Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo (con i sottotitoli italiani). Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario – non lo sono! –, ma perché il contenuto di un discorso del genere (tra l’altro, uno dei pochi rivolti direttamente ai sudditi) è un importantissimo elemento di analisi politica.
Cosa posso dire di questo nuovo messaggio? Prima di tutto, posso dire che è stato più lungo di tutti quelli precedenti: è stato addirittura battuto il record dell’anno scorso. E poi ho notato che questa volta si è trattato di un discorso che…
a) è un po’ meno vago del solito,
b) cita dei risultati positivi raggiunti e futuri che esistono solo nella fantasia di Putin,
c) è un po’ meno militarista del solito (strano!),
d) in alcuni tratti sembra far emergere la crescente solitudine di chi parla (molto strano per un discorso preparato e controllato da chissà quante persone).
E, infine, il mistero più grande legato a ciò che non si sente ma si vede: perché in questo video è così evidente che sta indossando un giubbotto antiproiettile? Di chi aveva paura? Del cameraman che poteva nascondere un fucile dentro la videocamera? Perché nessuno ha tentato di mascherare il fatto? Boh…
Ma è inutile tentare di riassumere o commentare tutto il discorso: potete sentirlo da soli. Avrei tradotto diversamente alcune parole, ma il senso generale si capisce comunque bene:
P.S.: tutte le parole scritte nel presente post sono state utilizzate intenzionalmente.
L’archivio della rubrica «Russia»
Secondo la Reuters le autorità statunitensi starebbero considerando ulteriori misure restrittive nei confronti della Russia per l’eventualità di una invasione russa della Ucraina. In particolare, si penserebbe anche alle misure di «emergenza» per limitare le esportazioni verso la Russia. Tali misure includono un divieto sull’export di telefoni, componenti chiave per la produzione degli aerei e delle automobili, ma anche di materiali «per molte altre industrie».
Cosa possiamo apprendere da questa notizia? Per l’ennesima volta possiamo apprendere che l’amministrazione di Joe Biden non ha capito più o meno niente di Vladimir Putin. Infatti, Putin – come lo conosciamo oggi – continua a non voler assumere alcuna responsabilità per le scelte difficili. Non ammette la responsabilità per gli atti terroristici compiuti all’estero (avvelenamenti e altri omicidi), per gli abbattimenti degli aerei (sicuramente vi ricordate del volo MH17) e per l’invasione dei territori altrui (l’intervento dell’esercito russo in Crimea non è stato riconosciuto). Di conseguenza, non abbiamo dei motivi per pensare che improvvisamente cambi e decida di sanzionare, da Comandante supremo delle forze armate, l’inizio di una guerra con un qualsiasi Stato di questo pianeta.
La concentrazione delle forze militari russe continua a essere solo uno strumento della «diplomazia» contemporanea russa: serve per dire «trattatemi bene che sono un pazzo armato».
Di conseguenza, mi dispiace tanto che negli USA vangano sprecati il tempo e le forze…
P.S.: per qualche motivo nelle ultime settimane tutti continuano a dire e scrivere, con una intensità maggiore di prima, che le forze armate russe siano aumentate vicino al confine con l’Ucraina. Ma in realtà l’aumento che intendono si è verificato a Elnja, vicino al confine con la Bielorussia.
Boh, sarà perché per la maggioranza dei giornalisti si tratta delle terre ugualmente lontane e sconosciute.
L’azienda russa «ZA Sport» (il nome si traduce letteralmente come «A favore dello sport»), specializzata nella produzione dell’abbigliamento sportivo e casual, è stata fondata nel 2012 da Anastasija Zadorina: la figlia del colonnello-generale Mikhail Shekin, il capo del servizio di forniture materiali dell’FSB. Anastasija è da anni nota in Russia per le sue iniziative «sociali patriottiche», ma questa volta, finalmente, è riuscita a realizzarsi anche in un ambito un po’ più ufficiale.
Ebbene, a grande sorpresa la sua ZA Sport ha ottenuto il diritto di vestire la squadra olimpica russa per otto anni. Il sito aziendale, in particolare, dice:
Il completo olimpico per la squadra nazionale russa è stato progettato tenendo conto dei desideri degli atleti e nel rispetto di tutti i regolamenti del Comitato Olimpico Russo e del Comitato Olimpico Internazionale.
(traduzione mia)
E allora vediamo qualche esempio di quei vestiti… Anzi, confrontiamo i prodotti della ZA Sport con quelli dei concorrenti. A sinistra vediamo l’uniforme olimpica degli Stati Uniti, mentre a destra quella russa prodotta dalla ZA Sport:
Se vi capita di vedere le prossime Olimpiadi invernali di Pechino, sicuramente riuscite a riconoscere e distinguere le due squadre.
A tutti coloro che si interessano, per qualsiasi motivo, dell’avvelenamento dell’oppositore russo Alexey Navalny con il Novichok (avvenuto il 20 agosto 2020) segnalo il sito tematico creato dai colleghi/collaboratori di Navalny stesso. Su quel sito sono raccolte tutte le informazioni per ora note – ai creatori del sito e quindi a noi – sugli esecutori e sui loro strumenti e metodi, la cronologia dei fatti, la posizione ufficiale dello Stato russo in merito etc.. Come potete facilmente immaginare, mancano ancora diverse informazioni importanti (perché sono note non a noi, ma a poche persone concrete), ma certamente si tratta di una situazione temporanea. Mentre il suddetto sito già oggi è un interessante documento storico.
Il sito promette anche dei premi in bitcoin per alcune informazioni fondamentali mancanti circa l’avvelenamento di Navalny. Sono sicuro che prima o poi quelle informazioni salteranno fuori, ma non sono del tutto sicuro che lo faranno solo per una questione di soldi.
Il sito russo Habr (specializzato nell’offrire lo spazio per le discussioni in materia delle tecnologie dell’informazione e dell’internet) ormai da dieci anni organizza, ogni dicembre, un evento curioso: il «Ded Moroz anonimo». Tale evento consiste nello scambio di regali di Capodanno tra gli utenti del sito registrati. Ogni utente interessato a partecipare all’evento indica in una apposita form i propri nome reale e indirizzo postale, riceve i dati analoghi di un altro utente partecipante scelto a caso dal sistema (per inviare un regalo), sceglie e invia un regalo, e poi aspetta di ricevere un regalo da qualche altro utente (per il quale è stato scelto dal sistema). In questo modo tutti i partecipanti diventano degli autori di regali anonimi: infatti, non sanno da chi arriverà il regalo e, nella schiacciante maggioranza dei casi, non conoscono personalmente la persona alla quale hanno inviato il proprio regalo (e viceversa). Ogni autore di un regalo può sperare di indovinare il regalo o provare, furbamente, a cercare su internet il nome del destinatario assegnatogli per scoprire, eventualmente, i suoi interessi.
[A questo punto ricordo che in Russia i regali si fanno per il Capodanno invece che per il Natale; il personaggio folcloristico che porta i regali si chiama Ded Moroz (Babbo Gelo).]
L’idea di Ded Moroz anonimo mi sembra bella e simpatica, quindi mi dispiace un po’ che non esista anche in Italia: ricevere qualche regalo in più (ma pure farlo) è sempre positivo. Ma allo stesso tempo capisco che non tutti sarebbero disposti ad affrontare le difficoltà legali in materia di privacy, le quali sorgono ogni qualvolta ci si trova davanti alla necessità di raccogliere e gestire le informazioni personali (in questo caso indirizzi e nomi).
Spero che prima o poi gli amministratori di qualche sito famoso a livello occidentale trovino il modo di organizzare una cosa del genere.
Ieri mi sono quasi perso un anniversario bello: i 30 anni dalla firma dell’Accordo di Belaveža.
Ma proprio trent’anni fa, l’8 dicembre del 1991, i Capi della RSFSR (in sostanza, la Russia) e delle Repubbliche socialiste sovietiche bielorussa e ucraina — Boris Eltsin, Stanislav Shushkevich e Leonid Kravchuk — firmarono l’accordo di Belaveža, un documento in base al quale le loro Repubbliche uscirono dall’Unione Sovietica. Diciassette giorni dopo, poi, l’URSS cessò ufficialmente di esistere. Quell’evento era preceduto e, soprattutto, seguito dai tempi abbastanza difficili per le popolazioni di tutte le ex Repubbliche sovietiche, ci sono ancora un po’ di nostalgici (mai integrati nel mondo contemporaneo o con la memoria alterata) che vedono la firma di quel documento come la fonte di molti mali di oggi. Ma, obbiettivamente, è stata ormai una necessaria constatazione di morte di una entità territoriale inutile. Non mi dispiace per essa, come non mi dispiace per il rispettivo Stato di fatto morto ancora prima.
Se la politica interna (e in un certo senso pure quella estera) della parte più estesa dell’ex URSS non stesse stilisticamente tornando ai tempi antecedenti la firma del suddetto Accordo, avrei pure espresso il desiderio di dimenticare completamente — e felicemente — molte cose e guardare solo al futuro. Con l’Accordo di Belaveža si era tentato di darmi quella possibilità…
Insomma, per è un anniversario più positivo che negativo.
In alcune occasioni mi era già capitato di scrivere che la Duma (la Camera bassa del parlamento russo), come tutto il parlamento in generale, è solo un organo di ratifica delle decisioni prese in altre sedi… In realtà, prevalentemente in una sede particolare, ma ora non importa.
L’importante è che posso raccontare – a tutti coloro che non riescono a immaginare la portata del problema – di un esempio pratico freschissimo, accaduto ieri. La dirigenza del partito «Russia unita» ha deciso, all’unanimità, per l’espulsione dal partito del deputato Evgueni Marchenko. Quest’ultimo l’altro ieri si è permesso di votare contro la legge finanziaria in occasione della prima lettura (delle tre necessarie). In tal modo avrebbe violato lo statuto partitico che impone ai deputati l’obbligo di appoggiare la decisione collegiale del partito in qualsiasi questione. Uno dei dirigenti della «Russia unita» ha precisato che «nessun deputato si può permettere di votare contro una legge finanziaria basata sulle indicazioni del Presidente [della Russia]».
Bene, ora siete informati sul funzionamento della Duma infinitamente più di prima. E, probabilmente, siete un po’ più vicini alla comprensione delle mie difficoltà di fronte alle domande circa la presunta forza della opposizione nel parlamento russo.
Ah, forse dovrei aggiungere una foto di Evgueni Marchenko. Eccola:
Prima o poi vi racconto qualche altra storia analoga.
Una delle numerosissime serie di foto scattate a Yuri Gagarin poco dopo il suo ritorno dallo spazio può essere riassunta con questa immagine:
È inutile ricordare che il volo avvenne il 12 aprile 1961. È invece utile ricordare che la suddetta foto ritrae Gagarin, Nikita Chruščëv (lo vediamo a destra di Gagarin) e alcuni altri gerarchi sovietici che salutano la parata di festa dal mausoleo di Lenin in piazza Rossa… Ma sopra l’ingresso del mausoleo è visibile anche un altro cognome oltre a quello di Lenin: c’è pure quello di Stalin. Il corpo di quest’ultimo è stato «espulso» e seppellito più tardi, la notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre del 1961 (quello fu l’unico – ma veramente geniale – festeggiamento del Halloween nell’URSS: il corpo imbalsamato di Stalin uscì in un luogo pubblico!).
Ecco: con l’avanzare della condanna ufficiosa della politica di Stalin, a molte foto come quella che apre il presente post è stata tagliata la parte inferiore (quella con il cognome di Stalin). Mentre dopo la destituzione di Chruščëv la figura di Gagarin è stata liberata pure dalla sua vicinanza politicamente scomoda.
Di conseguenza, la maggioranza delle persone relativamente giovani conosce solo le versioni ritagliate delle foto ufficiali di Gagarin appena tornato.
P.S.: il funerale di Stalin – già morto da oltre otto anni – avvenuto la notte del Halloween è un altro, divertentissimo, argomento che descriverò in un modo dettagliato più avanti. Forse tra un anno esatto…
Tre settimane fa avevo scritto delle fotografie a colori scattate nel Regno Unito alla fine degli anni ’20 del secolo scorso. In quello specifico caso si trattava del metodo chiamato autocromia (lo avevo descritto brevemente nel post): uno dei diversi metodi sperimentati all’epoca dai pionieri della fotografia a colori. Prima o poi scriverò anche di qualche altro metodo, mentre oggi pubblico qualche altro esempio dell’autocromia.
Questa volta vediamo le foto scattate all’inizio degli anni ’10 del XX secolo in Crimea (all’epoca faceva parte dell’Impero russo). L’autore è Petr Vedenisov: un nobile locale che oltre a essere un buon fotografo fu anche un bravo pianista.
La moglie di Vedenisov Vera, i loro quattro figli e la suocera di Petr Elena Basileva (1910):
Vera Vedenisova a Jalta (in Crimea) nel 1914: Continuare la lettura di questo post »
Dal registro della WHO risulta che sia ripartita la procedura di certificazione del vaccino russo contro il Covid-19 «Sputnik V» (lo trovate al numero 12, la seconda pagina del PDF).
Anche se il vaccino russo dovesse essere finalmente riconosciuto a livello internazionale, non cambierebbe molto per la salute pubblica planetaria. Infatti, negli Stati occidentali nessun cittadino mentalmente sano ha avuto dei problemi con l’accesso ai vaccini già esistenti, mentre la Russia non produce e non produrrà le dosi per l’esportazione (anzi, dai pochi dati statistici disponibili sembrerebbe che è incapace di produrre nemmeno le dosi necessarie per la propria popolazione).
Ci saranno invece dei cambiamenti positivi per la ripresa della economia globale: le persone già vaccinate con lo «Sputnik V» — che non solo i residenti in Russia — potranno ricominciare a circolare nel mondo, quindi anche portare i soldi. Bisogna temerli? Ormai no: le statistiche dicono che il vaccino russo non è peggiore di quelli applicati in Europa. Bisogna solo sperare di non beccare uno di quei no-vax russi che si sono comprati il certificato di vaccinazione senza farsi alcuna puntura, ahahaha
Ma, purtroppo, non è detto che sopravvivano fino al momento della riapertura dei confini…