L’archivio del 10 Settembre 2020

Il razzismo cinematografico

Come avrete già letto, sul sito ufficiale dell’Oscar è stato pubblicato un documento interessantissimo: «Academy establishes representation and inclusion standards for Oscars® eligibility». In sostanza, si tratta di una lista degli standard che dovranno essere rispettati dai film per essere nominati al «miglior film».
A partire dal 2024 i film, per essere nominati, dovranno obbligatoriamente rispettare almeno due dei quattro punti per ogni criterio. Mentre nel 2022 e nel 2023 i creatori di tali film dovranno solo compilare una form ai fini statistici.
Prima di tutto vediamo questi criteri:

Almeno uno degli attori principali o attori di supporto significativi che provenga da un gruppo etnico sottorappresentato:
• Asiatico
• Ispanico / Latinx
• Nero / afroamericano
• Indigeno / nativo americano / nativo dell’Alaska
• Mediorientale / Nordafricano
• Nativo hawaiano o altro isolano del Pacifico
• Altra etnia sottorappresentata
Almeno il 30% di tutti gli attori in ruoli secondari e più secondari che provenga da almeno due dei seguenti gruppi sottorappresentati:
• Donne
• Gruppo razziale o etnico
• LGBTQ+
• Persone con disabilità cognitive o fisiche, non udenti o ipoudenti
Una trama che sia incentrata su un gruppo sottorappresentato:
• Donne
• Gruppo etnico
• LGBTQ+
• Persone con disabilità cognitive o fisiche, non udenti o ipoudenti

Ovviamente, manca il criterio della alta qualità del film. Ed è altrettanto ovvio che prima o poi l’applicazione dei suddetti criteri verrà estesa anche alle altre categorie di premiazione. Perché non c’è il limite alla stupidità umana. A quella stupidità che ha portato l’amministrazione dell’Oscar a produrre, senza rendersene conto, un regolamento estremamente razzista. Razzista perché, per esempio, stabilisce i criteri di conformità proprio alla razza, il colore della pelle e altri aspetti fisici e fisiologici.
La prima cosa che potremmo fare a questo punto è fare gli auguri a tutta l’industria cinematografica statunitense.
La seconda cosa che possiamo fare è chiederci del futuro professionale e finanziario di tutti quei sceneggiatori e registi che non possono o non vogliono realizzare i film sui trans omosessuali sordomuti ghanesi.
La terza cosa che possiamo fare è fare gli auguri — questa volta sul serio — all’industria cinematografica europea. Perché, qualora i suoi protagonisti dovessero mantenere una migliore salute mentale rispetto ai colleghi statunitensi, in pochi anni vedremo crescere notevolmente il prestigio e la popolarità dei festival (e/o concorsi) cinematografici europei. Allo stesso tempo, potrebbe migrare in Europa anche la produzione dei film i cui autori non hanno come l’unico obiettivo la soddisfazione delle regole  del caz  assurde.
P.S.: certamente, mi rendo conto del fatto che i premi culturali di ogni genere (cinema, letteratura etc.) vengono spesso assegnati non solo in base alla qualità dell’opera, ma anche in base alla moda del momento. Possono essere di moda gli argomenti, i Paesi di produzione o gli autori. Ma l’adozione di una regola formale già per la fase di preselezione è una cosa più che esagerata.