Molto probabilmente è capitato di leggere anche a voi delle grandi speranze che lo Stato russo nutre circa la «mediazione» dei sette leader africani (quelli di Sudafrica, Comore, Egitto, Senegal, Zambia, Uganda e Repubblica del Congo). Per qualche loro motivo – a noi non del tutto comprensibile – gli «abitanti» del Cremlino sperano che quei leader propongano qualche piano conveniente alla Russia (probabilmente in cambio di qualcosa). Tra i giornalisti e i cittadini russi contrari alla guerra si è sempre manifestato un certo scetticismo (e spesso quasi umorismo) circa la competenza dei politici africani nella questione della guerra in Ucraina: non per una questione di razzismo, ma semplicemente perché quei leader sono politicamente, geograficamente ed emotivamente troppo lontani dalle problematiche europee.
Ma ecco che la Reuters ci comunica che i sette leader – che presto visiteranno la Russia e l’Ucraina – hanno elaborato delle «misure di fiducia» per un cessate il fuoco tra Mosca e Kiev. Tali misure includerebbero il ritiro delle truppe russe dai territori ucraini e l’abbandono dei piani di piazzar le armi nucleari tattiche sul territorio della Bielorussia. Certo, includono pure le proposte della sospensione del mandato di arresto della Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin e l’alleggerimento delle sanzioni, ma a noi prima di tutto devono interessare i primi due punti. Potrebbero farci dedurre che Putin non riesce a trovare degli alleati intenzionati a fargli «salvare la faccia» nemmeno in Africa.
Ma, ovviamente, bisogna osservare l’evoluzione degli eventi: perché tutte le parti delle trattative capiscono che trattando possono pretendere qualcosa in più.
L’archivio della rubrica «Russia»
Alcuni funzionari statali ucraini hanno dichiarato, ieri, che decine di componenti stranieri – soprattutto microelettronici – sono stati trovati nei missili che hanno colpito Kryvyj Rih e Odessa nei due giorni precedenti. Il presidente Zelensky, a sua volta, ha aggiunto che in uno di quei missili russi sono stati trovati circa 50 componenti prodotti in altri Stati, compresi gli Stati che sostengono la causa ucraina. Ovviamente, si conoscono anche i produttori di quelle componenti, i diplomatici dei rispettivi Stati sono stati avvisati dalla Ucraina.
Tutto questo non significa che tutti i produttori coinvolti sanno di essere dei fornitori dell’esercito russo. E, soprattutto, significa che non tutto può essere risolto con le semplici sanzioni quali, per esempio, il divieto di fornire determinati prodotti: è impossibile verificare le buone intenzioni di ognuno dei numerosi intermediari che formano una catena di fornitura alla Russia poco trasparente. Ne blocchi uno e ne compaiono dieci altri.
Qualcuno potrebbe ipotizzare che la situazione possa essere risolta con dei mezzi economici (lasciare lo Stato putiniano senza le risorse per l’acquisto della elettronica), ma, in realtà, per l’acquisto delle componenti elettroniche dei missili non ci vogliono delle somme tanto alte (in termini delle risorse di uno Stato).
Di conseguenza, la soluzione più semplice e più logica mi sembra sempre la stessa: fornire alla Ucraina più di quello che viene fornito alla Russia. E farlo velocemente.
Un rapporto della società di consulenza britannica Henley & Partners sulla migrazione dei ricchi del mondo afferma che 8500 milionari (in dollari americani) hanno lasciato la Russia nel 2022: quasi la metà di quanto previsto dalla stessa società (che si aspettava che 15.000 milionari – in dollari americani – avrebbero lasciato la Russia nel 2022: il 15% della loro quantità totale alla fine del 2021).
In base a un commento della Henley & Partners, la quantità inferiore dei ricchi «scappati» è stata determinata sia dalle misure sanzionatorie (ad esempio, la chiusura di molti programmi di cittadinanza e residenza per i russi, la chiusura dei conti bancari esteri) sia dai meccanismi specifici di ciascun Stato che hanno reso difficile il trasloco di molti russi ricchi.
Tradotto in un linguaggio umano, questo significa che nemmeno gli analisti di una società di consulenza hanno saputo prevedere la miopia dei vertici della maggioranza degli Stati occidentali. Questi ultimi, infatti, non hanno fatto una particolare distinzione tra i ricchi russi favorevoli o contrari alla guerra e hanno ostacolato la fuga dalla Russia di tutti. In questo modo hanno lasciato, in sostanza, i soldi di tutti i ricchi a disposizione di Putin (il quale ha la piena libertà di introdurre nuove tasse o «contributi straordinari» a favore della guerra, incarcerare gli imprenditori, costringerli a vendere le loro attività a prezzi bassi etc. etc.).
Effettivamente, se la stupidità avesse dei limiti, sarebbe anche prevedibile e dunque meglio affrontabile.
La mia più grande scoperta delle ultime 24 ore è stata: Putin è [ancora] capace di raccontare delle barzellette. Sceglie abbastanza male gli argomenti, ma almeno ci prova. L’ultima è stata raccontata ieri durante un incontro con i vincitori dei premi statali al Cremlino:
Perché, per dirla senza mezzi termini, il nemico colpisce le aree residenziali? Non c’è alcuna logica. Per cosa, perché, qual è lo scopo? E su obiettivi chiaramente umanitari: è incredibile. E non c’è alcun senso militare, è zero.
A questo punto conviene definire bene anche il contesto, se per qualche strano motivo fosse sfuggito a qualcuno. In base ai dati dell’ONU, al 15 maggio almeno 23.600 civili sono stati uccisi e feriti in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa. L’Ufficio del Procuratore generale ucraino ha dichiarato che 487 bambini sono stati uccisi nel Paese a causa dell’aggressione armata della Russia.
Non ho raccolto delle statistiche – ho di meglio da fare – e quindi non so in quanti in Europa si siano accorti di quella bellissima norma adottata dal Governo russo il 30 maggio 2023, esattamente 7 giorni prima della distruzione della diga di Kakhovka. Intendo il Decreto del Governo della Federazione Russa n. 873 del 30.05.2023 «Sulle peculiarità dell’applicazione nei territori della Repubblica Popolare di Donetsk, della Repubblica Popolare di Luhansk, della regione di Zaporozhye e della regione di Kherson delle disposizioni della legislazione della Federazione Russa nel campo della sicurezza industriale degli impianti di produzione pericolosi e della sicurezza delle strutture idrauliche». Chi legge in russo (e non ha paura del linguaggio giuridico/burocratico), può andare a vederlo. A tutti gli altri traduco direttamente (e letteralmente) il comma 10 della seconda sezione:
Fino al 1° gennaio 2028 le indagini tecniche degli incidenti alla strutture industriali pericolose e degli incidenti alle strutture idrauliche avvenuti in seguito alle azioni militari, sabotaggi e atti terroristici non vengono condotte.
Ecco, vi ho tradotto questa norma bellissima non per confermare – per l’ennesima volta – che «a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si indovina». L’ho tradotta per avvertirvi: se, per caso, sentite parlare di una norma analoga dedicata alle centrali nucleari, sappiate di avere circa 7 giorni per prepararvi.
E speriamo che non siano meno di 7…
Il canale televisivo britannico Sky News ha pubblicato un presunto contratto – firmato il 14 settembre 2022 – tra la Russia e l’Iran per l’acquisto di armi per un valore di oltre un milione di dollari. Secondo i giornalisti, il documento sarebbe stato ottenuto da un funzionario della sicurezza innominato. In base alle pagine del contratto consultate dai giornalisti, il documento parlerebbe dei proiettili e missili per artiglieria e carri armati, canne per carri armati T-7 e canne per obici.
I giornalisti non sono in grado di garantire che si tratti di un contratto reale, non lo posso fare nemmeno io. Però posso – come voi – leggere alcuni pezzi del documento e i relativi commenti di Sky News. Posso dunque vedere almeno due stranezze del suddetto documento.
Prima di tutto, vedo la «qualità» dell’inglese (la lingua del contratto) che secondo la mia logica confermerebbe il coinvolgimento delle Istituzioni russe nella stesura del documento. Vi è mai capitato, per esempio, di sentire parlare in inglese il ministro degli Esteri Lavrov? Provate: vi sentirete dei geni delle lingue straniere.
In secondo luogo, negli estratti del contratto pubblicati ho notato dei tentativi – per me parziali e dunque poco chiari – di stabilire il giudice competente per le eventuali controversie. Ci voleva una enorme ingenuità per sperare di poter regolare in conflitti in merito a un contratto del genere in una legislazione occidentale. A metà settembre del 2022 solo una persona totalmente sconnessa dal mondo reale poteva scrivere una cosa del genere in un documento reale.
Quindi boh, non so proprio cosa pensare di questo «contratto».
P.S.: una osservazione che non c’entra con la notizia, ma molto utile per la vostra vita privata e lavorativa: la parte più importante di ogni contratto è quella che contiene le condizioni di recesso. Se volete cercare le fregature, iniziate proprio da quella parte.
Il bombardamento della cittadina russa Shebekino (a 6 chilometri dal confine con l’Ucraina) del 1 giugno è una delle dimostrazioni del fatto che se «apri» il confine con la guerra, lo apri in entrambe le direzioni.
E sì, indipendentemente da chi, perché e su ordine di chi lo abbia fatto, dico che nella situazione corrente gli ucraini lo possono fare.
Mi ero quasi dimenticato che il 17 e il 18 maggio la Chiesa ortodossa russa aveva effettuato, in collaborazione con il Ministero della «Difesa» russo dei sorvoli dei territori russi potenzialmente in pericolo nell’ottica della guerra con una «icona miracolosa» per prevenire gli attacchi dei droni. Nell’occasione sono state pure recitate delle preghiere per la Santa Russia.
Capisco che si tratta di un aspetto di importanza minuscola rispetto alla distruzione delle vite umane, ma spero che al termine di questa guerra riceva una bella sconfitta anche la barbaria preistorica chiamata religione. Almeno nella sua forma istituzionalizzata.
In ogni caso, la Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca è uno degli organi del potere dello Stato, quindi di Putin. Inevitabilmente, avrà anch’essa la sua punizione.
Per qualche strano motivo pure i media occidentali hanno iniziato a scrivere che i droni «ucraini» (in realtà non si capisce proprio da chi siano stati inviati) avrebbero «colpito Mosca». Molto probabilmente i loro autori sono rimasti vittime della propaganda russa e non hanno avuto abbastanza pazienza per guardare bene la mappa. Mentre in Russia qualcuno ha fatto lo sforzo di segnare sulla mappa i punti ai quai ieri è arrivata la maggioranza dei famosi droni:
Ebbene, le mappe vanno non solo contemplate, ma anche analizzate: nel caso specifico considerato ora non si tratta di una zona geografica qualsiasi. Si tratta di una delle zone più costose, più «fighe», più prestigiose, più di lusso della periferia moscovita (si trova a sud-ovest della città). Per comprarci un terreno e/o un immobile molto spesso non è nemmeno sufficiente avere tanti soldi: ci vogliono anche le amicizie giuste (altrimenti non avrai la vita tranquilla). In particolare, i droni sono andati nei seguenti punti:
Uno dei droni è caduto nel villaggio di Ilyinskoe, a soli 3 chilometri dalla residenza del presidente Putin a Novo-Ogarevo.
Uno dei droni è caduto nel villaggio di Znamenskoe si trova la tenuta di Gennady Timchenko, un amico di Putin. Accanto c’è la residenza Gorki-9 del Primo Ministro Mikhail Mishustin e la casa di Kirill Shamalov, l’ex genero di Putin. Nelle vicinanze vivono il padre del governatore della Regione di Mosca, il senatore Yury Vorobiev e il ministro della «Difesa» Sergei Shoigu.
Passiamo al punto seguente. Le ville degli amici più stretti di Putin, Arkady e Boris Rotenberg, si trovano una di fronte all’altra nel villaggio di Zhukovka, nel polo di Ilyinskoe. E accanto c’è la casa dell’amante di Shoigu, Elena Shebunova. Nell’insediamento di Landscape, Sergei Kirienko ha una casa. Igor Sechin ha una casa a Barvikha. L’ex dacia del ministro sovietico Mikoyan è di proprietà di Viktor Zolotov, capo del Servizio di Guardia Nazionale.
Un altro punto di caduta. Ad Arkhangelskoye si trova la casa di Valery Zorkin, capo della Corte Costituzionale.
Negli stessi luoghi vivono anche i «principi»: i figli di Igor Sechin (il capo della Rosneft), Inga e Ivan (a Barvikha), il genero di Zolotov (il capo della Guardia Nazionale), Yuri Chechikhin, e il figlio di Zolotov, Roman (a Rechnoye).
Un altro drone, poi, drone era diretto a Vlasikha, il posto di comando centrale delle forze missilistiche strategiche.
Insomma, cosa (chi) e per quale scopo i droni abbiano attaccato non è quella domanda alla quale si possa rispondere con «Mosca, per intimidire».
E non vedo nemmeno alcuna chiara indicazione del fatto che i droni siano stati lanciati dall’esercito ucraino.
Molto probabilmente vi è già capitato di leggere che la settimana scorsa Vladimir Putin ha ottenuto una importantissima vittoria nella sua «guerra del gas».
Il Bloomberg scrive, citando i partecipanti alla fiera annuale dell’energia E-World di Essen, che secondo i top manager dei principali operatori i prezzi dei contratti del gas a breve termine in Europa potrebbero diventare negativi in alcuni brevi periodi di questa estate. Un evento di questo tipo (in cui i produttori di gas pagano gli acquirenti che prendano il loro gas) sta diventando sempre più probabile, dato che i prezzi si sono già avvicinati ai livelli pre-crisi. La settimana scorsa i prezzi del gas nella borsa europea sono scesi sotto i 300 dollari per mille metri cubi per la prima volta in due anni. Alla contrattazione del 26 maggio, il costo dei futures di giugno sull’hub TTF nei Paesi Bassi è sceso dello 0,3%, a 25,38 euro per 1 MWh, o circa 286 dollari per 1000 metri cubi, incluso il tasso corrente sul mercato forex internazionale.
In particolare, in alcuni mercati regionali del gas in Europa i prezzi potrebbero diventare negativi nelle ore o nei giorni in cui si registra un’elevata produzione di energia rinnovabile.
Per apprezzare meglio la suddetta notizia, ricordatevi le preoccupazioni per l’inverno freddo che si provavano in Europa appena otto o nove mesi fa. La velocità con la quale è stata raggiunta la «grande vittoria» è impressionante.