L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Le risorse naturali russe

Leggendo delle discussioni all’interno della Commissione europea circa l’embargo del petrolio russo, ho pensato che possa essere interessante pubblicare due cose relativamente curiose: una osservazione e una notizia.
1. Uno degli aspetti più strani (per non dire assurdi) della guerra in Ucraina è il fatto che per fornire il gas all’Europa la Russia continua a utilizzare il gasdotto che passa proprio sul territorio ucraino. Certo, tecnicamente non ci sono molte vie alternative, ma tutti — quando ci pensano — si stupiscono. E si stupiscono ancora di più quando si ricordano che in base agli accordi non disdetti la Russia deve pagare l’Ucraina per il transito del gas.
È logico tentare di evitare a finanziare l’autore della aggressione militare, ma — nonostante l’assurdità della situazione creatasi — bisogna anche ricordare delle entrate finanziarie della vittima.
2. La notizia poco ovvia, invece, riguarda la dipendenza di alcuni Stati dalle risorse naturali russe. Il giovedì 26 maggio le Ferrovie Ucraine hanno pubblicato sul proprio sito una notizia ottimistica (traduzione mia):

Al momento dell’inizio della guerra, la ferrovia aveva un avanzo record del diesel: sufficiente per 47 giorni. Dopo un calo dei volumi di traffico con l’inizio della guerra, il consumo giornaliero si è quasi dimezzato. Così, le riserve della ferrovia formate prima della guerra sono bastati per tutti e tre i mesi di guerra praticamente senza acquisti aggiuntivi.
Inoltre, le ferrovie hanno tenuto in deposito 10 mila tonnellate di gasolio provenienti dalla gestione del Ministero della Difesa. Poiché le Forze di Difesa ucraine dispongono ora di una riserva di carburante, il Governo ha permesso di utilizzare quello depositato per garantire il funzionamento stabile delle Ferrovie ucraine. Il relativo decreto n. 624 è stato adottato il 25 maggio 2022.
Questa decisione ridurrà anche la pressione sul mercato ucraino del riscaldamento, che attualmente sta vivendo una carenza di risorse.

Ecco, in Europa, purtroppo, non tutti sono così «fortunati». Per esempio, se l’embargo del petrolio russo dovesse essere introdotto, allo stato di cose attuale l’Ungheria resterebbe con zero petrolio (in sostanza dipende totalmente da quello russo): di conseguenza, la sua opposizione all’embargo non è una manifestazione di amicizia con Putin, ma una banale questione di sopravvivenza. Contrariamente a quanto pensano più o meno tutti europei comuni.


La lettura del sabato

Per questo finesettimana ho da consigliarvi un’altra lettura «curiosa»: la ricerca della «Mediazona» su quanto, da dove, verso dove e, a volte, cosa inviano i militari-saccheggiatori russi impegnati nella guerra putiniana sul territorio ucraino.
Vedendo certe immagini – negli ultimi tre mesi – sicuramente vi eravate chiesti sulla opportunità di rubare degli oggetti così banali, quotidiani, più o meno visibilmente usati. Ebbene, molti militari russi mandati a questa guerra non hanno mai visto degli oggetti di qualità simile (o, al massimo, li hanno visti in televisione). Perché quelle persone provengono dalla provincia povera, isolata e in una buona misura disperata. Di conseguenza, anche un martello usato, ma prodotto in Germania 20 o 30 anni fa a loro sembra un elemento della vita ricca. Ma sto rischiando di intraprendere la strada di un argomento molto ampio… E non vorrei distrarvi dalla lettura dell’articolo consigliato.


Una delle tante somiglianze – certamente relative – tra Vladimir Zelensky e Winston Churchill è il futuro inevitabile crollo di popolarità alla fine di questa guerra o nel caso di un temporaneo armistizio (quando la condizione bellica diventerà abituale ma priva delle difficoltà comuni da affrontare). Succederà perché le persone più categoriche criticheranno le scelte non abbastanza forti / radicali o la disponibilità a trattare su alcune questioni. Succederà perché le persone che non si sono mai trovate nelle condizioni di dover governare nemmeno un condominio criticheranno i preparativi insufficienti alla invasione russa. Nel migliore dei casi succederà perché contrariamente alle attese di certi geni alternativi – dei quali il nostro mondo è pieno – dopo la fine della guerra l’Ucraina non tornerà di colpo alla vita normale di prima.
Di conseguenza, sono inevitabili anche le critiche per la resa (la «vendita», il «tradimento» etc. etc.) dei soldati del battaglione «Azov» dopo due mesi di difesa della acciaieria Azovstal di Mariupol. La posizione attuale in merito di Vladimir Zelensky – «gli eroi ci servono vivi» – è però molto più vicina alla realtà di ogni possibile critica. Infatti, durante le settimane di resistenza all’assedio i militari dell’"Azov" sono diventati uno dei simboli più importanti per entrambe le parti della guerra. Per l’Ucraina sono, appunto, degli eroi, mentre per la propaganda russa sono un simbolo unico del «nazismo ucraino» (avete letto tanto dei famosi tatuaggi? ahahaha, prendete un qualsiasi esercito del mondo e provate a contare quanti grandi intellettuali con il passato radioso ne fanno parte!). Lo status del simbolo – indipendentemente dal segno che potremmo mettere davanti a tale termine – è per me la migliore garanzia della salvezza di tutti i militari dell’«Azov». Certo, qualcuno dei feriti gravi potrebbe anche non sopravvivere per dei motivi puramente medici, ma, in ogni caso, tutti i militari che si sono consegnati all’esercito russo costituiscono ora una preziosissima «merce di scambio». Saranno utilizzati nelle diverse trattative dove il governo russo vorrà ottenere qualcosa più o meno importante.
Quanto appena scritto non significa che non venga fatto un cosiddetto «processo» ad alcuni militari dell’«Azov» (nei territori del Donbass controllati dalla Russia è tecnicamente possibile praticare di tutto), ma quella sarà solo una questione di propaganda. Che precluderà lo status di «merce» dei militari ucraini.


Aggiungiamo una domanda

La rivista Time ha pubblicato l’ormai tradizionale elenco delle 100 persone più influenti del 2022. Sempre per tradizione, l’elenco è suddiviso in diverse categorie: «Artisti», «Innovatori», «Titani», «Icone», «Pionieri» e «Leader». In particolare, tra i «leader» sono stati citati anche i leader statunitense e cinese Joe Biden e Xi Jinping, ma pure i presidenti ucraino e russo Vladimir Zelensky e Vladimir Putin. Ogni personaggio dell’elenco è brevemente commentato da qualche altro personaggio famoso. Quindi Joe Biden ha scritto di Vladimir Zelensky, mentre il politico Aleksey Navalny ha scritto un breve articolo su Vladimir Putin. Leggetelo: è brevissimo e facile da comprendere.
Le parole scelte da Navalny sono giuste, ma io avrei aggiunto un altro concetto. Oltre a chiederci «come fermare un pazzo terribile con un esercito, una bomba nucleare e la membership al Consiglio di Sicurezza all’ONU», dobbiamo chiederci anche come esercitare una influenza su tutta la (o la maggioranza della) sua cerchia più stretta. Perché, infatti, Putin non è un mago capace di fare tutto con le proprie mani: ci sono le persone che mettono in atto le sue idee, eseguono i suoi ordini, cercano di anticipare i suoi sogni. Da solo Putin conterebbe zero; non è detto che dopo la sua morte tutta la politica russa torni di colpo alla normalità. Sembra logico supporre che per molti suoi collaboratori e semplici dipendenti statali la normalità sia proprio la situazione attuale.
Come possiamo influire su quelle persone? Le sanzioni occidentali – almeno per ora – fanno cambiare idea solo a poche singole persone: non si tratta certo di una tendenza.


Il piano della pace putiniana

Se io non conoscessi il partito di appartenenza del ministro di Maio, avrei pensato che il suo «piano per la pace in Ucraina» fosse la manifestazione di un improvviso colpo di pazzia (probabilmente dovuta al caldo di questi giorni). Infatti, è riuscito a esprimere – in soli quattro punti – un curioso mix tra gli «accordi di Minsk» (i quali sembravano essere scritti apposta per rimanere impossibili da rispettare) e le iniziali «proposte» della Russia per le trattative bilaterali Russia – Ucraina (proposte/richieste poi fortemente ridimensionate con l’emergere delle difficoltà dell’esercito russo nell’avanzare sul territorio ucraino).
Il «piano» presentato da di Maio sembra dunque molto più favorevole alla Russia che alla Ucraina. La prima avrà la possibilità di sostenere di avere raggiunto l’obbiettivo di scongiurare l’ingresso della Ucraina nella NATO… Ora trascuriamo pure due semplici fatti: 1) la NATO non voleva l’Ucraina prima del 24 febbraio; 2) non si capisce perché qualcuno debba decidere per uno Stato sovrano terzo sulla sua eventuale adesione alle alleanze varie.
L’Ucraina, invece, dovrebbe perdere – in base al «piano» italiano – il controllo su altri territori e la speranza di riavere il controllo sulla Crimea.
Io, in questo momento, non posso fare delle previsioni sulla reazione di Zelensky e di Putin di fronte a quei quattro punti. Ma posso prevedere altre due cose: 1) per una notevole parte del popolo ucraino l’accettazione di quel piano sarà una forma di resa; 2) il tentativo di fare contento Putin è una soluzione molto temporanea del problema. Infatti, accumulare le forze in uno Stato non democratico per una nuova guerra è molto più facile che ricostruire uno Stato di qualsiasi tipo distrutto dalla invasione militare già avvenuta.
E la nuova invasione chissà dove e quando inizia. Ma sicuramente inizia. Perché, per esempio, non è stato raggiunto l’obiettivo minimo putiniano di conquistare il passaggio via terra verso la Crimea «russa».
P.S.: capisco benissimo che di Maio non poteva proporre un qualsiasi piano in piena autonomia dal Governo. Mi stupisce quindi la grande ingenuità con la quale è stato accettato.


Trasferire i soldi dalla Russia

Ne avevo già scritto qualche tempo fa sul blog russo, ma ieri mi sono reso conto del fatto che l’argomento merita di essere pubblicizzato anche tra i miei lettori italiani.
Se anche voi – come me e alcuni miei amici, conoscenti e colleghi italiani – conoscete dei russi che non riescono a farsi inviare dei soldi dalla Russia (trovandosi dunque in una difficoltà economica più o meno sensibile), consigliate a loro la bella guida pratica che io ho scoperto grazie a una persona seria (dal suo autore:).
Qualcuno/a potrebbe esservi molto grato/a!


La foto dell’anno (o una delle)

Ci ho azzeccato diverse volte nella vita, quindi ci provo ancora…
Questa foto scattata dal militare ucraino Dmitrij Kazatskij negli interni di Azovstal (a Mariupol) avrebbe potuto meritare di vincere il premio World Press Photo.

Ma, dato che l’autore non è un giornalista, – quindi la sola nomina diventa un po’ più difficile – mi limito a predire che entrerà presto nei manuali di fotografia. Non per esprimere qualche sentimento nei confronti della Ucraina, ma per motivi puramente tecnici.


L’agente segreto della NATO

È ormai largamente noto il fatto che Vladimir Putin è infastidito dell’allargamento della NATO verso l’est. Non minacciato (la minaccia militare è una giustificazione della propria politica estera venduta alla popolazione), ma aggredito nella propria concezione della «geopolitica» (essendo un adepto di questo pensiero già di per sé obsoleto, vede ancora il mondo nell’ottica della conferenza di Yalta del 1945: diviso nelle aree di influenza dell’epoca). Di conseguenza, possiamo e dobbiamo fargli tanti complimenti per un risultato «fantastico» già raggiunto con la guerra contro l’Ucraina: è riuscito a ottenere un altro importante, veloce e non previsto fino a tre mesi fa allargamento della NATO verso i confini russi. Ha ottenuto proprio quella cosa che dichiarava di volere evitare.
Non penso di avervi comunicato qualcosa di nuovo.
Ma voglio comunque sottolineare un dettaglio importante. L’eventuale adesione di ogni singola ex-repubblica sovietica alla NATO avrebbe rappresentato una operazione fortemente sbilanciata: l’Alleanza sarebbe costretta a offrire tanto senza ottenere dei vantaggi di alcun genere, mentre ogni nuovo Stato-membro sarebbe stato solo un recipiente senza riuscire a contribuire seriamente alla potenza della Alleanza (in entrambi i casi della protezione). Con l’adesione della Finlandia e della Svezia, invece, la NATO non solo si allarga, ma pure si rafforza: perché vede aggiungersi due Stati sviluppati e ricchi, dotati degli eserciti già forti, addestrati e attrezzati.
Insomma, Putin è riuscito a rendere la NATO non solo più grande, ma anche più forte. Complimenti…


L’arte durante la guerra

Da quando è iniziata questa guerra, non ho più pubblicato dei post del sabato dedicati all’arte: anche perché mi sembravano un po’ inopportuni. Con l’allungarsi della guerra, però, la comunicazione visiva ha assunto – almeno sui territori di due Stati – una nuova importanza e, a volte, delle nuove forme. Quindi è giunto il momento di pubblicare una piccola raccolta di opere comprensibili a tutti i lettori.
La scultura «Putler Zparati» di Dmitro Iv. installata nel centro di Kiev:

Un piccolo murale da qualche parte in Russia: Continuare la lettura di questo post »


Spiegare le sanzioni

A tutti coloro che vogliono dedicare una parte anche di questo finesettimana alle letture in qualche modo correlate con la guerra in Ucraina segnalo un progetto interessante.
Alla Stanford University è stato creato — in parte virtualmente — un gruppo di lavoro che studia le sanzioni già adottate contro la Russia e suggerisce quelle che dovrebbero essere adottate in un futuro più o meno vicino per contrastare con più efficienza l’aggressione militare in Ucraina. Il gruppo di lavoro è guidato da Michael McFaul (l’ex ambasciatore americano a Mosca) ed è composto da studiosi appartenenti a diversi ambiti e Stati (pochi di loro hanno qualche legame formale con la Stanford University): alcuni nomi vi sono sicuramente noti.
Il suddetto gruppo di lavoro pubblica — con una buona frequenza — dei documenti che spiegano in un modo interessante tutte le sanzioni: quelle adottate e quelle proposte dal gruppo stesso. Alcuni documenti potrebbero rivelarsi un po’ difficili per le persone non particolarmente esperte di economa, mentre altri sono veramente facili da comprendere.
Io posso consigliarvi di iniziare dal documento più breve e facile: quello che in appena due pagine scritte con dei termini comuni riesce a sfatare i vari miti sulla rinuncia, da parte dell’Occidente, alle fonti energetiche russe.
E poi provate a leggere anche altri documenti potenzialmente vicini ai vostri interessi.
In generale posso dire che questo gruppo di lavoro sta svolgendo due lavori molto importanti: quello scientifico e quello divulgativo.