L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Le tifose fedeli

L’8 maggio in Korea del Sud è ripartito il campionato di calcio. Non so quanto sia importante o interessante questo fatto di cronaca per i miei lettori. Il mio interesse personale verso lo sport professionale in generale e il calcio in particolare tende allo zero, quindi mi concentro su un fatto correlato.
La squadra di calcio sudcoreana FC Seoul è stata accusata dell’utilizzo delle «donne» gonfiabili in qualità del pubblico finto allo stadio (l’idea è stata quella di rendere le partite un po’ «vivaci» nelle condizioni del non assembramento). La squadra, da parte sua, sostiene che in qualità del pubblico sarebbero stati utilizzati i manichini.

Dalle foto non si capisce molto — anche perché, fortunatamente, non sono un esperto in materia — ma voterei comunque la prima opzione. Perché una società sportiva, senza rendersene conto, ha fatto ben due scoperte sociologiche: 1) quale categoria di donne è ugualmente (ugualmente fortemente) interessata a entrambe le attività; 2) come dobbiamo vedere le persone che vanno a sprecare la loro unica vita allo stadio (dove, tra l’altro, non si vede quasi nulla).


La moda sicura

Secondo la tradizione generalmente riconosciuta, l’inventore del parafulmine sarebbe il fisico americano Benjamin Franklin (che alla maggioranza dei nostri contemporanei è noto per l’impegno nelle attività un po’ lontane dalla fisica). Paradossalmente, però, il primo parafulmine fu installato non in America del Nord, ma in Europa: successe a Parigi il 10 maggio 1752. I pochi primi esemplari installati in Europa – per volontà dei proprietari delle case particolarmente entusiasti del progresso scientifico – furono inizialmente visti dalle masse con un forte sospetto, diffidenza, a volte anche ostilità. Vi furono addirittura delle cause civili avviate dai vicini contrari alla «pericolosa invenzione diabolica».
Ma, per fortuna, tutto passa. L’inversione della tendenza iniziò nelle grandi città, dove la concentrazione delle persone istruite è un po’ più alta. Così, per esempio, nel 1778 andavano già di moda a Parigi gli ombrelli e i cappelli con un parafulmine.

In provincia, invece, l’ignoranza medioevale continuò ancora per un certo periodo. Facciamo un esempio. Nel 1780 Charles-Dominique de Vissery de Bois-Valé, un anziano avvocato di Saint-Omer (una cittadina al nord di Francia), decise di aggiungere una parafulmini alla propria casa seguendo il progetto descritto da Franklin. Pensando però che il filo di metallo della messa a terra debba essere più lungo possibile (per motivi di efficienza), fece passare il suddetto filo anche sul muro della casa vicina. Ma quella casa fu abitata da una signora con la quale ebbe dei rapporti di vicinato – e di conseguenza anche quelli personali – un po’ tesi. La vicina convinse dunque altre signore della via e della città a denunciare il vicino per la costruzione di uno strumento che «potrebbe causare gli incendi, le perdite della gravidanza, il cancro» etc. In qualità dell’arma d’attacco fu utilizzato il marito della promotrice della causa: il balivo della città. La causa venne dunque presentata al consiglio cittadino.

N.B.: nella Francia pre-rivoluzionaria un balivo, in sostanza, fu un giudice locale con delle competenze che variavano da zona a zona. Fece parte di un sistema abbastanza complesso che non ha senso spiegare ora.

La difesa di de Vissery de Bois-Valé si basò sui lavori di Franklin nei quali il parafulmini fu in realtà definito «molto probabilmente sicuro» se realizzato in un determinato modo. La riserva di Franklin fu nascosta ai giudicanti, ma questi ultimi imposero comunque la rimozione dell’attrezzo entro le 24 ore per la violazione dell’ordine pubblico e la sicurezza della proprietà privata altrui.
L’anziano avvocato, però non si arrese, smontò solamente la parte del parafulmini visibile sul tetto e, ai fini del futuro ricorso, chiese il parere scientifico ad al cune Accademie delle Scienze francesi. Non tutte le Accademie mostrarono un dovuto entusiasmo e, di conseguenza, il nuovo avvocato dell’avvocato (non incasiniamoci ahahaha), un certo Maximilien François Marie Isidore de Robespierre, costruì il ricorso attorno ai precedenti storici positivi: dimostrò con degli esempi concreti che la presunta pericolosità dei parafulmini non fu mai provata dalle perizie mediche. All’entusiasta del progresso de Vissery de Bois-Valé fu dunque consentito di lasciare il parafulmini al suo posto.
De Vissery de Bois-Valé, deceduto nel 1784 – poco dopo questo trionfo – nominò il tanto amato parafulmini nel testamento, rendendolo una parte inseparabile della casa e obbligando dunque gli eredi a mantenerlo al suo posto e prendersene cura. Gli eredi, purtroppo, dovettero cercare e trovare un modo legale per rimuovere il parafulmini perché esso rese invendibile la casa: sempre per la colpa dei pregiudizi popolari.
Fortunatamente, i pregiudizi verso il progresso scientifico e tecnologico non superano la prova del tempo. Sfortunatamente, il tempo necessario può a volte diventare un po’ lungo.
Potrei anche fare delle analogie con le persone – presenti un po’ in tutti gli Stati del mondo – che ora hanno paura dei trasmettitori del 5G, ma non vorrei dilungarmi troppo. Gli ignoranti non meritano il nostro tempo prezioso: come possiamo vedere, sarà il normale corso del progresso a spazzarli via.
P.S.: aggiungo il link a un articolo in francese per gli approfondimenti.


Una possibile prova di esistenza

Stamattina il Ninistero degli Esteri russo ha pubblicato un comunicato un po’ particolare sulla propria pagina di Facebook.
In quel comunicato si racconta che oggi, in attuazione del Decreto presidenziale russo – firmato da Vladimir Putin il 13 giugno 2019 – il leader nordcoreano Kim Jong-un è stato decorato con la medaglia russa «75 anni della Vittoria nella Grande Guerra Patriottica 1941–1945». La medaglia e il relativo certificato sono stati consegnati al Ministro degli Esteri nordcoreano da parte del rappresentante diplomatico russo.
Leggendo questa notizia possiamo porci alcune domande. Per esempio: perché questo gesto diplomatico è stato deciso con l’anticipo di quasi un anno? Oppure: cosa c’entra il relativamente giovane (manca la certezza sulla età reale) politico della Corea del Nord con la porzione russa/sovietica della Seconda guerra mondiale? Oppure ancora: perché non è stato cercato il modo – anche posticipato – di consegnare la medaglia personalmente, dalle mani di Putin direttamente sul petto spazioso di Kim?
La terza domanda è quella più vicina al fatto che ci deve interessare veramente tanto. Avremo mai l’occasione di vedere Kim Jong-un con questa nuova decorazione? Potrebbe essere una bella dimostrazione della sua presenza tra i viventi.

Boh, aspettiamo e osserviamo.


Tante indagini per nulla

Qualche tempo lungo la spiaggia di Portobello (in Scozia) è stata scoperta una massiccia presenza dei «temperini pubblici». La gente del posto ha iniziato a chiedersi chi li avesse installati e a cosa possano servire.

Come al solito, si tratta di un fenomeno che può rappresentare un mistero solo per la gente totalmente priva di fantasia. Eppure basterebbe osservare cosa fa, di solito, la gente in spiaggia. Io, per esempio, sono psicologicamente intollerante alle spiagge (forse spiegherò il perché in un post separato), e non ci vado praticamente mai (sì, mi sento esonerato da certi rituali sociali parareligiosi: secondo me l’estate è possibile anche senza il mare). Ma, dalle immagini che giungono ai miei occhi, pure io so che la gente cerca di divertirsi in spiaggia come può. Per esempio, utilizza attivamente le varie riviste di enigmistica. Oppure cerca di tenere i bambini all’ombra almeno per un po’, inventando per loro dei passatempo più o meno sensati. Ma, allo stesso tempo, non porta in spiaggia il 100% del materiale disponibile…
Cazzius, il mondo è pieno di gente che si dimenticava di portare l’astuccio pure a scuola e all’università.
Insomma, l’idea del temperino è bella, utile a molte persone e partorita dalle persone capaci di capire cosa serve al prossimo. È mancata solo la capacità di pubblicizzarla bene.
I lettori che vogliono avere i propri cinque minuti di gloria con un investimento minimo, possono provare a prendere l’esempio dal bravo osservatore di Portobello.
P.S.: perché in tutte le città che ho visitato finora manca il servizio dell’accendino pubblico? Gli accendini personali si scaricano sempre nei momenti meno opportuni!


Due mondi

Nei giorni scorsi molti di noi hanno visto una curiosa iniziativa cinese volta al garantire la «distanza sociale» tra gli scolari. I bambini e i ragazzi della città di Hangzhou sono infatti stati obbligati a portare una specie dei copricapo del X secolo chiamati «futou»:

Cosa possiamo dedurre da questa iniziativa curiosa? Possiamo dedurre che i cinesi ragionano in un modo perfettamente «perpendicolare» rispetto agli occidentali. Infatti, vediamo che secondo i cinesi il coronavirus arriva sempre da destra o da sinistra, ma mai da dietro o da davanti. Secondo gli occidentali, invece, il coronavirus si sposta avanti-indietro e mai a lati: infatti in diverse file (negozi, uffici pubblici etc) è segnata solo la distanza in quel senso, ma non la distanza tra due file parallele.
Due mondi…


A volte è meglio fingere

Uno dei più grandi misteri americani è il motivo per il quale alcune Istituzioni continuano a pubblicare dei materiali relativi agli avvistamenti di UFO. L’ultima pubblicazione notata da tutti è quella di ieri: il Ministero della Difesa statunitense ha pubblicato dei materiali di vario genere (anche video) relativi agli anni 2014–2015.
Se proprio si vuole regalare alla comunità dei materiali pseudoscientifici, si potrebbe sempre simulare una «fuga del materiale multimediale». Oppure fingere di regalare agli sviluppatori della elettronica o della intelligenza artificiale alcuni materiali di studio (sulla base dei quali dovrebbero essere elaborati dei radar e delle videocamere migliori).
Insomma, a volte una leggera forma di ipocrisia sarebbe molto utile per evitare di apparire ignoranti.

Se poi, un giorno, tra qualche migliaio di anni, qualche extraterrestre troverà realmente opportuno passare nelle vicinanze di questa vecchia discarica biologica, si potrà dire «sì, noi sapevamo e lo stavamo aspettando da tempo».


Le analogie strane

Qualcuno – un po’ troppo serio – potrebbe scandalizzarsi per le ricette di Donald Trump contro il coronavirus (ma non siamo già caduti nella depressione nera ad ascoltare tante persone troppo serie?).
Qualcuno – per nulla serio – potrebbe seguire il grande consiglio di Trump e bere un po’ di disinfettante (non preoccupiamoci: con quel gesto le persone per nulla serie renderanno il nostro mondo migliore).
Qualcuno – un po’ meno spensierato – potrebbe decidere di applicare l’idea trumpista della «iniezione» della luce solare e rendersi conto che ci sono appena due vie per farlo (festeggiamo: qualcuno sta per guarire, anche se non da covid-19).
E io mi sono ricordato una vecchia barzelletta sovietica:

Leonid Brežnev invita gli ingegneri spaziali a una riunione e propone di inviare qualche cosmonauta sul Sole.
Qualcuno trova il coraggio di osservare: «Compagno Brežnev, ma i cosmonauti sul Sole bruceranno!»
E Brežnev prontamente risponde: «Lo capisco, mica sono uno scemo. Propongo di mandarli sul Sole di notte».

Non so proprio perché mi sia venuta in mente…


La ricetta del nulla

Ormai, non è certo notizia (come io non sono una agenzia stampa) che l’IKEA ha «finalmente» «svelato» la ricetta delle sue famose polpette.
Quello che manca ora è la spiegazione del perché prepararle e mangiarle a casa.
Il pop-corn, per esempio, è buono quando è mangiato nel buio di una sala cinematografica. Mentre nel buio della propria casa (e davanti a un computer) lo stesso pop-corn sembra solo una specie di polistirolo salato che lascia delle briciole da tutte le parti.
Un hamburger, per esempio, è buono in mezzo a un viaggio palloso in autostrada, mentre a casa sembra un panino fragile un po’ scomodo da mangiare.
Le polpette della IKEA mangiate, appunto, all’IKEA vengono servite al sottocosto e già solo per questo creano un grande entusiasmo tra i consumatori. In più, consentono di fare una pausa nelle ricerche pallose dei mobili (io odio i negozi fisici) e creano l’illusione di trovarsi in un luogo pieno di prezzi vantaggiosi. Ma sono certo che a casa il 99% della magia verrebbe meno.
Chissà quante persone avranno il coraggio di riconoscerlo pubblicamente.


Un consiglio agli studenti

Per una serie di circostanze lavorative e professionali negli ultimi sette anni mi trovo in uno stretto e continuato rapporto con gli studenti universitari alle prese con la scrittura delle loro tesi di laurea. Spesso mi diverto molto nel senso positivo, ma, allo stesso tempo, ho avuto modo di constatare una cosa triste: quasi la totalità dei laureandi si limita a studiare l’applicazione della normativa vigente nella materia prescelta (o proposta dal relatore). Certamente, si tratta di un modo importantissimo di studiare il diritto, ma esso – il suddetto modo – ha il peso didattico di un semplice esame e non di una ricerca finale. Solamente i pochi studenti più capaci hanno la fantasia sufficiente per ipotizzare e modellare una situazione realistica per poi trovarne una soluzione legale. Altrettanto pochi sono gli studenti capaci di individuare nella vita reale delle problematiche carenti di un trattamento giuridico chiaro e sufficiente.
Di conseguenza, ogni anno in tutte le università italiane i bidoni della raccolta differenziata della carta si riempiono di decine e decine di tesi di laurea inutilmente descrittive. Quelle tesi che, purtroppo, rispecchiano non solo le scarse capacità dei nuovi dottori, ma pure quelle tendenze della moda che sostituiscono la fantasia. Per esempio: per anni tantissimi studenti hanno creduto di essere tanto originali scrivendo una tesi sul Brexit (dove c’era l’imprevedibilità politica ma non quella giuridica), sul ruolo dei social network nelle proteste popolari (senza accorgersi che quelle proteste erano sempre state causate dal blocco dei social networks e non del loro utilizzo) o del ruolo costituzionale di qualche istituzione in una ennesima crisi di Governo in giro per il mondo (e che palle, è tutto già scritto mille volte dagli scienziati e dalle Corti costituzionali).
Ma ora, per fortuna o purtroppo, la vita propone una chance a tutti gli studenti pigri del mondo. Seguite pure la moda studiando, dal punto di vista giuridico, l’ipotetico stato d’emergenza epidemiologico. Come abbiamo avuto il modo di constatare nelle ultime settimane, l’inesistenza di questa specifica misura nella normativa italiana costringe il Governo e le Regioni a colmare le lacune giuridiche nel corso dell’opera. A causa della fretta e del normalissimo fattore umano, non è naturalmente possibile svolgere i doverosi lavori preparatori. Di conseguenza, assistiamo alla adozione di norme contradditorie, insufficienti e spesso caratterizzati da una certa conflittualità con le norme già esistenti. Non condivido la maggioranza delle accuse di incostituzionalità, ma trovo comunque che molte delle sanzioni contro i trasgressori della quarantena possano essere impugnate con successo in tribunale dopo la fine della quarantena stessa. È realistico proprio perché la normativa è fatta male (ma evito di spiegarvi come per non passare per uno che incita alla disobbedienza).
Nel frattempo, però, i laureandi intenzionati a produrre qualcosa di veramente originale e attuale possono ispirarsi al problema più noto al mondo ed esercitarsi nell’ipotizzare una normativa applicabile allo stato d’emergenza epidemiologico compatibile con sistema giuridico italiano e/o comunitario. Sono sicuro che anche i professori più critici verso le ambizioni scientifiche studentesche saranno curiosi di leggere delle idee nuove in merito.


A favore del categorico

[Tante parole tagliate dalla censura], ancora tre settimane dei domiciliari e due progetti persi.
Il grande paradosso che abbiamo scoperto nelle ultime settimane è: la quarantena serve perché quasi nessuno capisce a cosa serve.
E i primi a non capirlo sono tutti quei personaggi che hanno fatto i fighi davanti a una webcam (o una tastiera) urlando «state a casa!». Perché il vero e unico senso della quarantena è quello di impedire alle persone di incontrarsi diffondendo il virus. Una camminata o corsa solitaria non va contro il senso della quarantena perché se il virus fosse capace di viaggiare via l’aria a lunghe distanze, entrerebbe benissimo anche nelle case dove siamo chiusi da oltre un mese. Entrerebbe senza distinguere da quale parte della finestra si trova la vittima umana.
Le menti fortemente alternative sono pure riuscite a partorire una logica particolarmente perversa: «se ti fai male correndo, finisci al pronto soccorso e passi il coronavirus agli altri infortunati / malati / medici» (oppure te lo prendi tu). Por** ***, ma allora evitiamo anche di fare la doccia (per non cadere scivolando), cucinare (per non tagliarci una mano), prelevare i libri dai ripiani alti (per non farci cadere in testa qualche volume pesante), vedere i film horror (per non avere un attacco cardiaco), andare a letto con altre persone (non vi racconto quali infortuni capitano) etc. etc…
Allo stesso tempo, però, dobbiamo riconoscere che molte persone non sono capaci di esercitare le proprie attività quotidiane con moderazione, adeguandole alle condizioni di epidemia. Così, per esempio, certi ignoranti amanti dello sport si sarebbero comunque fermati a salutare gli amici, conoscenti o vicini di casa incontrati, in alcune situazioni non sarebbero riusciti a evitare le zone di affollamento di altri «solitari» in giro per le città. E quindi ci sia pure qualche forma di quarantena.
Una quarantena fatta un po’ meglio però. Quella lunghissima che stiamo vivendo ora, un po’ improvvista al momento, può essere retta a fatica una volta in anni o decenni. Ma la prossima situazione del genere sarà catastrofica in tutti i sensi perché non ci saranno più delle vecchie risorse accumulate da spendere per affrontarla.

Mi preoccupano fortemente le persone – alcune delle quali ricoprono delle cariche istituzionali – convinte che con una quarantena si possa fermare una epidemia (in realtà no: in tal modo si possono solo regolare i suoi ritmi), ma contro di loro, purtroppo, non ci possiamo fare nulla. Ma la nostra sfortunata dipendenza da questa categoria degli ignoranti è l’argomento di un altro lungo post.