Chi ne ha la possibilità tecnica (o è pratico con i metodi non convenzionali ahahaha), può leggere la interessante intervista del Comandante in capo dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny alla rivista The Economist pubblicata il 1 novembre.
In sostanza, il senso generale delle cose che dice Zaluzhny consiste in due concetti:
1) una constatazione dei fatti evidente a tutti da mesi, ma mai espressa ufficialmente dalle autorità ucraine per non provocare una ondata di rassegnazione tra il popolo: la guerra rischia di diventare molto lunga e sempre molto difficile da combattere;
2) un avvertimento all’Occidente: se gli aiuti militari materiali e concreti non dovessero essere intensificati a breve, tutti gli aiuti passati (già abbastanza costosi) rischiano di diventare un inutile spreco di risorse (perché nessuno può garantire che l’Ucraina possa vincere una lunga guerra di posizione).
Per ora l’intervista non sembra un segnale di rassegnazione. Sembra, invece, un ultimo avvertimento preciso e pesante.
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Non ho molta voglia di commentare la prank call fatta alla Giorgia Meloni da quei due provocatori che da oltre dieci anni fanno i loro «scherzi» telefonici sempre – ovviamente per puro caso – a favore del Cremlino. In Italia è già stato scritto più o meno tutto il possibile su questo grande fallimento tecnico italiano. Però è una buona occasione per fare una importante precisazione sul modo di seguire la guerra in Ucraina.
Nel corso della suddetta telefonata Meloni avrebbe pronunciato la frase «La controffensiva dell’Ucraina non sta andando come ci si aspettava», inserendola in un discorso non limitato a una sola espressione. Non è assolutamente la prima e, purtroppo, non è l’ultima a esprimere pubblicamente un concetto del genere. Ed è un grosso problema: la gente – indipendentemente dal grado di istruzione, dalla posizione sociale, dalla professione esercitata o dall’incarico ricoperto – continua a usare il termine controffensiva in un modo assolutamente inappropriato. Avrà imparato dai giornalisti incompetenti e/o interessati solo ai titoli «forti»? Ora non importa.
L’importante è il fatto che una controffensiva è una risposta immediata all’attacco altrui. Uno ti da un pugno in faccia, e tu lo ricambi subito, in quel momento (invece di iniziare a rincorrerlo, aspettarlo sotto la casa sua etc.). Oppure i militari altrui si avvicinano alla tua capitale, ma dalla città escono di corsa delle truppe di riserva che in poche ore o giorni rispingono l’avanzata del nemico. Una controffensiva è un tipo ben determinato di risposta.
Quello vediamo sul fronte ucraino da oltre un anno non è una controffensiva. È una guerra quasi di posizione con tutte le sue caratteristiche che possiamo osservare quotidianamente: quindi un processo e non una azione. Se da un processo ti aspetti gli effetti tipici di una azione, per forza ti stanchi e ti deludi. Ma è un problema tuo, non di chi si sta difendendo in una guerra.
L’esercito ucraino non è stato capace di condurre una controffensiva a febbraio/marzo 2022. Noi non possiamo criticarlo per tale incapacità: quanti altri eserciti avrebbero potuto affrontare una simile disproporzione di forze come lo ha fatto e lo sta facendo l’esercito ucraino? Secondo me pochissimi. I Governi occidentali (compreso quello di Giorgia Meloni) hanno fatto abbastanza per far durare di meno questa guerra? A me sembra che si limitino a fare ciò che permetta all’Ucraina non perdere subito.
Uno dei passi importanti verso la fine della guerra in Ucraina – quella fine nella quale spero io – consiste nello smettere di aspettare gli effetti di una controffensiva da una guerra. Dunque, smettere anche di ingannare sé stessi e gli altri con l’uso del termine inappropriato controffensiva.
I compilatori del Collins English Dictionary hanno scelto «AI» (che sta, come ben sapete, per «artificial intelligence») come la parola del 2023. In particolare, la parola AI è stata scelta a causa del rapido sviluppo della tecnologia osservato nel corso del 2023. Secondo le statistiche, quest’anno il termine AI sarebbe stato utilizzato dalla gente quattro volte più spesso rispetto all’anno precedente.
Io, da parte mia, posso constatare almeno due fenomeni legati all’AI.
In primo luogo, testimonio che secondo le mie osservazioni sempre più studenti universitari di oggi raccolgono le informazioni e i dati per le loro tesi di laurea e/o relazioni per i corsi non attraverso le ricerche su Google, ma attraverso le richieste (in verità formulate più o meno bene) ai vari chatbot basati sull’AI. In alcune occasioni me lo dicono loro stessi, in alcune occasioni me ne accorgo io dai risultati che mi portano, e a volte semplicemente ne sento parlare nelle aree comuni della mia Facoltà. Di fronte a tale situazione io mi sento, a volte, un esponente della generazione dei dinosauri che cerca ancora nei testi, nelle note, nelle liste bibliografiche e su Google… Ma poi, a volte, mi metto sperimentare con qualche chat gp pure io: qualche volta sono riuscito a usarlo bene, ahahahaha
In secondo luogo, confermo che pure io, a volte, uso l’AI del browser per generare quelle cose che non sono capace o non ho proprio voglia di fare con le proprie mani. E se una moda è riuscita a raggiungere me, vuol dire che è diventata realmente di massa. In questo specifico caso non posso proprio dire che sia una moda stupida: in molte occasioni realmente aiuta!
Di conseguenza, concordo con i compilatori del Collins English Dictionary.
E voi cercate di non rimanere indietro con le tecnologie.
Dopo la vittoria (spero vicina) il Twitter – anzi, l’X – dell’IDF potrebbe diventare uno degli strumenti, una delle tante componenti di quella propaganda positiva dello Stato d’Israele che va finalmente creata: la sua assenza, purtroppo, ha portato tantissime persone in giro per il mondo a tifare i terroristi con l’illusione di «difendere i deboli». Fissarsi con i principi e, allo stesso tempo, sconnettersi totalmente dalla realtà è abbastanza pericoloso…
בשעות האחרונות כוחות משולבים של צה"ל, בהובלת כוחות יבשתיים מנהלים קרבות עזים בעומק שטח הרצועה. כוחות צה״ל תקפו מוצב של מחבלי חמאס בצפון הרצועה. הכוחות חיסלו עשרות מחבלים, חוליות שיגור נ״ט ועמדות לשיגור נ"ט, עמדות תצפית ותפסו אמצעי לחימה רבים, בהם מטענים ונשקים pic.twitter.com/3lau5FN9nd
– צבא ההגנה לישראל (@idfonline) October 31, 2023
Certamente spero che il ruolo principale nella suddetta futura propaganda sia quello dei civili, ma per ora trovo interessante studiare l’account su X indicato.
Considerati gli eventi degli ultimi anni (se non decenni), non mi stupisco: il sabato 28 ottobre l’inutile (e spesso dannosa) banda chiamata ONU ha assicurato ancora una volta ad Hamas il proprio sostegno incondizionato: con 120 voti a favore ha adottato una risoluzione che chiede una tregua immediata in Medio Oriente; l’emendamento che condannava l’attacco terroristico di Hamas contro Israele è stato respinto. Quindi secondo l’ONU non c’è stato alcun attacco terroristico e nessun rapimento di ostaggi, l’esercito israeliano avrebbe semplicemente attaccato senza motivo il pacifico Hamas. Ora l’ONU chiede di fermare immediatamente l’operazione di risposta all’attacco terroristico e, immagino, di continuare a soddisfare tutte le solite pretese di Hamas.
Non so se un giorno potrò fare qualcosa contro i nemici dell’umanità, ma nel frattempo posso iniziare a ricordare i loro nomi. Ecco l’elenco degli Stati che hanno votato contro la risoluzione di condanna del massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023: Algeria, Bahrain, Bangladesh, Bielorussia, Repubblica Centrafricana, Bolivia, Ciad, Congo, Comore, Cina, Egitto, Gambia, Guinea, Guyana, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Kirghizistan, Libia, Libano, Malesia, Maldive, Mali, Mauritania, Kazakistan, Giordania, Marocco, Namibia, Nicaragua, Niger, Oman, Pakistan, Qatar, Federazione Russa, Arabia Saudita, Senegal, Somalia, Sudafrica, Sri Lanka, Sudan, Tagikistan, Siria, Tunisia, Turchia, Uganda, Emirati Arabi Uniti, Tanzania, Yemen, Zimbabwe.
Anche nella suddetta lista non trovo delle sorprese, ma questo è un altro argomento.
Il Servizio di sicurezza dello Stato belga (VSSE) sospetta che Kirill Logvinov, il rappresentante permanente ad interim della Russia presso l’Unione europea, lavori per il Servizio di spionaggio estero russo (SVR). Lo si afferma in un’inchiesta congiunta di De Tjid, Spiegel, Centro Dossier e alcune altre testate europee. Secondo i giornalisti, il controspionaggio belga sospetta il diplomatico di «attività segrete contro gli interessi europei». Ma non precisa in cosa consistano esattamente tali attività.
Nella notizia stessa non c’è alcunché di sorprendente: più o meno tutti i diplomatici russi sono in qualche misura coinvolti nella attività di spionaggio (nel migliore dei casi, i diplomatici professionisti semplicemente sanno di cosa si occupano alcuni dei loro collaboratori «particolari»). La vera notizia sarebbe stata la spiegazione della espressione «attività segreta» utilizzata nel caso concreto che ci hanno comunicato. Organizzava l’export illegale verso la Russia dei materiali vietati dalle sanzioni? Pagava i politici europei filorussi? Raccoglieva le informazioni utili per una invasione militare? Svolgeva qualche altra attività che in questo momento non mi viene in mente? Boh… È che già le attività non segrete dei «diplomatici» russi mi sembrano spesso abbastanza gravi, quindi non cosa possono aggiungere alla situazione corrente quelle segrete.
Ieri i ministri degli Esteri dell’UE non sono riusciti a trovare un accordo sullo stanziamento di una tranche di 500 milioni di euro di aiuti militari all’Ucraina dal Fondo europeo per la pace. Come si poteva facilmente prevedere, è successo per colpa della Ungheria: la banca ungherese OTP è stata – come richiesto – rimossa dalla lista nera delle società europee che continuano a operare in Russia, ma il Governo ungherese vuole delle garanzie legali che tale esclusione sia permanente.
Qualcuno riesce a immaginare come sia possibile una garanzia del genere? Al massimo, le garanzie in merito potrebbe (e, in teoria, dovrebbe) dare la banca stessa all’UE: promettendo di non collaborare mai più con la Russia putiniana.
È abbastanza facile immaginare che pure il Governo ungherese capisca l’impossibilità della sua richiesta. Di conseguenza, possiamo ipotizzare che, molto probabilmente, vuole qualche altro favore oltre a quello già ottenuto.
Ieri abbiamo appreso che gli Stati Uniti hanno fatto circolare la loro bozza di risoluzione sulla guerra di Israele contro Hamas al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il riassunto dei punti chiave non contiene (per ora) alcunché di particolarmente interessante, quindi io mi diverto a osservare le prime reazioni. Per esempio, i dipendenti di alcune agenzie di stampa che sono appena tornati dalle meritate vacanze sulla Luna hanno scoperto che la bozza di risoluzione statunitense condanna Hamas ma non chiede un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Spero che prima o poi si ricordino in cosa consiste la guerra contro il terrorismo e perché gli USA ora preferiscono che essa venga fatta dagli altri.
Noi, intanto, ci ricordiamo che non è ancora chiaro se gli USA sottopongano al voto proprio questo documento. E, ovviamente, prevediamo il veto della Russia.
Ilham Aliev – il presidente dell’Azerbaigian – ha visitato, la domenica 15 ottobre, Stepanakert (la città principale di Nagorno Karabakh, un territorio recentemente preso sotto controllo da Azerbaigian in seguito a una azione militare). Come testimoniano le riprese video ufficiali, nella città dalla quale sono scappati quasi tutti i residenti armeni Aliev, tra le altre cose, ha camminato con gli scarponi militari sopra la bandiera della ormai ex Repubblica di Nagorno Karabakh e ha alzato la bandiera dell’Azerbaigian.
Ognuno fa il figo come può.
Questo sabato vi propongo di scoprire, attraverso una lettura abbastanza breve, come Putin stesso riassume la propria visita in Cina del mercoledì 18 ottobre. Pure dal suo riassunto vediamo che in quella occasione – il forum dedicato alla «Nuova via della seta» – è stato solo uno dei tantissimi (sicuramente non quello speciale) ospiti di Xi Jinping con i quali quest’ultimo voleva parlare. Non hanno dunque concluso alcunché e chissà quando avranno l’occasione almeno di parlare delle cose che interessano a entrambi. Molto probabilmente Putin lo sapeva in anticipo, ma non poteva non andare da uno di quei leader politici sull’aiuto dei quali spera tanto.