Ieri pomeriggio avevo notato una certa quantità di repost della notizia sul ritrovamento di una fossa comune di oltre quattrocento bambini in Scozia. Penso che per la maggioranza delle persone si tratti di un evento eccezionale se non singolare. Male, molto male. La conoscenza della Storia in generale e della storia giudiziaria in particolare aiutano tanto a non rimanere sorpresi di fronte alle cose in realtà banalissime (purtroppo banalissime).
Come è indicato in tutti gli articoli sul caso in questione che mi è capitato di leggere, tutti i bambini sarebbero morti tra il 1864 e il 1981. I primi 37 anni di quel periodo coincidono dunque con l’età vittoriana, cioè quella epoca nel corso della quale nel Regno Unito nasce la cosiddetta attività di baby-farming. Troverete tanti dettagli al link, mentre io sottolineo gli aspetti più interessanti in questo momento. Tante madri che rifiutando i propri neonati o comunque figli piccoli, avevano la possibilità di affidarli alle baby-farm gestite solitamente dai privati/famiglie, ma anche da altre «formazioni sociali». L’obiettivo dichiarato delle baby-farm era quella di trovare una nuova sistemazione permanente per i bambini abbandonati. In cambio del proprio lavoro prendevano una somma settimanale oppure una importante somma «una tantum»: in entrambi i casi quei soldi servivano anche per il mantenimento dei bambini.
I lettori potrebbero chiedere: perché le madri non potevano o non volevano occuparsi direttamente del destino dei propri figli non voluti? Non lo potevano fare a causa di una doppia morale ipocrita che ha caratterizzato praticamente tutta l’epoca vittoriana: infatti, i valori protestanti convivevano con, per esempio, con le case di lavoro, forti disparità nelle famiglie e una totale tolleranza della prostituzione (quasi la metà di Londra fu di fatto composta di case chiuse più o meno legali/professionali). Così, più in concreto, rimaneva in vigore «Poor Law Amendment Act» del 1834, uno dei punti del quale vietava alle madri non sposate chiedere gli alimenti ai padri dei loro figli. Attraverso tale norma si sperava di raggiungere tre obbiettivi: 1) escludere ogni possibilità di estorsione da parte delle donne (gli uomini non avevano ancora i mezzi scientifici per dimostrare la propria non-paternità); 2) stimolare i matrimoni formali e legali; 3) non moltiplicare il parassitismo delle donne povere perennemente incinte a spese degli uomini costretti a mantenerle. Nella vita reale, naturalmente, le donne furono costrette a scegliere tra l’aborto clandestino, l’abbandono del neonato o il ricorso al baby-farming. La terza scelta fu economicamente la più sensibile ma anche la più umana: permise a tante madri di sperare nella sopravvivenza e in un futuro non troppo grigio dei propri figli. La situazione fu aggravata da una formale disapprovazione delle madri sole: non ebbero la possibilità di trovare un lavoro fuori dalle case di lavoro (previste dallo stesso Atto) o ottenere aiuti.
Di conseguenza, il baby-farming fu un fenomeno molto richiesto dalle donne del Regno Unito dell’epoca. Molto richiesto e, allo stesso tempo, esercitato dalle persone con una concezione di onestà non omogenea. Alcune di esse svolsero la propria attività in modo responsabile, cercando e spesso trovando delle nuove famiglie per i bambini affidati a loro. Altri operatori del baby-farming, invece, si comportarono in un modo che avreste già potuto ipotizzare da voi: prendendo la somma totale per il mantenimento del bambino per liberarsi dell’assistito (uccidendolo, non curandolo se malato o lasciandolo morire di fame – all’epoca fu facile mettersi d’accordo con gli ispettori). Prendendo «in gestione» tanti bambini si raccoglieva, col tempo, un buon capitale. Proprio a uno dei casi più rilevanti di tale comportamento criminale è dedicato il libro che potrei consigliarvi:
Alison Rattle, Allison Vale, «Amelia Dyer: Angel Maker: The Woman Who Murdered Babies for Money», Andre Deutsch, 2007
Non so se nell’orfanotrofio scozzese, dalla storia del quale siamo partiti, sia mai stata utilizzata la stessa logica commerciale o, nel corso del XX secolo, una qualche sua forma modernizzata (in realtà non voglio finire sotto processo). Vi solo accennato della prassi storica che ricopre una parte del periodo al quale appartengono i corpi ritrovati.
L’archivio del settembre 2017
Pare che Arny stia per tornare in cinema così come mi piace: divertente e non seriamente (o letalmente) noioso. Aspetto il momento di vederlo tutto, mentre per ora accontentiamoci del trailer:
Non riuscite a eseguire una operazione semplice? Tentate le vie più improbabile per riuscirci? Bestemmiate e prendete a calci gli oggetti incolpevoli perché non state riuscendo comunque?
Calmatevi e ricordatevi il mio saggio consiglio: di solito le situazioni del genere succedono perché avete fatto qualche errore banalissimo in partenza. Talmente banale che non vi passa nemmeno per la mente di controllarlo.
Per esempio: se improvvisamente avete perso la capacità di camminare, probabilmente avete legato le scarpe tra esse con i lacci. Se non riuscite ad accendere una stampante, controllate se è attaccata alla presa. Se non riuscite a far funzionare un sito web come si deve, controllate se vi state collegando al DataBase corretto…
Ecco, a me è successa proprio quest’ultima cosa. Quindi prima di ricordarmi della regola alla quale è dedicato il post odierno, ci ho messo più di due settimane a capire perché il mio blog italiano si rifiuta ad aprirsi sul mio sito rifatto. Di conseguenza, vi racconto di due semplicissimi trucchi che spesso utilizzo per far funzionare il mio cervello debole e pigro (in realtà ne ho inventati anche tanti altri, prima o poi ne parlerò):
1) Se un problema non si risolve un una giornata, è inutile perdere ulteriore tempo. Lasciatelo da parte per tornarci tra qualche tempo. Quando e se ci tornerete, rivedendo il problema per ricordarvi in cosa consiste, molto probabilmente troverete subito quel errore banale.
2) Se si tratta di un problema da risolvere urgentemente, fatelo vedere a una persona terza. non conoscendo i dettagli e, di conseguenza, non dando alcunché per scontato, quella persona troverà in poco tempo l’errore banale. Nel chiedere (e dare) dei consigli non è una cosa negativa: chiedendoli «rischiate» a imparare delle cose nuove.
Spero di esservi stato d’aiuto.
Se siete tanto fortunati da non avere dei problemi pendenti, andate a vedere il nuovo design del mio sito e segnalatemi tutti gli errori / problemi / malfunzionamenti / cose illogiche o esteticamente brutte che notate.
Inoltre, sulla prima pagina del sito è ora disponibile un piccolo sondaggio.