stati obbligati a farlo. Infatti, nella medicina contemporanea non esiste più il concetto del «paziente non trasportabile». E poi, c’è chi ipotizza che il rinvio del consenso al trasferimento di Navalny sia stato dettato dalla necessità di aspettare la decomposizione di alcune sostanze nel suo organismo.
Perché per molte ore i medici e i dirigenti dell’ospedale di Omsk si sono rifiutati di diffondere qualche notizia sullo stato di salute di Aleksej Navalny e, eventualmente, sulle cause delle sue condizioni? Perché hanno diffuso dei comunicati spesso strani e contraddittori? Si riveda l’inizio della risposta precedente.
È corretto accusare direttamente il noto politico? E che c…, nominiamolo pure per nome: Vladimir Putin. Sì, possiamo accusarlo. Poteva anche non essere stato lui ad alzare la cornetta e dire: «Raga, domani avvelenate quel tipo che mi ha rotto!» Però ha creato e coltivato per oltre vent’anni un sistema dove gli avvelenamenti del genere – e non solo – accadono con una certa frequenza.

Sottolineo, infine, che il reale grado di popolarità di Aleksej Navalny in Russia non è l’argomento del presente post. Ricordo solo che è uno degli oppositori più noti e discussi.


Una forma di spreco

Come ben sa il 99,99% dei miei lettori, nella confezione di ogni mobile venduto dall’IKEA è contenuta almeno una chiave a brugola per il montaggio del mobile stesso.
Ebbene, secondo me è possibile svolgere una importante indagine di mercato: quante decine di brugole dell’IKEA sono attualmente a disposizione di una famiglia media italiana e/o europea? Quante di quelle brugole dell’IKEA sono state utilizzate in più di una occasione? E se tutte le brugole conservate nelle case dei comuni cittadini venissero raccolte, quante tonnellate di metallo si sarebbero recuperate?
In realtà potrei fare anche una proposta seria: ormai si potrebbe non mettere più le brugole nelle scatole, ma regalarle alla cassa solo agli acquirenti che ne hanno un reale bisogno. Sarebbe un grandissimo risparmio per l’azienda e per l’ambiente. Anzi, per l’azienda potrebbe essere anche un guadagno in immagine.

Io, intanto, devo constatare che, per esempio, nelle confezioni dell’IKEA non vengono inclusi i cacciaviti: probabilmente perché si presume che li abbiano tutti. Lo stesso principio potrebbe essere applicato agli strumenti regalati a tutti per decenni.


Sparamaschere

Il videobloger statunitense Allen Pan ha creato una pistola pneumatica che spara con le mascherine mediche. L’ «arma» è dotata di una «tacca di mira» per centrare il volto della «vittima», mentre le mascherine che vengono caricate e sparate sono dotate di quattro piccoli pesi metallici per il fissaggio automatico delle mascherine stesse.

Nella prima fase dei test Allen ha sperimentato la pistola su sé stesso e su un manchino. Per la seconda fase dei test, invece, è andato nella città californiana Huntington Beach: secondo la sua tesi, in quella città c’è troppa gente che non indossa le mascherine. Tutti i dettagli della sperimentazione sul campo sono visibili in questo video:

Secondo me potrebbe vincere un po’ di appalti in giro per il mondo: le forze dell’ordine di alcuni Stati sarebbero felici di essere armati anche in questo modo ahahaha


La musica del sabato

Oggi il gruppo britannico The Swinging Blue Jeans viene spesso definito come «il gruppo di una hit». Questa definizione, però, non è del tutto corretta. In primo luogo, oltre alla canzone più famosa canta da loro, anche alcune altre avevano raggiunto una certa popolarità verso la metà degli anni ’60. In secondo luogo, bisogna riconoscere che tutte le canzoni meglio riuscite al gruppo – compresa quella più famosa – erano originariamente scritte e/o interpretate da altri gruppi o cantanti (spesso molto più noti e professionalmente più longevi).
Di conseguenza, sarebbe forse più opportuno dire che The Swinging Blue Jeans sia stato un gruppo composto dalle persone capaci ma sfortunato con i manager. Questi ultimi, infatti, non hanno saputo organizzare bene il lavoro del gruppo e procurare del materiale musicale di valore, utile nella dura missione di fare la concorrenza a The Beatles (popolarissimi proprio in quel periodo storico).
In ogni caso, bisogna riconoscere il ruolo del gruppo nella storia della musica leggera del XX secolo.
La prima canzone scelta per il post di oggi è quella unica che oggi viene associata al nome del gruppo: «Hippy Hippy Shakes» (dall’album «Hippy Hippy Shakes» del 1960).

E la seconda è la «Don’t Make Me Over» (dall’album «Don’t Make Me Over» del 1966):