I tentativi dei giornalisti occidentali di dare una qualsiasi interpretazione alle parole di Dmitry Medvedev (l’ex premier, l’ex custode della sedia presidenziale, l’ex primo tra i collaboratori di Putin) sorprendono e fanno un po’ ridere allo stesso tempo.
Sorprendono e fanno ridere perché indicano chiaramente il grado della (in)competenza delle persone che sono state incaricate a scrivere della Russia.
Da oltre due anni ogni dichiarazione di Dmitry Medvedev — che a differenza di Putin sa usare anche l’internet — ha un obiettivo solo: ricordare della esistenza di chi la esprime. Da quando non ricopre più l’incarico del premier (dal 15 gennaio 2020) e non passa più il tempo libero in compagnia di Putin (dai tempi ancora più lontani), Medvedev si sente, non senza motivo, escluso dalla vita politica «seria» russa. Ma, ovviamente, vorrebbe tanto esservi riammesso. Quindi cerca di attirare costantemente l’attenzione del capo, tentando di apparire il più agguerrito, il più categorico e il più fedele di tutti.
Di conseguenza, dobbiamo ricordare che tutte le parole di Medvedev sono rivolte prima di tutto (o addirittura solo) a Putin. Ed è una cosa normalissima, le cose del genere succedono in ogni struttura gerarchica non democratica.
Avrei potuto anche ipotizzare che stia lottando per qualche incarico importante nella Russia post-putiniana, ma non vorrei dedicarmi troppo a ciò che per ora non è fondato su alcuna informazione certa.
L’archivio della rubrica «Russia»
Ogni qualvolta sentite o leggete (per esempio, sulle pagine di questo sito) che bisogna cercare di lasciare Vladimir Putin senza le risorse per continuare la guerra, molto probabilmente non riuscite a immaginare, in concreto, di quali somme debba essere privato attraverso le sanzioni.
Io, finalmente, sono pronto a fare un primo piccolo esempio pratico. Oggi scrivo molto brevemente dei costi legati all’utilizzo dei missili più «comuni».
Il costo di un razzo per il lanciarazzi BM-21 Grad (calibro è di 122 mm) è di circa mille dollari americani. In una salva un BM-21 Grad lancia 40 missili: quarantamila dollari in appena venti secondi. La precisione di questo elemento di artiglieria è molto scarsa anche perché si tratta di una macchina progettata nei primi anni ’60. In sostanza, si «spara» quasi a caso sperando di colpire qualcosa o qualcuno.
Il lanciarazzi pesante 9K57 Uragan: il calibro 220 mm, 16 razzi. Ogni razzo costa circa 12.000 dollari americani, quindi una salva costa 192.000 dollari.
Il lanciarazzi 9K58 Smerch: il calibro 300 mm. È capace di colpire a distanze molto lunghe (fino a 120 km) e danneggiare delle aree molto vaste: fino 672 mila metri quadrati. La precisione di questo sistema è dello 0,3% della distanza. La capienza è di 12 razzi, ognuno dei quali costa circa 80.000 dollari. In 40 secondi vengono quindi lanciati (e «bruciati») circa 960.000 dollari.
Un colpo di una «semplice» obice 2A65 da 152 mm costa dai 300 ai 400 dollari. Un colpo di un carro armato costa tra i 300 e i 1000 dollari. Questi sono i costi per le munizioni ordinarie, ma quelle a carica sagomata (ZBK29M o 3BK31) arrivano a costare anche 5000 dollari. Se si tratta di lanciare dei missili guidati (per esempio 3UBK20 INVAR) il costo di ogni singolo lancio è di diverse decine di migliaia di dollari. Oltre alle munizioni, poi, bisogna considerare anche le spese – altissime! – per il carburante, la manutenzione, le riparazioni, il deposito, gli stipendi dei militari e le armi stesse.
Ah, e poi ci sono i missili tattici: per esempio, il K79 Tochka che ha colpito la stazione ferroviaria di Kramatorsk. Quello costa 300.000 dollari… Etc. etc…
Ora dovrebbe essere un po’ più chiaro a cosa serve – in questo momento storico – non far guadagnare lo Stato russo con le risorse naturali.
Le avventure del tristemente noto incrociatore russo «Moskva» (eliminato dall’esercito ucraino quasi due mesi fa) continuano! Più precisamente, continuano a cambiare le notizie ufficiali diffuse dallo Stato russo circa la sorte della suddetta nave.
Non so se vi sia capitato di leggerne qualcosa, ma da quando si è saputo del naufragio del «Moskva», i genitori di molti suoi marinai stanno cercando – senza successo – di ottenere alcune risposte ufficiali e precise dallo Stato russo: i loro figli «spariti» erano sull’incrociatore al momento del naufragio? che fine hanno fatto? sono morti? salvati ma imprigionati? effettivamente dispersi?.. Lo Stato non ha mai fornito delle risposte chiare.
Ma ecco che, all’inizio di giugno, la Procura della Flotta del Mar Nero ha risposto ufficialmente a una delle madri che l’unità militare 84201 (dove prestavano servizio i marinai dell’incrociatore «Moskva» affondato) è stata aggiunta alla lista dei partecipanti alla «operazione militare speciale» al fine di «assicurare la possibilità di diritti e garanzie sociali, e che l’equipaggio della nave e i suoi familiari ricevano pagamenti [previsti per legge per i famigliari dei militari russi caduti in guerra]». Nel documento non viene specificato quando, esattamente, l’unità militare sia stata aggiunta all’elenco indicato. Allo stesso tempo, Allo stesso tempo, né la Procura né il Ministero della Difesa ammettono ancora che l’incrociatore Moskva abbia mai preso parte alla guerra con l’Ucraina.
In una situazione diversa mi sarei espresso sulle capacità dei marinai russi a navigare senza alcuna nave, ma ora preferisco evitare.
Per questo finesettimana ho da consigliarvi un’altra lettura «curiosa»: la ricerca della «Mediazona» su quanto, da dove, verso dove e, a volte, cosa inviano i militari-saccheggiatori russi impegnati nella guerra putiniana sul territorio ucraino.
Vedendo certe immagini – negli ultimi tre mesi – sicuramente vi eravate chiesti sulla opportunità di rubare degli oggetti così banali, quotidiani, più o meno visibilmente usati. Ebbene, molti militari russi mandati a questa guerra non hanno mai visto degli oggetti di qualità simile (o, al massimo, li hanno visti in televisione). Perché quelle persone provengono dalla provincia povera, isolata e in una buona misura disperata. Di conseguenza, anche un martello usato, ma prodotto in Germania 20 o 30 anni fa a loro sembra un elemento della vita ricca. Ma sto rischiando di intraprendere la strada di un argomento molto ampio… E non vorrei distrarvi dalla lettura dell’articolo consigliato.
Uno dei fenomeni meno comprensibili che possiamo osservare in questi giorni sulla stampa europea è l’ingenuo entusiasmo legato alle dimissioni del diplomatico russo Boris Bondarev.
Certo, in generale potremmo anche dire che ha fatto bene a manifestare nell’unico modo onesto il proprio disappunto con la politica condotta dallo Stato che si trovava a rappresentare. Ma, allo stesso tempo, non possiamo non notare che:
– ha avuto bisogno di tre mesi di tempo per accorgersi della guerra in corso;
– non si sa bene di cosa si sia occupato in concreto in questi tre mesi e nei precedenti vent’anni di carriera diplomatica;
– non si sa ancora cosa e come farà della sua vita dopo le dimissioni;
– l’unico motivo delle sue dimissioni che conosciamo è quello che risulta dalle sue dichiarazioni pubbliche;
– non si tratta di un caso unico tra tutti i dipendenti pubblici russi, ma nemmeno di una tendenza (si potrà parlare di una tendenza dopo, approssimativamente, alcune centinaia o migliaia di dimissioni avvenute in poco tempo) – per ora si può parlare di diversi casi singoli.
Dopo avere capito tutte queste cose potremmo anche tentare di essere ottimisti e dire che è meglio tardi che mai.
A volte è bello scoprire che su questo pianeta ci sono delle persone dotate della pazienza sufficiente per stilare, giorno per giorno, la cronologia dei piccoli avvenimenti accumunati da qualche elemento comune. Pensiamo, per esempio, alla opposizione dei russi alla guerra putiniana in Ucraina nel mese di maggio…
1 maggio: un incendio alla fabbrica di polvere da sparo della città di Perm;
3 maggio: 40 camion in fiamme vicino alla città di Tver;
4 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Nizhnevartovsk;
5 maggio: 7 vagoni cisterna diretti verso il confine occidentale deragliano in Bashkiria;
6 maggio: un treno merci diretto verso il confine occidentale è deragliato nella regione di Perm;
8 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Cherepovets;
9 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare a Balashikha;
11 maggio: 10 vagoni diretti verso il confine occidentale deragliati vicino a Smolensk;
12 maggio: una esplosione in una unità militare nel territorio di Khabarovsk;
13 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Omsk;
13 maggio: un incendio doloso di un ufficio di registrazione e arruolamento militare nella regione di Rostov;
14 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare nella regione di Ryazan;
15 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Volgograd;
17 maggio: una locomotiva diesel e 17 vagoni aperti diretti verso il confine occidentale sono deragliati sulla ferrovia di Gorki;
18 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare nella regione di Mosca;
20 maggio: diversi vagoni diretti verso il confine occidentale deragliano a Orenburg;
21 maggio: un incendio doloso all’ufficio di registrazione e arruolamento militare in Udmurtia;
23 maggio: diversi vagoni diretti verso il confine occidentale sono deragliati nella regione di Krasnoyarsk…
La cronologia riportata è parziale. E il mese di maggio non è ancora finito.
La guerra, purtroppo, continua. E la protesta anonima, per fortuna, pure.
La rivista Time ha pubblicato l’ormai tradizionale elenco delle 100 persone più influenti del 2022. Sempre per tradizione, l’elenco è suddiviso in diverse categorie: «Artisti», «Innovatori», «Titani», «Icone», «Pionieri» e «Leader». In particolare, tra i «leader» sono stati citati anche i leader statunitense e cinese Joe Biden e Xi Jinping, ma pure i presidenti ucraino e russo Vladimir Zelensky e Vladimir Putin. Ogni personaggio dell’elenco è brevemente commentato da qualche altro personaggio famoso. Quindi Joe Biden ha scritto di Vladimir Zelensky, mentre il politico Aleksey Navalny ha scritto un breve articolo su Vladimir Putin. Leggetelo: è brevissimo e facile da comprendere.
Le parole scelte da Navalny sono giuste, ma io avrei aggiunto un altro concetto. Oltre a chiederci «come fermare un pazzo terribile con un esercito, una bomba nucleare e la membership al Consiglio di Sicurezza all’ONU», dobbiamo chiederci anche come esercitare una influenza su tutta la (o la maggioranza della) sua cerchia più stretta. Perché, infatti, Putin non è un mago capace di fare tutto con le proprie mani: ci sono le persone che mettono in atto le sue idee, eseguono i suoi ordini, cercano di anticipare i suoi sogni. Da solo Putin conterebbe zero; non è detto che dopo la sua morte tutta la politica russa torni di colpo alla normalità. Sembra logico supporre che per molti suoi collaboratori e semplici dipendenti statali la normalità sia proprio la situazione attuale.
Come possiamo influire su quelle persone? Le sanzioni occidentali – almeno per ora – fanno cambiare idea solo a poche singole persone: non si tratta certo di una tendenza.
Il Bild comunica che Igor Zelensky – l’ex direttore artistico del Balletto di Stato Bavarese (basato al Nationaltheater del Monaco di Baviera) – ha lasciato la Germania…
No, Igor non è un parente di Vladimir. Non è nemmeno un cittadino ucraino (ma è nato nel sud-ovest della Russia, potrebbe anche avere qualche antenato lontano in comune con Vladimir).
Di fatto, però, fa parte della famiglia di un altro Vladimir: da alcuni anni è il compagno di Katerina Tikhonova, la seconda delle due figlie ufficialmente note di Putin. All’inizio di aprile, dopo l’inserimento dei nomi delle figlie di Vladimir Putin nelle liste europee e statunitensi delle personalità da sottoporre alle sanzioni, Igor Zelensky si è dimesso dal suo incarico in Germania. Lo ha fatto giustificando la propria scelta con delle «questioni personali e familiari».
Non voglio certo commentare le decisioni così personali – anche se devo ricordare che ogni coppia è fatta da due persone, ognuna delle quali può fare delle scelte – ma voglio solo sottolineare un fatto curioso e potenzialmente positivo. Nella grande famiglia Putin potrebbe infiltrarsi un proprio Zelensky. E, conoscendo la grande tendenza di Vladimir Putin al misticismo (mescolata con il rispetto maniacale degli aspetti visivi della religiosità e dello sciamanismo), non posso non sperare che la nuova presenza / parentela lo induca a cambiare certi atteggiamenti di portata internazionale.
Capisco benissimo che a un occidentale medio sembra una grossa stronzata, ma in Russia c’è un presidente un po’ così… Vi sarete accorti pure voi che nella sua testa c’è ben poco di razionale e/o realistico!
P.S.: Igor Zelensky, intanto, «rischia» di ottenere un incarico importante al teatro Bolshoy, rubando il posto a Nikolaj Ciskaridze che ci sperava tanto. Ma un esperto del balletto ve lo spiega molto meglio di me.
L’articolo che vi consiglio questo sabato illustra un concetto abbastanza banale, ma importante da ricordare: almeno perché alimenta la speranza nella salvezza intellettuale di ogni singola persona…
Ebbene, grazie alle pubblicazioni del giornalista russo Dmitry Kolezev ora abbiamo una ennesima dimostrazione del fatto che la cerchia delle conoscenze di una persona produce degli effetti molto più forti di una qualsiasi propaganda. Per esempio: una persona dotata di una media capacità di analisi, della capacità di lavorare con più fonti di informazioni e delle capacità linguistiche almeno di livello scolastico (quindi tutte quelle capacità in assenza delle quali non avrebbe dovuto ottenere nemmeno il diploma di maturità) non dovrebbe, in teoria, cadere vittima della propaganda. In particolare, un russo medio dovrebbe quindi non credere alla propaganda statale russa e, di conseguenza, capire tutto sul funzionamento del mondo circostante, sulla guerra in Ucraina etc. etc.. Se poi sappiamo che quel russo – e non solo russo – ha un buon livello di istruzione, una solida base economica, l’accesso libero a tutte le tecnologie di informazione e la possibilità di vivere in un qualsiasi punto del nostro pianeta, dovremmo in teoria essere certi della sua immunità alla propaganda.
Eppure, abbiamo scoperto che Maria Vorontsova – la figlia più grande di Vladimir Putin – continua a ripetere pubblicamente le stesse ehm… stupidate che caratterizzano la propaganda statale russa e i discorsi pubblici di Putin stesso. Ma la signora non sembra di avere le caratteristiche appena elencate di una tipica vittima della propaganda. Di conseguenza, possiamo dedurre che nel tentativo di ottimizzare gli sforzi mentali (quanto sono diplomatico! ahahahaha) abbia sostituito il processo della elaborazione dei pensieri con il ripetere dei concetti assurdi circolanti negli ambienti che lei frequenta. Mentre l’importanza della propaganda è in una certa misura sopravalutata.
Insomma, vi do il link dell’articolo e vi avviso che il testo in inglese è alternato con gli screenshot in cirillico: ma voi non dimenticate di continuare a scrollare per leggere tutto.
L’organo del potere esecutivo russo Roskomnadzor (Servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media) ha preteso ieri che la Wikimedia Foundation cancelli dalla Wikipedia inglese due articoli: quello sulla invasione russa della Ucraina e quello sul rascismo. Infatti, secondo la Procura generale russa si tratterrebbe dei materiali «contenenti informazioni inesatte sullo scopo e la forma della operazione militare speciale delle Forze armate della Federazione russa sul territorio della Ucraina».
È abbastanza facile prevedere che il Roskomnadzor venga serenamente mandato affanculo dalla Wikipedia – la quale non guadagna tanto nemmeno in Russia – e si senta dunque autorizzato a bloccare l’intera enciclopedia sul territorio russo (tra l’altro, è una delle possibili conseguenze tecniche dell’uso del protocollo https). Qualora vi dovesse dunque capitare delle «notizie» sulle richieste russe del genere, non dovete assolutamente preoccuparvi per una delle vostre fonti preferite…
Quello che mi sembra invece molto divertente è la totale mancanza di attenzione verso i rispettivi articoli in tutte le altre [decine] di lingue utilizzate sulla Wikipedia. Tutte quelle lingue che complessivamente sono molto più diffuse dell’inglese e, in ogni caso, conosciute in tutto il mondo sviluppato.