Con un po’ di anticipo (perché spero che tra qualche ora tutti avremo un passatempo migliore della lettura del mio sito) auguro a tutti i miei lettori un buon anno nuovo.
Sono poche le abitudini più stupide e meno producenti del pianificare di iniziare una vita nuova (oppure prendere le decisioni, iniziare le opere importanti etc) a partire dal lunedì, dal mese prossimo o dall’anno nuovo. Il mio augurio ai lettori per l’anno nuovo è quindi semplicissimo.
Vi auguro di imparare a iniziare tutto nel momento migliore: ora. Se sono le 17:33 di un mercoledì qualunque, va sempre benissimo. Perché è ora che ci sono l’idea, l’interesse e le persone più adatte per la partenza (voi e gli amici).
Siate sereni.
Andrà tutto bene.
L’archivio del dicembre 2018
I festeggiamenti dell’anno nuovo sono sempre più vicini. Tanti liquidi infiammabili verranno consumati e tanti oggetti di produzione cinese verranno infiammati. Entrambe le cose saranno fatte senza pensare alle conseguenze…
No, se pensiamo troppo alle conseguenze non riusciamo a festeggiare alcunché.
Quindi limitiamoci a vedere un video girato da un vigile del fuoco russo con una videocamera fissata sul casco. E se questo video non dovesse bastarci, Andiamo a vedere il suo canale su YouTube.
Allegro questo ultimo video domenicale dell’anno…
Una decina d’anni fa a San Pietroburgo si celebrò – come accade tutti gli anni – una delle più importanti feste cittadine ufficiose. Come da tradizione, nell’auditorium utilizzato per la parte istituzionale della festa – in sostanza un concerto di livello non proprio altissimo con alcuni discorsi ufficiosi in mezzo – furono presenti le massime istituzioni locali (tra il pubblico) e gli artisti locali più noti a livello federale e apprezzati in modo reciproco dalle istituzioni di ogni livello (sul palcoscenico, tra i partecipanti al concerto).
Ma ecco che, improvvisamente, sul palcoscenico comparve il compositore Oleg Karavaychuk…
Provate a immaginare il carattere più brutto che potete. Il carattere di Oleg Karavaychuk era molto peggio. Si vestiva in un modo un po’ bizzarro e arcaico: immaginate un povero pittore di Montmartre della fine dell’800. Viveva in una stanza minuscola di un appartamento in condivisione (uno di quelli co-posseduti e co-abitati da più famiglie in contemporanea): la maggior parte dello spazio della stanza era occupato da un pianoforte. Karavaychuk dormiva quindi sotto il pianoforte e utilizzava la sua superficie superiore come tavolo. Prima di andare a suonare in pubblico toglieva la federa (mai lavata) dal suo unico cuscino e se la metteva in tasca. Arrivando nella sala da concerto, si sedeva davanti al pianoforte e si copriva tutta la testa (faccia compresa) con quella federa: per fare in modo che gli ascoltatori ed egli stesso si concentrassero esclusivamente sulla musica e non su chi ascolta o suona. Suonando, spesso si sdraiava quasi completamente sotto il pianoforte.
Insomma, è evidente che a quel concerto festivo fu invitato per sbaglio.
Una volta salito sul palco, si avvicinò al microfono e con la sua terribile voce scricchiolante disse: «Cari amici! Tutto ciò che avete sentito nel corso di questo concerto è una merda terrificante. Per coloro che pensano di avere sentito male, ripeto: M-E-R-D-A. Finalmente possiamo ascoltare la musica.»
Nel totale silenzio che si instaurò nella sala, il compositore Oleg Karavaychuk si sedette davanti al pianoforte, si mise in testa la famosa federa e iniziò a suonare una delle sue opere fantastiche.
Ieri, il 28 dicembre, sarebbe stato il 91-esimo compleanno di uno dei musicisti e compositori russi contemporanei più particolari e interessanti. Oleg Karavaychuk è stato l’autore non solo di molte opere classiche, ma anche delle musiche ipnotizzanti per oltre 150 film russi e sovietici. Purtroppo è morto il 13 giugno 2016, essendo già fisicamente debole e con la capacità di suonare limitata.
Per il post musicale di oggi ho scelto due sue opere.
In qualità della prima metterei la «Il valzer di Ekaterina II con i favoriti»:
E, visto che ho nominato il notevole lavoro di Karavaychuk con il cinema russo, aggiungo pure un esempio concreto. È tratto dal film «Il monologo» del 1972 (dubito che sia mai stato tradotto in italiano):
Come succede già da alcuni anni, anche questo dicembre il Ministero della Difesa russo ha pubblicato sul proprio sito un calendario «umoristico» per l’anno seguente. Esso è scaricabile seguendo questo link, ma, essendo disponibile solamente in lingua russa, dovrebbe essere tradotto in italiano. Chi lo tradice se non io?
Gennaio 2019 – «La consegna dei carichi in ogni punto del mondo»
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Due anni fa mi era già capitato di scrivere della figura di Ded Moroz, cioè il personaggio che in Russia (e tanti altri Stati dell’ex URSS) porta i regali la notte del Capodanno invece che per il Natale. La scelta di sostituire la festa e il relativo personaggio «mitologico» ha una chiara fondatezza ideologica.
Ebbene, poco fa ho scoperto che il personaggio politico sovietico che per primo – negli anni ’30 – formulò l’idea di dare alla popolazione una festa sostitutiva del vietato Natale, si è guadagnato un articolo storicamente decente sulla Wikipedia italiana.
Come sanno o immaginano alcuni miei lettori, l’autore del presente post è un agnostico con delle forti tendenze all’ateismo. (Tra parentesi: l’ateismo vero presuppone un livello di conoscenza che devo ancora raggiungere.) Di conseguenza, l’opinione condivisa da tutta la redazione del mio blog personale è la seguente: qualora la sopracitata fortunata proposta di Pavel Postyshev fosse stata la sua unica azione politica e professionale, oggi avremmo avuto un nome concreto da ricordare positivamente durante uno dei numerosi brindisi della notte di Capodanno.
E invece siamo costretti a prendere il meglio da una persona del cazius…
Per i miei amici cattolici (reali o formali) la festa più importante del periodo è già passata. Per me, invece, deve ancora arrivare. Ma posso già (o ancora) scrivere dell’unico elemento comune: i regali. Non so se il fare i regali (non importa se per Natale o per altre occasioni) debba essere definito una arte o una scienza. La prima parola è più «poetica», mentre la seconda sottolinea l’aspetto sistemistico dell’affare.
«Cosa c’entra l’aspetto sistemistico?», chiederanno i miei lettori.
E io rispondo che per fare i regali in modo sensato (quindi non comprando la prima cosa che capita cinque minuti prima dell’atto del dono) bisogna comprendere bene alcuni concetti.
Per esempio, le persone che fanno i regali da più anni allo stesso insieme di persone, prima o poi iniziano ad avere dei dubbi sui regali già fatti nelle occasioni precedenti. Il sottoscritto, per esempio, anni fa ebbe il sospetto di avere regalato lo stesso libro alla stessa persona per ben tre volte. Tale figuraccia si evita in un modo abbastanza semplice: facendo la lista dei regali già fatti a tutti i parenti e amici. La lista — che sia in formato digitale o analogico — va conservata in un posto sicuro e aggiornata dopo ogni regalo fatto.
Per ogni persona della suddetta lista, in realtà, andrebbero fatti due elenchi separati: i regali già fatti e le idee per i regali da fare in futuro. Perché il secondo concetto da sapere è: le persone esprimono i desideri (spesso inconsciamente) nei momenti più strani: settimane o mesi prima del compleanno o del Natale. Ma la nostra memoria incorporata non è infinita, quindi ci facciamo aiutare dal nostro elenco.
Al secondo concetto è strettamente legato il terzo, banalissimo. Un regalo deve essere pensato per la persona che lo riceverà. Se facciamo un regalo, significa che conosciamo almeno un po’ la persona e sappiamo almeno qualcosa sui suoi interessi e preferenze. Un regalo personale difficilmente verrà buttato, dimenticato nell’armadio, girato a un’altra persona o addirittura venduto.
Per un bambino o un neo-ragazzo conviene regalare una cosa monouso o un regalo-festa, ma non un giocattolo. Un qualsiasi giocattolo, anche il più bello del mondo, attrae l’attenzione del possessore solo nel corso della prima giornata. Successivamente viene usato una volta al mese e nella metà dei casi solo per caso. Con le bolle di sapone si può creare quasi sempre tanto divertimento, mentre con i giocattoli bisogna impegnarsi.
Un buon regalo non deve comportare delle spese di gestione eccessive. Per esempio, non è bellissimo regalare una Ferrari a un parente che da anni campa con i contratti da stage e apprendistato. Lo stesso vale per i regali palesemente inutilizzabili: per esempio, uno schermo da duecento pollici regalato a una persona che vive in una casa di 30 metri quadri.
Esistono anche tanti altri concetti, che per ora però non mi vengono in mente. Prometto di pubblicarne qualcuno tra un anno.
Nel frattempo concludo con la citazione presa da un bellissimo film russo: «Amare significa capire cosa serve alla persona e darle quella cosa». Sebbene la frase sia di una portata infinitamente più ampia, può essere applicata anche alla missione della scelta dei regali per le persone importanti della nostra vita.
Sappiamo tutti, almeno per sentito dire, quanto è ben affermato il cattolicesimo nella Polonia contemporanea. Come in tante altre parti del mondo, anche in Polonia la grande religiosità viene esibita con delle opere il cui valore simbolico di appartenenza molto spesso prevale nettamente su quello estetico. E, soprattutto, nemmeno con un microscopio si vedono altre loro utilità.
Sicuramente la maggioranza dei miei lettori è da tempo informata sella esistenza della statua di Cristo Re, eretta sul territorio della città polacca Świebodzin. L’altezza complessiva del monumento è di 52 metri (mentre, per esempio, la statua brasiliana di Cristo Redentore è alta, assieme al piedistallo, appena 39,6 metri).
L’aspetto della statua di Cristo Re di Świebodzin è questo:
Per scoprire tutte le caratteristiche tecniche della statua esiste la Wikipedia. Solo un fatto – quello più importante e interessante – viene taciuto da quasi tutte le versioni linguistiche del relativo articolo. Ebbene, sono qui per illuminarvi!
All’interno della corona della statua sono installati i trasmettitori tecnici del Wi-Fi.
Cristo che condivide l’internet con la gente bisognosa è una immagine piena di simbolismo.
P.S.: i preti italiani stanno ancora pensando a come far tornare la gente nelle chiese?
Buon Natale a tutti coloro che ci credono.
Tanti regali a tutti coloro che non ci credono ma approfittano delle utili tradizioni.
Che i pacchi siano numerosi come… boh… che ce ne siano tanti!
Oggi vi faccio vedere un filmato girato sulla trama di una vecchia favola natalizia, nota da secoli alle numerose generazioni dei tedeschi e quasi sconosciuta in Italia.
Una sera il Babbo Natale si innamorò di una tipa vista in brutta compagnia con un tizio giovane e ricco. Pure il Babbo Natale non fu un poveraccio (altrimenti come riuscirebbe a fare tutti quei regali?), ma fu vecchio e con una panza enorme. Dunque, nel tentativo di avvicinarsi al proprio obiettivo (la tipa) si decise finalmente di mettersi a dieta. La moglie, però, iniziò a sospettare qualcosa e fece l’estremo tentativo di riconquistare il Babbo con un regalo costoso: una Audi RS 5 Sportback rossa.
«Ho-ho-ho», disse il Babbo Natale alla moglie, «io mi piglio la macchina, tutti i regali e vado dalla tipa giovane. Le renne cornute tienile pure che starete bene insieme».
Sì, è proprio una favola vecchia come il mondo.
Un mese e mezzo fa avevo postato due canzoni di Alan Parsons’ Project. E subito avevo pensato di dover postare, un giorno, anche qualcosa di Alan Parsons stesso. Sarebbe logico, vero? Ebbene, il momento è giunto.
In realtà la differenza principale tra Alan Parsons’ Project e Alan Parsons è la libertà di Parsons di registrare cosa e come egli voleva (senza concordare il tutto con il collega dell’APP Eric Woolfson). Mentre per il resto il modo di lavorare è rimasto lo stesso.
Beh, la libertà è una prova che ognuno supera come può.
La prima delle canzoni di Alan Parsons scelte è la «Back Against the Wall» (dall’album «Try Anything Once» del 1993):
Mentre la seconda è la «Wine from the Water» (sempre dall’album «Try Anything Once» del 1993):