Un fatto di cronaca (o di storia?) interessante: il lunedì 28 settembre a Mosca, all’età di 81 anni, è morto Vladimir Musaelyan, il fotografo personale di Leonid Brezhnev. Svolse quel «ruolo» dal 1969 al 1982 (fino alla morte di Brezhnev).
A partire dal 1960 Musaelyan fu un fotografo della agenzia di stampa sovietica TASS e conobbe Brezhnev durante un viaggio di lavoro in Kazakistan. Non so di certo come sia stato notato, ma nei decenni successivi fu sempre molto apprezzato dal Segretario generale.
Tutte le foto più famose di Brezhnev che conosciamo oggi furono scattate da Vladimir Musaelyan. Per qualche strano motivo il suo sito personale non funziona, ma alcune delle foto storiche scattate è disponibile anche nell’archivio della TASS (prestando un po’ di attenzione, noterete che sono divise in 8 pagine).
Qui riporto solo alcuni esempi delle foto di Brezhnev:
Dopo la morte di Brezhnev, Musaelyan aveva continuato a lavorare come fotografo «istituzionale» ritraendo i leader sovietici/russi e le sedute parlamentari. Aggiungo quindi alcuni altri esempi delle sue foto: Continuare la lettura di questo post »
L’archivio del settembre 2020
È stata una di quelle rarissime – direi tendente a singolare – occasioni in cui non mi sono lamentato per avere ricevuto il resto sbagliato, ma, al contrario, sono corso via dalla tabaccheria temendo di essere fermato:
Ahahaha… Sì, sono un collezionista pazzo. E spero che qualche commerciante ancora più pazzo di me un giorno mi dia il resto in lire italiane: in totale mi mancano ancora venti varianti delle monete per completare la sezione italiana della mia collezione.
In Italia (come anche in Russia e, immagino, in quasi tutto il mondo) gli uffici di molte piccole aziende si trovano negli ex appartamenti convertiti, dal punto di vista edilizio, in un modo più o meno avanzato. Mi è capitato di visitare – e in un caso anche lavorarci per qualche mese – un po’ di uffici del genere negli ultimi 25+ anni.
Ora posso constatare che gli uffici-appartamenti migliori sono quelli dove è stata conservata la cucina vera (e non un angolo buio con un frigo e un microonde). Nelle condizioni normali, ovviamente, poche persone potranno o vorranno sprecare il tempo lavorativo per cucinarsi il pranzo. Ma quando i vari ristoranti o mense sono costretti a limitare l’accesso della clientela (per esempio, a causa di una pandemia) oppure chiudono solo perché il mese corrente si chiama agosto, la cucina aziendale potrebbe diventare una interessante soluzione.
Vorrei proprio vedere se ci sarà una evoluzione degli uffici in questo senso.
Il 24 settembre l’Amazon ha presentato una serie di nuovi prodotti, tra i quali era presente anche il drone-guardiano Always Home Cam (prodotto dalla società controllata Ring). Il principio di funzionamento del drone è abbastanza semplice: quando, in assenza del proprietario, qualcuno entra in casa, il drone invia un avviso sul suo telefono o tablet, si stacca dalla propria doc-station e vola verso l’ospite indesiderato filmandolo e trasmettendo il video in diretta sul telefono del proprietario.
L’idea non è particolarmente originale, ma nelle condizioni normali dovrebbe funzionare con una utilità simile a quella della videosorveglianza fissa. L’unica differenza è la visibilità del drone che potrà essere notato e quindi «abbattuto» in fretta. Ma io ne scrivo per un altro motivo.
Non vi sembra che la pubblicità – e quindi in parte anche l’idea – non tenga assolutamente conto di alcune importanti specificità del momento?
Tutta la biografia del compositore Gioachino Rossini sembra confermare quel strano stereotipo secondo il quale le persone apparentemente più allegre sarebbero in realtà fortemente depresse dentro. Così, Rossini scriveva la musica molto ritmica e quasi sempre allegra, non nascondeva il proprio amore verso la bella vita, ma allo stesso tempo manifestava spesso dei visibili sbalzi di umore nella vita quotidiana e ha sofferto sempre più la depressione negli ultimi anni della propria vita.
Però ancora oggi la sua musica fa stare bene gli altri (almeno io lo ringrazio e ascolto ahahaha).
La prima delle sue composizioni selezionate per il post di oggi è la Sonata I in Sol maggiore (la prima delle sei sonate scritte per due violini, un violoncello e un contrabasso nel 1804):
E la seconda è la Serenata (scritta nel 1823):
L’agenzia immobiliare britannica Winkworth ha pubblicato l’annuncio di vendita dell’edificio londinese che viene definito il più stretto della città. È largo 1,8 metri, mentre la superficie totale è di 96 metri quadri. Eccolo sulla foto (è inutile precisare che sia quello blu):
È interessante studiare, almeno dalle foto disponibili, come possa essere organizzato uno spazio vitale così particolare.
L’esemplare indicato prima era un negozio di cappelli, mentre ora è una abitazione di cinque piani che ha due soggiorni, due camere da letto, due bagni, una cucina e un terrazzo. Tutto disposto, come ho già scritto, su cinque piani larghi 1,8 metri… Il proprietario attuale sostiene di voler vendere la casa a causa del trasloco in un altro Stato. Ma io, pur sapendo che le case inglesi non sono spaziosissime, sospetto che la causa reale della messa in vendita sia ben diversa. Secondo me il signore ha passato in quella casa tutto il lockdown (forse anche in compagnia di altre persone). Certo, non è come avere passato due mesi in un monolocale, ma immagino che sia stato comunque un po’ pesante.
P.S.: ma per me sarebbe stata una casa ideale. Purtroppo, non ho un milione di euro per comprarla.
Ormai da mesi tantissime persone, aziende e organizzazioni si esercitano nell’immaginare il mondo del «dopo Covid». In un certo senso fanno bene perché, ovviamente, ogni evento di simile portata ha un impatto abbastanza forte sulla nostra vita. Dall’altra parte, sulla base delle esperienze passate, possiamo facilmente osservare che tutti i cambiamenti seguiti alle grandi situazioni di emergenza non sono altro che il normale progresso. Il progresso è un fenomeno inevitabile in ogni aspetto della vita umana e si sarebbe verificato anche in assenza delle grandi crisi. Me le situazioni di crisi, solitamente, danno una bella spinta al progresso. A questo punto, la prima cosa che devono imparare i semplici osservatori dei cambiamenti in corso è distinguere il progresso e le misure temporanee volte alla gestione della crisi.
Il mio esempio preferito, in questo senso, rimane l’11 settembre 2001 (forse perché è uno dei grandi eventi storici capitati nel corso della mia vita). Nel periodo iniziale avevamo osservato dei controlli e limitazioni intensi e spesso assurdi negli aeroporti, avevamo visto guardare con sospetto le persone barbute etc. Ma nel lungo periodo lo stile della nostra vita quotidiana non è cambiato: la gente non ha smesso di viaggiare (e, in particolare, prendere l’aereo), sulle strade non sono comparsi dei posti di blocco, nessuno ci ha obbligato a mostrare il contenuto delle borse a ogni vigile incontrato. Sono invece cambiate notevolmente le tecnologie di sicurezza. Uno dei segni distintivi di ogni tecnologia fatta bene è la sua invisibilità ai non professionisti.
Oggi, nel 2020, non è necessario avere dei poteri extrasensoriali per capire che la pandemia, prima o poi, finirà. Le persone comuni ricominceranno dunque progressivamente a vivere una normale vita attiva: incontrarsi come e dove si vuole, lavorare in gruppo, viaggiare liberamente in tutto il mondo etc. Allo stesso tempo, molte più persone si accorgeranno che non è più obbligatorio perdere tempo per andare fisicamente a fare la spesa o sprecare un giorno di ferie solo perché domani all’ora x deve passare l’idraulico a fare un lavoretto da cinque minuti.
Ma l’aspetto meno banale che mi incuriosisce tanto in questo periodo è una delle concezioni pre-Covid del progresso. Infatti, fino all’inizio del 2020 ho sentito parlare tantissimo della sharing economy. In parole povere, si tratta di quel modello economico nel quale le persone tendono a condividere sempre più cose: gli spazi e gli strumenti di lavoro, i mezzi di trasporto, i vari oggetti costosi di uso non quotidiano, gli attrezzi sportivi etc. Ebbene, proprio l’idea della condivisione è ora in una forte crisi: in parte è inutile (la gente è ferma a casa) e in parte è pericolosa (o, almeno, potrebbe essere considerata tale da chi ha paura di essere contagiato dal virus presente sulle superfici fisiche). Vorrei tanto vedere uno studio serio sull’impatto della pandemia sulla sharing economy. E poi, nel lungo periodo, vorrei anche osservare se questo modello riesca a riacquistare la popolarità di prima. Perché la condivisione unisce le persone, mentre la pandemia le divide (rendendo necessario l’acquisto in proprietà di molte cose prima condivise).
Quasi quasi sfrutto il lavoro gratuito di qualche prossimo tesista per la ricerca delle fonti.
Non ne ho trovato una conferma ufficiale, ma per dei motivi abbastanza ovvi posso immaginarlo anche da solo: questo settembre a Milano non si svolgerà l’annuale «Missione culturale russa». Di conseguenza, non ci sarà nemmeno la tradizionale proiezione dei film russi di qualità usciti negli ultimi anni. Ma questo non significa che non posso consigliarvi, anche quest’anno, qualcosa di bello da vedere (in generale, è da un po’ che non lo faccio).
In primo luogo, ricorderei a tutti i due film di Kantemir Balagov: il bellissimo «Tesnota» del 2017 e il bel «La ragazza d’autunno» del 2019. So che sono stati proiettati nei cinema italiani, ma non vorrei che ai tempi qualcuno li abbia persi. Soprattutto il primo.
In secondo luogo, potrei consigliarvi il buon thriller del 2008 «The Ghost»: so di certo che è disponibile con i sottotitoli in inglese (cliccare sulla «rotella» in basso a destra del player di YouTube e scegliere l’opzione dei sottotitoli), ma potete anche provare a cercarlo doppiato.
In terzo luogo, aggiungerei la stranissima commedia «The Monk and the Demon» del 2016 (sempre con i sottotitoli in inglese). Questo film sembra essere fatto di due parti di qualità non uguale (in parte a causa di un budget molto ridotto), ma complessivamente è un film interessante.
Ecco, per questa volta è così. Spero che la situazione epidemiologica migliori notevolmente per l’autunno prossimo, permettendo dunque di doppiare e mostrare sullo grande schermo alcuni interessanti film più recenti.
Il summit dei leader dell’UE, previsto per il 24 e il 25 settembre, è stato rinviato all’inizio di ottobre perché il presidente del Consiglio europeo Charles Michel è finito in quarantena dopo il contatto con una persona positiva al Covid-19. Di questi tempi è una situazione quasi quotidiana che da sola non avrebbe costituito una grossa notizia. Ma io, a sorpresa, la posso utilizzare come un pretesto per tornare a scrivere della Bielorussia.
Infatti, al summit posticipato si sarebbe dovuto discutere anche delle sanzioni nei confronti dei vertici bielorussi che si intenderebbe applicare in reazione alle famose elezioni presidenziali «vinte» ancora una volta da Aleksander Lukashenko. Ebbene, da una parte non penso che tali sanzioni possano essere concordate da tutti gli Stati-membri dell’UE in tempi ragionevoli (la ricerca dell’unanimità non aiuta) e che siano capaci di creare un disagio sensibile a Lukashenko (la sua vita professionale e privata passa quasi esclusivamente in Bielorussia). Dall’altra parte, poi, sento sempre più notizie sul presunto trasloco già avvenuto dei figli e nipoti di Aleksander Lukashenko in Russia. Così, per esempio, il diciasettenne terzo figlio Nikolai — il «preferito», colui che avrebbe dovuto un giorno diventare il successore sul trono presidenziale — sarebbe già iscritto al super protetto «liceo presidenziale» situato vicino a Mosca.
Il 5 novembre 2020 termina l’attuale mandato presidenziale di Lukashenko, e il Parlamento Europeo ha già dichiarato di non intendere a ritenerlo un presidente legittimo a partire da quella data. Ma, se le notizie giunte a me (e non solo) dovessero essere vere, non è convinto tanto nemmeno lui della reale possibilità di rimanere al potere ancora a lungo. Di conseguenza, l’UE fa bene a temporeggiare: le prese di posizioni dure ma inutili non hanno mai fatto bene a nessuno.
Siate saggi come i burocrati come l’UE, indovinate le situazioni in cui perdere tempo è una soluzione valida!
Qualche giorno fa mi è capitato di notare, su uno dei siti visitati, un banner pubblicitario un po’ strano.
Solitamente non presto moltissima attenzione alla pubblicità su internet, ma questa volta l’occhio è stato attirato da qualcosa di sospetto… Più che mascherine, mi sono sembrate, ehm, qualche altro tipo di abbigliamento:
No, almeno in questo senso non sono un malato mentale.
P.S.: solo le persone con il senso civico fortemente alterato bloccano la visualizzazione della pubblicità non invasiva sui siti web.