L’archivio della rubrica «Senza categoria»

Una delle prime biciclette

È molto probabile, purtroppo, che dovremo convivere con una massiccia presenza delle bicilette sulle strade cittadine ancora per molto tempo, anche ben oltre la fine della pandemia attuale. Mi era già capitato di scrivere di tutti i difetti di questo mezzo di trasporto, mentre i miei lettori si saranno sicuramente accorti anche di quanto è difficile muoversi – a piedi o in auto – nel traffico caotico dei ciclisti: per qualche strano motivo quei personaggi pensano di essere immortali, sempre visibili o non traumatici per le ossa e le carrozzerie altrui.
Beh, la stupidità umana è un argomento infinito, ma spesso poco interessante perché ci fa scivolare verso le lamentele improduttive. Parliamo di qualcosa di positivo: per esempio, della storia tecnica.
Più di nove anni fa, a giugno del 2011, mi era finalmente capitato di vedere dal vivo un penny-farthing: una delle prime versioni del biciclo, particolarmente diffusa negli anni ’70 e ’80 del XIX secolo. Tra parentesi: (il nome, come potete immaginare, rimanda alle dimensioni di due monete inglesi).
A me – come, presumo, anche a voi – era capitato più volte di vedere questo tipo biciletta nel cinema, nei documentari e sulle immagini stampate. Ma fino a quel momento non mi era mai capitato di poter studiare bene i vari suoi dettagli tecnici. Mi ricordo ancora bene che le persone che erano con me al museo mi avevano portato vi a fatica…

La composizione della prima foto non è un granché a causa del posizionamento sfavorevole della bicicletta: si trovava in un corridoio relativamente stretto. Mentre retrocedevo per inquadrare bene il mezzo, avevo addirittura rischiato di calpestare un altro pezzo da museo. Sulle immagini successive vedrete però i vari dettagli, fotografabili con maggiore facilità. Continuare la lettura di questo post »


L’idea di una app utilissima

Qualche tempo fa ho avuto l’idea di una app utilissima per gli uomini. Essa dovrebbe funzionare nel seguente modo: si va in bagno con lo smartphone (di solito non lo fate, vero?), si apre l’app, con la fotocamera si inquadrano gli oggetti disposti sui vari ripiani/mobili, sullo schermo del telefono appaiono le spiegazioni scritte in parole semplici sulla destinazione di quegli oggetti. Per esempio: «il barattolo № 1 è una sostanza contro le rughe; il barattolo № 2 è una sostanza contro un altro tipo di rughe; […] il tubetto № 139 è una sostanza contro un altro tipo ancora di rughe. No, non esiste una sostanza universale». Etc. etc..
Così il mondo che circonda gli uomini avrà un grande mistero in meno.
Regalo l’idea alle persone capaci e non pigre. Ovviamente, se una app del genere non dovesse già esistere.


Che succede se…

È interessante la selezione delle possibili risposte a questa domanda da bambini, proposta da «Bored Panda». Io copio qui solo alcune di quelle che mi sono piaciute particolarmente.
Cosa succede se:
Usi la stessa pala per piantare circa novanta mila alberi.

Congeli una Continuare la lettura di questo post »


He was wrong

Il vescovo della chiesa evangelica Milton Wright affermò:

Men will never fly, because flying is for angels.

Parola del padre dei fratelli Wilbur e Orville Wright.

Secondo alcune cronache il primo volo del primo aliante dei fratelli Wright fu eseguito esattamente 120 anni fa: il 3 ottobre 1900. Penso che sia una buona occasione per ribadire una osservazione semplice, banale e inevitabile: la ricerca scientifica e il progresso tecnologico stanno togliendo, passo dopo passo, il terreno alla religione. Nella natura ci sono sempre meno fenomeni sulla spiegazione dei quali prima vigeva il monopolio naturale delle religioni. Nella natura ci sono sempre più persone che restano/diventano religiose solo a causa di un livello di istruzione inadeguato agli standard contemporanei.


Errore fortunato

È stata una di quelle rarissime – direi tendente a singolare – occasioni in cui non mi sono lamentato per avere ricevuto il resto sbagliato, ma, al contrario, sono corso via dalla tabaccheria temendo di essere fermato:

Ahahaha… Sì, sono un collezionista pazzo. E spero che qualche commerciante ancora più pazzo di me un giorno mi dia il resto in lire italiane: in totale mi mancano ancora venti varianti delle monete per completare la sezione italiana della mia collezione.


L’uva senza semi

Chi sono quelle persone sadiche che insistono nel coltivare, raccogliere e vendere ai semplici consumatori l’uva con i semi?
Chi sono quelle creature misteriose che comprano – volontariamente! – l’uva con i semi pagandola con i propri soldi?
Esiste l’uva senza semi. È altrettanto buona e bella, ma priva di quei fastidiosissimi elementi duri che sono capaci di dimezzare il piacere di mangiare.
Finché non capisco queste cose, non vado avanti con il lavoro.


I problemi del confezionamento

È noto più o meno a tutti che i produttori del cioccolato non sanno imballare correttamente i propri prodotti. A me sembra evidente che una tavoletta di cioccolato debba essere posata in modo da permettere di vedere i rettangoli (con gli eventuali rilievi grafici) subito dopo l’apertura della busta. Sulla pratica, però, le tavolette sono sempre «rovesciate»: quando apri la busta, vedi la base piatta.
Non ci vuole molto a impostare diversamente i macchinari di confezionamento, ma per qualche motivo strano nessun produttore lo ha ancora fatto.

E poi esiste un altro grande mistero legato al confezionamento che è diventato particolarmente rilevante ai tempi del coronavirus.
Se tu, caro lettore, sei un minorenne o una persona particolarmente sensibile, interrompi la lettura di questo post. Faresti meglio a leggere qualcosa su, che ne so, Venezia o le targhe automobilistiche.
Bene. Continuare la lettura di questo post »


Le mie scoperte: pepsi/na

Non ci avrei mai pensato prima, ma ora lo so: il nome della bevanda Pepsi deriva dal nome della sostanza pepsina (pepsin in inglese).
La pepsina è un fermento alla base dei succhi gastrici, elaborato in via naturale dallo stomaco umano.
La bevanda Pepsi, infatti, veniva inizialmente pubblicizzata come utile per la digestione.
L’idea di bere il succo gastrico non mi sembra particolarmente utile per l’appetito (un po’ come l’idea di mangiare un hamburger marcio), ma forse gli americani dell’epoca avevano delle ispirazioni differenti dalle mie. In più, non sono mai stato un amatore della Pepsi. Quindi sfrutto l’occasione per ribadire la mia fedeltà pluriennale alla Coca-Cola, anche se la bevo sempre più raramente e quasi esclusivamente d’estate.


Il polso da orologio

Mi piace eliminare i vecchi dubbi, indipendentemente da quanta pressione esercitino sul mio cervello. Vale anche per i dubbi apparentemente meno significativi. Oggi, per esempio, scrivo del dubbio riguardante la posizione «giusta» gli orologi.
Negli anni della mia infanzia (ormai non mi ricordo più l’anno preciso) alle mie orecchie giunse l’opinione secondo la quale solo le donne potessero portare l’orologio sul polso destro. Non mi ricordo più nemmeno la fonte…
Ma poi ho scoperto una regola che sembra molto più sensata: l’orologio si porta sul polso del braccio meno funzionale (quindi su quello sinistro per la persona che scrive con la destra). Ed è possibile fare al contrario solo se l’obiettivo è quello di mettere in evidenza un orologio costoso.
Non so se sia peggio apparire un [censured] o un esibizionista. Come non so quale delle due regole sia la più corretta (ma non sono in contraddizione tra loro). Ma, in accordo con la logica, ho deciso di elevare al rango della legge la seconda regola. La redazione del sito personale approva all’unanimità.
Concludo con una nota tecnica. In ogni caso, la posizione delle rotelline e dei pulsanti esterni indica per quale posizione è stato progettato l’orologio: essi devono essere rivolti verso le dita.

Spero di avere risolto i dubbi occulti anche di qualcun altro oltre a me.


1 gennaio

Probabilmente non lo sapevate.
Oppure speravate che qualcuno fosse più fortunato di voi.
Ma, in ogni caso, non fa assolutamente male ripeterlo.
Ebbene, ho una notizia triste per voi: in tutto il mondo occidentale – e non solo per voi – il primo gennaio è una giornata inesistente.
La gente si sveglia di pomeriggio, si rende conto di non poter bere o mangiare, non sa di preciso cosa avesse fatto prima di essersi addormentata e cosa dovrebbe fare ora. Nel momento in cui le persone riacquistano una minima parte della capacità di intendere e volere, è già la sera.
Nel frattempo le vie delle città restano vuote, non succede alcunché in giro per il mondo.
In sostanza, sui libri scolastici si potrebbe tranquillamente scrivere che un anno normale ha 364 giorni. E ciò sarà vero.
In conclusione del post illuminante di oggi vorrei esprimere le mie più sincere condoglianze a tutti coloro che l’1 di gennaio sono costretti ad andare al lavoro. Nella prossima vita verrete premiati generosamente.

P.S.: oh, Dioniso, ma perché tutte quelle bottiglie sono vuote?!