L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Un po’ di populismo alimentare

Ho letto solo ieri che in Sud Corea il presidente ha proposto – finalmente? – di valutare l’opportunità di vietare i hot dog locali (ehm, che battuta…).
Di fronte a questa notizia, mi sono improvvisamente accorto di essere assolutamente indifferente, dal punto di vista estetico, al «donatore» della carne che mangio. La maggioranza degli animali vivi mi è simpatica, ma in in qualità del cibo mi piacciono (non sempre, ma di solito) allo stesso modo. L’unico mio desiderio è quello non vedere nemmeno un pezzo del percorso che fanno dalla «stalla» alla cucina.
Però non posso non constatare che in una realtà politica più simile a quella occidentale (non solo dal punto di vista visuale, come, per esempio, l’abbigliamento formale) in questo periodo i sudcoreani avrebbero iniziato da altri rappresentanti della fauna.


Le elezioni tedesche 2021

Non c’è bisogno di fare chissà quale analisi politica per osservare due grande evidenze confermate dalle elezioni politiche tedesche di domenica.
1. Nessuno dei partiti può dirsi un grande vincitore. Di conseguenza, Angela Merkel rimarrà al suo posto ancora per un po’ di tempo: fino alla formazione di un Governo (con la relativa coalizione). La volta scorsa ci erano voluti circa sei mesi, vediamo quanto tempo ci mettono ora. Ma il fatto importante è: tanta gente in giro per il modo ha troppa fretta di salutare la cancelliera uscente.
2. Il partito di Angela Merkel ha mostrato il peggior risultato dal 1949 e, di fatto, ha perso le elezioni. Ma questo non significa che dobbiamo necessariamente cercare delle spiegazioni più o meno complicate o fantasiose alla sconfitta. Secondo il mio parere autorevole, tutti i Governi con i relativi leader e, in alcuni casi, i Presidenti degli Stati democratici mostreranno dei brutti (sicuramente inferiori al passato) risultati alle loro elezioni più vicine. Il motivo sarà sempre lo stesso: le scelte impopolari nella gestione della pandemia. Le scelte che in qualche modo hanno colpito quasi tutti gli elettori. Le scelte non solo impopolari, ma spesso anche palesemente confuse e stupide. Di conseguenza, possiamo dire che alla Germania è andata anche abbastanza bene: i pazzi verdi e i populisti marroni avrebbero potuto ottenere dei risultati ancora più alti.
Ecco, solo tenendo in mente le suddette due osservazioni possiamo fare tutti le analisi possibili e immaginabili delle elezioni tedesche.


Il limite delle capacità

Non ci vuole tanto a falsificare le elezioni politiche nel proprio Stato: ci sono le «forze dell’ordine» per chi si lamenta in casa e la magica frase «sono i nostri fatti interni» per chi si sorprende all’estero.
È invece molto più difficile regolare le proprie «questioni interne» all’estero: ieri la polizia inglese ha dichiarato di avere individuato il terzo responsabile dell’uso della sostanza Novichok a Salisbury nel 2018.

Da anni ormai non riesco a capire perché i servizi segreti russi vengano (ancora) visti come una specie del «marchio di qualità»: la parte «segreti» del proprio nome l’hanno persa quasi completamente…


Un post ottimistico

La versione 2021 della lista delle 100 personalità più influenti dell’anno pubblicata dal «Time» in alcuni punti è, secondo me, un po’ strana. Ma si tratta di una stranezza paradossalmente abituale… Anzi, sono contento di avere ancora abbastanza salute mentale per non «influenzarmi» da certi personaggi.
L’aspetto che mi incuriosisce di più è la presenza veramente minima dei nomi che possono in qualche modo associati con il fenomeno del Covid-19. In sostanza, ho notato solo l’indiano Adar Poonawalla. Direi che proprio questa caratteristica della lista dovrebbe essere la fonte principale della gioia: perché potrebbe essere interpretata come un segnale della normalità. Oppure come un nuovo passo verso il ritorno alla normalità.
W l’ottimismo.


L’organizzazione OCCRP ha pubblicato i risultati di una nuova (seconda) indagine sulla identità dei proprietari del carico di nitrato di ammonio la cui esplosione ha praticamente distrutto la città di Beirut il 4 agosto 2020.
Gli interessati possono andare a leggere il rapporto, ma non troveranno – come non l’ho trovata nemmeno io – la risposta a una delle domande più grandi: chi era, dal punto di vista medico, quel saldatore geniale? Perché senza il suo contributo prezioso nessuna indagine avrebbe avuto senso di esistere.


Ig Nobel Prize 2021

Tra i premi Ig Nobel del 2021 mi è particolarmente simpatico quello per la pace. Infatti, è stato assegnato agli studiosi americani che hanno scoperto: la barba può — almeno in teoria — ammorbidire un colpo in faccia. I ricercatori non hanno però condotto degli esperimenti su persone vive, ma solo su dei modelli con barbe e ossa del cranio artificiali. In particolare, nemmeno i capelli delle barbe erano veri, ma fatti di lana di pecora. Le «teste» fatte in quel modo non venivano colpite neanche con i pugni reali, ma con un meccanismo speciale. Ma io ora mi sento comunque molto più sicuro, ahahaha
Allo stesso tempo, non sono male nemmeno i premi per la fisica (i ricercatori dei Paesi Bassi, Italia, Taiwan e USA hanno cercato perché i pedoni non si scontrano mente camminano) e per la cinetica (gli scienziati da Giappone, Svizzera e Italia hanno cercato di capire perché i pedoni a volte si scontrano mentre camminano).
Purtroppo, nessun no-vax morto di Covid è stato premiato per la medicina… Ah, no: per quelli c’è il Premio Darwin. Quindi approviamo pure l’Ig Nobel per medicina: ma senza citarlo, dato che si tratta di un argomento 18+…
Nonostante i tempi particolari che stiamo vivendo, la vera scienza resiste!


Vent’anni del 9/11

Con una certa tristezza devo constatare che l’esposizione digitale disponibile sul sito del Memoriale dedicato al 9/11 è interessante nei contenuti e abbastanza noiosa nella forma. Non so se la colpa sia di un modo troppo formale di proporre i contenuti o la concezione del museo – nel senso generale del termine – un po’ antiquata che i creatori avevano (hanno) in mente. Di conseguenza, nel ventesimo anniversario di quell’attacco terroristico le cose importanti da capire sono almeno due.
In primo luogo, conviene capire che il parlare delle tragedie con una faccia tragica è spesso un comportamento conforme alle tradizioni astratte, ma controproducente sulla pratica. La mente di una persona media cerca naturalmente di fuggire dalla noia, ma probabilmente, nel caso specifico della memoria del 9/11 la fuga generale delle menti non è proprio l’obiettivo desiderato.
In secondo luogo, dobbiamo capire (o ricordarci) che l’intervento culturale sarebbe più efficace di quello militare. Una migliore pubblicità della alternativa culturale (aggiungerei quella occidentale) al radicalismo religioso non avrebbe molto probabilmente permesso di sprecare gli ultimi 20 anni in maniera così ingloriosa.
Sono queste, in sintesi, le uniche grandi banalità che possono essere dette nell’occasione dell’anniversario odierno.


Bitcoin valuta legale

Il fenomeno mediatico curioso sta nel fatto che tutti hanno sentito la notizia sul riconoscimento del bitcoin in qualità della valuta legale da parte di El Salvador, ma non tutti hanno capito che in quello Stato ora sono «riconosciute» ben due valute non nazionali: la seconda (nel senso cronologico la prima) è il dollaro americano.
Dal punto di vista economico, invece, non c’è alcunché di curioso. La scelta di riconoscere il bitcoin come valuta legale è sicuramente innovativa o, almeno, moderna. Ma allo stesso tempo è un esperimento di portata molto ridotta: El Salvador è solo un singolo Stato (pure piccolo), per di più con un ruolo tendente al nullo nella economia mondiale (se ci limitiamo a considerare quella legale, ahahaha). Di conseguenza, l’unica cosa che possiamo – e in alcuni casi dobbiamo – fare è osservare serenamente la loro sperimentazione con una valuta caratterizzata da una forte volatilità. Per esempio, possiamo immaginare una situazione in cui lo Stato raccoglie le tasse e le imposte quando il bitcoin vale 30.000 dollari / euro / banane e poi deve pagare gli stipendi ai dipendenti statali quando il bitcoin vale 50.000… Si tratta di un certo rischio che, in una misura inferiore, si correva anche con il dollaro americano. Ora bisogna gestire ben due rischi.
Saranno delle osservazioni pratiche molto utili per gli altri Stati e abbastanza interessanti per noi. Spero solo che ne vengano tratte delle giuste conclusioni.
P.S.: io, personalmente, continuo a considerare il bitcoin come un classico bene-rifugio del XXI secolo.


Il processo a Elizabeth Holmes

Purtroppo, per la mentalità collettiva europea — molto meno abituata alla innovazione tecnologica rispetto a quella statunitense — alcuni concetti risultano quasi impossibili da comprendere. Quindi a volte si rischia di fare delle pessime figure di fronte a un grande pubblico. Succede, per esempio, quando si tenta di presentare (o si presenta inconsciamente, sempre a causa della suddetta mentalità) Elizabeth Holmes, la fondatrice della Theranos, come una truffatrice malintenzionata sin dall’inizio.
Ma nella realtà americana in generale e quella californiana in particolare il venture investment è un fenomeno infinitamente meno primitivo. Serve per finanziare la realizzazione delle idee che spesso si trovano anche in uno stato molto lontano dalla loro applicazione pratica. Elizabeth Holmes si trova ora nella situazione abbastanza difficile per due motivi. Da una parte, ha palesemente esagerato con l’applicazione pratica del principio «fake it until you make it»: ha continuato a raccogliere dei fondi per un progetto teoricamente interessante, ma bloccato nel suo sviluppo tecnico-scientifico (nonostante essere riuscita ad attirare dei professionisti altamente qualificati). Dall’altra parte, gli investitori hanno le loro responsabilità nella valutazione dei rischi: non solo all’inizio, ma anche negli anni successivi (e non abbiamo dei motivi per dubitare della loro qualifica).
Insomma, si è creata una classica bolla. Una bolla che sulla pratica non è mai l’opera di una sola persona.
Nonostante tutto, Elizabeth Holmes non va demonizzata. Ha solo fatto due errori imprenditoriali banalissimi: non ha pianificato bene in partenza e non ha trovato il modo (o il coraggio?) di mollare quando le cose hanno iniziato ad andare palesemente male.


Laurie Bristow

Molto probabilmente a qualcuno è già capitato di leggere dell’ambasciatore britannico Laurie Bristow, il quale non ha lasciato l’Afghanistan per poter controllare personalmente l’evacuazione dei connazionali e dei collaboratori afghani.
In merito a questa sua decisione, l’aspetto che in un certo senso mi preoccupa è la tendenza di definire eroe una perona che non molla tutto e non scappa dal proprio lavoro alla prima difficoltà seria riscontrata. Nelle condizioni ideali, la presenza fisica costante di un ambasciatore sul territorio è sempre meno necessaria: serve solo per alcune (poche) conversazioni tecniche che gli umani, nonostante tutto, sono ancora abituati a fare di persona. Laurie Bristow, invece, ha deciso di essere presente nel posto giusto al momento giusto: in un luogo di emergenza, dove la gestione non poteva essere effettuata «a distanza» o rinviata ai tempi migliori.
Il confine tra l’eroismo (da una parte) e le pure professionalità e serietà (dall’altra) è sempre stato, nella mia logica, molto più lontano. In un mondo sano quel confine non dovrebbe essere tracciato esageratamente vicino alla normalità.