Stamattina il Ninistero degli Esteri russo ha pubblicato un comunicato un po’ particolare sulla propria pagina di Facebook.
In quel comunicato si racconta che oggi, in attuazione del Decreto presidenziale russo – firmato da Vladimir Putin il 13 giugno 2019 – il leader nordcoreano Kim Jong-un è stato decorato con la medaglia russa «75 anni della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica 1941–1945». La medaglia e il relativo certificato sono stati consegnati al Ministro degli Esteri nordcoreano da parte del rappresentante diplomatico russo.
Leggendo questa notizia possiamo porci alcune domande. Per esempio: perché questo gesto diplomatico è stato deciso con l’anticipo di quasi un anno? Oppure: cosa c’entra il relativamente giovane (manca la certezza sulla età reale) politico della Corea del Nord con la porzione russa/sovietica della Seconda guerra mondiale? Oppure ancora: perché non è stato cercato il modo – anche posticipato – di consegnare la medaglia personalmente, dalle mani di Putin direttamente sul petto spazioso di Kim?
La terza domanda è quella più vicina al fatto che ci deve interessare veramente tanto. Avremo mai l’occasione di vedere Kim Jong-un con questa nuova decorazione? Potrebbe essere una bella dimostrazione della sua presenza tra i viventi.
Boh, aspettiamo e osserviamo.
L’archivio del maggio 2020
Ora che siamo passati dai domiciliari alla libertà vigilata, possiamo fare le prime considerazioni sulla esperienza della quarantena. In sostanza quest’ultima è finita, anche se il Decreto del 26 aprile è formulato in un modo particolarmente furbo: consente di fare quasi tutto, ma lo fa con delle espressioni che dal punto di vista linguistico fanno pensare alla continuazione di molti divieti. Evidentemente, l’obbiettivo è stato quello di evitare il decollo verticale delle attività sociali. In ogni caso, solo con questo conflitto tra il contenuto della norma giuridica e la formula linguistica si spiega l’attesa tanto lunga per il FAQ ufficiale. Il Governo non sapeva come spiegare la propria norma senza fare crollare il suo equilibrio fragile interno. A tutti coloro che aspirano alle cariche istituzionali o amministrative ricordo: le regole devono essere semplici.
Ma, intanto, cosa abbiamo imparato da questa quarantena? Per esempio, abbiamo finalmente iniziato a capire quali sono le persone realmente importanti e quali no. Se nella nostra vita non fosse capitata la pandemia del COVID-19, chissà quanto altro tempo ci sarebbe voluto. Addirittura, avremmo rischiato di non capirlo mai. Immaginate la situazione in cui telefonate a un amico per chiedere se potete incontrarvi e sentite la risposta «No, perché tu brutto stronzo mi passi il coronavirus covid-19!» Da un vero amico o da una persona con la quale si ha uno «stabile legame affettivo» non avremmo mai potuto sentire una cosa del genere.
In secondo luogo, il coronavirus ha reso particolarmente evidente l’importanza di sapere ricominciare. Milioni di attività economiche in giro per il mondo si sono fermate. Decine e decine di milioni di persone sono rimaste senza lavoro. Conosco delle persone, anche in Italia, che ora sono letteralmente senza niente, nemmeno il supporto dei parenti o dello Stato. Ma la vita continua. Non si può esistere pensando che nulla possa mutare. Abbiamo visto che la vita può cambiare radicalmente in qualsiasi momento. E noi dobbiamo essere pronti a dover ricominciare dallo zero proprio in quel momento: indipendentemente dalla età, istruzione, abitudini, e le esperienze passate.
Potrei aggiungere che ora siamo anche abituati a pensare alla morte che potrebbe derivare non solo da un mattone caduto in testa, ma evito.
Ora siamo dei solati avvisati.
Ultimamente in internet capitano sempre più spesso dei video storici elaborati con l’aiuto delle reti neurali artificiali. In particolare, si fanno due cose. In primo luogo, viene aumentata la risoluzione («upscale»). In secondo luogo, la frequenza dei fotogrammi viene incrementata fino ai 60 fps (in sostanza, vengono aggiunti dei fotogrammi intermedi con lo spostamento calcolato dei pixel). I video «antichi» diventano dunque, più dettagliati, di dimensioni più grandi e con dei movimenti degli umani più scorrevoli (chi ha visto almeno una volta nella vita un filmato di cento anni fa, si ricorda bene dei movimenti comici saltellanti degli omini). E poi, spesso vengono aggiunti pure i colori.
L’ultima delle modifiche elencate mi sembra spesso di utilità discutibile perché la storicità dei colori non è sempre garantita. Ma si tratta comunque dei tentativi interessanti.
Oggi ho pensato di condividere con i lettori qualche bel esempio scoperto di recente.
Parigi negli ultimi anni ’90 del XIX secolo:
Gli operai inglesi nel 1901 (i ragazzi sono ragazzi in tutte le epoche ahahaha):
Mosca, via Tverskaya nel 1896 (a un certo punto c’è pure l’illusione di vedere un personaggio noto):
Visitando il relativo canale su YouTube potrete vedere anche alcuni altri video interessanti.
La lunga quarantena mondiale stimola molte persone a creare qualcosa di nuovo, a realizzare qualche vecchio piano lavorativo, finire un progetto archiviato tempo fa o, semplicemente, decidere di pubblicare qualcosa che altrimenti sarebbe rimasto nel cassetto per chissà quanti altri anni (forse per sempre).
Tutto questo vale anche per i musicisti che non hanno potuto svolgere la loro attività professionale quotidiana: concerti, tour o registrazioni in studio. Ma la creatività — non solo quella musicale — non si spegne con un tasto come un computer. Nel corso della quarantena molti musicisti hanno saputo pubblicare qualcosa di nuovo. Quindi oggi nella mia rubrica musicale propongo due dei tantissimi esempi scoperti nelle ultime settimane.
L’esempio numero uno. Per la prima volta dal 2012 i The Rolling Stones hanno pubblicato una canzone nuova: «Living In A Gost Town»:
L’esempio numero due. Per la prima volta dal 2016 i Kings of Leon hanno pubblicato una canzone nuova: «Going Nowhere»:
E chissà quanta musica nuova è stata scritta in attesa della riapertura degli studi.
Qualche tempo lungo la spiaggia di Portobello (in Scozia) è stata scoperta una massiccia presenza dei «temperini pubblici». La gente del posto ha iniziato a chiedersi chi li avesse installati e a cosa possano servire.
Come al solito, si tratta di un fenomeno che può rappresentare un mistero solo per la gente totalmente priva di fantasia. Eppure basterebbe osservare cosa fa, di solito, la gente in spiaggia. Io, per esempio, sono psicologicamente intollerante alle spiagge (forse spiegherò il perché in un post separato), e non ci vado praticamente mai (sì, mi sento esonerato da certi rituali sociali parareligiosi: secondo me l’estate è possibile anche senza il mare). Ma, dalle immagini che giungono ai miei occhi, pure io so che la gente cerca di divertirsi in spiaggia come può. Per esempio, utilizza attivamente le varie riviste di enigmistica. Oppure cerca di tenere i bambini all’ombra almeno per un po’, inventando per loro dei passatempo più o meno sensati. Ma, allo stesso tempo, non porta in spiaggia il 100% del materiale disponibile…
Cazzius, il mondo è pieno di gente che si dimenticava di portare l’astuccio pure a scuola e all’università.
Insomma, l’idea del temperino è bella, utile a molte persone e partorita dalle persone capaci di capire cosa serve al prossimo. È mancata solo la capacità di pubblicizzarla bene.
I lettori che vogliono avere i propri cinque minuti di gloria con un investimento minimo, possono provare a prendere l’esempio dal bravo osservatore di Portobello.
P.S.: perché in tutte le città che ho visitato finora manca il servizio dell’accendino pubblico? Gli accendini personali si scaricano sempre nei momenti meno opportuni!
Un giorno diventerò il Capo di uno Stato, ma non so ancora di quale (non escludo l’opzione di fondarne uno appositamente per me). So di certo, però, che una delle mie prime azioni sarà quella di imporre una importantissima modifica costituzionale. Addirittura, ho già preparato il testo:
La Repubblica X è fondata sul lavoro, quindi ognuno è libero di lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza ferie, festivi, ponti e mezzegiornate.
Quando la maggioranza dei miei sudditi comprenderà il vero senso della sopracitata legge costituzionale, lo Stato da me diretto diventerà l’economia più forte del mondo. Ma, considerando la quantità di scarafaggi colorati che abitano i cervelli degli occidentali, suppongo che mi tocca a diventare il Presidente della Cina o del Singapore: da quelle parti hanno già capito tutto.
In più, insisto sulla mia vecchia idea che il 1° maggio debba essere sempre una giornata lavorativa, anche quando cade di domenica. E, magari, pure con dei carichi lavorativi più pesanti del solito. Altrimenti che Festa del Lavoro è? Il 1° maggio festivo è un ossimoro, non una festa.
La sera del 1° maggio, poi, usciti stanchi morti dal lavoro, tutti i lavoratori propensi a manifestare in piazza per i propri diritti dovrebbero sostenere ad alta voce la mia proposta di legge esposta poco sopra. Perché il riposo obbligatorio non sarà mai tanto bello quanto quello fatto per scelta propria. E penso che in questo 2020 lo abbiano già capito in molti.
Buon 1° maggio a tutti.