L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Le scelte di Erdogan

La Reuters scrive, citando i dati doganali russi, che nella prima metà del 2023 la Turchia è diventata il più grande importatore di carbone dalle regioni di Donetsk e Luhansk annesse dalla Russia: avrebbe acquistato circa il 95% di tutte le esportazioni. In totale, la Turchia avrebbe importato circa 160 mila tonnellate di carbone dai territori annessi dell’Ucraina tra il febbraio e il giugno. Il valore di queste forniture è stato stimato dai giornalisti in 14,3 milioni di dollari. Il carbone sarebbe stato consegnato alla Turchia dai porti di Rostov-on-Don e Novorossiysk, collegati a Donetsk e Luhansk da linee ferroviarie.
A questo punto è molto importante non dimostrarsi ingenui e non stupirsi del comportamento di Erdgan che fino a qualche tempo fa appariva un «alleato» della Ucraina nella guerra. Ma in realtà Erdogan vuole solo una cosa: indebolire la posizione della Russia nella regione, per esempio nel Mar Nero che potrebbe di fatto diventare un mare interno turco dopo la distruzione della flotta russa. Se Erdogan fosse un vero alleato dell’Ucraina, avrebbe già bloccato tutte le esportazioni verso la Russia dei beni bloccati dalle sanzioni che ora viaggiano attraverso il territorio turco. E non avrebbe comprato il carbone a buon prezzo dalla Russia che se ne è appropriata. Ma sulla pratica continua a fare, di volta in volta, esattamente ciò che gli conviene. Quindi spesso anche aiutare militarmente l’Ucraina.


Il triste destino di Lukashenko

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che condanna la partecipazione del regime di Alexander Lukashenko all’aggressione militare «ingiustificata, illegale e non provocata» della Russia contro l’Ucraina.
Tutte le motivazioni – numerose – della risoluzione possono essere lette sulla apposita pagina ufficiale.
Mentre io sono quasi pronto a esprimere le mie condoglianze a Lukashenko. Per tutta la sua carriera politica aveva cercato di ottenere qualcosa da due «fronti» politici in mezzo ai quali si trova (la Russia e l’Europa). Cercava di rimanere l’ultimo dittatore, ma utile a tutti per guadagnare un po’ da tutte le parti. Ma nel 2022 – e nemmeno nel 2023 – non poteva esprimere la contrarietà alla guerra perché immaginava troppo facilmente tutte le conseguenze per la propria persona e per il proprio regime (Putin avrebbe punito subito). Ha cercato di apparire più neutrale possibile, ma non si è comunque salvato dalla condanna europea.
Non so se sarà capace di cercare l’origine del fallimento nel proprio comportamento degli ultimi decenni.


La mossa “nemica” della Armenia

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato ieri che lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale sarà ratificato integralmente:
Il governo ha inviato lo Statuto di Roma al Parlamento e, secondo la mia posizione e quella della frazione del nostro partito, lo Statuto sarà pienamente ratificato. Il fatto della ratifica non ha nulla a che fare con le relazioni tra l’Armenia e la Russia, ma riguarda le nostre questioni di sicurezza.
Il Governo armeno ha inviato lo Statuto di Roma al Parlamento per la ratifica il 1° settembre. Il presidente del Parlamento Alen Simonyan ha dichiarato che il documento, firmato dalla Armenia nel 1998, verrà ratificato presto.
Si tratta di uno di quei rarissimi casi in cui io interpreto le parole del linguaggio diplomatico esattamente così come sono state pronunciate. L’Armenia si trova realmente in una situazione del costante percolo bellico accompagnato dai vari crimini di guerra. Mentre Putin – per il quale è stato emanato il mandato internazionale di arresto proprio dalla Corte penale internazionale, istituita dal suddetto Statuto – viaggia poco all’estero e non vorrà certamente visitare una zona già poco sicura come l’Armenia. Di conseguenza, è evidente più o meno a tutti che la suddetta ratifica dello Statuto non è una misura rivolta (almeno in via principale) contro di lui: l’Armenia dipende ancora in molti aspetti dalla Russia, dunque l’applicazione dello Statuto sarà sicuramente molto selettiva. Ma il Ministero degli Esteri russo, ovviamente, non poteva non esprimere pubblicamente la propria «preoccupazione»: fa parte del suo lavoro.


Che cosa era arrivato

L’Ucraina ha lanciato nella notte un attacco missilistico contro una fabbrica di riparazione navale nella zona occupata di Sebastopoli. Il Ministero della «Difesa» russo ha dovuto ammettere che sono stati colpiti e danneggiati con tre missili da crociera la fabbrica e due navi da guerra in fase riparazione. I residenti locali hanno riferito di aver sentito almeno sette esplosioni.
A prima vista non sembrerebbero dei danni eccezionali. Però possiamo provare a vedere la mappa e ricordarci che Sebastopoli è una delle città ucraine occupate attualmente più lontane dalla linea del fronte. Questo potrebbe farci pensare che l’Ucraina abbia finalmente ricevuto i ATACMS e che sappia già usarli bene.
Molto bene: è un altro piccolo passo in avanti.


Chi ha più bisogno

Stamattina il treno blindato con il leader nordcoreano Kim Jong-un è arrivato in Russia. Sarebbe il primo (almeno tra quelli noti) viaggio internazionale di Kim da quando è iniziata pandemia del Covid-19.
Immagino dunque che sia stata una vera lotta tra due titani della diplomazia: tra Putin che ha paura di uscire dalle Russia per motivi legali (ricordiamoci che è uno ricercato internazionale) ma ha bisogno dell’aiuto bellico della Corea del Nord (pensate quanto in basso è caduto) e tra Kim Jong-un che ha ancora paura di uscire dalla Corea del Nord per motivi sanitari (sì, pare che abbia ancora pura del covid) ma evidentemente ha un forte bisogno dell’aiuto materiale dalla Russia (nella sua Corea del Nord starebbe finendo il cibo).
Ecco, l’aspetto della visita di Kim Jong-un in Russia che i interessa di è di più e proprio quello: come ha fatto Putin (che ha bisogno di più cose) a convincere Kim Jong-un che deve essere lui a viaggiare. Tutto il resto sono dei piccoli, poco significativi dettagli…


Che grande scoperta

Il generale Mark Milley – il capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti – ha dichiarato che le condizioni meteorologiche consentiranno alle forze armate ucraine di condurre un’offensiva per poco più di un mese. A suo avviso, le forze armate ucraine avranno più difficoltà a manovrare in autunno. Milley ha anche aggiunto che le forze armate ucraine stanno avanzando più lentamente del previsto.
Tutte le conclusioni ottenute dalle analisi di chissà quale entità e durata mi fanno un po’ ridere e arrabbiare allo stesso tempo. È ovvio che l’avanzata ucraina sta procedendo più lentamente di quanto si spera (prima di tutto, dagli ucraini stessi). Ma grazie a quali cazius di mezzi dovrebbe essere più veloce? Grazie a poche decine di carri armati? Oppure grazie alla promessa degli F16 non ancora integrati nel sistema militare ucraino? Boh…


La lettura del sabato

L’ormai ex ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, dimessosi all’inizio di settembre, ha pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian un testo importante per lui, per l’Ucraina e per il mondo. Non vorrei che qualcuno lo saltasse, dunque vi passo subito il link.


Come immagina l’escalation?

Elon Musk ha risposto a un articolo della CNN nel quale si sostiene che avrebbe dato segretamente istruzioni ai suoi dipendenti di spegnere i satelliti Starlink vicino alle coste della Crimea nel 2022 per sventare un attacco delle forze armate ucraine alla marina russa.
In un post pubblicato sul X (ex Twitter), Musk ha affermato di non aver dato istruzioni di spegnere Starlink, perché, secondo lui, in Crimea questo servizio non ha mai funzionato. Musk sostiene di avere rifiutato la richiesta dell’esercito ucraino di attivare il Starlink in modo da garantire il passaggio dei droni a Sebastopoli per attaccare la flotta russa. E spiega il rifiuto dicendo che in questo caso la sua azienda SpaceX «sarebbe stata direttamente coinvolta nella guerra e nell’escalation del conflitto».
Boh… Certo, nessuno può essere obbligato a partecipare a una guerra che per qualche motivo non percepisce come propria (anche se la scelta di rifiutare l’aiuto possibile alla vittima di una aggressione mi sembra amorale). Ma quella che mi fatto «ridere» di più è l’espressione «escalation del conflitto»: ma non si era proprio accorto che la guerra era già in corso? Quale cazius di escalation voleva evitare? Secondo lui, esistono delle guerre «per gioco» e delle guerre «sul serio»? Secondo lui, In Ucraina Putin sta solo giocando?
Inizio a pensare che una persona che si concentra tanto sulla propria attività professionale – anche quando bella e utile – da non avere più tempo per capire anche minimamente cosa stia accadendo nel mondo circostante, sia a volte giustamente classificabile come pazza.


La quantità e la qualità

A volte mi diverto tantissimo a leggere anche le statistiche più semplici. Per esempio: ieri il viceministro dello sport russo Aleksei Morozov ha dichiarato che «oltre cento sportivi russi hanno deciso partecipare alle gare sotto la bandiera di qualche altro Stato». Alcuni giornalisti si sono prontamente ricordati di avere calcolato già a luglio 2023 che quegli sportivi erano almeno 204. E altri giornalisti hanno precisato che dell’ultimo numero riportato 141 sono in realtà i giocatori a scacchi.
Non ho mai capito perché gli scacchi vengano classificati come uno sport, ma ora non importa.
La cosa più importante da sottolineare è: la statistica appena citata si è rivelata una enorme pubblicità-al-contrario dello sport. Infatti, il suo riassunto in parole sarebbe: chi lavora con la testa scappa più facilmente dallo Stato-aggressore, mentre chi lavora con le altre parti del corpo tende a rimanerci.


Il canale telegram russo «Mozhem objasnit» scrive che Maria Vorontsova — figlia maggiore di Vladimir Putin e, allo stesso tempo, ricercatrice in medicina ed endocrinologa — ha continuato a pubblicare su riviste scientifiche negli Stati Uniti e in Svizzera. La conferma complessiva di tale fatto si trova sull’elenco delle pubblicazioni della Vorontsova sul sito web «Istina» dell’Università statale di Mosca.
La Vorontsova ha pubblicato articoli di endocrinologia e medicina presso la statunitense The Endocrine Society e la svizzera MDPI Publishing. Un articolo è stato pubblicato poco prima dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe nel febbraio 2022, mentre altri tre sono stati pubblicati dopo l’inizio della guerra.
Ecco, in teoria le varie sanzioni legate alla guerra non vieterebbero ai russi di pubblicare all’estero, ma solo di essere pagati per i testi pubblicati. Ma è un po’ strano pubblicare gli articoli scientifici della figlia di Putin durante la guerra: non tanto perché non si è mai detta contraria alla politica del padre, ma perché in base a come parla al pubblico, è molto probabile che sia diventata scienziata un po’ come il suo padre è diventato presidente.