L’archivio della rubrica «Nel mondo»

I fuochi d’artificio di Capodanno

Il primo video dell’anno riguarda una tematica tradizionale: i fuochi d’artificio di Capodanno 2025 delle varie città del mondo.

Meno male che qualcuno li sa fare.


La lettura del sabato

In qualità della prima «lettura del sabato» dell’anno proverei a segnalarvi qualcosa di più globale del solito, qualcosa che dipende un po’ meno dagli avvenimenti degli ultimi giorni e si concentra un po’ di più sulle tendenze.
L’articolo segnalato oggi è dedicato ai tentativi di Putin di uscire dall’isolamento internazionale, alle possibilità del suo successo su questa strada e a quello che dipenderà dalla sua fortuna nei suddetti tentativi. Si tratta anche di una buona descrizione della posizione corrente dello Stato russo sulla scena diplomatica internazionale.


Le notizie sul frigorifero

In questo periodo ancora prevalentemente festivo stanno succedendo talmente poche cose (i «piccoli» attentati negli USA sono quasi gli unici avvenimenti) che nemmeno i grandi tabloid «esperti» non sanno più cosa inventarsi per riempire le proprie pagine e mantenere vivo l’interesse dei propri lettori. Dunque scendono ancora più in basso, molto più in basso di quanto avremmo potuto immaginare…
Ecco, per esempio, il famosissimo The Sun: scrive che sarebbe stato tentato un avvelenamento di Bashar al-Assad in Russia, ma che l’ex Presidente siriano sarebbe stato, alla fine in qualche modo salvato (i dettagli non vengono specificati). In qualità della fonte The Sun cita come fonte «l’account online del General SVR, presumibilmente gestito da un’ex spia russa di alto livello».
Fortunatamente per The Sun, i lettori inglesi non sanno chi sia quel General SVR.
Sfortunatamente per The Sun, le «notizie» su esso pubblicate a volte finiscono pure sotto gli occhi dei russi, quindi delle persone che sanno benissimo chi è General SVR.
Ebbene, il canale telegram «General SVR» è di Valery Solovey, un politologo russo, teorico della cospirazione, «analista politico», «storico», pubblicista e attivista sociale. Da molti anni Solovey è famoso per l’invenzione quasi quotidiana dei segreti statali rivelati solo a lui (in realtà si tratta di voci poco fondate), delle notizie scandalistiche (sempre false) e delle previsioni politiche (mai realizzatesi) basate su quelle notizie. Per esempio, nell’autunno del 2023 aveva raccontato che Vladimir Putin sarebbe morto e conservato in un frigorifero fino al momento più adatto per la comunicazione della notizia ufficiale alla popolazione…
Ora mi stupisco per il fatto che The Sun non abbia scritto che quel frigo ha pure un regime di cura medica (presumo, contro il consumo eccessivo della vodka russa).


Il Capodanno in Ucraina

Tra le varie cose lette e viste ieri sui festeggiamenti del nuovo anno in giro per il mondo, non potevo naturalmente saltare i reportage sulla notte di Capodanno in Ucraina… Da tempo alcune persone residenti in diverse città ucraine mi dicono che da loro la guerra si percepisce – dal punto di vista della vita quotidiana – solo quando suonano le sirene per un ennesimo attacco aereo o va via la corrente elettrica. Per uno come me che sta al sicuro è difficile valutare, ma suppongo che spesso lo dicano anche per farsi un po’ di coraggio e/o per non mostrarsi arresi. Comunque sia, mi fanno una certa impressione certe immagini viste ieri.
Per le vie di Kiev, per esempio, si vedono gli alberi fatti di munizioni consumate:

E i «fuochi» utilizzati per Continuare la lettura di questo post »


La fine del 2024, finalmente

Di cosa si potrebbe parlare nell’ultimo post dell’anno? In realtà, si potrebbe parlare di qualsiasi cosa. Ma si può anche cedere alla moda e scrivere qualcosa di riassuntivo sull’intero 2024 – molto ricco di eventi, di notizie di vario genere – che ci sta (per fortuna) lasciando.
Nel corso di quest’anno di quest’anno – come nei due anni precedenti – avevo ovviamente scritto soprattutto della guerra in Ucraina. Di conseguenza, trovo naturale provare a presentare una specie di bilancio del 2024 di guerra per il territorio ucraino: «fortunatamente» lo posso fare attraverso una apposita raccolta di fotografie che i giornalisti veri hanno creato per tutti noi.

A questo punto l’augurio per il prossimo anno 2025 mi sembra ovvio: auguro a tutti noi un elenco di notizie più breve e meno tragico!
Non penso che un tale augurio sia molto realistico, ma a Capodanno è consuetudine sperare nei miracoli.


Putin continua a telefonare

Ieri Putin ha avuto la seconda conversazione telefonica (quindi per il secondo giorno consecutivo) con il Presidente azero Ilham Aliyev, durante la quale i due hanno continuato a discutere di varie questioni legate all’ «incidente» aereo della Azerbaijan Airlines ad Aktau. La conversazione è avvenuta dopo l’intervista rilasciata da Ilham Aliyev alla televisione azera: in essa Aliyev ha affermato che nei primi giorni dopo il disastro l’Azerbaigian «non ha sentito dalla Russia altro che versioni deliranti». Ha inoltre chiesto che Mosca ammetta la propria colpa nell’incidente dell’aereo, punisca i responsabili e paghi un risarcimento ai parenti delle vittime.
Per ora in tutti questi sviluppi diplomatici della storia mi interessa maggiormente il fatto che Putin 1) ha chiesto scusa a qualcuno (in questo caso ad Aliyev); 2) ha fatto ben due telefonate (e chissà quante altre ne farà ancora, se non già fatto); 3) ha fatto lo sforzo di inventarsi delle giustificazioni. Si ha quasi l’impressione che stia strisciando davanti al trono di un tipo potente – a livello locale ovviamente – che ritiene molto utile, quasi indispensabile per la propria sopravvivenza.
Certo, so che Aliyev è politicamente vicino alla «alleata» Turchia (che è forte), che è anche un «amico politico» di Putin nella regione e che ha un suo ruolo nell’import clandestino delle tecnologie (utili anche per la guerra) in Russia. Ma non pensavo che la paura di perdere un amico così utile fosse tanto forte.
Boh, vedremo.


La maggioranza schiacciante dei miei lettori italiani non ha dei motivi di saperlo, ma il fatto è che l’Apple rimuove costantemente le app dei media anti-putiniani russi e i servizi VPN dall’App Store su richiesta delle autorità russe. Lo fa e spiega tale comportamento con la necessità di rispettare le leggi locali e con il desiderio di continuare a fornire i propri servizi nel Paese. Il 24 dicembre, in una risposta ufficiale a una richiesta di «Reporter senza frontiere» i rappresentanti della Apple hanno dichiarato che le loro azioni sono dovute sia a restrizioni legali sia all’obiettivo di «sostenere i principi democratici».
«Il mancato rispetto della legge potrebbe comportare l’impossibilità per Apple di supportare l’App Store o di distribuire contenuti in questo Paese. Il Governo statunitense incoraggia le aziende a sostenere la disponibilità di servizi di comunicazione per la popolazione russa, ritenendo che la disponibilità di questi servizi sia necessaria per sostenere i principi democratici».
Inoltre, hanno anche respinto le accuse di rimozione costante delle applicazioni VPN.
Perché vi racconto di questa storia apparentemente locale? Lo faccio prevalentemente per due motivi.
In primo luogo, grazie alla Apple ho scoperto una nuova espressione con la quale tutti possono mascherare la frase «voglio più soldi». Da oggi, chiunque può andare dal proprio cliente, dal proprio capo o dalla propria banca e dire: «voglio sostenere maggiormente i principi democratici». La controparte, se aggiornata, dovrebbe capire correttamente.
In secondo luogo, ho scoperto che i principi democratici possono essere sostenuti ostacolando la diffusione della informazione sgradita al regime di un dittatore (che pure un pazzo criminale).
Potrebbero sembrare – a prima vista – due scoperte molto ingenue, ma mica ho scritto che le grosse aziende dovrebbero imparare a pensare non solo ai soldi!
Boh…
P.S.: tutto questo non significa che non mi piacciono i prodotti tecnologici della Apple e/o che voglio spaccare il mio iPhone.


Tre mila nordcoreani

Nel proprio tradizionale discorso serale alla nazione il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato che più di tremila soldati della Corea del Nord – che combattono al fianco dell’esercito russo – sono già stati uccisi o feriti nel corso delle operazioni militari nella regione di Kursk:

La Russia si sta semplicemente sbarazzando di loro durante gli assalti. Perché i coreani dovrebbero combattere per Putin, nessuna persona normale sulla terra risponderebbe. E, purtroppo, il mondo non sta facendo quasi nulla per contrastare la collaborazione criminale tra Russia e Corea del Nord. Anche se è una minaccia per ogni Stato: accanto alla penisola coreana, alla Cina, ad altri Stati della nostra regione e in qualsiasi altra parte del mondo.

Ci sono solo due considerazioni da aggiungere a queste parole. In primo luogo, nessun nordcoreano chiederebbe il perché. In secondo luogo, nessuno dei due sovrani – quello russo e quello nordcoreano – si sentirebbe tenuto a rispondere. Di conseguenza, i politici occidentali che pensano di poter risolvere il problema della guerra in 24 ore o in qualsiasi altro periodo di tempo più o meno ristretto, devono ricordarsi che sono solo loro a poter esercitare la pressione sul nemico.
Lo dico perché ho la sensazione che, stranamente, non tutti lo hanno ancora capito…


Capire Robert Fitzo

Ieri, il 22 dicembre, il primo ministro slovacco Robert Fitzo è arrivato a Mosca per incontrarsi, nella serata, con Vladimir Putin. In questo modo Fitzo è diventato il terzo leader di uno Stato-membro dell’UE a visitare Mosca dopo l’inizio della grande guerra russo-ucraina: prima di lui lo hanno fatto i primi ministri dell’Ungheria Viktor Orban e dell’Austria Karl Nehammer.
A differenza degli ultimi due menzionati, però, Fitzo non ci è andato per convinzione personale politica o per parlare di qualche problema potenzialmente risolvibile – magari a costi un po’ più alti rispetto al normale – anche senza una continuazione di rapporti con Putin. Ci è andato perché la Slovacchia è uno dei pochi Stati che continua ad acquistare gas russo fisicamente, tecnicamente non avendo altri fonti di fornitura. Il transito del gas destinato alla Slovacchia passa attraverso il territorio ucraino (via un gasdotto che ha continuato a funzionare, senza essere mai danneggiato, anche durante questi anni di guerra) e Kiev ha già detto che sarà interrotto il 31 dicembre, quando scadrà l’attuale contratto con la Russia.
A questo punto provate a ricordarvi: avete letto o sentito dei tentativi (in generale, non solo quelli seri) della Unione Europea di risolvere questo problema della Slovacchia (uno Stato-membro come tutti gli altri) e non costringere un qualsiasi suo Governo ai contatti con Putin?
Poi c’è chi si lamenta (o si stupisce) dell’antieuropeismo di certe persone e dell’opportunismo di certi Governi. Boh…


Il Presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato – in una intervista al quotidiano francese Le Parisien – che l’esercito ucraino non può riprendere la Crimea e il Donbas con le proprie forze:
Non possiamo rinunciare ai nostri territori. La Costituzione ucraina ce lo vieta. Di fatto, questi territori sono ora controllati dai russi. Non abbiamo la forza di restituirli. Possiamo solo contare sulla pressione diplomatica della comunità internazionale per costringere Putin a venire al tavolo dei negoziati.
E, allo stesso tempo, ha sottolineato che ai negoziati si va solo trovandosi in una posizione adeguata:
Sedersi al tavolo dei negoziati con Putin a queste condizioni significherebbe dargli il diritto di decidere tutto nella nostra parte del mondo. Prima dobbiamo sviluppare un modello, un piano d’azione o un piano di pace – chiamatelo come volete. Poi possiamo presentarlo a Putin o, più in generale, ai russi.
In assenza del sostegno militare sperato e nelle condizioni del conseguente allungarsi della guerra (con la tendenza verso l’infinito, direi) tutte le parole appena riportate sembrano logiche. Anche se non mi basta la fantasia per immaginare (oggi) con quali mosse diplomatiche si possa costringere Putin a restituire la Crimea: non vorrà apparire sconfitto, soprattutto se non lo sarà realmente, e rinunciare al proprio principale «successo» degli ultimi dieci anni.
Evidentemente, ora Zelensky si sta psicologicamente preparando all’idea di dover elemosinare pure il sostegno diplomatico internazionale dopo la fine dei combattimenti: proprio come per ora sta succedendo con gli armamenti. Ma ha il difficile compito di dover spiegare due concetti:
1) il sostegno diplomatico deve comunque essere rinforzato, in questo specifico caso, con le armi;
2) il sostegno diplomatico insufficiente o tardivo farà sentire Putin un vincitore autorizzato a fare qualsiasi altra guerra.
Avendo visto il modo di fare dei burocrati occidentali, non sono molto ottimista…