L’archivio del ottobre 2015
Per qualche strano motivo, il mio post di martedì non è stato annunciato su Facebook. E’ molto probabile che si tratti di un errore momentaneo dello script al quale ho affidato l’automatizzazione del processo… La mia mania di grandezza, però, avrebbe gioito nel scoprire che la censura californiana avesse difeso l’ONU dalla mia opinione personale.
La storia del corpo di una ebrea russa, arrivato da Mosca a Tel Aviv nella stiva di un aereo di linea è abbastanza curiosa. In sostanza, lei voleva essere sepolta a Gerusalemme, mentre i parenti volevano realizzare la sua ultima volontà alle spese dello Stato destinatario.
Posso immaginare perché all’aeroporto di partenza nessuno si accorto del contenuto della scatola (probabilmente, aveva la vista oscurata dalle S o dalle C sbarrate). Faccio però fatica a comprendere quali difficoltà ci siano nel associare il bagaglio a un passeggero concreto (su ogni unità di bagaglio viene incollato un tagliando che fa riferimento al biglietto del proprietario).
Ma la questione più interessante è: perché i parenti non hanno messo nella scatola almeno un foglietto con il nome da scrivere sulla tomba?
Possiamo concludere, quindi, che pure un deficiente può realizzare, almeno una volta nella vita, una impresa difficile impossibile.
Il diciannovenne Vadim Kostenko è la primo militare russo, la cui morte in Siria è stata ufficialmente riconosciuta dall’inizio dell’intervento. Era un tecnico addetto alla manutenzione degli aerei nella base russa a Lattakia. E’ morto sabato 24 ottobre 2015.
Secondo il comunicato ufficiale del Ministero della Difesa russo, si tratterrebbe di un suicidio dovuto a un rapporto sentimentale finito male. Ma siccome negli ultimi anni il Ministero appena nominato mente poco più spesso che sempre, nessuno crede alla versione del suicidio. Le prime indagini confermano i dubbi.
Sabato 24 ottobre l’ONU aveva compiuto 70 anni. Attualmente è una organizzazione burocratica quasi totalmente inutile: di solito non è in grado di prendere le decisioni sugli argomenti seri. Mentre quando ci riesce, non è in grado di metterle in pratica, quindi nella maggior parte dei casi non possono nemmeno essere considerate delle decisioni.
Trovo inutile augurare all’ONU una veloce guarigione e inopportuno augurare ad essa una morte indolore. Quindi in occasione della importante data mi limito a evidenziare una storica curiosità.
Guardate l’immagine che segue. Sulla parte a sinistra c’è la foto della delegazione sovietica scattata il 12 ottobre 1960 (Nikita Chruščëv si sta preparando al suo intervento scandaloso). Sulla parte a destra, invece, c’è la foto della delegazione russa scattata il 28 settembre 2015 (Vladimir Putin si sta preparando al suo discutibile intervento). Cosa ci comunica questo collage? Ci comunica che nella Sala della Assemblea Generale c’è ancora lo stesso arredamento di 55 anni fa.
Non hanno ancora imparato ad arricchirsi sugli appalti o preferiscono lavorare più in grande?
Mi capita spesso di sentire delle affermazioni sulla presunta inutilità dei telefoni pubblici nelle città (quelle occidentali almeno). Sicuramente avete sentito anche voi qualcosa del genere. Magari siete voi stessi a dirlo. Io, invece, dico che affermarlo è sbagliato e che solo una persona avanti con l’età e con la mente chiusa potrebbe sbagliarsi in tal modo.
E’ assolutamente vero che oggi i cellulari li hanno anche i topi del macellaio all’angolo, ma ricordiamoci anche che, indipendentemente dal tipo di contratto, l’uso del cellulare comporta delle spese sensibili. Particolarmente sensibili in quella giovane età, quando le disponibilità economiche non corrispondono alla necessità di comunicare con gli altri. Gli «under 40» si ricorderanno, probabilmente, quella frase pronunciata centinaia di volte nel corso della propria vita studentesca: «Non ho soldi sul cell…»
Pensiamo ora alle persone più adulte. Coloro che viaggiano tanto sanno che in alcuni Stati non è facile trovare un rivenditore delle schede sim locali. Mentre il roaming costa quanto un mutuo per la casa. E tutti coloro che usano gli smartphone sanno benissimo con quale velocità si scaricano le loro batterie.
Insomma, i telefoni pubblici servono ancora, e tanto. E’ che bisogna piazzarli nei posti giusti: vicino alle scuole e università, luoghi di alto interesse turistico, stazioni ferroviarie, aeroporti etc. In altre zone, invece, servono solo permettere l’affissione dei cartelli pubblicitari.
La nostra fregatura sta nel fatto che le decisioni sulla sorte dei telefoni pubblici vengono prese dalle persone adulte, chiuse tutto il giorno nei propri uffici, benestanti e dotati di una memoria troppo corta.
P.S.: fino a circa dieci anni fa, quando le vere cabine telefoniche erano ancora relativamente diffuse in tutto il mondo, le utilizzavo per rispondere al cellulare. Infatti, quando mi chiudevo dentro, esse mi proteggevano abbastanza bene dai rumori della strada.
Oggi vediamo la pubblicità americana di un prodotto utile per nostra la vita quotidiana e per la salute (siamo tutti umani, vero?). Lo stile (ma forse pure la capacità) di realizzare certi filmati è tipicamente americano, quindi pensate bene se allontanare i bambini dagli schermi.
Anni fa, preparandomi a descrivere la ZAZ-966, avevo ingenuanamente creduto alle voci secondo le quali il prototipo del suo design sarebbe stato il Chevrolet Corvair del 1959:
Mi rendevo benissimo conto di una somiglianza molto relativa, quindi avevo pensato bene, troppo bene, alle capacità e alla fantasia dei designer sovietici/ucraini.
Qualche tempo più tardi, però, ho scoperto l’auto tedesca NSU Prinz IV, prodotta dal 1961 al 1973. Continuare la lettura di questo post »
Riprendiamo l’argomento delle manie dei dittatori. Oltre all’evitare di riconoscere i propri problemi di salute, i dittatori non amano nemmeno viaggiare. Soprattutto quando in casa propria si trovano in una situazione politica complicata. Sono convinti, spesso a ragione, che la loro assenza possa essere sfruttata dai nemici o collaboratori insoddisfatti per la realizzazione (o il perfezionamento decisivo) di un colpo di Stato.
Bashar al Assad è un dittatore atipico già per il solo fatto di esserlo diventato contrariamente alle proprie intenzioni iniziali e solo a causa di un tragico fatto familiare. In ogni caso, non viaggiava all’estero dal 2010 (se non sbaglio): dopo tutto quello che ha fatto dal 2010 in poi, lo volevano vedere veramente in pochi. Ieri, però, ha fatto un viaggio a sorpresa a Mosca «per discutere della operazione militare sul territorio siriano». Dato che un incontro personale con Putin incide pochissimo sull’andamento della guerra in Siria (l’influenza reale di entrambi è minima) possiamo pensare una delle due cose. O spera di essere destituito, o…
Io non ho ancora capito se è tornato in Siria…
Magari sono poco informato e Assad è già a Damasco. Ma è comunque poco furbo puntare su un politico il cui futuro prossimo è per niente roseo. A puntare, naturalmente, è stato quel noto politico che ha portato Assad a Mosca.
Non posso dire di essere particolarmente interessato alla figura del Papa, alle sue azioni, alla sua biografia e ai suoi fatti privati. Però…
Capisco i vari dittatori che cercano di nascondere fino all’ultimo [respiro] i propri problemi di salute. Secondo la loro logica, infatti, le sole notizie sulla loro salute sarebbero dei segni di debolezza che i potenziali nemici interni sognano di sfruttare immediatamente. In base a quella logica ogni forma (e livello) di forza è direttamente proporzionale alla stima che i collaboratori, i dipendenti e le masse governate provano nei confronti del dittatore. E in parte è vero. Per esempio, la fiducia, quasi fede, che la maggioranza dei sovietici provava verso la figura di Stalin aveva subito un notevole calo quando i giornali aveano iniziato a pubblicare i bollettini medici del Segretario Generale.
Papa Francesco, come tanti suoi predecessori, non mi sembra un dittatore. Perché allora il suo staff continua negare il cancro? Se in realtà non ce l’ha, stanno sprecando una ottima occasione di parlare di una «miracolosa guarigione» dovuta a una vita giusta dal punto di vista cattolico. Se ce l’ha, avrebbero potuto presentarci un uomo che non molla il proprio gregge nonostante tutte le sofferenze.
Insomma, la propaganda vaticana non è più quella di una volta.