Dalla Danimarca è giunta una bellissima notizia sul mondo dell’arte. Secondo me merita di essere raccontata almeno in breve.
L’artista danese Jens Haaning si è fatto prestare dei soldi dal Kunsten Museum of Modern Art (situato ad Aalborg, nel nord della Danimarca) per realizzare la replica di una sua opera concettuale: quella che mostrava i redditi di un austriaco e di un danese attraverso l’esposizione dei soldi reali su due bacheche. Il museo ha accontentato la richiesta di Haaning e gli ha dato 534.000 corone danesi (quasi 72 mila euro). Al momento della ricezione fisica della nuova opera promessa dell’artista si è però scoperto che le bacheche sono completamente vuote, mentre l’opera si chiama «Prendi i soldi e scappa». Nel corso di una intervista al canale televisivo DR Haaning ha detto che la suddetta opera artistica consiste nel fatto che egli – Haamimg – ha preso i soldi e non intende restituirli.
Il museo Kunsten, da parte sua, pretende la restituzione dei soldi e sta considerando l’opzione di denunciare Haaning alla polizia. E io non so se quello della amministrazione museale sia un comportamento saggio. Il mio dubbio deriva da due considerazioni.
In primo luogo, l’amministrazione del museo ha avuto una preziosa occasione di approfondire le proprie conoscenze sul fenomeno dell’azionismo nell’arte contemporanea.
In secondo luogo, negli ultimi decenni si osserva una brutta tendenza di definire come «arte contemporanea» una qualsiasi stronzata inutile esposta in un luogo pubblico.
Nell’ottica di questi due fenomeni artistici di oggi, il museo dovrebbe gioire per essere diventato un coautore di una opera d’arte contemporanea tanto ammirevole (un capolavoro, direi) e perdonare dunque Jens Haaning. L’artista, essendo libero di intraprendere tutte le performance che vuole, ha guadagnato onestamente i soldi prendendo in giro chi fa finta di capire qualcosa del proprio lavoro.
Ci resta solo applaudire e imparare…
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Lo avrete già letto: il Telegram ha bloccato due canali dei «novax» covidici – uno italiano e uno tedesco – che incitavano alla violenza contro il personale medico impegnato nella vaccinazione contro il Covid-19, pubblicando anche i dati personali delle persone (scusate la tautologia) concrete. Il creatore del Telegram Pavel Durov descrive bene quella decisione (in inglese), quindi non mi metto a riassumere le sue parole.
La cosa che posso constatare io è semplice: anche qualora non ci fossero stati degli inviti alla violenza e/o la pubblicazione dei dati personali, avrei pienamente appoggiato questa forma di censura. Perché grazie a quei [censured censured censured censured censured] dei novax si diffondono e continuano a mutare non solo i virus come il Covid-19, ma pure tante di quelle malattie che l’umanità riteneva di avere superato già decenni o secoli fa: la peste, la pertosse, la difterite, il morbillo, la poliomielite etc.
Quindi, cari novax, chiudetevi in casa e godetevi la vostra libertà di schiattare per le malattie obsolete senza violare la libertà di vivere di tutte le altre persone.
Ho letto solo ieri che in Sud Corea il presidente ha proposto – finalmente? – di valutare l’opportunità di vietare i hot dog locali (ehm, che battuta…).
Di fronte a questa notizia, mi sono improvvisamente accorto di essere assolutamente indifferente, dal punto di vista estetico, al «donatore» della carne che mangio. La maggioranza degli animali vivi mi è simpatica, ma in in qualità del cibo mi piacciono (non sempre, ma di solito) allo stesso modo. L’unico mio desiderio è quello non vedere nemmeno un pezzo del percorso che fanno dalla «stalla» alla cucina.
Però non posso non constatare che in una realtà politica più simile a quella occidentale (non solo dal punto di vista visuale, come, per esempio, l’abbigliamento formale) in questo periodo i sudcoreani avrebbero iniziato da altri rappresentanti della fauna.
Non c’è bisogno di fare chissà quale analisi politica per osservare due grande evidenze confermate dalle elezioni politiche tedesche di domenica.
1. Nessuno dei partiti può dirsi un grande vincitore. Di conseguenza, Angela Merkel rimarrà al suo posto ancora per un po’ di tempo: fino alla formazione di un Governo (con la relativa coalizione). La volta scorsa ci erano voluti circa sei mesi, vediamo quanto tempo ci mettono ora. Ma il fatto importante è: tanta gente in giro per il modo ha troppa fretta di salutare la cancelliera uscente.
2. Il partito di Angela Merkel ha mostrato il peggior risultato dal 1949 e, di fatto, ha perso le elezioni. Ma questo non significa che dobbiamo necessariamente cercare delle spiegazioni più o meno complicate o fantasiose alla sconfitta. Secondo il mio parere autorevole, tutti i Governi con i relativi leader e, in alcuni casi, i Presidenti degli Stati democratici mostreranno dei brutti (sicuramente inferiori al passato) risultati alle loro elezioni più vicine. Il motivo sarà sempre lo stesso: le scelte impopolari nella gestione della pandemia. Le scelte che in qualche modo hanno colpito quasi tutti gli elettori. Le scelte non solo impopolari, ma spesso anche palesemente confuse e stupide. Di conseguenza, possiamo dire che alla Germania è andata anche abbastanza bene: i pazzi verdi e i populisti marroni avrebbero potuto ottenere dei risultati ancora più alti.
Ecco, solo tenendo in mente le suddette due osservazioni possiamo fare tutti le analisi possibili e immaginabili delle elezioni tedesche.
Non ci vuole tanto a falsificare le elezioni politiche nel proprio Stato: ci sono le «forze dell’ordine» per chi si lamenta in casa e la magica frase «sono i nostri fatti interni» per chi si sorprende all’estero.
È invece molto più difficile regolare le proprie «questioni interne» all’estero: ieri la polizia inglese ha dichiarato di avere individuato il terzo responsabile dell’uso della sostanza Novichok a Salisbury nel 2018.
Da anni ormai non riesco a capire perché i servizi segreti russi vengano (ancora) visti come una specie del «marchio di qualità»: la parte «segreti» del proprio nome l’hanno persa quasi completamente…
La versione 2021 della lista delle 100 personalità più influenti dell’anno pubblicata dal «Time» in alcuni punti è, secondo me, un po’ strana. Ma si tratta di una stranezza paradossalmente abituale… Anzi, sono contento di avere ancora abbastanza salute mentale per non «influenzarmi» da certi personaggi.
L’aspetto che mi incuriosisce di più è la presenza veramente minima dei nomi che possono in qualche modo associati con il fenomeno del Covid-19. In sostanza, ho notato solo l’indiano Adar Poonawalla. Direi che proprio questa caratteristica della lista dovrebbe essere la fonte principale della gioia: perché potrebbe essere interpretata come un segnale della normalità. Oppure come un nuovo passo verso il ritorno alla normalità.
W l’ottimismo.
L’organizzazione OCCRP ha pubblicato i risultati di una nuova (seconda) indagine sulla identità dei proprietari del carico di nitrato di ammonio la cui esplosione ha praticamente distrutto la città di Beirut il 4 agosto 2020.
Gli interessati possono andare a leggere il rapporto, ma non troveranno – come non l’ho trovata nemmeno io – la risposta a una delle domande più grandi: chi era, dal punto di vista medico, quel saldatore geniale? Perché senza il suo contributo prezioso nessuna indagine avrebbe avuto senso di esistere.
Tra i premi Ig Nobel del 2021 mi è particolarmente simpatico quello per la pace. Infatti, è stato assegnato agli studiosi americani che hanno scoperto: la barba può — almeno in teoria — ammorbidire un colpo in faccia. I ricercatori non hanno però condotto degli esperimenti su persone vive, ma solo su dei modelli con barbe e ossa del cranio artificiali. In particolare, nemmeno i capelli delle barbe erano veri, ma fatti di lana di pecora. Le «teste» fatte in quel modo non venivano colpite neanche con i pugni reali, ma con un meccanismo speciale. Ma io ora mi sento comunque molto più sicuro, ahahaha
Allo stesso tempo, non sono male nemmeno i premi per la fisica (i ricercatori dei Paesi Bassi, Italia, Taiwan e USA hanno cercato perché i pedoni non si scontrano mente camminano) e per la cinetica (gli scienziati da Giappone, Svizzera e Italia hanno cercato di capire perché i pedoni a volte si scontrano mentre camminano).
Purtroppo, nessun no-vax morto di Covid è stato premiato per la medicina… Ah, no: per quelli c’è il Premio Darwin. Quindi approviamo pure l’Ig Nobel per medicina: ma senza citarlo, dato che si tratta di un argomento 18+…
Nonostante i tempi particolari che stiamo vivendo, la vera scienza resiste!
Con una certa tristezza devo constatare che l’esposizione digitale disponibile sul sito del Memoriale dedicato al 9/11 è interessante nei contenuti e abbastanza noiosa nella forma. Non so se la colpa sia di un modo troppo formale di proporre i contenuti o la concezione del museo – nel senso generale del termine – un po’ antiquata che i creatori avevano (hanno) in mente. Di conseguenza, nel ventesimo anniversario di quell’attacco terroristico le cose importanti da capire sono almeno due.
In primo luogo, conviene capire che il parlare delle tragedie con una faccia tragica è spesso un comportamento conforme alle tradizioni astratte, ma controproducente sulla pratica. La mente di una persona media cerca naturalmente di fuggire dalla noia, ma probabilmente, nel caso specifico della memoria del 9/11 la fuga generale delle menti non è proprio l’obiettivo desiderato.
In secondo luogo, dobbiamo capire (o ricordarci) che l’intervento culturale sarebbe più efficace di quello militare. Una migliore pubblicità della alternativa culturale (aggiungerei quella occidentale) al radicalismo religioso non avrebbe molto probabilmente permesso di sprecare gli ultimi 20 anni in maniera così ingloriosa.
Sono queste, in sintesi, le uniche grandi banalità che possono essere dette nell’occasione dell’anniversario odierno.
Il fenomeno mediatico curioso sta nel fatto che tutti hanno sentito la notizia sul riconoscimento del bitcoin in qualità della valuta legale da parte di El Salvador, ma non tutti hanno capito che in quello Stato ora sono «riconosciute» ben due valute non nazionali: la seconda (nel senso cronologico la prima) è il dollaro americano.
Dal punto di vista economico, invece, non c’è alcunché di curioso. La scelta di riconoscere il bitcoin come valuta legale è sicuramente innovativa o, almeno, moderna. Ma allo stesso tempo è un esperimento di portata molto ridotta: El Salvador è solo un singolo Stato (pure piccolo), per di più con un ruolo tendente al nullo nella economia mondiale (se ci limitiamo a considerare quella legale, ahahaha). Di conseguenza, l’unica cosa che possiamo – e in alcuni casi dobbiamo – fare è osservare serenamente la loro sperimentazione con una valuta caratterizzata da una forte volatilità. Per esempio, possiamo immaginare una situazione in cui lo Stato raccoglie le tasse e le imposte quando il bitcoin vale 30.000 dollari / euro / banane e poi deve pagare gli stipendi ai dipendenti statali quando il bitcoin vale 50.000… Si tratta di un certo rischio che, in una misura inferiore, si correva anche con il dollaro americano. Ora bisogna gestire ben due rischi.
Saranno delle osservazioni pratiche molto utili per gli altri Stati e abbastanza interessanti per noi. Spero solo che ne vengano tratte delle giuste conclusioni.
P.S.: io, personalmente, continuo a considerare il bitcoin come un classico bene-rifugio del XXI secolo.