L’archivio della rubrica «Russia»

Perché gli sembra più sicuro?

Il video domenicale di questa settimana è di carattere informativo: parla del nuovo mezzo di trasporto preferito di Vladimir Putin. Ora sappiamo che ha qualche fobia in più rispetto a pochi anni fa:

A Putin piace di fare finta di essere un esperto di storia. Probabilmente, una delle cose che non sa della storia è il destino del suo imperatore russo preferito, Aleksandr III. La salute di quest’ultimo fu stata rovinata a causa del deragliamento del suo treno nel 1888: dopo quell’incedente visse poco e male.


Non escludo che lo abbiate già letto: il 7 febbraio il National Security Archive della George Washington University ha reso pubblici tre documenti del 1993 relativi alla Russia e precedentemente classificati come segreti. In particolare, si tratta di:
1) la trascrizione della prima conversazione tra Bill Clinton e Boris Eltsyn dopo l’insediamento alla Presidenza russa;
2) un messaggio del Segretario di Stato uscente Lawrence Eagleberger al suo successore Warren Christopher;
3) una nota dell’esperto di Russia Strobe Talbott al Segretario di Stato entrante Christopher Warren alla vigilia del suo incontro con il Ministro degli Esteri russo Andrei Kozyrev.
Non so quale dei tre documenti vi possa interessare di più (ovviamente, se vi interessate ai documenti del genere). Considerato il contesto nel quale viviamo ora, potrebbe essere il secondo documento: in esso, tra le altre cose, viene ammessa la possibilità di un conflitto armato tra la Russia e qualsiasi Stato al suo confine, compresa l’Ucraina (anche se in questo specifico caso lo scontro veniva giudicato come poco probabile).
Se siete realmente interessati all’argomento, leggete pure gli originali.


La risoluzione europea su Navalny

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita le autorità russe a rilasciare il leader dell’opposizione Aleksey Navalny e altri prigionieri politici russi. Il comunicato stampa del Parlamento europeo afferma, poi, che, fino a quando i prigionieri politici non saranno rilasciati, le condizioni della loro detenzione dovranno essere conformi agli impegni internazionali della Russia. In particolare, i deputati chiedono che a Navalny sia consentito di vedere la sua famiglia e di rivolgersi ai medici e agi avvocati di sua scelta.
E poi ci sono altre belle parole sulla guerra in Ucraina e sul destino giudiziario del criminale chiamato Putin.
A questo punto non riesco a capre ben due cose: 1) a chi è rivolta la risoluzione (se non alla coscienza degli eurodeputati che vogliono sentirsi bravi) e 2) quanto bene sia chiara ai deputati europei la totale inutilità pratica del documento da loro prodotto.
Però posso sfruttare l’occasione per informarvi di una idea che mi capita sempre più spesso di sentire da alcuni giornalisti russi: Aleksey Navalny è un prigioniero politico che — mentre persiste il regime putiniano — non verrà liberato, ma nemmeno ucciso su «ordine supremo» proprio perché è una merce di scambio preziosissima. Una merce da utilizzare non per liberare qualche collaboratore importante di Putin (anche perché nessun Stato occidentale si è finora deciso di arrestarne uno, per esempio il ministro degli Esteri Lavrov), ma per ottenere qualcosa di importanza vitale in una situazione di vera emergenza. Navalny è l’oppositore russo con la notorietà e la reputazione più elevati al livello mondiale, quindi può essere scambiato, per esempio, per la possibilità dei vertici russi di fuggire da qualche parte in America latina o su qualche isola oceanica… So che sembra quasi una teoria complottistica, ma ha una sua logica interna.
P.S.: ovviamente, tutto questo non significa che la vita terrestre di Aleksey Navalny non sia quotidianamente a rischio per colpa di un impegno professionale eccessivo dei carcerieri russi.


Yahoo News scrive che un ingegnere russo – che dal 2018 al 2021 avrebbe collaborato alla costruzione bombardiere strategico Tu-160 a Kazan – alla fine di dicembre 2022 ha chiesto l’asilo politico negli USA presentandosi al confine messicano. Dai documenti ottenuti i giornalisti hanno potuto scoprire l’identità della persona, e proprio questo fatto è sembrato a loro abbastanza strano: solitamente i personaggi del genere – se e quando giudicati attendibili – vengono protetti con più efficienza.
A me, un semplice lettore attento delle notizie, l’accaduto non sembra invece strano: molto probabilmente – anche se non posso averne l’assoluta certezza – si tratta di un nuovo e logico passaggio nella guerra mondiale di informazione. In sostanza, attraverso un canale giornalistico (anche se non tra i più popolari a livello mondiale) si è voluto lanciare un nuovo messaggio a tutti quei russi che attualmente collaborano con il proprio Stato nell’ambito militare: «scappare non è ancora tardi, vi accoglieremo». Sarebbe uno dei modi (o tentativi) di indebolire la macchina bellica russa. Uno dei modi tradizionali che potrebbero avere un effetto positivo, indipendentemente dalla sua portata.


L’acquisto dei politici europei

Molto probabilmente ne avete già letto qualcosa o, come minimo, ne avete sentito parlare. Ma non potevo non consigliarvi una lettura importante e interessante: «Kremlin-Linked Group Arranged Payments to European Politicians to Support Russia’s Annexation of Crimea».
Si tratta dei risultati di una inchiesta giornalistica – condotta da OCCRP, IRPI, «Important stories» e Profil – sui pagamenti fatti dallo Stato russo ai politici nazionali e regionali europee per la promozione delle iniziative volte alla cancellazione delle sanzioni europee dovute alla annessione della Crimea. A giudicare dalle somme pagate per le varie azioni, pare che molto spesso le iniziative stesse erano considerate più importanti dei loro risultati finali: probabilmente perché almeno in una fase iniziale si intendeva fornire un po’ di materia prima alla propaganda esterna e interna («guardate: i politici europei discutono dell’abrogazione delle sanzioni!»). Ma questa supposizione non rende i fatti meno importanti, meno gravi e meno interessanti.
E poi, a prendere i soldi sono stati anche alcuni politici italiani: essendo dei corrotti onesti, hanno fatto il possibile per offrire un buon servizio in cambio.
P.S.: concludo con una domanda che c’entra poco con l’argomento, è solo una mia curiosità personale: 15 o 20 mila euro non saranno delle somme un po’ ridicole per la vendita della propria reputazione professionale politica? Dato che si tratta mettere a rischio tutta la propria vita pubblica costruita in chissà quanti anni o decenni… Per uno come me sarebbero delle somme importanti, ma non mi trovo nemmeno in una posizione simile a quella di quei politici.


Il confine russo-polacco

Ho per caso scoperto che la Polonia ha deciso di installare un sistema di controllo elettronico su una linea di circa duecento chilometri del confine con la regione russa di Kaliningrad. Le guardie di confine polacche sostengono che quel confine sia «tranquillo» e che il sistema di controllo moderno serva solo per poter vedere, indipendentemente dal tempo e dall’ora, se l’attraversamento del confine venga effettuato dagli umani o animali.
La spiegazione ufficiale polacca mi sembra logica, credibile e senza alcun senso nascosto – anche perché la regione russa in questione è una exclave ultimamente difficile da raggiungere per le grandi masse di persone e mezzi –, ma immagino che la notizia in generale possa facilmente essere letta nell’ottica della guerra in corso. Ebbene, vi avviso: se vi capita qualche allarmista (ho visto che esistono dappertutto) che sventola la notizia del confine russo-polacco, non fateci caso. I singoli agenti russi raggiungeranno l’Europa in modi molto meno antiquati, ahahaha


La lettura del sabato

Tantissimi russi – alcuni dei quali, a quanto pare, ricoprano degli incarichi istituzionali abbastanza alti – non hanno ancora capito che la guerra è una cosa che si fa in due. Nel senso: anche se chiami la guerra con qualche nome alternativo, lo Stato attaccato partecipa comunque alla vera guerra. Quindi anche i militari di entrambi gli eserciti vengono feriti e uccisi, i mezzi vengono distrutti, i territori dei due Stati vengono colpiti assieme a tutto (e a tutti) quello che si trova sopra. Sì, so benissimo che sembra una enorme banalità, ma in Russia c’è chi si sorprende per questa cosa ogni volta ne rimane toccato: in prima persona o attraverso qualche parente o amico.
Allo stesso tempo, in Russia e in Occidente la maggioranza schiacciante delle persone logicamente segue quella parte della guerra che avviene sul territorio ucraino. Lo segue perché è quella la vera tragedia e il vero crimine. Ma, comunque, non bisogna perdere di vista che la guerra putiniana contro l’Ucraina ormai sta colpendo anche il territorio russo. Questo è normale e in un certo senso giusto (ed è stranissimo usare una espressione del genere). Questo si verificherà sempre con più frequenza. Va osservata per la sua importanza cronologica.
Di conseguenza, per questo sabato vi consiglio l’articolo su come e quanto l’Ucraina colpisce il territorio russo nell’ambito della guerra in corso. Su come, in sostanza, sta restituendo la guerra alla Russia. E su come reagisce la Russia in tutte le sue forme.


Democracy Index 2022

La rivista The Economist ha pubblicato l’«Indice Democrazia 2022» (scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale) nel quale si leggono alcune notizie tanto attese (attese in almeno due sensi).
In particolare, nella classifica globale osserviamo la Russia che ha perso 22 posizioni in colpo — un record — ed è scesa dalla posizione 124 alla posizione 146. Rimane dunque tra i regimi autoritari: non è una grossa sorpresa… L’unico aspetto che in un certo senso mi ha fatto ridere è, appunto, il numero della posizione: nel lontanissimo 2011 nella regione russa di Rostov alle elezioni politiche aveva votato, secondo i dati del Ministero degli Interni, il 146% degli aventi diritto. In quel modo il tristemente noto partito «Russia unita» era riuscito a prendere il 58,99% dei voti. Di conseguenza, con un ritardo di quasi dodici anni l’Indice de The Economist si è allineato con la realtà, ahahaha
L’Ucraina, invece, nel suddetto Indice si trova alla posizione 87 e viene dunque classificata come un regime ibrido. Ma il confronto delle due posizioni evidenzia comunque ancora una volta che da quasi un anno stiamo osservando un confronto violento tra due modelli di organizzazione della vita. Spero di sapere quale dei due vincerà.


Le notizie nate vecchie

Come probabilmente avete letto (o come potevate logicamente immaginare), già da qualche tempo per la data odierna era stata programmata la visita di Putin a Volgograd: per i festeggiamenti dell’ottantesimo anniversario della fine della battaglia di Stalingrado (il nome che per una parte del periodo sovietico ha portato la città di Volgograd). Nel corso dei preparativi per la bassa visita, tra l’altro, ieri sono stati inaugurati – all’esterno del museo della Battaglia di Stalingrado – i busti di bronzo di Iosif Stalin e dei marescialli Georgy Zhukov e Alexander Vasilevsky. In precedenza, sullo stesso posto si trovava un busto di marmo di Zhukov, ma, secondo lo scultore Sergei Shcherbakov, è stato sostituito perché «il marmo è un materiale morbido, assorbe l’umidità e lo sporco».
Ebbene, tale «notizia» è fatta da ben due elementi che in realtà non sono proprio nuovi. In primo luogo, da anni siamo purtroppo abituati all’aumentare continuo dei monumenti dedicati a Stalin nei luoghi più o meno pubblici della Russia.
In secondo luogo, per l’ennesima volta Putin è andato a ripescare nella storia delle grandi vittorie per mascherare, in qualche modo, l’assenza delle grandi vittorie nel presente. Questa volta, in particolare, percepisce (non è difficile) l’assenza delle grandi vittorie belliche, quindi tenta di sfruttare al massimo una delle più note ed eroiche vittorie della Seconda guerra mondiale. I tre «artefici della vittoria» immortalati nei nuovi monumenti hanno fatto tutto il possibile per pagare la vittoria in quella guerra con più vite sovietiche possibile, e quest’ultimo fatto li accomuna incredibilmente bene con Vladimir Putin.
Di conseguenza, la notizia dei monumenti non solo è nata vecchia, ma è pure «logicamente simbolica» (metto le virgolette perché l’espressione mi sembra di un senso potenzialmente non scontato). È molto più interessante scoprire cosa dirà e cosa farà Putin durante e dopo le celebrazioni: molto probabilmente capisce che l’imminente arrivo delle armi pesanti occidentali in Ucraina lo costringe ad accelerare l’offensiva contro l’esercito ucraino non ancora ben attrezzato.


Un criminale pericoloso condannato

Non perché vorrei raccontarvi una barzelletta, ma perché voglio informarvi bene, inizio il post odierno con il testo completo dell’articolo 353 del Codice penale russo attualmente in vigore:

1. La pianificazione, la preparazione o lo scatenamento di una guerra di aggressione vengono puniti con la reclusione da sette a quindici anni.
2. La conduzione di una guerra di aggressione è punita con la reclusione da dieci a venti anni.
[traduzione mia]

Ridete pure. E poi continuate a leggere.
Il tribunale distrettuale di Ivanovskyy della regione dell’Amur ha condannato a tre anni di carcere l’attivista Vladyslav Nikitenko, il quale, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, aveva inviato denunce contro Vladimir Putin al Comitato investigativo russo e alla Procura russa.
Nikitenko è stato giudicato colpevole per avere ripetutamente «screditato» l’esercito (articolo 280.3 parte 1 del Codice penale), nonché di cinque episodi di insulto a un giudice (articolo 297 parte 1 e 2 del Codice penale). Il pubblico ministero aveva chiesto di condannare Nikitenko a tre anni e due mesi di carcere.
Non posso non aggiungere la foto del «pericoloso criminale»:

Orwell e Kafka erano due grafomani incapaci…