L’archivio della rubrica «Russia»

Il quarto mandato

Stamattina al Cremlino si è svolta la quarta cerimonia di insediamento di Vladimir Putin in qualità del Presidente. Il fatto stesso non è certamente una notizia, la cerimonia è stata abbastanza noiosa. Avrei dunque facilmente evitato di scriverne, se non ci fosse un piccolo dettaglio storico da sottolineare.
Come probabilmente sapete, la Costituzione russa impone il limite massimo di due mandati consecutivi per la medesima persona alla Presidenza della Federazione Russa. Ed è per questo che tra il secondo e il terzo mandato presidenziale di Putin ci fu quello di Dmitry Medvedev (dal 2008 al 2012). Con la riforma costituzionale del 2008 la durata del mandato presidenziale è stata portata da quattro a sei anni. Di conseguenza, nel 2024 finirà il secondo mandato consecutivo (della seconda coppia) di Putin e ci sarà nuovamente il bisogno di affidare a qualcuno l’incarico presidenziale per un mandato, fino al 2030.
Nel 2030, però, Vladimir Putin avrà 77 anni e, probabilmente, già ora prevede il rischio di non riuscire a reggere l’attesa. Ed ecco che arriviamo al punto interessante: dopo l’ultima vittoria elettorale Vladimir Putin ha dichiarato di «non voler, per ora, cambiare la Costituzione russa». Insomma, chi si è stupito per il carattere poco democratico dello schema Putin-Putin-Medvedev-Putin-Putin, entro i prossimi sei anni rischierà di rimanere ancora più sorpreso per l’immensa fantasia costituzionale del «nuovo» presidente russo.


Le barzellette politiche

Aggiornandomi sulla situazione politica in Armenia (ne ho già scritto due post: il primo e il secondo), ho per puro caso scoperto una curiosa dichiarazione che il deputato (e figlio di Vladimir Žirinovskij) Igor Lebedev fece alla televisione di Stato russa il 23 aprile. Prima di riportare la citazione, devo però specificare il contesto: il padre di Lebedev Žirinovskij ha fondato il partito LDPR il 13 dicembre 1989 (anche se fino al 18 aprile 1992 esso aveva un altro nome) e lo dirige interrottamente da quel momento ad oggi. Essendo il LDPR un partito costantemente presente alla Duma, tutti i deputati ad esso appartenenti appoggiano attivamente ogni iniziativa del Cremlino e del partito Russia Unita. Igor Lebedev è, naturalmente, uno dei deputati proprio del LPDR: attualmente è al quarto mandato, è stato eletto per la prima volta nel 2003.
Insomma, in relazione alle dimissioni del premier armeno Serž Sargsyan il deputato russo Lebedev disse:

«Il popolo armeno ha saputo insistere fino alla fine, bravi! Nessuno vuole tollerare la stessa persona al capo dello Stato per decenni. È necessario il ricambio dei governanti e dei partiti». [traduzione mia]

Il Ministero degli Esteri russo si è già dimostrato il campione dei doppi standard in innumerevoli occasioni, ma i deputati dovrebbero essere un po’ attenti nel fare le battute sugli argomenti politici…


La protesta armena (parte 2)

Dopo le dimissioni del Premier Serž Sargsyan in Armenia continuano le proteste. Il motivo di questo fenomeno è assolutamente comprensibile: l’opposizione vuole evitare che Serž Sargsyan rimanga, tramite una influenza esercitata sul proprio partito, il governatore informale dello Stato. La migliore garanzia della non-influenza sarebbero le elezioni politiche con un risultato diverso da quello del 2 aprile 2017. Quindi bisogna a) ottenere le elezioni anticipate e b) avere il peso politico per vincerle. Ovvio, no?
Una domanda molto più sensata — ma in realtà altrettanto semplice — che mi hanno già fatto più volte in Italia è: qual è la reazione di Mosca a questi eventi in Armenia. La risposta può essere espressa in due parole: nessuna reazione. I motivi sono due (ma volendo possiamo anche dividerli in tre).
Prima di tutto, è successo tutto troppo velocemente, in poco più di una settimana.
In secondo luogo, la fase iniziale delle proteste non appariva capace di portare a degli sconvolgimenti politici (ma mi ricordo che anche l’inizio di tutte le rivoluzioni ucraine degli ultimi 14 anni fece la stessa impressione; sappiamo bene come finirono).
In terzo luogo, a Mosca comprendono bene, con tanto pragmatismo, che chiunque arrivi al potere in Armenia, non avrà molta scelta: dovrà necessariamente restare sotto il protettorato (e quindi l’influenza) della Russia. Altrimenti verrà schiacciata dalle pretese territoriali ed economiche dalla Turchia e dall’Azerbaigian (penso che la questione del Nagorno Karabakh sia largamente nota tra le persone che si interessano della politica internazionale). Per Mosca, dunque, la «perdita» dell’Armenia può avvenire solo in un modo: vederla sparire (del tutto o quasi) dalla mappa geografica. E, dato che nemmeno l’Armenia vuole perdersi in tal senso, anche l’attuale opposizione, qualora vincesse le elezioni, sarà disposta e costretta a mantenere dei buoni rapporti con la Russia. Potranno cambiare alcuni dettagli, ma non il principio in generale.
Detto ciò, aggiungerei che fino ai prossimi avvenimenti rilevanti non ha più senso commentare gli avvenimenti armeni. Fino al risultato delle (ipotetiche) elezioni o le azioni forti del governo attuale, le proteste armene resteranno solo dei fatti di cronaca locale.


Il primo effetto vero

Come probabilente avete già letto, l’ultima porzione delle sanzioni statunitensi nei confronti della Russia ha prodotto dei forti effetti finanziari. Questo, per esempio, è il crollo delle azioni di Rusal alla borsa di Hong Kong:

Rusal è uno dei maggiori produttori di alluminio al mondo; attualmente il suo azionista principale è Oleg Deripaska (48,13%).
Mentre le perdite dei russi più ricchi stimate da Forbes sono queste (riporto solo la cima della lista):

Perché tutte queste informazioni sono potenzialmente interessanti ai miei lettori? Perché i miei lettori hanno studiato l’economia e quindi sanno che le azioni vanno comprate proprio nei momenti come questo.
Inoltre, molti dei miei lettori sanno o immaginano che anche le Società colpite dalle sanzioni occidentali sono in grado di riprendersi dal colpo iniziale di lavorare con successo per decenni.


Il logo da cambiare (?)

Quest’anno la tristemente nota città di Kemerovo compie 100 anni.
Oggi l’amministrazione cittadina si è finalmente accorta della convenienza dicambiare il logo creato per l’occasione.

Quindi sulsito del Comune è stato pubblicato un sondaggio: mantenere il logo già creato, modificarlo o crearne uno totalmente diverso. Sarei curioso di vedere la quantità dei voti per la prima opzione…


Riconoscere l’umanità

Penso che alcuni dei miei lettori abbiano già letto altrove del centro commerciale bruciato in Russia domenica 25 marzo. Sono morte diverse decine di persone, tra le quali anche dei bambini che erano chiusi a chiave in una sala cinematografica. La sala era chiusa a chiave per «evitare l’ingresso degli spettatori senza biglietto», mentre le porte di sicurezza erano chiuse a chiave per l’ordine della FSB (si tratterebbe di una misura anti-terroristica). Potrei raccontare anche altri — numerosi — dettagli sconcertanti di questa tragedia, ma non quanto sia utile: le persone interessate molto probabilmente le conoscono già.
Volevo invece scrivere di uno di quei dettagli che potrebbero essere utili a comprendere una verità triste e globale: in uno Stato non può non funzionare solo una cosa. È una specie della legge della natura. La mancanza del rispetto delle norme di sicurezza non può coesistere, per esempio, con una estrema attenzione verso la qualità della medicina. Oppure, il militarismo e/o la religiosità dilaganti non possono coesistere con un alto livello di istruzione. Un frutto marcio facilita l’avaria di tutta la confezione, soprattutto nel lungo periodo. Così, anche la mancanza del rispetto per la vita umana non può coesistere con un comportamento almeno formalmente degno di un essere umano.
Faccio subito un esempio. Ieri a Mosca si sono svolte due manifestazioni di solidarietà con i parenti ed amici delle vittime dell’incendio. Una è stata organizzata dal Comune di Mosca, l’altra da alcune organizzazione non legate allo Stato.
Vi propongo un gioco un po’ triste: provate a riconoscere sulle due foto seguenti le due manifestazioni di cui sopra.


L’anniversario

Mi sono già un po’ rott stancato di scrivere delle elezioni di Putin, ma oggi è un anniversario importantissimo.
Esattamente 18 anni fa, il 26 marzo 2000, Vladimir Putin è stato eletto Presidente della Federazione Russa per la prima volta. Possiamo ricordare, poi, che dal 31 dicembre 1999 e fino al momento dell’insediamento è stato il facente funzioni del Presidente. Insomma, nel periodo della sua permanenza al potere (all’epoca della «presidenza» di Medvedev) una persona poteva nascere, fare tutto il percorso scolastico, sposarsi, arruolarsi all’esercito, fare chissà quante altre cose…
Anche se fosse stato un santo, io avrei detto la stessa cosa: avere lo stesso presidente per più di 18 anni è anche un po’ noioso.


La famiglia 2.0

Oggi Michail Putin, il figlio del cugino di Vladimir, è stato eletto al consiglio direttivo della Gazprom (per ora la notizia è presente solo sulla versione russa del sito aziendale, quindi non posso aggiungere il link comprensibile per a voi). Inoltre, è stato subito nominato il vice-presidente del consiglio stesso.
È molto pacificante scoprire che nel mondo esistono delle famiglie fortunate con le varie forme delle elezioni…


Il risultato atteso

Commentare le «elezioni» presidenziali russe è un passatempo noiosissimo. Si sapeva tutto in anticipo: il vincitore, la sua percentuale dei voti (approssimativa), l’ordine dell’arrivo dei principali candidati, i brogli (pre e post voto) etc. Quindi mi limito a sottolineare solo alcuni piccoli aspetti.

Stamattina una signora (la incontro quasi tutte le mattine ma ci conosciamo pochissimo) mi ha chiesto, con una faccia seria, se sono soddisfatto o meno dei risultati. Il mio cervello, a quel punto, è stato colpito da una forte crisi: non sapevo se la mia conoscente mi stesse prendendo in giro o meno. In realtà chiedere a un russo se è soddisfatto o meno del risultato delle elezioni presidenziali è un po’ come chiedergli se è soddisfatto di un fenomeno astronomico. Certamente, qualcuno può esserlo o non esserlo, ma, in entrambi i casi, significa che ha una forma grave di qualche irregolarità celebrale. Tutti gli altri, invece, comprendono benissimo che i fenomeni astronomici avvengono indipendentemente dal fatto che i russi abbiano cambiato le pile degli orologi in data prestabilita. Evidentemente gli italiani sono molto più fortunati: non si trovano mai di fronte ai risultati politici che non siano derivati dalle loro scelte.
Da una votazione all’altra possono variare i numeri delle percentuali, ma a contare è – soprattutto alle elezioni presidenziali – l’ordine dei candidati all’arrivo:
1. Putin, 76,66% – è il suo miglior risultato dopo il 2004 (quando aveva preso il 71,31%)
2. Grudinin, 11,81% – è il peggior risultato di sempre di un candidato del Partito Comunista russo, ma Grudinin è comunque arrivato secondo e ciò si sapeva.
3. Žirinovskij, 5,67% – tale percentuale è nella sua media personale (si candida in tutte le elezioni presidenziali a partire dal 1996 e arriva sempre terzo).
4. Sobchak, 1,66% – tale risultato si poteva immaginare: nonostante la sua vicinanza alla opposizione a partire dal 2011, la gente fatica ancora a considerarla una politica seria.
5. Javlinskij, 1,04% – si tratta del suo risultato personale peggiore di sempre (aveva preso 7,34% nel 1996 e 5,80% nel 2000). Per un oppositore noto come egli, l’ottenere un risultato più scarso della Sobchak richiedeva un certo impegno. Effettivamente, Javlinskij si è impegnato tantissimo a non farsi notare in questa campagna elettorale.
6. Titov, 0,76% – è evidente che è stato un candidato chiamato per fingere una alta concorrenza, quindi non ci interessa.
7. Suraikin, 0,68% – è evidente che è stato un candidato chiamato per fingere una alta concorrenza, quindi non ci interessa.
8. Baburin, 0,65% – è evidente che è stato un candidato chiamato per fingere una alta concorrenza, quindi non ci interessa.
Alle elezioni del 18 marzo ha votato il 67,5% degli aventi diritto, quindi nonostante tutti gli sforzi della propaganda statale degli ultimi due mesi, non è stato battuto il record del 2008 (69,8% degli aventi diritto).
La descrizione di tutti i brogli richiederebbe un post dedicato, quindi per ora lascio l’argomento da parte.
Mi rimane a questo punto da sottolineare solo un dettaglio importante. Per Vladimir Putin era fondamentale il risultato elettorale raggiunto in Crimea: lo considera seriamente un secondo referendum sulla appartenenza della penisola. Il risultato di ieri è stato leggermente più scarso del 2014: Putin ha preso il 92,2% dei voti (contro il 96,8% a favore del passaggio alla Russia nel 2014) con l’adesione media attorno all’80% (nel 2014 era stata attorno al 90%). Evidentemente, restano da spiegare bene le modalità possibili di un eventuale referendum del genere e l’opportunità di organizzare le elezioni politiche su un territorio annesso (ricordo a tutti che annessione è un termine giuridico neutrale).
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I post precedenti sulle elezioni presidenziali del 18 marzo 2018:
Il post № 0 – alcuni candidati particolari
Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
Il post № 4 – Ekaterina Gordon e Aleksej Navalny
Il post № 5 – Sergej Baburin e Maksim Suraikin
Il post № 6 – la raccolta delle firme
Il post № 7 – i programmi elettorali
Il post № 8 – le campagne elettorali


Le elezioni di Putin

Come ormai saprete benissimo, domenica 18 marzo (dopodomani) in Russia si terranno le elezioni di Putin. Per ora non mi vengono in mente altre cose potenzialmente interessanti per i miei lettori, quindi mi limito a pubblicare una semplice raccolta di link ai 8 post sui candidati alla Presidenza e al secondo posto.
– Il post № 0 – alcuni candidati particolari
– Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
– Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
– Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
– Il post № 4 – Ekaterina Gordon e Aleksej Navalny
– Il post № 5 – Sergej Baburin e Maksim Suraikin
– Il post № 6 – la raccolta delle firme
– Il post № 7 – i programmi elettorali
– Il post № 8 – le campagne elettorali