Molto probabilmente avete già letto qualcosa sull’argomento, ma io vorrei evidenziare – come spesso mi capita – la vera sostanza dell’accaduto.
Rafael Grossi, il direttore generale dell’AIEA, la settimana scorsa ha guidato la missione della Agenzia alla centrale nucleare di Zaporizhzhya per fare degli accertamenti sullo stato di cose attuale. Parlando con i giornalisti al termine della visita, ne ha riassunto i «risultati preliminari». E noi, leggendo bene quel riassunto, possiamo giungere alla conclusione che la visita si è rivelata una buffonata. Infatti, i risultati sarebbero questi:
1. La centrale nucleare di Zaporizhzhya è veramente una centrale nucleare.
2. Abbiamo visto alcuni buchi nell’involucro della pianta. Che siano stati fatti con le bombe, con i proiettili o con le forbici da manicure, chi lo sa.
3. Le truppe di occupazione russe sono gentili e cortesi, sono eccezionalmente amichevoli con il personale ucraino della centrale e condividono con esso il cibo.
4. Il territorio della centrale viene bombardato da qualcuno. A quanto pare, quei qualcuno siano gli ucraini che addirittura lo fanno di nascosto dai territori occupati dall’esercito russo.
5. La Russia sta facendo tutto il possibile per evitare che la sicurezza della stazione vada a puttane.
6. Secondo noi non andrà a puttane perché l’abbiamo visitata.
7. Dopo una ispezione condotta in un modo così brillante, i fondi dell’AIEA dovrebbero essere sensibilmente aumentati.
Ehm, se uno ha paura di fare delle dichiarazioni serie prima di mettersi fisicamente in salvo, farebbe meglio a non parlare proprio fino all’ipotetico momento più adatto. Mentre Rafael Grossi ha preferito partire subito con delle cretinate. Non potevo non «apprezzare» questa scelta.
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
La sera del 30 agosto è morto Mikhail Gorbachev. Oggi è il giorno del suo funerale.
Giovedì avevo già scritto quello che ho potuto scrivere in quel momento (anche se di Gorbachev si potrebbe dire tantissimo), quindi oggi mi limito a pubblicare un post fotografico su alcune tappe della vita del grande personaggio storico.
Mikhail Gorbachev (al centro con il copricapo) con i compagni di classe, anni ’40:
Mikhail Gorbachev, anni ’50:
Mikhail Gorbachev a Stavropol, anni ’60: Continuare la lettura di questo post »
Il Washington Post scrive di come l’esercito russo abbia sprecato in Ucraina almeno dieci costosi missili «Kalibr» per colpire dei simulacri fatti di legno che sono stati scambiati per dei sistemi missilistici statunitensi HIMARS. In particolare, i droni russi hanno trasmesso i dati sulla posizione delle «attrezzature militari» alle portamissili nel Mar Nero, le quali a loro volta hanno colpito i HIMARS finti. Ogni missile «Kalibr» costa circa sei milioni e mezzo di dollari e contiene l’elettronica che non può essere fornita alla Russia a causa delle sanzioni.
La notizia in questione mi fatto venire in mente delle immagini di oltre cento anni fa: Continuare la lettura di questo post »
Ormai sapete già che ieri sera è morto Mikhail Gorbachev. Aveva 91 anni e da oltre tre anni aveva dei problemi seri di salute, quindi, purtroppo, la sua morte non è una sorpresa. È «solo» un fatto infinitamente triste.
Mikhail Gorbachev è stato un personaggio incredibile, quasi unico nella storia. Era nato, aveva studiato e si era professionalmente e politicamente formato in un sistema inizialmente totalitario, poi semplicemente ipocrita e stagnante. Un sistema che attraverso l’ideologia statale dichiarava di essere orientato al progresso sociale, ma sulla pratica avente per l’obiettivo solo il mantenimento del potere di un gruppo limitato di persone. Un sistema che ai comuni cittadini sembrava disperatamente eterno. Non importa, almeno in questa sede, se l’ideologia comunista possa essere «realizzata» in pratica. L’importante è che Mikhail Gorbachev era arrivato a diventare il capo del suddetto sistema antiumano, si era guardato attorno e aveva deciso di tentare a riformarlo. Aveva preso delle decisioni spesso giustamente criticabili e degli errori, ma lo Stato aveva iniziato a cambiare, lentamente, in meglio. La gente aveva iniziato a percepire un certo clima di libertà e di vero progresso…
Nell’agosto del 1991 un gruppo di alti funzionari sovietici – anziani e molto attaccati al vecchio sistema statale che garantiva a loro il potere eterno e il benessere esclusivo – avevano tentato un colpo di Stato: avevano istituito una entità nota in Italia con il nome di «Comitato statale per lo stato di emergenza in Unione Sovietica», avevano bloccato Gorbachev nella sua dacia a Foros (in Crimea) e tentato di bloccare il governatore della regione di Mosca Eltsin fuori città. Proprio in quel momento molti moscoviti hanno immaginato il ritorno all’URSS del modello pre-Gorbachev, si sono terrificati dalla sola idea e hanno apertamente manifestato la propria risposta: «col cazzo».
Proprio dopo il fallimento del colpo di Stato del 1991 l’URSS aveva iniziato a cadere a pezzi. Gorbachev – figlio del sistema di cui sopra – non aveva fatto alcun tentativo di aggrapparsi al potere e si era dimesso, lasciando la strada alle persone più giovani, più attive, istruite e moderne. Lo ha fatto volontariamente, all’età di soli 60 anni, dopo soli 6 anni passati al potere in uno enorme Stato non democratico. Mi sapete indicare un altro personaggio del genere nella storia del XX secolo? Potreste anche provare ad andare a vivere in una autocisterna e andare in giro con lo schermo del telefono illuminato al massimo: tanto non ci riuscite comunque.
Io, intanto, posso comunicarvi che nella storia ultramillenaria della Russia ci sono stati solo due leader – sempre in conflitto tra loro – che nelle epoche del proprio massimo potere non avevano sfruttato la possibilità di arrestare o uccidere qualsiasi persona (anche l’un l’altro) anche per la sola critica verbale del proprio operato: Gorbachev e Eltsin. Purtroppo, ora sono morti entrambi.
Uno di loro due, Mikhail Gorbachev, se ne è andato assieme, quasi in contemporanea, con una delle sue conquiste più importanti, ma mai apprezzate – forse anche non notate – dalla gente un po’ di tutto il mondo: lo scioglimento pacifico dell’URSS. Infatti, la guerra che stiamo osservando da oltre sei mesi è una delle convulsioni finali di un impero che avremmo potuto vedere già trent’anni fa. Ma, a differenza di molti altri scioglimenti che conosciamo bene, quello dell’URSS almeno ai tempi di Gorbachev non si era trasformato in una guerra.
R.I.P. Mikhail Gorbachev
Tra gli alti funzionari russi c’è chi ammette che l’esercito ucraino «starebbe tentando» una controffensiva al sud. Sulla mappa del fronte tra Novovorontsovka e Kherson potete valutare l’entità del «tentativo» (non è necessario capire le scritte):
Purtroppo, non penso che sia l’inizio della fine di questa guerra, ma ho la strana sensazione di essere un «tifoso» che vede riaccendersi una partita (e non avrei mai voluto «tifare» in un modo simile).
Alla fine della settimana scorsa una notizia è passata ingiustamente inosservata:
Il venerdì 27 agosto la Commissione per l’Industria della Difesa del Kazakistan ha approvato la proposta del Ministero dell’Industria e dello Sviluppo delle Infrastrutture di sospendere le esportazioni di armi fino alla fine di agosto 2023.
Non so voi, ma io non riesco a vedere questa decisione fuori dal contesto internazionale corrente. Il Kazakistan – come probabilmente avete sentito – ha un vicino un po’ aggressivo e allo stesso tempo sempre più bisognoso di armi e munizioni. E mi sembra di capire che il Kazakistan non sia tanto entusiasta di essere un suo potenziale «alleato» o complice. Tenete in mente anche questo segnale quando leggete o sentite parlare dei rapporti interstatali in quella zona.
Il governo canadese ha deciso di inviare in Germania le restanti cinque turbine del «Nord Stream 1» che erano bloccate dopo i lavori di manutenzione iniziati prima dell’inizio della guerra. La motivazione della decisione: evitare che la propaganda putiniana spieghi la mancanza del gas in Europa con l’applicazione delle sanzioni contro la Russia.
Non so bene quanta differenza ci sia – ai fini della suddetta propaganda – tra le sanzioni e la decisione europea di liberarsi dalla dipendenza dal gas russo (entrambe mi sembrano logiche, giustificate e sensate). Infatti, negli ultimi mesi ho visto tantissimi articoli e meme creati dagli autori russi pro-governativi che deridevano la presunta decisione europea di stare al freddo d’inverno.
Ma allo stesso momento capisco che il cancelliere Scholz sta cercando di risolvere, senza troppo rumore, risolvere il problema temporaneo del gas. Tra i due governi – quello canadese e quello tedesco – il secondo sta facendo forse una figura un po’ meno brutta.
Oggi, il 24 agosto, è il Giorno dell’indipendenza dell’Ucraina: una festa nazionale istituita nel 1992. Tale data è stata scelta perché il 24 agosto 1991 la Verchovna Rada della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina adottò il decreto – con l’entrata in vigore immediata – che dichiarava l’indipendenza dell’Ucraina.
A questo punto, la prima cosa che posso fare è augurare a tutti gli ucraini la veloce vittoria contro gli orchi putiniani, il ritorno della pace e della integrità territoriale e tanta fortuna in tutte le altre cose.
In realtà, ho già pubblicato il suddetto augurio nei luoghi dove gli ucraini mi leggono con maggiore frequenza. A tutti gli altri, invece, posso ricordare di una brutta coincidenza: proprio oggi decorrono i primi sei mesi dall’inizio della guerra. Sei mesi fa in pochi avrebbero scommesso che la festa odierna verrebbe festeggiata ancora almeno una volta… Questa estate, invece, proprio per la data odierna in molti hanno prognosticato qualche azione simbolica da parte dell’esercito russo e del suo comandante supremo. Avendo ormai una certa idea dello stato mentale di quest’ultimo, non posso escludere che tenti di fare qualcosa di particolare. Ma, a eccezione dell’uso di un certo tipo di armamenti, tale azione non dovrebbe incidere in un modo particolare sull’andamento della guerra: le risorse belliche della Russia, per fortuna o purtroppo, sono quelle che sono.
Di conseguenza, l’unica cosa che possiamo fare ora è sperare che per il prossimo Giorno dell’indipendenza dell’Ucraina sia già tutto finito. Anche se il regime politico russo attuale farà di tutto per trasformare la guerra in un lunghissimo conflitto «di posizione».
Non posso proprio non ricordarvi dell’articolo epico uscito sul The Washington Post il martedì 16 agosto. È un articolo molto lungo, ma soprattutto è molto bello e molto interessante: tra qualche anno (o decennio?) potrà diventare – così come è ora – un capitolo del manuale di storia contemporanea… Ma la maggioranza dei miei ha già concluso gli studi e, in più, non è obbligata ad aspettare tanto.
Quindi andate pure a scoprire che la guerra putiniana in Ucraina era prevista dalle Istituzioni statunitensi già nell’ottobre 2021 e che, sulla base di molte notizie dell’epoca apparentemente strane, pure noi avremmo potuto considerarla altamente probabile (io – e non solo io, ma quasi tutti gli osservatori semplici – eravamo troppo convinti della razionalità di Putin e non sapevano interpretare i pochi indizi). Inoltre, l’articolo segnalato è interessantissimo nel descrivere i tentativi di alcuni Stati di scongiurare la guerra e, allo stesso tempo, di aiutare l’Ucraina a prepararsi per resistere almeno per qualche giorno…
Ma non mi metto certo a riassumervi tutto il testo. Concludo osservando che il presidente Zelensky si è rivelato, nei suoi preparativi alla guerra, uno stratega molto più saggio degli americani e di alcuni europei.
Come molti di voi sanno (forse) la Russia e la Bielorussia fanno parte (in teoria) di uno Stato unitario. Di conseguenza, dobbiamo ricordare che pure le innovazioni tecnologiche seguono – in Russia e in Bielorussia – una strada unica. Ieri ho scritto di uno robot cinese che è stato spacciato per uno robot «militare» «innovativo» «russo». Oggi, invece, vi racconto brevemente di una innovazione analoga bielorussa.
Lunedì si è svolta la presentazione di un nuovo modello della moto «Minsk» (del produttore bielorusso esistente dal 1951). In tale occasione, il direttore della azienda Nikolai Ladutko ha raccontato al presidente Aleksandr Lukashenko che il nuovo modello sarebbe realizzato con le componenti di produzione cinese, ma su progetto tecnico ideato e sviluppato all’interno della azienda.
Lukashenko ha rimproverato Ladutko per il fatto che le singole componenti della moto non vengano prodotte in Bielorussia ma, ovviamente, non si è accorto che si tratta della moto francese Mash X-Ride 650 Classic (la quale viene assemblata in Cina) con l’adesivo «Minsk» applicato sul serbatoio (non so dove sia stato stampato l’adesivo)..
Insomma, entrambi i presidenti possono essere facilmente ingannati allo stesso identico modo.